giovedì 23 dicembre 2010

Forte amico dello Sposo



Giovanni il Battista precede tutte le "venute" di Gesù Cristo, preghiamo Dio Padre perchè non faccia mai mancare alla Sua Chiesa la Voce forte e chiara, esigente, scomoda ma così preziosa della Profezia. Il testo che propongo è tratto da un capolavoro di Jean Danielou, "Il Mistero dell'Avvento", edd. Morcelliana.

Studiando l'Antico Testamento abbiamo già veduto come Dio, agendo nel tempo e dispiegando cosi i suoi disegni su larghi sfondi, avesse preparato la venuta del Cristo sulla terra; e abbiamo già ricordato qualcuno di coloro che hanno preparato le vie del Signore. Al termine di questa lunga preparazione, San Giovanni Battista sta come colui che precede immediatamente la venuta del Signore, e nel quale l'umanità lo incontra. Gli altri hanno descritto il Signore veniente: egli ha mostrato agli Ebrei il Signore venuto, presente, dicendo loro: «Ecco l'Agnello di Dio...» Ecce! (1)
Osservando la vita di Giovanni Battista tre fatti colpiscono, che corrispondono alle tre grandi tappe della sua esistenza. Anzitutto, il modo con cui Dio l'ha riservato a Sé. Sotto questo aspetto Giovanni è modello delle anime che Dio consacra totalmente a preparare le sue vie. Da Dio egli viene separato, santificato in maniera eminente, ancor prima della nascita. Rappresenta nell'umanità un ordine particolare, inferiore senza dubbio a quello della Madonna che sovrasta tutte le creature, ma un ordine distinto da quello degli altri Santi, giacché egli fu santificato dal seno di sua madre in quella scena così misteriosa della Visitazione, nella quale Gesù vivente in Maria, saluta Giovanni Battista, e Giovanni Battista, non ancora nato, esulta nel seno materno, pervaso dallo Spirito che gli è comunicato, santificato già dallo stesso Spirito. Sembra attuarsi quanto più tardi affermerà Giovanni Battista di sé, dicendo di essere «colui che esulta quando sente la voce del Signore ». Il giorno in cui, ancora nel seno materno, udì Maria salutare Elisabetta, trasalì. Non poteva non trasalire, all'avvicinarsi del Signore, al percepire la ineffabile affinità esistente tra il Signore e lui. È l'uomo che si riserba tutto alla gioia di udire la voce del Signore.
Così egli ci appare come separato da tutte le cose create, come colui che destina se stesso alla gioia di udire quella voce divina. Altre gioie non ha voluto, da altre cose non ha voluto essere consolato. Non ha vissuto che per quella gioia. Da essa è stato preso ancora prima di nascere. E in seguito vivrà di essa soltanto. In lui vi sarà, come dice il P. Faber, l'oratoriano inglese, «una beata impossibilità di unirsi alle cose della terra ». È stato talmente preso dallo Spirito Santo che gli è come impossibile vivere d'altro. Conoscendo ciò che è la vera gioia, egli non poteva conoscere altra gioia, e a ciò corrisponde quell'aspetto della sua vita che è il deserto.
Il Vangelo di San Luca dice a proposito di lui dopo la scena della Visitazione: «Il ragazzo cresceva e si irrobustiva in spirito (sempre in spirito), e rimase nel deserto sino al giorno della sua manifestazione al cospetto d'Israele ». Tra la gioia del primo incontro con Gesù, dove egli precede Gesù senza essere ancora nato e la gioia del secondo incontro, quella del battesimo, dove l'Amico dello Sposo si «rallegrerà» all'udire la voce dello Sposo, vi è dunque nella sua vita tutto il periodo del deserto, il periodo del silenzio di tutto ciò che non è Dio: il deserto dove Psichari ritrovò il senso di Dio, dove Dio si avverte come più vicino, proprio perché gli sguardi nostri possono meno attardarsi sulle creature, il deserto dove, nel IV secolo, s'inoltrarono gli uomini che noi chiamiamo Padri del deserto. La storia della Chiesa, a quell'epoca, registra un avvenimento straordinario. Antonio, un egiziano che viveva nei sobborghi di Alessandria, si appartò per primo nel deserto, per trovarvi una più grande solitudine con Dio, per vivervi il combattimento spirituale in tutta la sua intensità, giacché il deserto non è soltanto il luogo della divina presenza, ma anche il luogo della tentazione di Gesù e della tentazione di Antonio, dove lontano dalle lotte umane, la lotta tra Cristo e Satana per l'anima degli uomini si fa più acerba. In questo deserto Giovanni Battista si inoltra prima di Gesù, prima di Antonio, prima di quanti a loro volta vi entreranno, per fare integrale esperienza del combattimento spirituale, perché nulla potesse più distrarlo dalla preparazione del regno di Dio attraverso le invisibili vittorie dell' Amore.
