sabato 28 gennaio 2012

29 Gennaio: IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno B



   
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno B 


MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 105,47
Salvaci, Signore Dio nostro,
e raccoglici da tutti i popoli,
perché proclamiamo il tuo santo nome
e ci gloriamo della tua lode.
 

Colletta

Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l'anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo. Egli è Dio e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

 
  
Oppure:
O Padre, che nel Cristo tuo Figlio ci hai dato l'unico maestro di sapienza e il liberatore dalle potenze del male, rendici forti nella professione della fede, perché in parole e opere proclamiamo la verità e testimoniamo la beatitudine di coloro che a te si affidano. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
   
LITURGIA DELLA PAROLA
    
Prima Lettura  Dt 18, 15-20
Susciterò un profeta e gli porrò in bocca le mie parole.
Dal libro del Deuteronòmio
Mosè parlò al popolo dicendo: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull'Oreb, il giorno dell'assemblea, dicendo: "Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia".
Il Signore mi rispose: "Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire"».
    
Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 94/95
Ascoltate oggi la voce del Signore.
    
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».
     
Seconda Lettura
  1 Cor 7, 32-35
La vergine si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!
Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.
Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.
  
Canto al Vangelo
  Mt 4,16
Alleluia, alleluia.
Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta.
Alleluia.
   
   
Vangelo  Mc 1, 21-28
Insegnava loro come uno che ha autorità.
Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,]insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnaménto nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea. Parola del Signore.

* * *
   
COMMENTI

1. BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 1° febbraio 2009

Cari fratelli e sorelle!
Quest’anno, nelle celebrazioni domenicali, la liturgia propone alla nostra meditazione il Vangelo di san Marco, del quale una singolare caratteristica è il cosiddetto "segreto messianico", il fatto cioè che Gesù non vuole che per il momento si sappia, al di fuori del gruppo ristretto dei discepoli, che Lui è il Cristo, il Figlio di Dio. Ecco allora che a più riprese ammonisce sia gli apostoli, sia i malati che guarisce di non rivelare a nessuno la sua identità. Ad esempio, il brano evangelico di questa domenica (Mc 1,21-28) narra di un uomo posseduto dal demonio, che all’improvviso si mette a gridare: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!". E Gesù gli intima: "Taci! Esci da lui!". E subito, nota l’evangelista, lo spirito maligno, con grida strazianti, uscì da quell’uomo. Gesù non solo scaccia i demoni dalle persone, liberandole dalla peggiore schiavitù, ma impedisce ai demoni stessi di rivelare la sua identità. Ed insiste su questo "segreto" perché è in gioco la riuscita della sua stessa missione, da cui dipende la nostra salvezza. Sa infatti che per liberare l’umanità dal dominio del peccato, Egli dovrà essere sacrificato sulla croce come vero Agnello pasquale. Il diavolo, da parte sua, cerca di distoglierlo per dirottarlo invece verso la logica umana di un Messia potente e pieno di successo. La croce di Cristo sarà la rovina del demonio, ed è per questo che Gesù non smette di insegnare ai suoi discepoli che per entrare nella sua gloria deve patire molto, essere rifiutato, condannato e crocifisso (cfr Lc 24,26), essendo la sofferenza parte integrante della sua missione.
Gesù soffre e muore in croce per amore. In questo modo, a ben vedere, ha dato senso alla nostra sofferenza, un senso che molti uomini e donne di ogni epoca hanno capito e fatto proprio, sperimentando serenità profonda anche nell’amarezza di dure prove fisiche e morali. E proprio "la forza della vita nella sofferenza" è il tema che i Vescovi italiani hanno scelto per il consueto Messaggio in occasione dell’odierna Giornata per la Vita. Mi unisco di cuore alle loro parole, nelle quali si avverte l’amore dei Pastori per la gente, e il coraggio di annunciare la verità, il coraggio di dire con chiarezza, ad esempio, che l’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo. La vera risposta non può essere infatti dare la morte, per quanto "dolce", ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano. Siamone certi: nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio.
La Vergine Maria ha custodito nel suo cuore di madre il segreto del suo Figlio, ne ha condiviso l’ora dolorosa della passione e della crocifissione, sorretta dalla speranza della risurrezione. A Lei affidiamo le persone che sono nella sofferenza e chi si impegna ogni giorno al loro sostegno, servendo la vita in ogni sua fase: genitori, operatori sanitari, sacerdoti, religiosi, ricercatori, volontari, e molti altri. Per tutti preghiamo.

