sabato 17 dicembre 2011

Gesù, chi sei?

Di seguito il Vangelo di oggi, 17 dicembre, con un commento e qualche testo per la meditazione...


Crocifisso del Tesoro del Duomo di Monreale

L’immagine è inchiodata all’albero di Jesse.
La pianta nasce dal fianco del re di Giuda
e i suoi rami presentano gli altri re progenitori di Gesù.
In cima la figura della Vergine.


Se questo uomo nuovo, 
fatto «a somiglianza della carne del peccato»
non avesse assunto il nostro uomo vecchio, ed egli, 
che è consostanziale con il Padre, 
non si fosse degnato di essere consostanziale 
anche con la Madre e se egli, 
che è il solo libero dal peccato, 
non avesse unito a sé la nostra natura umana, 
tutta quanta la natura umana sarebbe rimasta 
prigioniera sotto il giogo del diavolo. 
Noi non avremmo potuto aver parte alla vittoria gloriosa di lui, 
se la vittoria fosse stata riportata fuori della nostra natura.

San Leone Magno


Canto al Vangelo 
Alleluia, alleluia.
O Sapienza(*) dell’Altissimo,
che tutto disponi con forza e dolcezza:
vieni ad insegnarci la via della saggezza.
Alleluia.



Mt 1, 1-17


Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.


IL COMMENTO


Una storia. E una vita. Dio con il suo popolo, senza stancarsi, con rinnovata misericordia, con pazienza, con eterno amore. In Cristo scorre questo sangue divino ed è una cosa sola con il sangue umanissimo dei suoi fratelli. Scorrere a ritroso il cammino del seme di Gesù è scoprire l'intensità e la profondità del suo amore. Da sempre con i suoi, di generazione in generazione, di momento in momento, sempre. Abramo, l'inizio incastonato in una promessa. Davide, la promessa che si svela come misericordia. L'esilio, la deportazione, la promessa che riverbera fedeltà sin dentro l'abisso del fallimento. E volti, persone, peccati, eroismi, la terra da cui è tratto il popolo, e lo Spirito Santo insufflato nei progenitori a condurre, misteriosamente, la storia.


Lo stesso termine usato da Matteo per definire la genealogia - ghénesis - lo incontriamo nel primo capitolo della Lettera di Giacomo: "(Chi non mette in pratica la parola) somiglia ad un uomo che osserva il proprio volto, alla lettera la forma del suo essere, in uno specchio" (1 Gc. 1,23). Ecco, la storia del Popolo è tutta in questa Parola. Chiamato a guardare Dio, ad abbandonarsi alla sua promessa colma d'amore fedele, ha costantemente disatteso l'ascolto e l'obbedienza e si è trovato a contemplare il proprio volto, la forma del suo essere corrotto, inconsistente, vuoto. E' il fallimento d'ogni presunzione religiosa, l'elezione dimenticata nell'orgoglio.


E non è questa la nostra medesima situazione? Quante ore passate a contemplarci allo specchio, costretti a sbattere contro la nostra insipienza e stoltezza, e quel senso d'inappagamento, di non risolto, di effimero che sbiadisce ogni istante, ogni relazione, ogni atto. E' il trionfo della carne assoggettata alla menzogna. Ma è proprio qui che Dio ha deciso di piantare la sua tenda. In questa carne votata alla morte, la nostra carne sorta da una promessa e condannata al nulla. Qui giunge l'amore appassionato di Dio, in questo prossimo Natale, in questo giorno che ci è consegnato. Qui dove siamo, come siamo, frutti bacati di una storia d'amore.


Dio è buono, Dio è misericordioso, Dio è innamorato di ciascuno di noi. Scriveva il poeta francese Charles Péguy: «Bisogna riconoscerlo, la genealogia carnale di Gesù è spaventosa. Pochi uomini hanno avuto forse tanti antenati criminali, e così criminali. Particolarmente così carnalmente criminali. È in parte ciò che dà al mistero dell’Incarnazione tutto il suo valore, tutta la sua profondità, un arretramento spaventoso. Tutto il suo impeto, tutto il suo carico di umanità. Di carnale. Quantomeno per una parte, e per una gran parte». C'è Abramo nella nostra storia, la promessa che ci ha dato vita; c'è Davide, l'elezione ed il peccato perdonato mille volte; c'è l'esilio, quello di ogni giorno scivolato senza amore. E ci sono quei volti che ci dicono la fedeltà di Dio: Isacco, l'impossibile che Dio ha tante volte realizzato nella nostra vita; Giacobbe, l'astuzia piegata dalla Croce di ogni giorno; Rut, la straniera e pagana bagnata dalla Grazia come i nostri pensieri e i criteri spesso mondani riacciuffati dalla misericordia infinita; Salomone, il trionfo della follia divina, le tante nostre opere morte, frutto di compromessi e peccati, rigenerate dal perdono che trasforma il male in bene; e i mille altri volti, sino a Giuseppe, sino a Maria, la Chiesa nostra Madre che ci ha adottati conoscendo il profondo del nostro cuore, e che ci ha allevato con tenerezza sino ad oggi.


