lunedì 18 aprile 2011

Meditatio mortis: gli apoftegmi dei Padri - 1

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A partire dagli ultimi anni del IV secolo iniziarono ad essere scritti gli insegnamenti dei padri del deserto egiziano, provocati di solito dalle domande poste dai loro discepoli; nei detti dei padri del deserto la ‘meditatio mortis’ è spesso raccomandata.

Il pensiero della morte sembra essere considerato come il punto di partenza della vita ascetica: l’insegnamento tradizionale infatti, assai diffuso nei testi del monachesimo cristiano dei primi secoli, vede il monaco impegnato in un cammino che comincia dal timore di Dio e che termina nel raggiungimento dell’umiltà. Cronio afferma che per poter giungere al timore di Dio, oltre al ritiro dalle occupazioni mondane e all’ascesi, è indispensabile pensare con tutte le forze alla morte e al giudizio di Dio:

“Un fratello chiese al padre Cronio: ‘In che modo l’uomo giunge all’umiltà?’ Dice a lui l’anziano: ‘Attraverso il timore di Dio’. E il fratello dice: ‘Ma come si arriva al timore di Dio?’. ‘Secondo me - dice l’anziano - ritirandosi da ogni occupazione e dandosi alle fatiche del corpo e pensando con tutte le forze all’uscita dal corpo e al giudizio di Dio”


“Disse ancora: ‘Metto il mio piede sulla scala per salire, e prima di salire mi pongo davanti agli occhi la morte"


“L' arcivescovo Teofilo in punto di morte disse: ‘Beato te padre Arsenio, che hai sempre pensato a quest’ora"


“Il padre Antonio disse: ‘Abbi sempre davanti agli occhi il timore di Dio; ricordati di chi dà la morte e la vita...”


“Diceva anche: ‘Tutta la vita è come un sol giorno, per chi è travagliato dal desiderio ardente’”. Infatti se davvero il monaco è “travagliato dal desiderio ardente” di incontrare il volto di Dio, vive ogni giorno della sua vita come se fosse l’ultimo ed aspetta la morte tutti i giorni.