2. CONGREGAZIONE PER IL CLERO



Gesù, nell’atto di insegnare nella sinagoga di Cafarnao, suscita l’immediato stupore di coloro che ascoltano perché, sottolinea Marco, «insegnava loro come uno che ha autorità».
L’autorità con la quale Gesù insegna viene anticipata dalla prima lettura, nella quale si parla di un profeta pari a Mosè, suscitato da Dio, al quale Dio metterà sulla bocca le sue stesse parole. La figura di questo profeta, pertanto, sarà pienamente autorevole, perché la sua parola coinciderà con la parola stessa del Signore. Ciò appare particolarmente sottolineato dal giudizio che Dio riserverà a coloro che non ascolteranno la parola del profeta, identico a quello riservato a chi rifiuta Dio stesso: «Se qualcuno non ascolterà le sue parole, io gliene domanderò conto».
All’interno della sinagoga Gesù si presenta come la realizzazione, il compimento di questa promessa. Egli appare come il profeta “perfetto”, superiore ad ogni altro profeta umano. Questa perfezione si rende evidente nella caratteristica dell’autorità.
L’Evangelista Marco non descrive ciò che Gesù disse quel giorno, non riporta i contenuti della sua predicazione: annota solo la reazione degli ascoltatori, che appaiono stupiti.
È necessario considerare che questo stupore, che nasce da quanto ascoltato, sia motivato fondamentalmente dalla presa di coscienza che la promessa del Messia, il profeta “perfetto” tanto atteso, si stia finalmente compiendo.
In questo si rende evidente l’autorità: non solo in ciò che Gesù dice, ma anche nel modo in cui lo dice e, soprattutto, nella realizzazione della promessa di Dio.
Tale autorità, poi, trova un ulteriore grande segno nella capacità di Gesù di comandare agli spiriti immondi e ottenere la loro obbedienza. La reazione dello spirito immondo all’intervento di Gesù evidenzia che il suo insegnamento, pur descritto qui in un inizio solenne, non va considerato come un “gridato”, e meno ancora aggressivo o solo taumaturgico, ma piuttosto come un insegnamento di vita da accogliere in atteggiamento di ricerca e di filiale ascolto.
Gesù impone il silenzio allo spirito immondo, sia per le esigenze del segreto messianico, sia perché il cammino della fede, che nasce sempre da un incontro e dalla corrispondenza umana da esso suscitato per la forza della grazia, esige il “tempo dell’ascolto e del silenzio”.
Come recentemente ricordano dal Santo padre Benedetto XVI: «Silenzio e parola […] devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone. Quando parola e silenzio si escludono a vicenda, la comunicazione si deteriora, o perché provoca un certo stordimento, o perché, al contrario, crea un clima di freddezza; quando, invece, si integrano reciprocamente, la comunicazione acquista valore e significato».
Lo spirito grida che Gesù è il Santo di Dio e ciò non può essere compreso in modo superficiale o sbrigativo, ma va accolto come cuore della verità di Dio per il mondo, in un itinerario di fede che conduce nel mistero di Cristo, che culminerà nella Sua Pasqua.
L’invito che oggi la liturgia propone e di mettersi alla sequela di Gesù in questo atteggiamento di ricerca attenta e profonda, in ascolto della sua parola, la quale non ha eguali. Siamo invitati a lasciarci stupire dalla sua autorità e ad implorare ed operare una vera conversione di fede nella nostra vita.
Maria Santissima, Vergine dell’ascolto e del silenzio, educhi il nostro cuore, e ci conduca a saper meditare “tutte queste cose”, come fedeli discepoli del suo Figlio.

3. p. Raniero Cantalamessa ofmcapp.