Attraverso Maria, la Chiesa, entriamo a far parte di una famiglia santa, dove non siamo "più stranieri né ospiti, ma siamo diventati concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù" (Ef. 2,18-20). Siamo familiari dei santi, dei graziati. Familiari di Caino, redento nel compimento di una promessa che sconvolge ogni giustizia. Gli studi recenti infatti fanno risalire le origini familiari di Gesù sino a Caino, il primo assassino della storia, colui che darà carne al peccato dei suoi genitori. La superbia ereditata si traduce in gelosia e muove la mano all'omicidio. Eppure su questo peccato, il primo visibile ad occhio nudo, la materializzazione di quell'origine peccaminosa che ha sfregiato l'innocenza di Adamo ed Eva, sul cammino votato alla morte il Signore ha posto un segno, un Tau, immagine della Croce. Il "segno di Caino", l'amore di Dio infiltratosi sin dentro l'angoscia e Dla paura della morte, quella che aveva assediato e stroncato Caino. "Allora il Signore dopo il diluvio, da tutti i discendenti di Noè, operò con sapienza e con pazienza secondo le due irresistibili leggi della redenzione... Tra tutti i popoli della terra (Gen 10) scelse Sem e la sua posterità (Gen 10, 21-31). Dalla posterità di Sem scelse la famiglia di Tare, padre di Abramo (Gen 11, 27-32). Dai figli di Tare scelse Abramo (Gen 12, 1-3), e la sua discendenza, Isacco e Giacobbe. Dai dodici figli di Giacobbe scelse la tribù di Giuda (Gen 49, 8-12). Dalla tribù di Giuda scelse la semitribù dei Cainiti (o Qainiti, o Qeniti, o Qenizziti) con Kaleb, la cui terra sta nella ‘parte montagnosa’, con capitale Hebron e comprendeva la Betlemme di Kaleb (Gios 14, 6-15); Da questa semitribù (o dan) scelse la famiglia di Ishaj (lesse), e dagli otto figli di Ishaj scelse David (1Sam 16,1-12), sul quale pose il suo Spirito divino onnipotente e messianico (1 Sam 16, 13). Da David finalmente e irreversibilmente discese nella carne (Mt 1, 1; Rm 1, 3) attraverso la sola Maria Semprevergine, senza concorso di uomo (Mt 1, 16), il Figlio di Dio, Figlio di Abramo, Gesù Cristo, il Redentore" (Tommaso Federici, 24 giugno, 23 settembre, 25 dicembre: date storiche). Dio ha compiuto la sua promessa, il segno posto sulla fronte di Caino s'è fatto carne e carne crocifissa. A Betlemme, nel cuore della terra dei discendenti di Caino, nella mangiatoia di Betlemme appare l'amore capace di salvare ogni Caino della storia.


Sino ad oggi, il culmine di una generazione d'amore, proprio nella nostra terra, bagnata dal sangue dei nostri fratelli, tutti coloro dei quali non ci siamo presi cura e che, stretti nell'invidia, abbiamo assassinato nel nostro cuore. Oggi, nell'amore fatto carne brilla tutta la nostra storia, ogni angolo è purificato, ogni luogo, ogni istante, ogni volto riverbera di una luce mai vista, lo splendore della misericordia che riscatta e santifica la carne votata al peccato e alla morte.. Oggi, Gesù generato in noi dallo Spirito Santo, perchè impariamo, da Abramo e Maria, l'inizio ed il compimento della nostra storia, ad ascoltare la Parola, la Buona Notizia e ad obbedire per distogliere lo sguardo dalla nostra debolezza e fissarlo sul volto misericordioso di Colui che può darci vita, e vita eterna.



