lunedì 15 agosto 2011

Assunzione della Beata Vergine Maria: Testi della Messa del Giorno, Seconda Lettura dell'Ufficio e Angelus .



Oggi 15 AGOSTO abbiamo celebrato la Solennità della
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA



Antifona d'Ingresso Ap 12,1
Un segno grandioso apparve nel cielo:
una donna ammantata di sole,
con la luna sotto i suoi piedi
e sul capo una corona di dodici stelle.


Oppure:
Rallegriamoci tutti nel Signore,
in questa solennità della Vergine Maria;
della sua Assunzione gioiscono gli angeli
e lodano il Figlio di Dio.

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, che hai innalzato alla gloria del cielo in corpo e anima l'immacolata Vergine Maria, madre di Cristo tuo Figlio, f
a' che viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni, per condividere la sua stessa gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura
Ap 11, 19a; 12, 1-6a.10ab
Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi. Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».

Salmo Responsoriale Salmo 44 Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.

Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.

Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.

Dietro a lei le vergini, sue compagne,
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.

Seconda Lettura 1 Cor 15, 20-27a Cristo risorto è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.
Canto al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Maria è assunta in cielo;
esultano le schiere degli angeli.

Alleluia.

Vangelo
Lc 1, 39-56
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili. Dal vangelo secondo Luca In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
* * *
Dalla Costituzione Apostolica «Munificentissimus Deus» di Pio XII, papa
(AAS 42 [1950], 760-762. 767-769)

I santi padri e i grandi dottori nelle omelie e nei discorsi, rivolti al popolo in occasione della festa odierna, parlavano dell'Assunzione della Madre di Dio come di una dottrina già viva nella coscienza dei fedeli e da essi già professata; ne spiegavano ampiamente il significato, ne precisavano e ne apprendevano il contenuto, ne mostravano le grandi ragioni teologiche. Essi mettevano particolarmente in evidenza che oggetto della festa non era unicamente il fatto che le spoglie mortali della beata Vergine Maria fossero state preservate dalla corruzione, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste glorificazione, perché la Madre ricopiasse il modello, imitasse cioè il suo Figlio unico, Cristo Gesù.
San Giovanni Damasceno, che si distingue fra tutti come teste esimio di questa tradizione, considerando l'Assunzione corporea della grande Madre di Dio nella luce degli altri suoi privilegi, esclama con vigorosa eloquenza: «Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Colei che aveva portato nel suo seno il Creatore, fatto bambino, doveva abitare nei tabernacoli divin. Colei, che fu data in sposa dal Padre, non poteva che trovar dimora nelle sedi celesti. Doveva contemplare il suo Figlio nella gloria alla destra del Padre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei che, preservata dal dolore, quando lo diede alla luce, fu trapassata dalla spada del dolore quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio, e che fosse onorata da tutte le creature come Madre ed ancella di Dio».
San Germano di Costantinopoli pensava che l'incorruzione e l'assunzione al cielo del corpo della Vergine Madre di Dio non solo convenivano alla sua divina maternità, ma anche alla speciale santità del suo corpo verginale: «Tu, come fu scritto, sei tutta splendore (cfr. Sal 44, 14); e il tuo corpo verginale è tutto santo, tutto casto, tutto empio di Dio. Per questo non poteva conoscere il disfacimento del sepolcro, ma, pur conservando le sue fattezze naturali, doveva trasfigurarsi in luce di incorruttibilità, entrare in una esistenza nuova e gloriosa, godere della piena liberazione e della vita perfetta».
Un altro scrittore antico afferma: «Cristo, nostro salvatore e Dio, donatore della vita e dell'immortalità, fu lui a restituire la vita alla Madre. Fu lui a rendere colei, che l'aveva generato, uguale a se stesso nell'incorruttibilità del corpo, e per sempre. Fu lui a risuscitarla dalla morte e ad accoglierla accanto a sé, attraverso una via che a lui solo è nota».
Tutte queste considerazioni e motivazioni dei santi padri, come pure quelle dei teologi sul medesimo tema, hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura. Effettivamente la Bibbia ci presenta la santa Madre di Dio strettamente unita al suo Figlio divino e sempre a lui solidale, e compartecipe della sua condizione.
Per quanto riguarda la Tradizione, poi, non va dimenticato che fin dal secondo secolo la Vergine Maria venne presentata dai santi padri come la novella Eva, intimamente unita al nuovo Adamo, sebbene a lui soggetta. Madre e Figlio appaiono sempre associati nella lotta contro il nemico infernale; lotta che, come era stato preannunziato nel protovangelo (cfr. Gn 3, 15), si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, su quei nemici, cioè, che l'Apostolo delle genti presenta sempre congiunti (cfr. Rm capp. 5 e 6; 1 Cor 15, 21-26; 54-57). Come dunque la gloriosa risurrezione di Cristo fu parte essenziale e il segno finale di questa vittoria, così anche per Maria la comune lotta si doveva concludere con la glorificazione del suo corpo verginale, secondo le affermazioni dell'Apostolo: «Quando questo corpo corruttibile si sarà vestito di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria» (1 Cor 15; 54; cfr. Os 13, 14).
In tal modo l'augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l'eternità «con uno stesso decreto» di predestinazione, immacolata nella sua concezione, vergine illibata nella sua divina maternità, generosa compagna del divino Redentore, vittorioso sul peccato e sulla morte, alla fine ottenne di coronare le sue grandezze, superando la corruzione del sepolcro. Vinse la morte, come già il suo Figlio, e fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli.
* * *

