domenica 13 marzo 2011

La Torre di fronte al nemico


Chiesa.Interno

Siamo all’inizio della Quaresima. È appena stato letto il Vangelo delle tentazioni di Gesù e Agostino sta per predicare. Sa bene chi ha davanti a sé. Li conosce bene. Sono ormai quindici anni che è Vescovo della comunità di Ippona. Guarda la sua gente. Conosce le loro virtù e le loro difficoltà. Per questo - come un padre premuroso e un maestro deciso - gioca d’anticipo e dice chiaramente che non si dilungherà nel discorso per non far perdere loro troppo tempo. Ma nello stesso tempo sente l’urgenza di rispondere alle domande nascoste della sua gente che fa fatica a vivere e vuole indicare loro la via alla speranza. E allora prende spunto dal salmo che il popolo ha appenna cantato: «Ascolta, o Dio, il mio grido… dai confini della terra io ti invoco» (Salmo 60) intrecciandolo con il Vangelo. E accompagna i suoi ascoltatori mostrando che la vita è un cammino pieno di prove e di tentazioni. Ma che, con Cristo, si può vincere. Perché Lui è la nostra speranza: la “torre di fortezza” in cui rifugiarsi. Ma tale proposta non ha nulla di intimistico. La torre da cui viene la nostra certezza è la Presenza di Cristo: «La torre è dinanzi a te. Ricordati di Cristo e sarai entrato nella torre».



1. Eccoci a considerare, insieme con la vostra Carità, questo breve salmo. Il Signore ci assista affinché possiamo parlarne in modo adeguato e insieme conciso. Per quanto mi aiuterà colui che mi ordina di parlare, cercherò d’essere condiscendente con chi ama ascoltare, senza rendermi pesante verso chi fosse un po’ tardo. Non sarò prolisso per contentare i pochi rendendomi gravoso per chi ha da fare. Il titolo non ci tratterrà a lungo. Dice infatti: Sino alla fine, negli inni, per David stesso. Negli inni, cioè, nelle lodi. Sino alla fine, cioè, fino a Cristo. Perché fine della legge è Cristo, a giustificazione di ogni credente. E dicendo Per David stesso, non dobbiamo intendere nessun altro se non colui che è venuto dalla discendenza di David, per essere uomo tra gli uomini e rendere gli uomini pari agli angeli. Quanto alla voce di questo salmo, se siamo parte delle sue membra e del suo corpo (come osiamo sperare sulla parola del Signore) dobbiamo riconoscere che è essa la nostra voce e non quella di altri. Non “nostra” nel senso che sia la voce di quelli soltanto che sono ora qui presenti; ma “nostra” in quanto voce di noi tutti, quanti siamo sparsi sull'intera faccia della terra, da oriente ad occidente. E perché comprendiate bene che questa è la nostra voce, il salmista parla come fosse un uomo solo. Ma non è un uomo solo: è l’unità [della Chiesa] che parla come per bocca di un solo individuo. Perché in Cristo siamo tutti un solo uomo, e il capo di questo solo uomo è in cielo, mentre le membra ancora si affaticano in terra; e, siccome soffrono, notate quali ne siano gli accenti.

2. Esaudisci, Dio, la mia supplica; tendi l’orecchio alla mia preghiera. Chi parla? Sembra un individuo. Ma osserva bene se sia davvero uno. Dice: Dai confini della terra a te ho gridato, nell'angoscia del mio cuore. Non si tratta dunque di un solo individuo (sebbene in Cristo, di cui siamo le membra, noi tutti abbiamo unità). Una persona singola, infatti, come potrebbe gridare dai confini della terra? Dai confini della terra grida soltanto quella eredità della quale fu detto al Figlio stesso: Chiedi a me, e ti darò le genti in tua eredità, e in tuo possesso i confini della terra. È, dunque, questo possesso di Cristo, questa eredità di Cristo, questo corpo di Cristo, questa unica Chiesa di Cristo, questa unità che noi siamo, che grida dai confini della terra. E che cosa grida? Ciò che ho detto prima: Esaudisci, Dio, la mia supplica; tendi l’orecchio alla mia preghiera. Dai confini della terra a te ho gridato. Cioè, questo ho gridato a te, dai confini della terra; ossia, da ogni luogo.