Ma egli è l'uomo del deserto solo perché è l'uomo della gioia spirituale. Nell'« Oremus» della festa di San Giovanni Battista gli si domanda la grazia delle gioie spirituali: la grazia che fu particolarmente sua. Egli è il Santo più esultante della Scrittura. Ma è l'uomo di una sola gioia, quella di udire la voce del Signore. Cerca scampo nel deserto perché niente lo distolga da quella gioia, per esserle interamente consacrato, per ricordare senza posa l'incontro avvenuto prima della sua nascita e attendere il secondo incontro, quello del battesimo, riservandosi per questa gioia unica, lontano da ogni creatura.
Ciò che più impressiona è il trovare in lui quel grande spirito di penitenza e, allo stesso tempo, questa esultanza interiore, la fusione della penitenza estrema e della gioia estrema. D'altronde, estrema penitenza ed estrema gioia si uniscono sempre: i più grandi penitenti sono gli uomini maggiormente lieti! Non vi ha letizia più grande di quella di Francesco d'Assisi. di Giovanni della Croce, del Curato d'Ars, la letizia dei Padri del deserto, quel deserto della penitenza nel quale fiorì il Paradiso della gioia.
Avendo preceduto il Cristo nella nascita, Giovanni fu pure precursore della sua vita pubblica. Viene, dopo il deserto, il momento culminante della sua vita, in cui egli prepara le vie del Cristo. «Vi fu un uomo inviato da Dio, il cui nome era Giovanni. Egli venne come testimone, per rendere testimonianza alla Luce, affinché tutti credessero a mezzo di lui. Non ch'egli fosse la Luce, ma per rendere testimonianza alla Luce. » Giovanni Battista è dunque essenzialmente colui che rende testimonianza alla Luce; colui che mostra Gesù. Il suo compito è senza uguale nella preparazione della venuta e dell'opera del Cristo. Proprio lui, infatti, prepara la vita pubblica e la predicazione del Signore, disponendovi le anime, sgrossandole e rendendole così più accessibili alla parola del Cristo. Per anime non preparate questa parola sarebbe stata troppo forte. Occorreva una iniziazione preliminare, occorreva orientare le loro preoccupazioni, distogliendole dalle abitudini profane: risvegliare in esse una inquietudine.
Ecco il compito di Giovanni Battista. In mezzo a quegli uomini totalmente avulsi dalle cose di Dio, egli è colui che desta in loro la preoccupazione, che li disturba nella loro tranquilla sicurezza e che suscita quella incipiente buona volontà, dalla quale saranno fatti capaci di comprendere il Cristo.
Avviene qui il collegamento tra lui e la lunga catena di quanti parteciparono alla preparazione della divina venuta, anch'essi strappati da Dio alle cose del mondo e introdotti misteriosamente nei suoi disegni, perché sapessero, in mezzo agli uomini, tracciarne le vie. A sua volta, Giovanni Battista s'avanzerà tra gli uomini per aprire strade, appianare sentieri, abbassare montagne. Ma doveva perciò essere anzitutto totalmente invaso da quella visione intima, interiormente posseduto dal Signore, perché sarà duro il solco da scavare, quando dovrà avanzarsi tra gli uomini del suo tempo, occupati, secondo la espressiva informazione di San Luca, come gli uomini del tempo nostro, «i soldati a molestare e denunziare, i pubblicani a esigere più del dovuto» (III, 11-14). Così sempre, gli uomini di allora e di oggi! Unicamente attenti ai loro interessi temporali: totalmente distratti da Dio. E l'angoscia che si prova passando fra loro è quella di avvertire l'immensa indifferenza del mondo.