* * *

(*): L’elemento più caratteristico della settimana che va dal 17 al 23 dicembre, 
da non confondersi con la novena, è la presenza delle cosiddette antifone “O”, sia 
nella Liturgia delle Ore come antifone al  Magnificat, sia nella celebrazione 
dell’Eucarestia come versetti del canto al Vangelo. Così chiamate perché iniziano 
sempre con il vocativo formato dall’interazione “O”, seguito da uno dei titoli 
attribuiti a Gesù, sono sette preghiere molto antiche entrate nella liturgia intorno 
al IX secolo. Esse sono composte da passi biblici, tratti quasi letteralmente dalla 
versione latina di S. Girolamo, e sviluppano un tema  biblico particolare ricavato 
dal titolo con cui iniziano: O Sapientia, O Adonai, O Radix Iesse, O Clavis David, O 
Oriens, O Rex gentium, O Emmanuel . Le lettere iniziali di titoli latini, messe in ordine 
dall’ultima alla prima, formano l’acrostico “ERO CRAS” ( “Sarò domani”): è la 
promessa di Cristo nell’imminenza della sua venuta.  
In antico queste invocazioni erano  eseguite con molta solennità nelle 
cattedrali e nei monasteri. Anche la riforma liturgica del Concilio Vaticano II  ha 
voluto mantenerle, sia per il ricco contenuto scritturistico, sia per l’antichissima e 
ininterrotta tradizione, che le ha conservate intatte fino a noi. Le antifone “O” 
sono fonte di ispirazione e di preghiera per invocare la venuta del Signore e ci 
fanno così da  guida nei giorni di preparazione al Natale.  

“O Sapientia…” Questa prima antifona ha un inizio singolare. Dando a Cristo il nome di “Sapienza” si distingue dalle altre che si muovono nell’ambito di una tipologia in cui, fondamentalmente, i personaggi o le missioni o funzioni di determinati personaggi attuano come profezia del Salvatore.
            Sia il termine “Sapienza” come la descrizione che si fa di essa, ci conducono ai testi biblici sapienziali: “Io (la sapienza) sono uscita dalla bocca dell’Altissimo” (Sir 24,3). “La sapienza si estende vigorosa da un’estremità all’altra e governa e meraviglia l’universo” (Sap 8,1). Attraverso queste parole noi non soltanto contempliamo la sapienza, che ha in Dio la sua origine, che riempie ogni cosa e che tutto dispone con soave delicatezza, ma ci trasferiamo al momento della creazione. Contempliamo le origini del mondo e lo contempliamo come opera di Dio. L’antifona ci conduce agli inizi.
            L’espressione ripresa dal Siracide, affermando che la Sapienza è uscita dalla bocca dell’Altissimo, ci trasferisce all’inizio della Genesi, quando tutte le cose sono create dalla parola efficace e creatrice che esce dalla bocca di Dio: “Dio disse…” (Gen 1,3). L’espressione in questione ci avvicina anche al Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo (la Parola) e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio […]: tutto è stato fatto per mezzo di lui” (Gv 1,1-3). Il Verbo di Dio è questa Sapienza confessata come divina, per il fatto di procedere dall’Altissimo, è quella che si estende da un’estremità all’altra.
            Dopo aver ricordato l’opera della creazione, subentra il momento della supplica. Di fatto, la supplica è una sola: “Vieni per...”  Non chiediamo ci sia data la sapienza o la prudenza, ma che si sia mostrato il cammino della prudenza. Qui c’è la risonanza del Sal 24,4 con cui possiamo dire che abbiamo iniziato l’Avvento: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri”. Chiediamo al Signore che ci mostri il cammino che ci conduce a lui, che ci mostri il cammino attraverso cui Egli viene a noi, che ci mostri, insomma, il cammino in cui Egli e noi ci possiamo incontrare. La richiesta della prudenza può far riferimento anche a Prov 9,6: “Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza”.
            Nei libri sapienziali, prudenza e sapienza appaiono frequentemente come due realtà interscambiabili. Se qualche differenza possiamo stabilire tra di esse, tale differenza sta nel fatto che la prudenza è la sapienza messa in opera. La prudenza e l’atteggiamento o la virtù del cristiano al quale il padrone affida la sua casa e i suoi beni (cf. Mt 24,25). La prudenza definisce il comportamento dei cristiani secondo l’esortazione dell’Apostolo: “La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque prudenti e sobri , per dedicarvi alla preghiera” (1Pt 4,7). Dove ci si parla chiaramente della prudenza è nella parabole delle dieci vergini in attesa dello sposo (Mt 25,1-13). Le vergini appunto “prudenti” o “sagge”non solo sono rimaste sveglie ma hanno provveduto a tutto ciò che era necessario per poter ricevere lo sposo nel momento del suo arrivo.