“Allora un uomo che era posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio. E Gesù lo sgridò: Taci! Esci da quell’uomo. E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui”. Che pensare di questo episodio narrato nel vangelo di questa domenica e di tanti altri episodi analoghi presenti nei vangeli? Esistono ancora gli “spiriti immondi”? Esiste il demonio?
Quando si parla della credenza nel demonio, dobbiamo distinguere due livelli: il livello delle credenze popolari e il livello intellettuale (letteratura, filosofia e teologia). A livello popolare, o di costume, la nostra situazione attuale non è molto diversa da quella del medio evo, o dei secoli XIV-XVI, tristemente famosi per l’importanza accordata ai fenomeni diabolici. Non ci sono più, è vero, processi dell’inquisizione, roghi per indemoniati, caccia alle streghe e cose simili; ma le pratiche che hanno al centro il demonio sono ancora più diffuse che allora, e non solo tra i ceti poveri e popolari. È divenuto un fenomeno sociale (e commerciale!) di proporzioni vastissime. Si direbbe anzi che quanto più si cerca di scacciare il demonio dalla porta, tanto più egli rientra dalla finestra; quanto più viene estromesso dalla fede, tanto più imperversa nella superstizione.
Ben diversamente stanno le cose a livello intellettuale e culturale. Qui regna ormai il più totale silenzio sul demonio. Il nemico non esiste più. L’autore della demitizzazione, R. Bultmann, ha scritto: “Non si può usare la luce elettrica e la radio, non si può ricorrere in caso di malattia a mezzi medici e clinici e al tempo stesso credere al mondo degli spiriti”. Io credo che uno dei motivi per cui molti trovano difficile credere nel demonio è che si cerca il demonio nei libri, mentre al demonio non interessano i libri, ma le anime, e non lo si incontra frequentando gli istituti universitari, le biblioteche e le accademie, ma, appunto, le anime. Paolo VI ha riaffermato con forza la dottrina biblica e tradizionale intorno a questo “agente oscuro e nemico che è il demonio”. Scrive tra l’altro: “Il male non è più soltanto una deficienza, ma un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa”.
Anche in questo campo, tuttavia, la crisi non è passata invano e senza portare anche frutti positivi. In passato si è spesso esagerato nel parlare del demonio, si è visto dove non era, si sono commessi molti torti e ingiustizie, con il pretesto di combatterlo; occorre molta discrezione e prudenza per non cadere precisamente nel gioco del nemico. Vedere il demonio dappertutto non è meno fuorviante che non vederlo da nessuna parte. Diceva Agostino: “Quando viene accusato, il diavolo ne gode. Addirittura, vuole che tu lo accusi, accetta volentieri ogni tua recriminazione, se questo serve a distoglierti dal fare la tua confessione!”.
Si capisce quindi la prudenza della Chiesa nello scoraggiare la pratica indiscriminata dell’esorcismo da parte di persone che non hanno ricevuto nessun mandato per esercitare questo ministero. Le nostre città pullulano di persone che fanno dell’esorcismo una delle tante pratiche a pagamento e si vantano di togliere “fatture, malocchio, iella, negatività maligne su persone, case, negozi, attività commerciali”. Stupisce come in una società come la nostra così attenta alle frodi commerciali e pronta a denunciare casi di millantato credito e abusi nell’esercizio della professione, si trovino tante persone disposte a bere panzane come queste. Prima ancora che Gesù, quel giorno nella sinagoga di Cafarnao, dicesse qualcosa, lo spirito immondo si sentì snidato e costretto a venire allo scoperto. Era la “santità” di Gesù che appariva “insostenibile” allo spirito immondo. Il cristiano che vive in grazia ed è tempio dello Spirito Santo, porta in sé un po’ di questa santità di Cristo ed è proprio essa che opera, negli ambienti in cui vive, un silenzioso ed efficace esorcismo.
4. Luciano  Manicardi

