mercoledì 9 marzo 2011

La locanda della felicità



Vincent Van Gogh: "Il Buon Samaritano"

Domani 10 marzo uscirà il secondo libro del Papa su Gesù di Nazareth ("Dall'ingresso a Gerusalemme alla Risurrezione", LEV). Il primo, pubblicato due anni fa, contiene un brano che mi pare faccia bene da commento al testo del "Credo del popolo di Dio" di Paolo VI che propongo questa sera. E' tratto dal capitolo 7, "Il messaggio delle parabole", e parla della parabola del Buon Samaritano (Lc.10,25-37).
«Se la vittima dell’imboscata è per antonomasia l’immagine dell’umanità, allora il samaritano può solo essere l’immagine di Gesù Cristo. Dio stesso, che per noi è lo straniero e il lontano, si è incamminato per venire a prendersi cura della sua creatura ferita. Dio, il lontano, in Gesù Cristo si è fatto prossimo. Versa olio e vino sulle nostre ferite – un gesto in cui si è vista un’immagine del dono salvifico dei sacramenti – e ci conduce nella locanda, la Chiesa, in cui ci fa curare e dona anche l’anticipo per il costo dell’assistenza. [...]
Il possente imperativo contenuto nella parabola [«Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”»] non ne viene infatti indebolito, ma è anzi condotto alla sua intera grandezza. Il grande tema dell’amore, che è l’autentico punto culminante del testo, raggiunge così tutta la sua ampiezza. Ora, infatti, ci rendiamo conto che noi tutti siamo “alienati” e bisognosi di redenzione. Ora ci rendiamo conto che noi tutti abbiamo bisogno del dono dell’amore salvifico di Dio stesso, per poter diventare anche noi persone che amano. Abbiamo sempre bisogno di Dio che si fa nostro prossimo, per poter diventare a nostra volta prossimi».


dal "Credo del popolo di Dio" di papa Paolo VI

L'amore di Dio si rende visibile nell'amore al prossimo

Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo (cfr. Gv 18, 36), la cui figura passa (cfr. 1Cor 7, 31); e che la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora (cfr. Eb 13, 14), essa li spinge anche a contribuire – ciascuno secondo la propria vocazione ed i propri mezzi – al bene della loro città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L’intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi sé stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del Regno eterno.