L'albero di Jesse: albero genealogico di Cristo e della maternità universale di Maria -
Breviario di Filippo il Buono, Bruxelles, Biblioteca reale (sec. XV).








San Leone Magno ( ?-circa 461), papa e dottore della Chiesa 
Discorso 3 sul Natale (traduzione italiana : cf. undicesimaora.net San Leone Magno «Discorsi nel Natale del Signore», p.12-13)


«Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo... In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo» (Ef 1,3-4)


        L'incarnazione del Verbo, quando ancora doveva avvenire, produsse la stessa salvezza che elargisce ora quando si è già realizzata. Perciò il mistero della salvezza umana non è mancato in nessuna epoca. Gli apostoli hanno predicato quello che i profeti hanno profetato: non è stato compiuto troppo tardi quello che sempre è stato creduto. Ma la sapienza e la benignità divina, procrastinando l'opera della salvezza, ci ha resi più capaci della sua vocazione... preannunciata lungo tanti secoli con tanti prodigi.


        Perciò errano coloro i quali pensano che Dio ha cambiato il piano circa le cose umane, o che troppo tardi ha provveduto con misericordia agli uomini. Invece egli fin dalla creazione del mondo istituì il principio di salvezza, uno e identico per tutti. Infatti la grazia di Dio, con cui sono stati sempre giustificati i santi, dalla nascita del Salvatore ha ricevuto solo un incremento, non il suo inizio. In realtà il mistero di così grande misericordia che già ha riempito il mondo, è stato efficacissimo anche nelle sue figure; perciò ne hanno ricevuto eguale grazia e quelli che l'hanno creduto quando era stato appena promesso, e quelli che l'hanno accolto ora che è stato compiuto.


        Miei dilettissimi, è dunque evidente che abbondanti ricchezze della divina benignità sono state profuse in noi. Infatti, per la nostra vocazione all'eternità, non solo ci sono utili le istituzioni precedenti dell'antica Alleanza, ma la stessa Verità che è apparsa con un corpo visibile. E' dunque nostro dovere celebrare la natività del Signore non con svogliatezza o in allegria mondana... Illuminati dallo Spirito santo, con sapienza riflettete, chi sia colui che ci ha uniti a sé e chi abbiamo accolto in noi stessi. Infatti, allo stesso modo che egli nascendo si è fatto carne nostra, così noi nella rigenerazione siamo diventati suo corpo... Egli ci ha presentato il modello della sua umiltà e della sua mitezza...: rendiamoci simili all' umiltà di colui alla cui gloria vogliamo essere conformi. Gesù Cristo, nostro Signore, ci aiuti e ci guidi al possesso delle sue promesse.




CELEBRAZIONE EUCARISTICA CON LA COMUNITÀ
DEL CENTRO "ALETTI" DI ROMA
IN OCCASIONE DEL 90° COMPLEANNO DEL CARDINALE TOMÁŠ ŠPIDLÍK, S.I.


OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI


Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico Vaticano
Giovedì, 17 dicembre 2009