3. Ma perché ho gridato questo? Mentre il mio cuore era nell’angoscia. Mostra di trovarsi in grande gloria tra tutte le genti e in tutto il mondo; eppure è in mezzo a grandi prove. Infatti la nostra vita in questo esilio non può essere senza prove, e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può riconoscersi finché non è tentato; allo stesso modo che nessuno potrà essere incoronato se non dopo la vittoria, vittoria che non ci sarebbe se non ci fossero la lotta contro un nemico e le tentazioni. È, pertanto, nell’angoscia quest’uomo che grida dai confini della terra; è nell’angoscia ma non è abbandonato. Poiché il Signore ha voluto darci in antecedenza un’idea della sorte che attende il suo corpo [mistico] che siamo noi, nelle vicende di quel suo corpo col quale egli morì, risorse ed ascese al cielo: in modo che le membra possano avere speranza di giungere là dove il capo le ha precedute. Egli ci ha insegnato a riconoscerci in lui, quando volle essere tentato da satana. Leggevamo ora nel Vangelo che il Signore Gesù Cristo fu tentato dal diavolo nel deserto. Cristo fu certamente tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato tu. Tua infatti era la carne che Cristo aveva presa perché tu avessi da lui la salvezza. Egli aveva preso per sé la morte, che era tua, per donare a te la vita; da te egli aveva preso su di sé le umiliazioni perché tu avessi da lui la gloria. Così, egli prese da te e fece sua la tentazione, affinché per suo dono tu ne riportassi vittoria. Se in lui noi siamo tentati, in lui noi vinciamo il diavolo. Ti preoccupi perché Cristo sia stato tentato, e non consideri che egli ha vinto? In lui fosti tu ad essere tentato, in lui tu riporti vittoria. Riconoscilo! Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere quando tu sei tentato. Non c’è, dunque, da stupirsi se, in mezzo alle tentazioni, il salmista grida dai confini della terra. Ma perché non è sconfitto? Nella pietra mi hai innalzato. Ecco una parola che ci fa riconoscere chi è che grida dai confini della terra. Ricordiamo il Vangelo: Sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa. Grida dunque dai confini della terra colei che egli ha voluto fosse edificata sopra la pietra. Ma, al fine di costruire la Chiesa sopra la pietra, chi si è fatto pietra? Ascolta Paolo che dice: E la pietra era Cristo. In lui noi siamo edificati: ed è stato per noi che la pietra nella quale noi siamo edificati venne per prima battuta dai venti, dal fiume, dalla pioggia, che cioè Cristo fu tentato dal diavolo. Ecco la solidità su cui volle poggiasse il tuo edificio. Per questo non cade a vuoto la nostra voce, ma è esaudita: perché poggiamo su una grande speranza. Nella pietra mi hai innalzato.