Per strappare il mondo alla sua indifferenza occorrono dei profeti, ossia degli uomini che siano interiormente presi da una divina visione delle cose, e possano scuotere l'inerzia dell'umanità, ed essere veramente dei «testimoni ». Testimonio è colui che anzitutto ha veduto interiormente le cose da lui attesta te, colui che Dio ha introdotto nella propria divina maniera di vederle, perché possa trasmetterle agli uomini. Così Giovanni Battista. Dio l'ha iniziato al mistero del suo disegno, al mistero dei suoi piani, l'ha nascosto nel deserto per unirlo alla sua gioia!
E adesso ecco l'essenziale conseguenza - egli è il «testimone», cioè colui che mostrerà il Cristo agli uomini.
Nel Vangelo di San Matteo (cap. III) il Precursore viene così presentato: «In quei giorni venne Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea e a dire: fate penitenza, perché il Regno dei cieli è vicino. Egli è colui del quale parla il profeta Isaia quando dice: Voce di colui che grida nel deserto: preparate le vie del Signore, raddrizzate i suoi sentieri ».
È interessante ricorrere al testo originale. Ecco il passo di Isaia riferito da Giovanni: «Consolate, consolate il popolo mio, dice il Dio vostro. Parlate al cuore di Gerusalemme, consolatela, perché la sua schiavitù è finita, la sua empietà è espiata, avendo essa ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati. Una voce grida: preparate nel deserto la via di Jahvè, raddrizzate nella solitudine i sentieri del nostro Dio. Ogni valle sia colmata, le vie storte divengano dritte, le mal agevoli piane e le rocce scoscese una valle. Allora apparirà la gloria del Signore, e ogni carne senza eccezione la vedrà, perché la bocca del Signore ha parlato!» (Isaia, XL, 1-5).
Si tratta dunque della apparizione di Jahvè e della resurrezione di ogni carne. Questo annunzia Giovanni Battista, spronando le anime a prepararsi con la penitenza; questo è imminente agli albori del Vangelo. Ecco perché si nota in Giovanni questa specie di violenza e di intensità, se lo si confronta a quanto lo precede nell' Antico Testamento. L'avvenimento è ora imminente, la gloria di Dio sta per apparire, l'umanità sta per trovarsi davanti alla gloria di Dio. Non è più il momento di attardarsi, di dissiparsi, ma semplicemente il momento di prepararsi a questa venuta con la penitenza.
Giovanni Battista lo dice con potente efficacia, rivolgendosi ai Farisei: «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a fuggire la collera che viene dall'alto?... Già la scure è posta alla radice dell'albero (quindi manca poco al momento in cui l'albero vecchio si abbatterà cadendo). Ogni albero che non porta frutti buoni sarà tagliato e gettato al fuoco. lo vi battezzo in acqua per la penitenza, ma Chi viene dopo di me è più forte di me. Egli vi battezzerà nello Spirito Santo e nel Fuoco ». Lo Spirito Santo e il Fuoco hanno qui senso escatologico. Questo Fuoco è il Fuoco del Giudizio e al tempo stesso è il Fuoco dell' Amore: è la stessa gloria di Dio che trasformerà i giusti e consumerà il peccato. Il Battesimo in acqua di Giovanni costituisce di questo soltanto una figura e una preparazione. Con l'apparizione del Fuoco e dello Spirito si attuerà la trasfigurazione, la trasformazione del mondo che il Cristo viene a compiere.
Giovanni Battista annunzia l'arrivo del re e del giudice, la «parusia» del Cristo Glorioso, e annunzia anche la venuta dello Sposo - altro nome di «Colui che deve venire ». Colui che deve venire è il Signore della gloria, giudice dei vivi e dei morti; è insieme lo Sposo del quale avevano parlato il Cantico dei Cantici e i Profeti, e viene verso l'umanità scelta da lui, per unirsela in una sola carne, che è la sua carne, e così introdurla nella casa del Padre suo.