Commento a cura della Congregazione per il Clero


La celebrazione dell’Assunta è giorno di gioia: è la festa della grandezza di Dio e della grandezza dell’uomo in Lui. Oggi risuona festoso il Magnificat, questa straordinaria poesia emersa dal Cuore immacolato di Maria e fiorita sulle sue labbra. Il cantico evangelico è un ritratto della Madonna, nel quale possiamo vederla così come Ella è. Esso inizia con l’acclamazione: «L’anima mia magnifica il Signore», cioè “proclama grande” il Signore. Maria desidera che Dio sia grande nel mondo e nella sua vita personale. Ella non teme che il Signore possa essere un concorrente: non ha timore che Lui, con la sua grandezza, possa togliere qualcosa alla libertà umana o sottrarle alcunché del suo spazio vitale. Ella ben sa che, se Dio è grande, allora anche noi siamo grandi. La nostra vita non viene impoverita, piuttosto viene elevata, allargata e arricchita dalla grandezza di Dio: proprio allora diventa grande nello splendore del Signore.

Nel fatto che i nostri progenitori pensassero il contrario, cogliamo precisamente il nucleo del peccato originale. Temevano che, se Dio fosse stato troppo grande, avrebbe tolto qualcosa alla loro vita; ritenevano di doverlo accantonare per avere più spazio per loro stessi. Questa è anche la grande tentazione di ogni uomo! Questa è anche la grande tentazione di ogni ideologia; questa è anche la grande tentazione secolarizzante ed alienante. Ma dove scompare Dio, l’uomo non diventa più grande; perde anzi la dignità divina, perde lo splendore del cielo sul suo volto. Solo se Dio è grande, anche l’uomo è grande.
L’umiltà gioiosa di Maria ci invita a capire che è così. Dobbiamo guardarci dall’allontanarci da Dio; dobbiamo piuttosto riconoscere che noi siamo grandi alla Sua presenza; per questo dobbiamo far sì che Egli sia grande nella nostra vita: tutto lo splendore della dignità divina è allora nostro! E’ importante, pertanto, che Dio sia grande tra di noi, nella vita personale e nella vita pubblica. Come Maria, occorre fare spazio ogni giorno al Signore nella nostra vita, cominciando proprio dalla preghiera, donando tempo a Dio. Non perdiamo il nostro tempo se lo offriamo a Lui. Se il Signore entra nel “nostro” tempo, tutto il tempo diventa più ampio e più ricco. Il nostro povero tempo diviene tempo di Dio, tocca l’eternità!
La Solennità odierna dischiude per noi, nel segno della grandezza del Signore, cantata dalla Vergine, l’orizzonte del cielo; col termine “cielo”, non ci si riferisce esclusivamente ad un “luogo” fisico al di sopra di noi, ma piuttosto ad una realtà straordinaria che ci tocca fin d’ora da vicino.
S’intende affermare che Dio, in Cristo, ha definitivamente superato e vinto il tempo e lo spazio per l'uomo, introducendolo nella Sua eternità. Il Signore non tramonta mai e noi tutti esistiamo perché Egli ci ama, perché ci ha pensati creativamente, così che noi siamo. La “nostra eternità” non è ontologica, ma si fonda sul suo amore misericordioso. Chi è amato da Dio, ed accoglie il suo amore, non morirà mai. In Lui, nel suo pensiero e nel suo amore, noi stessi siamo per sempre custoditi e perciò stesso resi immortali, in tutto il nostro essere personale. Quest'amore è apportatore dell’immortalità che noi chiamiamo “cielo”: Dio è così grande da aver posto anche per noi. Questo intende l’espressione dogmatica dell’«Assunzione corporale nella gloria celeste» della Beata Vergine Maria.
La fede non promette solo la salvezza dell'anima in un impreciso al di là, nel quale tutto ciò che in questo mondo è stato prezioso e caro sparirebbe, ma annuncia il valore eterno di ciò che è avvenuto su questa terra. Niente di ciò che è prezioso e caro andrà in rovina: «Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati» (Mt 10,30).
Il mondo definitivo sarà il compimento anche di questa terra e della nostra storia personale. Il Signore conosce ed ama tutto l'uomo, ciò che noi adesso concretamente siamo. La totalità integrale della persona viene come “presa” da Dio, Egli ci attira a sé e noi abbiamo così eternità in Dio stesso. Questa la verità che oggi ci pervade di gioia profonda; con la sua assunzione al cielo, Maria Santissima testimonia il significato autentico della nostra umana esistenza. In Lei scopriamo che la nostra vita porta in sé la profondità, l’altezza ed i tratti del cielo ed è chiamata fin d’ora a parlare, come sempre fa il cielo, di Dio.
Dio ha assunto nella gloria celeste Colei che il Figlio ci ha donato dalla Croce come Madre; ora nel Cuore stesso di Dio, c’è spazio per la maternità di Maria e per le sue premurose attenzioni. Essendo in Dio e con Dio, la Vergine Maria è vicina ad ognuno di noi, conosce il nostro cuore, ascolta le nostre preghiere, ci è sempre accanto nelle necessità e negli affanni, e ci sorregge con la sua bontà materna.
Possiamo sempre affidare l’intera nostra vita a questa dolce Madre, che non è lontana da alcuno; anzi, in Lei, la nostra vita presente è sin d’ora in Dio. Ringraziamo il Signore per il dono del Suo capolavoro, della Madre Celeste assunta nella gloria e preghiamo perché la Chiesa, mostrando la bellezza di Maria, aiuti gli uomini a riconoscere la propria inaudita dignità che è riflesso della grandezza di Dio.
Sì oggi, guardando l’Assunta, comprendiamo che è festa dell’umanesimo plenario!
* * *
Pubblico di seguito l'omelia pronunciata da Benedetto XVI nel celebrare la Santa Messa nella parrocchia pontificia "San Tommaso da Villanova" a Castel Gandolfo, in occasione della Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.


