mercoledì 12 ottobre 2011

Se io fossi copto.





Salutando i pellegrini al termine dell'Udienza generale di questo mercoledì, Papa Benedetto XVI si è detto “profondamente rattristato” per quanto è avvenuto domenica in Egitto.

Il 9 ottobre, una manifestazione pacifica di protesta dei cristiani copti, indignati per l’attacco avvenuto di recente ai danni di una chiesa ad Assuan, è stata repressa nel sangue.

“Mi unisco al dolore delle famiglie delle vittime e dell’intero popolo egiziano, lacerato dai tentativi di minare la coesistenza pacifica fra le sue comunità, che è invece essenziale salvaguardare, soprattutto in questo momento di transizione”, ha affermato il Papa.

Allo stesso modo, ha esortato i fedeli “a pregare affinché quella società goda di una vera pace, basata sulla giustizia, sul rispetto della libertà e della dignità di ogni cittadino”.

Benedetto XVI ha inoltre espresso il proprio sostegno agli “sforzi delle autorità egiziane, civili e religiose, in favore di una società nella quale siano rispettati i diritti umani di tutti e, in particolare, delle minoranze, a beneficio dell’unità nazionale”.

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Di seguito riporto un testo di Tarek Heggy (nella foto), un
noto intellettuale egiziano amante della libertà vera per tutti e da sempre uno dei più strenui difensori della minoranza copta. Questo suo testo, scritto originariamente nel 2007, è ancora attualissimo. E profetico.

"Se fossi un copto infrangerei i cieli d’Egitto e del mondo con le mie grida denunciando il clima di oppressione in cui i Copti egiziani vivono oggi.

Se fossi un copto comunicherei al mondo intero le ingiustizie che molti copti hanno subito a partire dal 1952 e hanno impedito loro di occupare ruoli amministrativi e politici che meritano.

Se fossi un copto griderei con tutto il fiato in gola contro le enormi ingiustizie che fanno sì che io paghi tasse che vengono poi versate dallo Stato ad al-Azhar che non ammette i copti in nessuna facoltà.

Se fossi un copto esprimerei tutta la mia rabbia perché devo pagare tasse usate per costruire decine di moschee quando lo Stato egiziano non ha mai pagato una lira per la costruzione di una sola chiesa a partire dal 1952, con l’unica eccezione di una donazione attuata 40 anni fa dal Presidente Nasser per la costruzione della cattedrale di san Marco ad Abbaseya.

Se fossi un copto leverei la voce per l’assenza di un solo copto in molti consigli legislativi nell’Egitto contemporaneo.

Se fossi un copto scriverei un articolo dietro l’altro per descrivere il modo in cui i mezzi di informazione ignorano le mie esigenze e le feste religiose come se la popolazione copta in Egitto non esistesse.

Se fossi un copto farei sapere al mondo intero che la storia copta non è debitamente considerata nei curriculum scolastici egiziani e che lo studio della lingua araba a scuola non consiste più nello studio di testi letterari, poesie, romanzi, drammi e racconti brevi, bensì nello studio della sacra scrittura islamica che viene giustamente insegnata nelle classi con studenti musulmani.

Se fossi un copto avrei mobilitato il mondo intero per fare notare le difficoltà che i copti hanno per ottenere il permesso a costruire una chiesa [con i propri fondi non con i proventi delle tasse che loro stessi pagano].

Se fossi un copto porterei all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale i commenti oltraggiosi fatti da alcuni scrittori musulmani sui copti, quali il loro convincimento che i copti non devono assumere il governo pubblico, che devono pagare la gizya e che non devono servire nell’esercito. Tradurrei gli scritti oscurantisti quali il testo assurdo del Dr. Mohamed Emara, finanziato da al-Azhar, il cui finanziamento proviene dalle entrate fiscale, comprese quelle pagate dai copti, che sono vilipesi in libri pubblicati a spese dello stato.

Se fossi un copto avvierei una campagna sia interna sia esterna in cui si chiede l’eliminazione della voce "religione" dalla carta d’identità egiziana. Perché mai una persona che vuole a vere a che fare con me deve sapere la mia religione?

Se fossi un copto avvierei una campagna contro la burocrazia egiziana che ha consentito alla legge dello statuto personale per non musulmani di restare chiusa in un cassette per quasi un quarto di secolo, facendo sì che i copti la chiamino scherzosamente la legge del disastro personale invece di legge dello statuto personale (in arabo statuto si dice ahwal, ma se la lettera h viene pronunciata gutturalmente il significato diventa disastro).

Se fossi un copto farei sapere al mondo intero che la questione copta in Egitto è solo una delle manifestazioni di una forma mentale che è diffusa in questa regione del mondo e chiamerei l’umanità intera a costringerla a ritornare sui propri passi e abbandonare questo cammino oscuro e pericoloso".

Traduzione dall’arabo di Valentina Colombo.
Il testo è stato raccolto nel volume di Tarek Heggy,
Le prigioni della mente araba, trad. it., Marietti, Milano 2010.