È un appello di gioia, non più di timore e di penitenza, quello che risuona davanti al divorante fuoco di Dio. Un grido di gioia perché viene finalmente la tanto attesa ora delle nozze dell'umanità, che sta per essere veramente fidanzata ormai al Verbo di Dio. Giovanni è l'amico dello Sposo, ossia, come nelle nozze autentiche, quello che gli conduce la fidanzata. Conosciamo il testo: «L'uomo non può ricevere cosa alcuna se non gli viene data dal Cielo. Voi stessi mi siete testimoni come io dissi: io non sono il Cristo: ma fui mandato davanti a Lui. È lo sposo, che ha la sposa: ma l'amico dello sposo che sta ad ascoltarlo, si riempie di gioia alla voce dello sposo. Tale mio gaudio dunque si è compiuto. Bisogna che Egli cresca ed io diminuisca ».
Questa la frase che tocca le profondità più grandi nell'anima di Giovanni Battista. «Egli è colui che viene rapito dalla gioia alla voce dello Sposo.» Questa voce non l'aveva udita Abramo, non l'aveva udita Mosè, non David. Ma Giovanni l'ha udita. Egli è colui nel quale l'Umanità ha incontrato lo Sposo, che è venuto avanti a Lui e che, quindi, ha presenziato l'alba delle sue nozze celebrate con l'Incarnazione e consumate nella Passione e nella Resurrezione.
Così vi è nella figura di Giovanni, accanto ad una estrema violenza, una estrema dolcezza. Egli è l'uomo della violenza più grande e della dolcezza più grande! Della più grande violenza, perché è l'uomo che ha sentito la santità di Dio e quindi ha acutissimo senso del peccato e della penitenza: l'uomo della grande purificazione. Ma allo stesso tempo, l'uomo della grande gioia, della grande dolcezza! D'altra parte, purificazione e gioia si accompagnano sempre. Nella vita dei grandi mistici niente è tanto prossimo al matrimonio spirituale, ai più alti vertici dell'unione, quanto le purificazioni più dolorose e più penetranti. Sembra quasi che nel momento preciso in cui il Verbo viene per unirsi a lei, l'Umanità debba sentire più profondamente che mai quanto sia grande il suo bisogno di essere purificata dal Fuoco e assoluta la necessità del Fuoco dello Spirito per essere resa degna di queste nozze divine.
Giovanni Battista ha la gioia di vedere accettata la sua testimonianza, vale a dire che i suoi discepoli - quelli che erano stati i suoi discepoli riconoscono ora Gesù. Egli ha preparato la via e ora Giovanni, Pietro e Giacomo, i discepoli iniziati da lui, riconoscono Gesù quando Egli passa. Giovanni Battista lo mostra loro come l'Agnello di Dio. Questa tutta la sua gioia: vedere la sposa trovare lo Sposo. Non desidera altro. Non desidera che una cosa sola: condurre le anime al Cristo, e che le anime trovino Lui! Allora il suo gaudio è perfetto. È perfetto quando i discepoli lo abbandonano per seguire Gesù. Non attendeva altro che questo. È colui che prepara le vie al Signore. Non vuole riservare a sé le anime. In ciò il modello dell'abnegazione. Non intende legare a sé le anime, ma unicamente legare le anime a Gesù. Si eclissa davanti a Gesù per lasciarle con lo Sposo, col Cristo, ed essere colui che ha preparato la via.
Bisogna ricordarlo soprattutto come l'uomo il cui amore si manifesta in zelo disinteressato, cioè non nel godimento della presenza - egli fu tanto spesso privo della presenza del Cristo - ma nella assoluta fedeltà a compiere la missione sua, e così condurre le anime al Cristo. Ecco la caratteristica del suo amore. Questo amore consiste nel volere che il Cristo goda perché le anime vanno a Lui, perché Egli fa acquisto di altre anime ancora. Questa veramente la Sua sete! E questo cerca Giovanni. Egli dunque pone la sua gioia più nel far godere il Cristo che nel godere del Cristo. A questo riguardo vi è senza dubbio nella sua vita una singolarissima grazia d'amore. Egli è veramente il servo il cui amore si concretizza soprattutto nel servizio: fare quanto piace al Cristo: eseguire i «mandata» del Cristo! Servire perfettamente. Il Signore, infatti, cerca simili servito l'i. «lo ho trovato un uomo secondo il mio cuore, che fa tutto quello che gli domando », dice un versetto del salmo. Sono così pochi gli uomini che concedono libertà al Cristo! Il Cristo ama le anime con le quali si sente libero, cui può domandare tutto quello che desidera, anime a completa disposizione tra le mani di Dio. Giovanni Battista è eminentemente l'uomo tutto disponibile per Dio, nelle sue mani, servo perfetto, che fa quanto il padrone gli domanda, la cui gioia è udire la voce dello Sposo!