Cari fratelli e sorelle,
ci ritroviamo riuniti, ancora una volta, a celebrare una delle più antiche e amate feste dedicate a Maria Santissima: la festa della sua assunzione alla gloria del Cielo in anima e corpo, cioè in tutto il suo essere umano, nell’integrità della sua persona. Ci è data così la grazia di rinnovare il nostro amore a Maria, di ammirarla e di lodarla per le "grandi cose" che l’Onnipotente ha fatto per Lei e che ha operato in Lei.
Nel contemplare la Vergine Maria ci è data un’altra grazia: quella di poter vedere in profondità anche la nostra vita. Sì, perché anche la nostra esistenza quotidiana, con i suoi problemi e le sue speranze, riceve luce dalla Madre di Dio, dal suo percorso spirituale, dal suo destino di gloria: un cammino e una meta che possono e devono diventare, in qualche modo, il nostro stesso cammino e la nostra stessa meta. Ci lasciamo guidare dai brani della Sacra Scrittura che la liturgia oggi ci propone. Vorrei soffermarmi, in particolare, su un’immagine che troviamo nella prima lettura, tratta dall’Apocalisse, e alla quale fa eco il vangelo di Luca: cioè, quella dell’arca.
Nella prima lettura, abbiamo ascoltato: "Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza" (Ap 11,19). Qual è il significato dell’arca? Che cosa appare? Per l’Antico Testamento, essa è il simbolo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Ma ormai il simbolo ha ceduto il posto alla realtà. Così il Nuovo Testamento ci dice che la vera arca dell’alleanza è una persona viva e concreta: è la Vergine Maria. Dio non abita in un mobile, Dio abita in una persona, in un cuore: Maria, Colei che ha portato nel suo grembo il Figlio eterno di Dio fatto uomo, Gesù nostro Signore e Salvatore. Nell’arca – come sappiamo – erano conservate le due tavole della legge di Mosè, che manifestavano la volontà di Dio di mantenere l’alleanza con il suo popolo, indicandone le condizioni per essere fedeli al patto di Dio, per conformarsi alla volontà di Dio e così anche alla nostra verità profonda. Maria è l’arca dell’alleanza, perché ha accolto in sé Gesù; ha accolto in sé la Parola vivente, tutto il contenuto della volontà di Dio, della verità di Dio; ha accolto in sé Colui che è la nuova ed eterna alleanza, culminata con l’offerta del suo corpo e del suo sangue: corpo e sangue ricevuti da Maria. A ragione, dunque, la pietà cristiana, nelle litanie in onore della Madonna, si rivolge a Lei invocandola come Foederis Arca, ossia "arca dell’alleanza", arca della presenza di Dio, arca dell’alleanza d’amore che Dio ha voluto stringere in modo definitivo con tutta l’umanità in Cristo.
Il brano dell’Apocalisse vuole indicare un altro aspetto importante della realtà di Maria. Ella, arca vivente dell’alleanza, ha un destino di gloria straordinaria, perché è così strettamente unita al Figlio che ha accolto nella fede e generato nella carne, da condividerne pienamente la gloria del cielo. E’ quanto ci suggeriscono le parole ascoltate: "Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta… Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni…" (12,1-2; 5). La grandezza di Maria, Madre di Dio, piena di grazia, pienamente docile all’azione dello Spirito Santo, vive già nel Cielo di Dio con tutta se stessa, anima e corpo. San Giovanni Damasceno riferendosi a questo mistero in una famosa Omelia afferma: "Oggi la santa e unica Vergine è condotta al tempio celeste … Oggi l’arca sacra e animata del Dio Vivente, [l’arca] che ha portato in grembo il proprio Artefice, si riposa nel tempio del Signore, non costruito da mano d’uomo" (Omelia II sulla Dormizione, 2, PG 96, 723) e continua: "Bisognava che colei che aveva ospitato nel suo grembo il Logos divino, si trasferisse nei tabernacoli del Figlio suo … Bisognava che la Sposa che il