giovedì 11 agosto 2011

Chi si gloria, si glori nel Signore...



Di seguito la seconda lettura dell'Ufficio secondo il Rito monastico...


Dalle "Omelie" di san Basilio Magno, Vescovo.
(Om. 20^)


Il sapiente non si glori della sua sapienza, nè il forte della sua forza, nè il ricco delle sue ricchezze. Ma allora, qual'è la vera gloria, e in che cosa è grande l'uomo? Dice la Scrittura: "In questo si glori colui che si gloria: se conosce e capisce che io sono il Signore".
La grandezza dell'uomo, la sua gloria e la sua maestà consistono nel conoscere ciò che è veramente grande, nell'attaccarsi ad esso e nel chiedere la gloria dal Signore della gloria. Dice infatti l'Apostolo: Colui che si gloria si glori nel Signore, e lo dice nel seguente contesto: Cristo è stato costituito da Dio per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione; affinchè, come sta scritto: Chi si gloria, si glori nel Signore. Ora, il perfetto e pieno gloriarsi in Dio si verifica quando uno non si esalta per la sua giustizia, ma sa di essere destituito dalla vera giustizia e comprende di essere stato giustificato nella sola fede in Cristo. E proprio in questo si gloria Paolo, il quale disprezza la propria giustizia, e cerca quella che viene da Dio per mezzo di Gesù Cristo, cioè la giustizia nella fede. Conosce Lui e la potenza della sua resurrezione, partecipa alle sue sofferenze, è reso conforme alla morte di Lui per arrivare alla risurrezione dai morti.
Cade ogni alterigia e ogni superbia. Niente ti è rimasto su cui poterti gloriare,o uomo, poichè la tua gloria e la tua speranza sono situate in Lui, onde sia mortificato tutto quello che è tuo e tu possa ricercare la vita futura in Cristo. Abbiamo già le primizie di quella vita, ci troviamo già in essa e viviamo ormai del tutto nella grazia e nel dono di Dio. E' Lui che suscita in noi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni. E' ancora Dio che per mezzo del suo Spirito rivela la sua Sapienza predestinata per la nostra gloria. Dio ci dà forza e vigore nelle fatiche. "Ho faticato più di tutti loro" dice Paolo, "non io però, ma la grazia di Dio che è in me".
Dio scampa dai pericoli al di là di ogni speranza umana. Dice: "Abbiamo ricevuto su di noi la sentenza di morte, per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti. Da quella morte Egli ci ha liberati e ci libererà per la speranza che abbiamo riposto in Lui che ci libererà ancora.