mercoledì 20 aprile 2011

Meditatio mortis: gli apoftegmi dei Padri - 3

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Vivere come sepolti


Per i padri del deserto la ‘meditatio mortis’ non è certo una pratica che rimane solo a un livello psicologico e interiore. Tale pratica si deve vivere anche con atteggiamenti concreti.
Questo gruppo di detti mostra gli effetti che il ricordo della morte genera nella vita del monaco: tramite questa pratica il monaco viene aiutato innanzitutto a compiere la volontà di Dio nei momenti di maggiore difficoltà e tentazione.
Il pensiero della morte deve addirittura portare il monaco a considerarsi già morto, a vivere come se fosse già sepolto, a chiudersi nella tomba, a vestirsi di abiti funebri, in un radicale distacco dai legami con la vita passata.

Il primo detto che prendo in esame è di Arsenio:

“Il padre Daniele raccontò che una volta venne dal padre Arsenio un funzionario a portargli il testamento di un senatore suo parente che gli aveva lasciato un’eredità molto cospicua. Preso il testamento, Arsenio stava per strapparlo, quando il funzionario cadde ai suoi piedi dicendo: ‘Non strapparlo, ti supplico, mi costerebbe la testa!’. E il padre Arsenio gli disse: ‘Io sono morto prima di lui e lui è morto appena ora!’. E mandò indietro il testamento senza accettare nulla”.

Un detto attribuito a Cassiano riprende lo stesso insegnamento, utilizzando gli stessi termini. Si può ipotizzare una dipendenza diretta di Cassiano dal detto di Arsenio.

“Raccontò anche di un monaco che viveva in una spelonca nel deserto. I suoi parenti secondo la carne gli fecero sapere: ‘Tuo padre è molto malato e sta per morire. Vieni per ricevere la tua eredità’. Ma egli rispose: ‘Io sono morto al mondo prima di lui, un morto non può ereditare da un vivo".

Giovanni Nano afferma che il monaco deve avere un po’ di tutte le virtù e ricominciare la sua fatica ogni giorno, con grande pazienza. Dopo aver offerto una lunga serie di consigli sulla vita spirituale, conclude con questa significativa esortazione al suo discepolo:

“Chiuditi nella tomba, come se fossi già morto, così da pensare in ogni momento che la morte è prossima".

Il monaco sente dunque il bisogno di compiere anche azioni concrete - o almeno di immaginarsele -, cariche di una forte valenza simbolica, per tenere costantemente la propria morte davanti agli occhi: sembra non bastargli il semplice ricordo della morte per evitare di cadere nel peccato della dimenticanza.