Padre si era scelta, abitasse nella stanza nuziale del Cielo" (ibid., 14, PG 96, 742). Oggi la Chiesa canta l’amore immenso di Dio per questa sua creatura: l’ha scelta come vera "arca dell’alleanza", come Colei che continua a generare e a donare Cristo Salvatore all’umanità, come Colei che in cielo condivide la pienezza della gloria e gode della felicità stessa di Dio e, nello stesso tempo, invita anche noi a divenire, nel nostro modo modesto, "arca" nella quale è presente la Parola di Dio, che è trasformata e vivificata dalla sua presenza, luogo della presenza di Dio, affinché gli uomini possano incontrare nell’altro uomo la vicinanza di Dio e così vivere in comunione con Dio e conoscere la realtà del Cielo.
Il vangelo di Luca appena ascoltato (cfr Lc 1,39-56), ci mostra quest’arca vivente, che è Maria, in movimento: lasciata la sua casa di Nazaret, Maria si mette in viaggio verso la montagna per raggiungere in fretta una città di Giuda e recarsi nella casa di Zaccaria e di Elisabetta. Mi sembra importante sottolineare l’espressione "in fretta": le cose di Dio meritano fretta, anzi le uniche cose del mondo che meritano fretta sono proprio quelle di Dio, che hanno la vera urgenza per la nostra vita. Allora Maria entra in questa casa di Zaccaria e di Elisabetta, ma non entra sola. Vi entra portando in grembo il figlio, che è Dio stesso fatto uomo. Certamente c’era attesa di lei e del suo aiuto in quella casa, ma l’evangelista ci guida a comprendere che questa attesa rimanda ad un’altra, più profonda. Zaccaria, Elisabetta e il piccolo Giovanni Battista sono, infatti, il simbolo di tutti i giusti di Israele, il cui cuore, ricco di speranza, attende la venuta del Messia salvatore. Ed è lo Spirito Santo ad aprire gli occhi di Elisabetta e a farle riconoscere in Maria la vera arca dell’alleanza, la Madre di Dio, che viene a visitarla. E così l’anziana parente l’accoglie dicendole "a gran voce": "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?" (Lc 1,42-43). Ed è lo stesso Spirito Santo che davanti a Colei che porta il Dio fattosi uomo, apre il cuore di Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta. Elisabetta, esclama: "Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo" (v. 44). Qui l’evangelista Luca usa il termine "skirtan", cioè "saltellare", lo stesso termine che troviamo in una delle antiche traduzioni greche dell’Antico Testamento per descrivere la danza del Re Davide davanti all’arca santa che è tornata finalmente in patria (2Sam 6,16). Giovanni Battista nel grembo della madre danza davanti all’arca dell’Alleanza, come Davide; e riconosce così: Maria è la nuova arca dell’alleanza, davanti alla quale il cuore esulta di gioia, la Madre di Dio presente nel mondo, che non tiene per sé questa divina presenza, ma la offre condividendo la grazia di Dio. E così – come dice la preghiera – Maria realmente è "causa nostrae laetitiae", l’"arca" nella quale realmente il Salvatore è presente tra di noi.
Cari fratelli! Stiamo parlando di Maria, ma, in un certo senso, stiamo parlando anche di noi, di ciascuno di noi: anche noi siamo destinatari di quell’amore immenso che Dio ha riservato - certo, in una maniera assolutamente unica e irripetibile - a Maria. In questa Solennità dell’Assunzione guardiamo a Maria: Ella ci apre alla speranza, ad un futuro pieno di gioia e ci insegna la via per raggiungerlo: accogliere nella fede, il suo Figlio; non perdere mai l’amicizia con Lui, ma lasciarci illuminare e guidare dalla sua parola; seguirlo ogni giorno, anche nei momenti in cui sentiamo che le nostre croci si fanno pesanti. Maria, l’arca dell’alleanza che sta nel santuario del Cielo, ci indica con luminosa chiarezza che siamo in cammino verso la nostra vera Casa, la comunione di gioia e di pace con Dio. Amen!