La missione di Giovanni Battista non consiste però unicamente nel preparare le anime. Egli ha un'altra particolare missione nei riguardi del Cristo stesso, giacché sarà lui che con un gesto misterioso gli darà un battesimo di cui non aveva certo bisogno.
Il gesto ci rivela l'umiltà del Cristo che prende su di Sé ogni peccato dell'umanità, facendosi simile a quelli che hanno bisogno d'essere battezzati, e quindi umiliandosi profondamente. A tale umiltà il Padre risponde con la grande teofania del battesimo nella quale dice: «Questo è il mio Figlio diletto », e nella quale discende sul Cristo, contemporaneamente alla voce, lo Spirito Santo. Giovanni Battista è lo strumento dal quale il Cristo viene rivelato, per la prima volta, nella sua realtà di Figlio di Dio. Introdotto da Dio nel segreto del mistero trinitario, in lui questo mistero si manifesta all'inizio della vita pubblica di Gesù, per mezzo suo è instaurato il ministero di Gesù; egli lo precede, facendosi suo araldo al cominciare della sua vita pubblica.
Così Giovanni fu da Dio preparato e introdotto nei suoi segreti, separato dalle cose del mondo. Quindi fu lo strumento che predispose le anime alla venuta del Cristo. Più tardi ancora - e questo mette qualche cosa di impareggiabilmente commovente e misterioso nella sua vita - egli, dopo aver finito di servire, s'inabissa nell'oscurità. È messo da parte, scompare, si cancella! Venuto il Cristo, non ha più che da andarsene. «Bisogna che lui cresca ed io diminuisca ». Il termine della sua vita appare dunque come uno squallore desolato, uno spogliamento, uno stato di derelizione totale.
Dopo aver partecipato al mistero della predicazione del Cristo, partecipa allora al mistero della Sua Passione (2). A proposito di Giovanna d'Arco, Péguy notò come fu una perfetta immagine del Cristo, per il fatto che dopo aver combattuto come Lui, come Lui chiude la vita nell'insuccesso, nell'oblio, nel ripudio, nell'abbandono, nella desolazione. Così hanno desiderato finire, dopo aver servito, molti Santi.
Questo in Giovanni Battista avviene davvero in modo inesplicabile, sconcertante. Anzitutto lo abbandonano i discepoli a lui più vicini. I suoi discepoli non gli badano più. Gesù è là: Giovanni Battista non è più nulla. Giovanni Battista, già grande profeta, al quale le folle accorrevano sulle rive del Giordano, non ha più nessun seguace. Tutti i suoi discepoli hanno raggiunto Gesù, giacché era proprio Gesù che bisognava raggiungere. Giovanni accetta di essere abbandonato così dagli uomini: contempla da lontano i suoi discepoli che sono con Gesù. Non ha neppure la gioia di essere tra loro, di far vita comune con loro e Gesù. Neppure questo! Questa gioia la lascia ad altri. Ha compiuto la sua missione. Essa è finita. E lui vive ormai nascosto.
Non soltanto lo abbandonano gli altri, ma, di più, sembra abbandonarlo Dio stesso, un po' come Nostro Signore sulla Croce. Questo lato della sua vita al tramonto va posto tra i più misteriosi. Nella misteriosa scena evangelica dove egli invia a Gesù i suoi discepoli per chiedergli se veramente è Colui che deve venire, Giovanni sembra come oppresso da una certa oscurità, forse la .suprema purificazione con la quale Dio lo prepara a unirglisi maggiormente. In questa oscurità egli, umanamente, non vede più chiaro; non fa altro che perseverare in una vita tutta pura e tutta spoglia, conoscendo ormai quelle grandi prove della fede, attraverso cui Dio ha fatto sempre passare i suoi migliori amici affinché la loro fede fosse veramente provata (3).
