venerdì 12 agosto 2011

13 Agosto: Testi della Liturgia e Martirologio




Di seguito i testi del Messale di oggi 13 agosto, venerdi della XIX settimana del Tempo ordinario


Antifona d'Ingresso Sal 73,20.19,22.23
Sii fedele, Signore, alla tua alleanza,
non dimenticare mai la vita dei tuoi poveri.
Sorgi, Signore, difendi la tua causa,
non dimenticare le suppliche di coloro che ti invocano.

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, f
a'crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell'eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore...

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura
Gs 24, 14-29 Scegliete oggi chi servire.

Dal libro di Giosuè In quei giorni, Giosuè disse al popolo: «Ora, dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Signore. Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore».
Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano la terra. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».
Giosuè disse al popolo: «Voi non potete servire il Signore, perché è un Dio santo, è un Dio geloso; egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi annienterà». Il popolo rispose a Giosuè: «No! Noi serviremo il Signore».
Giosuè disse allora al popolo: «Voi siete testimoni contro voi stessi, che vi siete scelti il Signore per servirlo!». Risposero: «Siamo testimoni!».
«Eliminate allora gli dèi degli stranieri, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il vostro cuore al Signore, Dio d’Israele!».
Il popolo rispose a Giosuè: «Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!». Giosuè in quel giorno concluse un’alleanza per il popolo e gli diede uno statuto e una legge a Sichem. Scrisse queste parole nel libro della legge di Dio. Prese una grande pietra e la rizzò là, sotto la quercia che era nel santuario del Signore. Infine, Giosuè disse a tutto il popolo: «Ecco: questa pietra sarà una testimonianza per noi, perché essa ha udito tutte le parole che il Signore ci ha detto; essa servirà quindi da testimonianza per voi, perché non rinneghiate il vostro Dio». Poi Giosuè congedò il popolo, ciascuno alla sua eredità.
Dopo questi fatti, Giosuè figlio di Nun, servo del Signore, morì a centodieci anni.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 15 Tu sei, Signore, mia parte di eredità. Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
Canto al Vangelo
Mt 11, 25
Alleluia, alleluia.
Ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.
Alleluia.


Vangelo
Mt 19, 13-15 Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli.
Dal vangelo secondo Matteo In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli».
E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.
* * *

Come testo di meditazione le seconda lettura dell'Ufficio di oggi è molto opportuna:
Dal «Discorso sul battesimo» di san Paciano, vescovo
(Nn. 6-7; PL 13, 1093-1094)
Puri e immacolati per il giorno del Signore
Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste; poiché il primo uomo tratto dalla terra, è di terra, il secondo uomo viene dal cielo ed è celeste (cfr. 1 Cor 15, 47-49). Comportiamoci così, o carissimi, non morremo mai più. Anche se questo corpo sarà preda della corruzione, noi vivremo in Cristo, come egli stesso ha detto: «Chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Gv 11, 25).
Siamo quindi certi, sulla parola di Dio, che Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i santi di Dio vivono. Il Signore effettivamente ha detto che vivono, perché colui che è il loro Dio è Dio dei vivi e non dei morti (cfr. Mt 22, 32). Parlando di se stesso l'Apostolo afferma: Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno: desidero morire ed essere con Cristo (cfr. Fil 1, 21-23). Ed ancora: «Finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione» (2 Cor 5, 6).
Questa è la nostra fede, o carissimi fratelli. Del resto: se noi riponiamo la nostra speranza soltanto in questo mondo, siamo da compiangere più di tutti gli uomini (cfr. 1 Cor 15, 19). La nostra vita materiale, come voi medesimi potete osservare, ha la stessa durata di quella delle fiere, degli animali, degli uccelli e magari anche minore. Caratteristica dell'uomo invece è di ottenere quello che Cristo ha dato per mezzo del suo Spirito, la vita eterna, a patto però che non pecchiamo più. Come la morte viene a causa del peccato, così dalla morte siamo liberati per mezzo della santità; la vita si perde col peccato, mentre viene salvata dalla santità. «Il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 6, 23).
E' lui, è lui che ci ha redenti, perdonandoci, come dice l'Apostolo, tutti i nostri peccati e annullando il documento scritto del nostro debito le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodando alla croce. Spogliandosi della carne, ha privato della loro forza i Principati e le Potestà, e ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al suo corteo trionfale (cfr. Col 2, 13-15). Liberò quelli che erano legati in ceppi e spezzò le loro catene, come David aveva profetizzato: Il Signore solleva quelli che sono caduti, il Signore scioglie quelli che sono legati, il Signore illumina i ciechi (cfr. Sal 145, 7-8). E ancora: «Hai spezzato le mie catene. A te offrirò sacrifici di lode» (Sal 115, 16-17). Siamo stati dunque sciolti dalle nostre catene quando, mediante il sacramento del battesimo, ci siamo raccolti sotto lo stendardo di Cristo, rinunziando al diavolo e a tutti i suoi sostenitori, ai quali avevamo servito fino allora. Siamo stati liberati da essi nel nome e col sangue di Cristo; non dobbiamo più quindi essere loro schiavi.
Perciò, carissimi, ricordiamoci che veniamo lavati una volta sola; una volta sola veniamo liberati, e una volta sola entriamo nel regno eterno. Una volta sola sono beati quelli a cui sono rimesse le colpe e perdonato il peccato (cfr. Sal 31, 1). Tenete ben stretto quello che avete ricevuto, conservatelo nella gioia; non vogliate più peccare. Conservatevi puri ed immacolati per il giorno del Signore.

