lunedì 31 gennaio 2011

Radici

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È di due giorni fa la notizia che il documento dell’Unione Europea sulle violenze contro i cristiani, redatto secondo l’ideologia egemone nell’europarlamento, quella del politicamente corretto, continene appelli alla tolleranza e toccanti esortazioni alla libertà di culto, cioè molte parole. Tranne una, che in questo caso non sarebbe stata secondaria e che invece non compare mai nel testo: “cristiani”. Può sembrare paradossale che un documento pensato per richiamare l’attenzione sulle persecuzioni e le violenze contro i cristiani finisca per non nominarli mai.

Misteri dell’euro-burocrazia. Com’era da immaginare, si sono subito levate le voci di protesta di qualche cattolico il quale ha affermato che nulla di diverso ci si poteva attendere da un’Europa che ha scelto di non menzionare le radici cristiane nel preambolo della sua Costituzione, di fatto non riconoscendole. Confesso che il dibattito sulle radici cristiane dell’Europa non mi ha mai particolarmente appassionato.

Innanzitutto perché – scherzi della storia – quell’Unione del Vecchio Continente che teme di nominare i cristiani ha finito per adottare come bandiera una corona di stelle indiscutibilmente mariana (quelle radici che non hanno trovato posto nella Costituzione, sventolano nelle bandiere), ma poi perché ciò che un cristiano considera importante è la presenza di alberi vivi sostenuti da radici vive, cioè di comunità creative e radicate nella tradizione viva del cristianesimo, non tanto la formale menzione di un retaggio del passato.

Preoccuparsi per il mancato inserimento delle radici cristiane nella Costituzione è un po’ come indignarsi per le chiese che diventano musei. Se ciò accade è perché non c’è più gente che ci va a pregare e a ricevere i sacramenti. L’urgenza è dunque quella di una nuova evangelizzazione, non della rivendicazione di citazioni sulla carta.
In fondo, anche i monaci benedettini, che nell’epoca convulsa e confusa successiva alla caduta dell’impero romano, fecero l’Europa, la fecero senza volerlo né saperlo, come ha osservato anche Benedetto XVI nel discorso al mondo della cultura francese nel settembre 2008. Cercavano Dio, si dedicarono all’orazione e all’ascesi chiudendosi in monastero, ma il loro distacco dal mondo creò un mondo nuovo.

È giusto e sacrosanto preoccuparsi che il contributo fondamentale dei cristiani alla formazione della civiltà europea sia riconosciuto, così come è giusto mettere alla berlina chi – in nome del politicamente corretto – fa un documento sulle persecuzioni contro i cristiani senza riuscire a nominarli.

Ma non indignamoci e guardiamo con realismo e il sorriso sulle labbra a ciò che sta accadendo: l’Europa non è stato il frutto di un “progetto cristiano” studiato a tavolino. E non la saranno i pezzi di carta a salvarne l’identità.