L’autorità della parola di Mosè e del profeta “pari a Mosè” che il Signore susciterà; l’autorità della parola di Gesù, profeta escatologico: questo un tema saliente che traversa la prima e la terza lettura. Se la parola del profeta, di colui che media la parola di Dio stesso, è finalizzata alla vita del destinatario (Dt 18,15-16), la parola di Gesù è terapeutica. L’autoritàdell’insegnamento di Gesù consiste nel fatto che non è frutto di sapere libresco (“non come gli scribi”), non è l’esito di un cursus di studi, ma è afferente alla persona stessa di Gesù. Non è solo autorità della parola, ma di colui che la pronuncia. E si tratta di un insegnamento trasmesso non solo con parole, ma anche con gesti, con azioni (cf. Mc 1,27): la novità che lo contraddistingue è la novità messianica, la novità di Gesù, che “portò ogni novità portando se stesso” (Ireneo di Lione, Contro le eresie IV,34,1)). Ed è un’autorità percepita dal sensus fidei delle persone. Infine l’autorità della parola di Gesù è nel suo essere totalmente finalizzata alla vita e al bene delle persone: non è autorità che accresce chi la pronuncia, ma volta afar crescere l’altro; è autorità di servizio, non di potere. La logica dell’autorità che discende dal Dio biblico è bene espressa dal Sal 18(17),36: “Abbassandoti tu mi fai grande”. Questa la logica che presiede anche il cammino di Dio verso l’umanità nel Figlio Gesù Cristo.
Di tale cammino il testo evangelico ci fornisce un esempio. A un processo di progressivo restringimento da Cafarnao alla sinagoga, al gruppo di uomini là riuniti, a un uomo preciso di tale gruppo, fino allo spirito impuro che lo abita (vv. 21-24) e che Gesù raggiunge con la sua parola potente (v. 25), segue un movimento di dilatazione dallo spirito immondo all’uomo da cui esce, al gruppo di tutti i presenti nella sinagoga, fino a tutta la Galilea e ovunque (vv. 26-28). La venuta del Figlio di Dio diviene subito una discesa, una catabasi nelle profondità irredente dell’uomo.

Al cuore del testo evangelico vi è infatti l’incontro di Gesù con un uomo “posseduto da spirito immondo”. Ovvero, un uomo sofferente di disturbi psichici o afflitto da mali che si manifestavano in modo bizzarro, violento, anomalo, e per questo attribuiti a spiriti maligni. In realtà, il male che affligge quell’uomo (che frequentava regolarmente la sinagoga, il luogo santo), ha anche una valenza spirituale. Che si manifesta nel suo conoscere perfettamente Gesù, nel confessarlo in modo corretto e ortodosso (“Tu sei il santo di Dio”: Gv 6,69), ma nel non voler aver praticamente nulla a che fare con lui (“Che c’entri con noi?”: Mc 1,24). La diabolicità dell’atteggiamento è lì: si confessa rettamente la fede, ma non ci si coinvolge nella sequela di Cristo fino alla fine. Il vangelo secondo Marco insegna che la confessione autentica di fede deve avvenire sotto la croce (cf. Mc 15,39), è cioè inscindibile da un concreto cammino di sequela fino alla fine, fino allo scandalo della croce.
L’episodio mostra anche la sofferenza che la guarigione costa a quell’uomo: “straziandolo e gridando forte, lo spirito uscì da lui” (Mc 1,26). La parola di Gesù guarisce, ma facendo emergere il male, svelandolo, e consentendone così l’espulsione dal profondo: quel male a lungo soffocato per non soffrire, ora viene portato alla luce e questi spasmi dolorosi si situano a metà tra la morte e la nascita. La parola di Gesù non è edulcorata: essa fa anche male, essa non seppellisce il male, ma osa farlo emergere e affrontarlo apertamente. La parola di Gesù è dunque autorevole perché liberatrice: restituisce l’uomo a se stesso liberandolo dalla divisione che lo lacera e dai fantasmi che lo tormentano; è parola autorevole perchésacramentale: in essa si manifesta la potenza di Dio (v. 27; nell’Antico Testamento è Dio stesso che rimprovera, zittisce e vince Satana: cf. Zc 3,2); è parola autorevole perché testimoniale (essa rivela l’unità profonda della persona di Gesù, del suo parlare e del suo agire).

