lunedì 7 marzo 2011

Non a noi, Signore, non a noi

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Ieri mattina, durante la preghiera dell'Angelus, il Papa ha ricordato la figura del ministro pakistano ucciso per la sua fede, oggi la Chiesa ricorda i martiri di Cartagine, tra i quali spiccano le figure di Perpetua e Felicita, qualche giorno fa sono riprese le violenze contro i copti (cristiani) in Egitto. Quando la storia ci interpella, il cristiano riflette e si chiede: cosa vuole dire Dio oggi a me? Ancora un paio d'ore fa, ho pubblicato la riflessione che faceva sulla Stampa di ieri fr. Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose (il post si intitola: "Oscuri testimoni della Speranza"). Aggiungo due testi sul martirio di due autori lontanissimi nel tempo, Agostino e von Balthasar, ma che dicono la stessa cosa. Buona lettura.

Dai "Trattati su Giovanni" di sant'Agostino, vescovo (Omelia 84)

Come Cristo diede la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo esser pronti a dare la nostra vita per i fratelli. E' quello che dice anche l'apostolo Pietro: Cristo soffrì per noi, lasciandoci l'esempio, affinché seguiamo le sue orme (1 Pt 2, 21). Ecco cosa significa preparare altrettanto. E' questo che hanno fatto i martiri con ardente amore; e se noi non vogliamo celebrare invano la loro memoria, e non vogliamo accostarci invano alla mensa del Signore, alla quale anch'essi sono stati saziati, è necessario che anche noi, come loro, ci prepariamo a ricambiare il dono ricevuto. Alla mensa del Signore, perciò, non commemoriamo i martiri nello stesso modo che commemoriamo quelli che riposano in pace; come se dovessimo pregare per loro, quando siamo noi che abbiamo bisogno delle loro preghiere onde poter seguire le loro orme, in quanto essi hanno realizzato quella carità, che il Signore definì la maggiore possibile. Essi infatti hanno dato ai loro fratelli la medesima testimonianza di amore che essi stessi avevano ricevuto alla mensa del Signore.
Dicendo così non pensiamo di poter essere pari a Cristo Signore, qualora giungessimo a versare il sangue per lui col martirio. Egli aveva il potere di dare la sua vita e di riprenderla di nuovo (cf. Gv 10, 18); noi, invece, non possiamo vivere quanto vogliamo, e moriamo anche se non vogliamo; egli, morendo, ha ucciso subito in sé la morte, noi veniamo liberati dalla morte mediante la sua morte. La sua carne non ha conosciuto la corruzione (cf. At 2, 31), mentre la nostra rivestirà l'incorruttibilità per mezzo di lui alla fine del mondo, solo dopo aver conosciuto la corruzione; egli non ha avuto bisogno di noi per salvarci, mentre noi senza di lui non possiamo far nulla. Egli si è offerto come vite a noi che siamo i tralci, a noi che senza di lui non abbiamo la vita. Infine, anche se i fratelli arrivano a morire per i fratelli, tuttavia, non può essere versato il sangue di nessun martire per la remissione dei peccati dei fratelli, cosa che invece egli fece per noi; offrendoci con questo non un esempio da imitare, ma un dono di cui essergli grati. Ogniqualvolta i martiri versano il loro sangue per i fratelli, ricambiano il dono da essi ricevuto alla mensa del Signore.Amiamoci dunque gli uni gli altri come Cristo ha amato noi, dando se stesso per noi.

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Hans Urs von Balthasar, Nuovi punti fermi, Milano 1980, pp.255-258

Non è affatto facile selezionare dallo sconfinato mare di dolore che gli uomini si procurano reciprocamente nella storia del mondo - assassini di singoli e di interi popoli, torture di ogni genere che posssono essere escogitate solamente dalla mente perversa dell'uomo, azioni pianificate di annientamento - le atrocità che vengono perpetrate a danno dei cristiani da 2000 anni. Del resto, ha senso sottoporle ad una riflessione particolare quando un numero sconfinato di altre persone, i cosiddetti innocenti, vengono ugualmente uccisi per le loro convinzioni religiose,morali, o semplicemente perchè si opponevano ad un potente, ad un tiranno o ad una tribù o popolo bisognoso di espandersi, oppure perchè rappresentavano un corpo estraneo nel loro ambiente, come gli ebrei in Egitto o in Persia, ebrei che molto tempo prima dell'era cristiana vennero ferocemente perseguitati e parzialmente annientati? (...)
Ammesso che trovassimo motivi sufficienti per rifarci all'epoca eroica della cristianità, tutta l'edificazione che ne trarremmo non sarebbe subito annientata se ponessimo sull'altro piatto della bilancia tuute le atrocità che nei tempi posteriori i cristiani (non importa di quale confessione) hanno fatto inparte a uomini di religione diversa, agli eretici o agli ebrei, in parte agli stessi cristiani? Certamente suscita orrore leggere che l'imperatore Galerio fece assediare ed incendiare dai militari una piccola città della Frigia i cui abitanti erano tutti cristiani, di modo che tutti, compresi donne e bambini, morirono incendiati, ma l'eccelso costruttore di Santa Sofia, il cristianissimo imperatore Giustiniano, fece diverse volte la stessa cosa per scacciare alcune sette cristiane e i giudei in Asia Minore, nè si agì diversamente nelle guerre contro gli Albigesi: si richiusero gli eretici nelle loro chiese e si appiccò il fuoco. Altri vertici: la presa di Costantinopoli ad opera dei crociati, la conquista dell'America Latina ad opera degli spagnoli, la guerra dei trent'anni, la notte di san Bartolomeo, le fiaccole viventi dell'Inquisizione e della persecuzione delle streghe, che non erano di meno di quelle dei giardini di Nerone, il rogo di Savonarola e di Giordano Bruno: non c'è fine alle atrocità cristiane che continuano nelle tortiure e nelle prigioni degli Stati militari del Sud America, ma anche nella durezza di cuore di tanti imprenditori "cristiani" che sconsideratamente sfruttano popoli e paesi poveri.
Non che io voglia qui stigmatizzare la storia cristiana come una storia particolarmente violenta e sanguinaria; la domanda è solamente questa: si differenzia essa così chiaramente dalla storia delle atrocità dell'umanità di modo che i martirii cristiani esigerebbero una particolare trasfigurazione nei confronti degli altri, abbastanza spesso causati da cristiani? Basta ad esempio riflettere sul rapporto tra cristiani ed ebrei dal Medio Evo fino all'epoca moderna senza volgere lo sguardo! I cristiani hanno sofferto e soffrono per la loro fede - come anche molti fedeli dell'Islam e di altre religioni - ma quanto hanno fatto soffrire gli ebrei per la loro fede, fin quando ne avevano potere!
Dove ci conduce questo? Dapprima ad un risultato minimale per cui noi dovremmo essere molto riservati e attenti con il culto dei nostri martiri e confessori. Non per loro, bensì per noi. Se nella loro sofferenza c'è un momento di gloria, questa non è certamente nostra gloria, bensì esclusivamente la gloria di Colui per il Quale essi hanno sofferto e sono morti.