Il brano del Vangelo di Matteo ci presenta la "genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo" (Mt 1,1), sottolineando ed esplicitando ulteriormente la fedeltà di Dio alla promessa, che Egli attua non soltanto mediante gli uomini, ma con loro e, come per Giacobbe, talora attraverso vie tortuose e impreviste. Il Messia atteso, oggetto della promessa, è vero Dio, ma anche vero uomo; Figlio di Dio, ma anche Figlio partorito dalla Vergine, Maria di Nazaret, carne santa di Abramo, nel cui seme saranno benedetti tutti i popoli della terra (cfr Gen 22,18). In questa genealogia, oltre a Maria, vengono ricordate quattro donne. Non sono Sara, Rebecca, Lia, Rachele, cioè le grandi figure della storia d’Israele. Paradossalmente, invece, sono quattro donne pagane: Racab, Rut, Betsabea, Tamar, che apparentemente "disturbano" la purezza di una genealogia. Ma in queste donne pagane, che appaiono in punti determinanti della storia della salvezza, traspare il mistero della chiesa dei pagani, l’universalità della salvezza. Sono donne pagane nelle quali appare il futuro, l’universalità della salvezza. Sono anche donne peccatrici e così appare in loro anche il mistero della grazia: non sono le nostre opere che redimono il mondo, ma è il Signore che ci dà la vera vita. Sono donne peccatrici, sì, in cui appare la grandezza della grazia della quale noi tutti abbiamo bisogno. Queste donne rivelano tuttavia una risposta esemplare alla fedeltà di Dio, mostrando la fede nel Dio di Israele. E così vediamo trasparire la chiesa dei pagani, mistero della grazia, la fede come dono e come cammino verso la comunione con Dio. La genealogia di Matteo, pertanto, non è semplicemente l’elenco delle generazioni: è la storia realizzata primariamente da Dio, ma con la risposta dell’umanità. È una genealogia della grazia e della fede: proprio sulla fedeltà assoluta di Dio e sulla fede solida di queste donne poggia la prosecuzione della promessa fatta a Israele.


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Dal «Discorso sull'Ascensione di Cristo» di s. Gregorio di Nissa, vescovo
Questa è la progenie di coloro che cercano Dio
Che soave compagno è il profeta Davide in ogni circostanza della nostra vita! Come è adatto a tutte le età spirituali! Quanto si conforma a ogni condizione e grado delle anime che avanzano sulle vie dello spirito! Gioca con coloro che sono ancora bambini e infanti presso Dio, si offre agli uomini maturi come alleato nella lotta e nel combattimento; ammaestra i giovani, sostiene gli anziani, si fa tutto a tutti: arma dei soldati, maestro dei lottatori, palestra degli agonisti, corona dei vittoriosi, letizia dei conviti, consolazione nel pianto che accompagna le esequie dei nostri cari. Nel primo di questi salmi ti ordina di essere come una pecora che viene condotta al pascolo da Dio e gode dell'abbondanza dei beni, avendo a disposizione erba, pastura e acqua fresca. Il sommo Pastore si offre a te come cibo, asilo, via, guida, tutto, e distribuisce opportunamente la sua grazia in ogni necessità. Con tutto ciò Davide insegna alla Chiesa che per prima cosa tu devi diventare una pecora del buon Pastore, guidata ai pascoli e alle fonti della dottrina divina attraverso una buona catechesi e iniziazione, in modo che tu possa essere sepolto con lui nella morte mediante il battesimo, senza tuttavia dover temere una simile morte. Questa, in realtà, non è la vera morte, ma l'ombra e l'immagine di essa. Infatti «quand'anche camminassi in mezzo all'ombra della morte, non temerei alcun male, perché tu sei con me» (Sal 22, 4 Volg.). Poi sei consolato dalla verga dello Spirito. Lo Spirito infatti è il Consolatore. Quindi offre un mistico convito, imbandito in opposizione alla mensa dei demoni (cfr. Sal 22, 5). Questi, a cui si oppone la mensa dello Spirito, hanno pervertito la vita degli uomini con l'idolatria. Per questo cosparge il capo con l'olio dello spirito e, aggiungendo il vino che allieta il cuore dell'uomo, insinua nell'animo quella sobria ebbrezza che solleva la mente dalle realtà caduche e instabili a quelle eterne. Perciò chi è preso da tale ebbrezza, cambia la breve vita di quaggiù con quella immortale e abita in eterno nella casa del Signore. Dopo aver esposto ampiamente queste cose nel primo salmo, in quello che viene subito dopo, Davide suscita nell'anima un piacere più grande e perfetto di cui spiegherò in poche parole il significato.
«Del Signore è la terra e quanto contiene» (Sal 23,1). O uomo, che c'è di strano se il nostro Dio è apparso sulla terra e ha vissuto tra gli uomini? Egli stesso ha creato il cielo e la terra: quindi non è strano né assurdo che il Signore venga nella sua proprietà (cfr. Gv 1,11). Non ha infatti messo le sue tende in un mondo estraneo, ma in quello costruito e fabbricato da lui stesso, che fondò la terra sui mari e fece in modo che fosse degnamente stabilita sui fiumi (cfr. Sal 23,2). E perché questo, se non per condurre sul monte te, libero dall'abisso del peccato e trionfalmente assiso sul carro del regno, ossia sul corteo delle virtù? Infatti, non ti è permesso salire su quel monte, se non hai per compagne le virtù, se non sei con le mani pure, esente da ogni colpa, guardandoti dal volgere il tuo animo verso le vanità e dal raggirare il prossimo con l'inganno. La benedizione sarà il premio di tale ascesa, a cui viene dispensato il tesoro della misericordia di Dio (cfr. Sal 23,3-5). Questa è la generazione di coloro che lo cercano, ascendendo in alto per mezzo della virtù, «di chi cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe» (Sal 23, 6).