Angelus del Santo padre di questa mattina 15 Agosto 2011:
Cari fratelli e sorelle, Nel cuore del mese di agosto i Cristiani d’Oriente e d’Occidente celebrano congiuntamente la Festa dell’Assunzione di Maria Santissima al Cielo. Nella Chiesa Cattolica, il dogma dell’Assunzione – come è noto – fu proclamato durante l’Anno Santo del 1950 dal mio venerato predecessore il Servo di Dio Papa Pio XII. Tale memoria, però, affonda le sue radici nella fede dei primi secoli della Chiesa. In Oriente, viene chiamata ancora oggi "Dormizione della Vergine". In un antico mosaico della Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, che si ispira proprio all’icona orientale della "Dormitio", sono raffigurati gli Apostoli che, avvertiti dagli Angeli della fine terrena della Madre di Gesù, sono raccolti attorno al letto della Vergine. Al centro c’è Gesù che tiene fra le braccia una bambina: è Maria, divenuta "piccola" per il Regno, e condotta dal Signore al Cielo. Nella pagina del Vangelo di San Luca della liturgia odierna, abbiamo letto che Maria "in quei giorni si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda" (Lc 1,39). In quei giorni Maria si affrettava dalla Galilea verso una cittadina vicino a Gerusalemme, per andare a trovare la parente Elisabetta. Oggi la contempliamo salire verso la montagna di Dio ed entrare nella Gerusalemme celeste, "vestita di sole, con la luna sotto i piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle" (Ap 12,1). La pagina biblica dell’Apocalisse, che leggiamo nella liturgia di questa Solennità, parla di una lotta tra la donna e il drago, tra il bene e il male. San Giovanni sembra riproporci le primissime pagine del libro della Genesi, che narrano la vicenda tenebrosa e drammatica del peccato di Adamo ed Eva. I nostri progenitori furono sconfitti dal maligno; nella pienezza dei tempi, Gesù, nuovo Adamo, e Maria, nuova Eva, vincono definitivamente il nemico, e questa è la gioia di questo giorno! Con la vittoria di Gesù sul male, anche la morte interiore e fisica sono sconfitte. Maria è stata la prima a prendere in braccio il Figlio di Dio, Gesù, divenuto bambino, ora è la prima ad essere accanto a Lui nella Gloria del Cielo. E’ un mistero grande quello che oggi celebriamo, è soprattutto un mistero di speranza e di gioia per tutti noi: in Maria vediamo la meta verso cui camminano tutti coloro che sanno legare la propria vita a quella di Gesù, che lo sanno seguire come ha fatto Maria. Questa festa parla allora del nostro futuro, ci dice che anche noi saremo accanto a Gesù nella gioia di Dio e ci invita ad avere coraggio, a credere che la potenza della Risurrezione di Cristo può operare anche in noi e renderci uomini e donne che ogni giorno cercano di vivere da risorti, portando nell’oscurità del male che c’è nel mondo, la luce del bene.