lunedì 21 marzo 2011

Benedetto, per grazia e per nome.

Le icone di Bose, tempera su tavola











Benedetto (ca. 480-547), monaco
Oggi 21 marzo ricorre nel calendario monastico la festa del Transito di san Benedetto, padre del monachesimo d'occidente.
«Vi fu un uomo di vita venerabile, Benedetto per grazia e per nome»: così inizia il secondo libro dei Dialoghi, in cui Gregorio Magno narra la vita del più famoso monaco latino, nato a Norcia intorno al 480.
Inviato a Roma per compiere gli studi, Benedetto abbandonò la città, «sapientemente ignorante e saggiamente incolto, desideroso di piacere a Dio solo». Conobbe le diverse forme di vita monastica del suo tempo: il semianacoretismo ad Affile, l'eremitismo in una grotta vicino a Subiaco, infine il cenobitismo indisciplinato e decadente di quell'epoca.
Dopo un tentativo fallito di riformare un monastero già esistente, Benedetto tornò nella solitudine, raggiunto ben presto da molti, che desideravano mettersi sotto la sua paternità spirituale. Egli organizzò per i suoi discepoli delle piccole comunità, assegnando loro degli abati e istruendoli nella conoscenza delle Scritture, nella vita fraterna e nella preghiera.
Nel 529 Benedetto si trasferì con alcuni monaci a Montecassino, per dar vita a un nuovo tipo di monastero. Per questo cenobio, unico e con un solo abate, egli scrisse la sua Regola, che testimonia il suo grande discernimento e la sua misura, e che sarebbe diventata il riferimento essenziale per tutto il monachesimo d'occidente. Benedetto organizzò le giornate della comunità contemperando tempi di preghiera e di lavoro, da lui ritenuti ugualmente imprescindibili per la vita del monaco.
Secondo un'antica tradizione, il padre dei monaci latini morì il 21 marzo del 547.


TRACCE DI LETTURA
Dice il Signore: «Chi è l'uomo che vuole la vita e che desidera vedere giorni felici?». Ecco, il Signore nel suo grande affetto ci mostra la via della vita: percorriamo sotto la guida dell'Evangelo le sue vie, per giungere a vedere colui che ci ha chiamati al suo regno.
E' perciò necessario che costituiamo una scuola del servizio divino, all'interno della quale speriamo di non stabilire nulla di aspro o di gravoso; ma se anche, in ragione di un necessario equilibrio, ne risultasse qualcosa di un poco appena più ristretto, in vista della correzione dei vizi e del mantenimento della carità, non tornare indietro, atterrito per lo spavento, dalla via della salvezza. Man mano infatti che si avanza nella vita di conversione e di fede, si corre sulla via dei comandamenti con il cuore dilatato nell'inesprimibile dolcezza dell'amore
(Benedetto, dal Prologo della Regola).


PREGHIERA
Signore Dio,
tu hai chiamato Benedetto
alla sequela di tuo Figlio Gesù
nell'abbandono di tutti i beni,
nel celibato e nella vita comune:
insegnaci a servirti senza preferire nulla all'amore di Cristo,
nel lavoro e nella preghiera,
e avanzeremo con un cuore dilatato e libero
sul cammino dei tuoi comandi.
Per Cristo nostro Signore.


Dalla "Vita di Benedetto da Norcia" di san Gregorio Magno, papa
(c. 37)
Il passaggio all'eternità
Nell'anno stesso in cui doveva morire, annunziò il giorno del suo beatissimo transito ai suoi discepoli, alcuni dei quali vivevano con lui ed altri che stavano lontani. Ai presenti ordinò di custodire in silenzio questa notizia, ai lontani indicò esattamente quale segno li avrebbe avvisati che la sua anima si staccava dal corpo.
Sei giorni prima della morte, si fece aprire la tomba. Assalito poi dalla febbre, cominciò ad essere prostrato da ardentissimo calore. Poiché di giorno in giorno lo sfinimento diventava sempre più grave, il sesto dì si fece trasportare dai discepoli nell'oratorio, ove si fortificò per il grande passaggio ricevendo il Corpo e il Sangue del Signore.
Sostenendo le sue membra, prive di forze, tra le braccia dei discepoli, in piedi, colle mani levate al cielo, tra le parole della preghiera, esalò l'ultimo respiro.
In quel medesimo giorno, a due fratelli, uno dei quali stava in monastero, l'altro fuori, apparve una identica visione.
Videro una via, tappezzata di arazzi e risplendente di innumerevoli lampade, che dalla sua stanza volgendosi verso oriente si innalzava diritta verso il cielo. In cima si trovava un personaggio di aspetto venerando e raggiante di luce, che domandò loro di chi fosse la via che contemplavano. Confessarono di non saperlo. "Questa - disse egli - è la via per la quale Benedetto, amico di Dio, è salito al cielo".
Così i presenti e i lontani videro e conobbero da quel segno predetto la morte del santo.
Fu sepolto nell'oratorio del Beato Giovanni Battista, oratorio che egli aveva edificato, dopo aver distrutto il tempio di Apollo. E fino ai nostri giorni, se la fede degli oranti lo esige, egli risplende per miracoli anche in quello Speco di Subiaco, dove egli abitò nei primi tempi della sua vita religiosa.