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Da: J. Katzinger, Dogma e predicazione, pp. 263-266.
Nella storia degli uomini
All'inizio del Nuovo Testamento si trova l'uomo Gesù, che viene dalla storia degli uomini: con la sua genealogia Matteo introduce cautamente la lunga e confusa storia dell'Antico Testamento nel Nuovo, che è incominciato con Gesù Cristo. In una triplice serie di quattordici generazioni, egli riprende, in certo qual modo, tutta questa storia e la conduce a colui per il quale soltanto, in definitiva, essa è esistita. Egli mostra che questa storia, su tutte le sue strade, in maniera misteriosa mette in luce Cristo; fa vedere che, anche in passato, si trattava sempre e solo dell'unico Dio, che visitava il suo popolo e che ora in Gesù Cristo è divenuto il fratello degli uomini. (...)
La storia, in cui fece il suo ingresso Gesù, è una storia normalissima, con tutti gli scandali e le viltà che si incontrano tra gli uomini, con tutti i progressi ed i buoni propositi, ma anche con tutte le colpe e le bassezze: una storia estremamente umana. Le quattro donne, che sono nominate nella genealogia, sono quattro testimonianze della colpa umana: tra di esse è la prostituta Rahab, che con uno stratagemma fece avere in mano Gerico agli immigrati israeliti; tra di esse vi è la moglie di Uria, della quale David s'impadronì con adulterio ed omicidio. Le cose non sono diverse se guardiamo agli uomini: né Abramo, né Isacco, né Giacobbe sono figure ideali; non lo è David e neppure Salomone; e, infine, incontriamo anche dei tiranni, come Achaz e Manasse, il cui trono è bagnato dal sangue delle persone innocenti uccise. E una storia tetra quella che conduce a Gesù, non certo senza speranze e senza momenti positivi, ma in complesso una storia di miseria, di colpa, di fallimento. E questo l'ambiente in cui potrebbe nascere il Figlio di Dio? - ci verrebbe voglia di domandarci. La Scrittura risponde: sì. Proprio questo ci è stato dato come segno. L'incarnazione di Dio non è un risultato dell'ascesa dell'uomo, ma un risultato della discesa di Dio. (...)
La genealogia di Matteo incomincia con Abramo ed è, quindi, una testimonianza della fedeltà di Dio, il quale ha adempiuto la promessa fatta in precedenza ad Abramo: essere il portatore di una benedizione per tutta l'umanità. Tutta la genealogia, con tutti i suoi disordini, con i suoi alti e bassi, è una lampante testimonianza della fedeltà di Dio, che mantiene la sua Parola malgrado tutti i fallimenti, nonostante tutta l'indegnità degli uomini. L'evangelista Luca, che ci offre parimenti una genealogia di Gesù (Lc 3,23-28), ha scelto un diverso punto di vista. Egli fa risalire la genealogia del Signore non soltanto ad Abramo, ma fino ad Adamo, fino alle mani di Dio che plasmarono l'uomo. Con ciò egli vuole indicare che la comunità di Gesù non solamente è un nuovo Israele, un nuovo popolo di Dio, che Dio raduna per sé in questo mondo, ma vuoi affermare che la missione di Gesù è diretta a tutta l'umanità. Non è salvezza per un gruppo, per una cerchia, essa è destinata all'umanità tutta, al mondo. Solamente in Gesù Cristo la missione dell'uomo giungè alla sua vera meta, in lui solo è completamente rea-lizzato il progetto creativo «uomo»; in lui ci è apparsa l'umanità del nostro Dio. Nel volto di Gesù Cristo appare chi è Dio e si manifesta chi è l'uomo.