4. Mi hai condotto perché sei divenuto la mia speranza. Se egli non fosse divenuto la nostra speranza, non sarebbe in grado di condurci. Ci conduce in quanto è la nostra guida; e ci conduce con sé in quanto egli è la nostra via; a sé ci conduce in quanto egli è la nostra patria. Dunque ci conduce. Ma come fa? Può farlo perché è divenuto la nostra speranza. E quando è divenuto la nostra speranza? Ecco, lo avete udito! Egli è stato tentato, ha sofferto, è risorto: così è divenuto la nostra speranza. Cosa diciamo dentro noi stessi quando leggiamo queste cose? Dio non vuole certamente la nostra dannazione se per noi ha mandato il suo Figlio ad essere tentato, crocifisso, a morire, a risorgere. Diciamo che Dio non manca di stima per noi se per noi non ha risparmiato il suo Figlio, ma per noi tutti lo ha dato. Così egli è divenuto la nostra speranza. In lui puoi vedere la tua fatica e la tua ricompensa: la tua fatica nella passione, la tua ricompensa nella resurrezione. Così egli è divenuto la nostra speranza. Noi, infatti, abbiamo due vite: una nella quale siamo attualmente, e l’altra che speriamo. Quella nella quale siamo ci è nota; quella che speriamo ci è sconosciuta. Resisti durante questa vita e conseguirai quella che non hai ancora. Ma, che vuol dire: Resisti? Non farti vincere dal tentatore. Con le sue fatiche, le sue tentazioni, le sofferenze e la morte, Cristo ti ha mostrato la vita che hai da vivere adesso; con la sua resurrezione ti ha mostrato la vita che ti attende. Noi, infatti, sapevamo soltanto che l’uomo nasce e muore; non sapevamo che l’uomo risorge e vive in eterno; egli ha assunto ciò che tu conoscevi, per mostrarti ciò che non conoscevi. Per questo, dunque, è diventato la nostra speranza nelle tribolazioni e nelle tentazioni. Senti cosa dice l’Apostolo: Non solo, ma noi ci gloriamo anche nelle tribolazioni; sapendo che la tribolazione genera la pazienza, la pazienza genera la virtù provata e questa a sua volta la speranza; la speranza poi non è delusa, perché la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Lui stesso, dunque, è divenuto la nostra speranza; lui che ci ha dato lo Spirito Santo e ci fa camminare verso la speranza. Non cammineremmo, infatti, se non avessimo la speranza. Come afferma il medesimo Apostolo: Ciò che uno scorge, può forse sperarlo? Ma, se speriamo ciò che non vediamo, per mezzo della pazienza lo aspettiamo. E ancora: È nella speranza che siamo stati salvati.

5. Mi hai condotto, perché sei diventato la mia speranza, torre di fortezza di fronte al nemico. È nell’angoscia il mio cuore - dice questa unità levando la voce fin dai confini della terra - e soffro in mezzo alle tentazioni e agli scandali. I pagani mi odiano perché sono stati sconfitti; mi insidiano gli eretici coperti col manto del nome cristiano; all’interno, nella stessa Chiesa, il frumento è soverchiato dalla paglia. In mezzo a tutto questo, mentre il mio cuore è nell’angoscia, griderò dai confini della terra. Colui che mi ha costruito sopra la pietra non mi abbandonerà, né lascerà di condurmi a sé: perché, anche se soffro, anche se il diavolo in ogni luogo, in ogni momento, in ogni occasione, tende insidie contro di me, io ho in lui [Cristo] la mia torre di fortezza. Quando in essa mi sarò rifugiato, non soltanto eviterò le frecce del nemico, ma potrò anche scagliare intrepido contro di lui tutte le frecce che vorrò. Questa torre è Cristo, il quale per noi si è fatto torre di fronte al nemico, lui che è anche pietra sopra la quale è costruita la Chiesa. Cerchi riparo per non essere ferito dal diavolo? Rifugiati nella torre! In essa mai ti raggiungeranno le frecce del diavolo; ivi starai riparato permanentemente. Ma in qual modo ti rifugerai nella torre? Che nessuno, in mezzo, alla tentazione, pensi di trovare questa torre in senso materiale! Non trovandola, potrebbe correre il rischio di scoraggiarsi e di venir meno nella tentazione. La torre è dinanzi a te. Ricordati di Cristo, e sarai entrato nella torre. In qual modo ti ricorderai di Cristo per così entrare nella torre? Qualunque cosa avrai da soffrire, pensa che per primo egli l’ha sofferta, e rifletti sul fine per cui egli ha sofferto. Egli morì per risorgere. Spera di raggiungere anche tu la mèta nella quale egli ti ha preceduto, e sarai già entrato nella torre senza cedere al nemico. Se, invece, consentirai alle suggestioni del nemico, allora la freccia dell’aggressore riuscirà a colpirti. Sii piuttosto tu a lanciare frecce contro di lui: frecce con cui ferirlo e vincerlo. Quali sono queste frecce? Sono la parola di Dio, la tua fede, la tua speranza, le opere buone. Io non ti dico: Sta’ tranquillo e in ozio dentro la tua torre; e nemmeno: Accontentati di non essere raggiunto dalle frecce del nemico. Ti dico di essere sempre occupato e che le tue mani non si fermino mai. Le tue opere buone sono le spade che uccidono il nemico.