mercoledì 15 dicembre 2010

Attesa e desiderio



Riporto un classico di sant'Agostino. Ottimo per la preparazione al Natale.



"La vita di un buon cristiano è tutta un santo desiderio.
Ma se desideri una cosa, ancora non la vedi, e tuttavia, attraverso il desiderio, dilati la tua capacità di comprensione, cosicché potrai essere riempito quando giungerai alla visione. Ammettiamo che tu debba riempire un grosso sacco e sai che è molto voluminoso l'oggetto che ti sarà dato; ti preoccupi di allargare il sacco o l'otre o qualsiasi altro tipo di recipiente, più che puoi; sai quanto hai da metterci dentro e vedi che il recipiente è piccolo; allargandolo lo rendi più capace. Allo stesso modo Dio con l'attesa allarga il nostro desiderio, col desiderio allarga l'animo e dilatandolo lo rende più capace. Viviamo dunque, o fratelli, di desiderio, poiché dobbiamo essere riempiti. Ammirate l'apostolo Paolo che dilata le capacità della sua anima, per poter accogliere ciò che verrà. Dice infatti: "Non ch'io abbia già raggiunto il fine o sia perfetto; non penso di avere già raggiunto la perfezione, o fratelli" (Fil. 3, 1). Ma allora che cosa fai, Paolo, in questa vita, se non hai raggiunto la soddisfazione del tuo desiderio? "Una sola cosa faccio: inseguo con tutta l'anima la palma della vocazione celeste, dimentico di ciò che mi sta dietro, proteso invece a ciò che mi sta davanti" (Fil. 3, 13-14). Ha dunque affermato di essere proteso in avanti e di tendere al fine con tutto se stesso. Comprendeva bene di essere ancora incapace di accogliere ciò che occhio umano non vide, né orecchio intese, né fantasia immaginò. In questo consiste la nostra vita: esercitarci col desiderio. Saremo tanto più vivificati da questo desiderio santo, quanto più recideremo i nostri desideri dall'amore del mondo. Già l'abbiamo detto più volte: il recipiente da riempire deve essere svuotato. Tu devi essere riempito dal bene: liberati dunque dal male. Supponi che Dio ti voglia riempire di miele: se sei pieno di aceto, dove metterai il miele? Bisogna gettar via il contenuto del vaso, anzi bisogna addirittura pulire il vaso, pulirlo anche a fatica coi detersivi, perché si presenti atto ad accogliere questa realtà misteriosa. La chiameremo impropriamente oro, la chiameremo vino. In qualunque modo cercheremo di definire questa realtà indefinibile, sappiamo che essa ha un nome: Dio. E quando diciamo Dio, che cosa intendiamo dire? Son forse queste due sillabe tutto quello che aspettiamo? Qualunque cosa dunque siamo stati capaci di dire, essa è al di sotto della realtà: dilatiamo la nostra anima in lui, così che ci possa riempire, quando verrà. "Saremo infatti simili a lui, perché lo vedremo così com'è."

(Agostino di Ippona, Commento alla Prima Lettera di san Giovanni
4,6)