5. Enzo Bianchi

“Il Regno di Dio si è avvicinato” (Mc 1,15), predicava Gesù, e la verità di queste sue parole è testimoniata dal suo insegnamento e dalla sua azione: “Gesù passò facendo del bene e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (At 10,38). Questa è la sua attività messianica, che Marco presenta all’inizio del vangelo.
 Gesù, ebreo fedele e osservante, nel giorno di sabato frequenta la sinagoga, dove si leggono le Sante Scritture e si celebra il culto a Dio; da rabbi qual è, inoltre, egli insegna all’assemblea riunita. E la sua parola appare agli orecchi degli ascoltatori come una parola ricca di autorevolezza, diversa da quella di coloro che, in qualità di “scribi”, erano incaricati dell’insegnamento al popolo. Gesù non fonda il suo insegnamento sulla “tradizione degli uomini” (Mc 7,38), non ammaestra con parole frutto di una sapienza erudita e libresca, ma unisce l’autorevolezza della sua parola a quella di colui che la pronuncia. Sì, la sua è una parola profetica, eco schietta della Parola di Dio, è una parola che scuote, ferisce, e non lascia chi l’ascolta nella situazione in cui si trovava prima di un vero ascolto obbediente!
 E l’insegnamento di Gesù non si esaurisce in parole, ma si esprime anche attraverso azioni e gesti autorevoli, muniti della vera autorità, quella che consiste nel “far crescere” l’altro – secondo il significato originario di auctoritas, dal verbo augere –; essa è finalizzata alla vita e al bene dell’altro, non è una pratica del potere che procura vantaggi a chi la esercita! E di questa autorità Marco fornisce subito un esempio che stupisce il lettore. Nella sinagoga vi è un uomo malato, ferito nella psiche e nel corpo; siamo in giorno di sabato, il giorno della benedizione e della vita piena, e Gesù è venuto proprio per dare la vita piena (cf. Gv 10,10), per portare il bene… Il testo dice che quell’uomo era “posseduto da uno spirito immondo”, era cioè un uomo sofferente di disturbi psichici che si manifestavano in modo violento, enigmatico, anomalo, e per questo venivano attribuiti a spiriti maligni, al demonio. Quest’uomo è diviso, ossia schizofrenico, anche dal punto di vista spirituale: egli conosce e confessa in modo ortodosso l’identità di Gesù (“Tu sei il Santo di Dio”), ma non vuole avere alcuna comunione con lui: “Che c’entri con noi? Sei venuto a rovinarci!”.

 Posto di fronte al male e alla potenza del Maligno, Gesù si mostra come “il più forte” (Mc 1,7), ormai in azione; quel che però è decisivo è il fatto che “il suo primo sguardo non si rivolge al peccato, ma alla sofferenza dell’uomo” (J. B.Metz). Ed ecco che, con la sua parola, Gesù guarisce il malato, ma quel male a lungo soffocato esce da quell’uomo “straziandolo e gridando forte”, con spasmi dolorosi che si situano a metà tra una morte e un parto. Così avviene la liberazione, l’uomo è restituito a se stesso guarito, e la potenza di Dio è manifestata a tutti i presenti, che si interrogano sbigottiti: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, carico di autorevolezza. Egli comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». Davvero Gesù mostra con i fatti cheinsegnare ha a che fare con la vita, significa dare vita e reintegrare alla vita piena…
Questo episodio della vita di Gesù narra un esorcismo; occorre però guardarsi dalla tentazione di svuotare tale racconto ritenendolo una leggenda miracolistica o, peggio, una narrazione che non ci riguarda. Se infatti dal punto di vista spirituale l’impurità consiste in una situazione di divisione interiore, di doppiezza, ossia di incoerenza tra confessione di fede e coinvolgimento reale con Gesù, allora questa guarigione riguarda noi tutti e ci chiede di mendicare presso Gesù l’unificazione della nostra persona e la liberazione dal potere del Maligno. Sì, la parola di Gesù è una parola di salvezza, come la Parola di Dio: Dio parla certamente attraverso le Scritture, ma ormai parla anche attraverso la presenza di Gesù, “profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo” (Lc 24,19). E noi siamo capaci di ascoltarlo?