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Oggi 13 agosto ricordiamo la figura di:
Nerses Shnorhali (1102-1173), monaco e pastore
Nel 1173 muore a Hromklay, in Armenia, Nerses Shnorhali, monaco e catholicos degli armeni.
Nato nel 1102 presso la fortezza di Covk' da una famiglia di grande tradizione ecclesiale, Nerses entrò giovanissimo nel Monastero Rosso di K'esun assieme al fratello Grigoris.
Ordinato presbitero nel 1120, egli venne assunto da Grigoris, nel frattempo divenuto catholicos, come collaboratore personale, e ricevette dalle sue mani l'ordinazione episcopale qualche anno più tardi.
Uomo di grande affabilità e di notevole cultura, Nerses si conquistò lo pseudonimo di Shnorhali, che indica un insieme equilibrato di dolcezza e amabilità, grazie alle grandi doti acquisite mediante l'ascesi monastica e manifestate per tutta la vita. Egli seppe infatti presiedere all'unità della propria chiesa e nel contempo intessere dialoghi con l'occidente latino e l'oriente bizantino, con cui l'Armenia non aveva più ristabilito la piena comunione dai tempi del concilio di Calcedonia.
Alla morte del fratello, nel 1166, Nerses gli succedette alla guida della chiesa armena, ed ebbe così modo di condurre in prima persona la preparazione di quel sinodo di riconciliazione che sarà presieduto, dopo la sua morte, da Nerses di Lambron.
Profondamente convinto che compito fondamentale di un pastore sia quello di servire l'unità della chiesa e fra le chiese, egli non cessò mai di ricordare a tutti come per costruire un'unità duratura siano necessarie una fede autentica e una carità radicata nell'adesione al cammino di abbassamento rivelato nella kenosi del Verbo.
TRACCE DI LETTURA
E' Paolo a rivelarci come dev'essere un vescovo e come debba comportarsi: «Il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro» e via dicendo. Egli deve, con il potere affidatogli, mantenere incrollabili le strutture di quei templi inabitati da Dio che sono i fedeli. Egli è tenuto a dare loro, secondo il comando del Signore, il cibo della Parola al tempo dovuto, giorno dopo giorno.
Quando diciamo che il vescovo dev'essere mite, umile, onesto, ci vengono in mente Mosè e David, che furono autentici pastori del popolo di Israele. Allo stesso modo i nuovi pastori sono chiamati a pascere il gregge con umiltà e pace, comportandosi da pastori, appunto, e non con la pompa e gli eccessi dei principi di questo mondo.
Quando l'Apostolo richiama alla mitezza, egli insegna quell'umiltà che fu data come esempio da Cristo stesso: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore»
(Nerses Shnorhali, dall'Epistola generale).