Alla fine sperimenta anche la massima dimostrazione dell'amore, la prigionia e la morte per aver reso, sino all'ultimo, testimonianza alla Verità. È imprigionato, decapitato, abbandonato, dimenticato: darà la sua vita stessa. Ha qualche cosa di incomprensibile il breve spazio di tempo durante il quale egli è il grande profeta annunziatore della voce di Dio, posto com'è tra due abissi di oscurità, l'oscurità del deserto in principio e l'oscurità della prigione al termine. Qui appare conseguentemente in tutta la pienezza la caratteristica essenziale di lui, il suo essere soltanto la voce di colui che grida nel deserto. Tutta la sua vita converge in quel breve spazio, nel momento cioè in cui egli è la voce che indica Gesù. Tutto il rimanente viene vissuto nell'oscurità e nell'attesa.
Certi lineamenti di Giovanni Battista dovrebbero caratterizzare quanti preparano le vie del Signore. Il Battista continua lui stesso questa missione nella Chiesa. Tale missione non si è esaurita col preparare l'avvento del Cristo nella sua venuta storica e nella sua parusia storica. Giovanni Battista prepara tutte le venute del Signore. Lo ha preceduto prima della nascita; lo ha preceduto nella vita pubblica; lo ha preceduto, come rileva Origene, nel regno dei morti. È questo un pensiero bellissimo. Prima che il Cristo scendesse nel regno dei morti, agli inferi, per liberarli, Giovanni Battista lo aveva preceduto entrando nel mondo delle anime che la Morte teneva prigioniere. Lo precederà, ci dicono i Padri della Chiesa, nell'Ultimo Giorno; annunzierà lui l'ultima venuta del Signore per giudicare i vivi e i morti. Egli è l'araldo di tutte le parusie.
Ma noi possiamo dire ancora che Giovanni Battista prepara le incessanti venute del Cristo nelle anime e nei popoli. Se Gesù è, perpetuamente, «Colui che viene », se tutta la storia della Chiesa dall'ascensione al Giudizio è quel1a della Sua parusia nel segreto mondo dei cuori, Giovanni è colui che incessantemente lo precede, giacché l'economia della incarnazione storica del Cristo si prolunga nel suo corpo mistico. Come ogni grazia giunge per mezzo di Maria, non potendo Ella aver generato Gesù, senza divenire anche colei che genera il Suo corpo mistico, cosi ogni conversione è preparata da Giovanni Battista. Lo insegnano i Padri: «lo penso - scrive Origene - che il mistero (sacramentum) di Giovanni si attua tuttora nel mondo. Per chiunque sia prossimo alla fede in Cristo Gesù, occorre che prima nell'anima sua giungano lo spirito e la virtù di Giovanni, e preparino al Signore un popolo perfetto, appianino le vie tra le asperità del cuore, e raddrizzino i sentieri. Lo spirito e la virtù di Giovanni precedono tuttora l'avvento del Dio Salvatore»
(Hom. Luc. IV: Rauer pag. 29 l. 20 - p. 30 l. 8). Essendo la venuta di Cristo un incessante venire - egli è sempre colui che viene nel mondo e nella Chiesa - vi ha un perpetuo «Avvento» del Cristo, e Giovanni Battista riempie di sé questo Avvento. Grazia propria di Giovanni Battista è l'essere colui che prepara ciò che sta per accadere, l'imminente. Egli rappresenta questo anche per l'ultima preparazione che precede le grandi fioriture missionarie, i grandi risvegli missionari, e la grazia che ne deriva è grazia attuale, presente. Egli rimane colui che affretta la venuta del Cristo facendo risuonare quel così potente appello alla penitenza, alla conversione, necessari perché il Cristo possa venire. Il suo appello sembra contenere qualche cosa di particolarmente pressante, che noi dobbiamo ascoltare, nel tempo nostro, mentre questa venuta del Cristo si fa più urgente e più vicina per alcuni grandi paesi.
[1] La teologia missionaria del Precursore è studiata da André Retif, Jean le Baptiste, missionnaire du Christ, «La sphère et la croix », Ed. du Seuil, 1948.
[2] Cfr. L. ZANDER, Le Précurseur selon le P. Boulghakov, « Dieu vivant ", VII, 107 segg.
[3] Cfr. A. DURAND, Evangile selon St. Matthieu (Verbum Salutis), pagg. 301-304.