Straordinaria questa lettura tratta dalla Vita di Antonio.
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A tutti i monaci che andavano da lui, raccomandava soprattutto questo precetto: aver fede nel Signore, amarlo; guardarsi dai cattivi pensieri e dai piaceri della carne e, come è scritto nei Proverbi, a non lasciarsi sedurre dalla sazietà del ventre. Inoltre: fuggire la vanagloria, pregare spesso, cantare i salmi prima e dopo il sonno, tenere a mente i precetti delle Scritture, ricordarsi delle azioni dei santi in modo che l’anima, ammonita da divini insegnamenti, possa uniformarsi allo zelo di quelli. Consigliava loro di meditare spesso sulle parole dell’Apostolo: «Non tramonti il sole sopra la vostra ira» (Ef 4,26). Ma questo precetto va inteso nel senso che il sole non deve tramontare non soltanto sulla nostra ira, ma neppure su qualsiasi altro nostro peccato. E bello, infatti, ed è necessario che il sole non ci rimproveri per qualche peccato del giorno, né la luna ci rimproveri per qualche peccato o per altro cattivo pensiero della notte.
Per ottenere questo è bene ascoltare e custodire saldamente le parole dell’Apostolo: «Esaminate voi stessi se siete nella fede, mettetevi alla prova» (2Cor 13,5). Quotidianamente ognuno chieda conto a se stesso delle azioni del giorno e della notte. Se ha peccato, cessi di peccare; se non ha peccato, non si vanti ma perseveri nel bene e senza negligenza, non condanni il suo prossimo e non giustifichi se stesso, come dice il santo Apostolo (1Cor 4,5; Rm 2,6), finché non venga il Signore che scruta le cose nascoste. Spesso anche a noi sfuggono le cose che facciamo; non ce ne rendiamo conto, ma il Signore conosce tutto. Lasciamo, dunque, a lui giudicare; non doliamoci a vicenda dei mali, scambiamoci l’un l’altro i pesi (Gal 6,2), scrutiamoci attentamente e, se ci manca qualcosa, diamoci da fare. «Sia questo il monito per la sicurezza contro il peccato: ciascuno annoti e scriva le azioni e i pensieri del suo animo come se dovesse riferirli ad altri. Infatti se pensiamo che per noi potrà essere motivo di vergogna che altri conoscano i nostri peccati, allora noi non peccheremo più, ne faremo cattivi pensieri. Chi desidera del resto essere visto mentre sta peccando? O chi, dopo aver peccato, non mente desiderando, di nascondersi? Come non praticheremmo la fornicazione sotto gli occhi degli altri, così se mettiamo per iscritto i nostri pensieri come se dovessimo riferirli ad altri, ci terremo lontani dai pensieri immondi per la vergogna che altri ne vengano a conoscenza. Sia dunque per noi quella scrittura come lo sguardo dei nostri confratelli e così, poiché scrivendo proveremo vergogna come se fossimo visti, non avremo più pensieri impuri. Vivendo in questo modo, potremo ridurre in schiavitù il corpo (1Cor 9,27), potremo piacere al Signore, potremo calpestare le insidie del nemico».
Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio 55, 2-10