venerdì 20 gennaio 2012

Annunciare la Parola superando ogni barriera



È stata nel segno della martire romana Sant’Agnese, di cui domani si celebra la memoria liturgica, l’Udienza che papa Benedetto XVI ha concesso alla Comunità dell’Almo Collegio Capranica di Roma, ricevuto nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano.
Dopo l’indirizzo di saluto del cardinale Raffaele Martino, il Papa ha salutato a sua volta i membri del Collegio (che prende il nome dal cardinale Domenico Capranica che lo fondò 555 anni fa), a partire dal rettore, monsignor Ermenegildo Manicardi.
Sant’Agnese, menzionata dal Pontefice in qualità di patrona del Capranica, è una delle martiri che “hanno illustrato la bellezza genuina della fede in Cristo e l’amicizia con Lui”. La duplice qualifica di Vergine e Martire richiama “la totalità delle dimensioni della santità”, ha aggiunto il Papa.
Questa “completezza di santità” è rivolta anche “a voi dalla vostra fede cristiana e dalla speciale vocazione sacerdotale”, ha proseguito il Santo Padre rivolto ai membri del Collegio.
Il martirio di Sant’Agnese è un segno della “bellezza di appartenere a Cristo senza tentennamenti”, in una “generosa donazione” che è una “componente primaria della fisionomia spirituale di Roma”.
Le virtù proprie dei martiri degli albori della cristianità, sono le medesime che si richiedono a un presbitero di oggi: “integralità, compiutezza, esercizio ascetico, costanza e fedeltà eroica”, unite a “una solida vita spirituale animata da una relazione intensa con Dio a livello personale e comunitario, con particolare cura nelle celebrazioni liturgiche e nella frequenza ai Sacramenti”.
La vita sacerdotale deve essere anche segnata da “un anelito crescente alla santità”, da un “chiaro sensus Ecclesiae” e da “un’apertura alla fraternità senza esclusione e parzialità”.
Il presbitero non deve nemmeno trascurare la propria preparazione culturale, “frutto di uno studio appassionato e costante”. Ribadendo che la “sintesi tra fede e ragione” è “propria del Cristianesimo”, Benedetto XVI si è poi soffermato sull’importanza dell’adorazione “in Spirito e verità”.
Il Pontefice ha inoltre esortato i membri del Collegio Capranica a proseguire nel “cammino di santità” e ad avere sempre “un profondo senso della storia e della tradizione della Chiesa”.
“Il fatto di essere a Roma - ha proseguito - è un dono che vi deve rendere particolarmente sensibili alla profondità della tradizione cattolica. Voi la toccate con mano già nella storia dell’edificio che vi ospita”.
La vicinanza al “Successore di Pietro” è, secondo papa Ratzinger, un’opportunità, per i membri del Capranica, di “percepire con particolare chiarezza le dimensioni universali della Chiesa e il desiderio che il Vangelo giunga a tutte le genti”.
Vivere nella capitale della cristianità dà la “possibilità di aprire gli orizzonti con esperienze dell’internazionalità” e di “respirare la cattolicità”.
“Preparatevi ad essere vicini ad ogni uomo che incontrerete, non lasciando che nessuna cultura possa essere una barriera alla Parola di vita di cui siete annunciatori anche con la vostra vita”, ha esortato ancora il Santo Padre.
Il Papa ha concluso l’Udienza rivolgendosi in particolare ai giovani sacerdoti del Collegio Caprarica, impegnati “nell’opera di evangelizzazione e di nuova evangelizzazione” incoraggiandoli “perché nella fatica quotidiana, radicati nella bellezza della tradizione autentica, uniti profondamente a Cristo, siate capaci di portarlo nelle vostre comunità con verità e gioia”.

Di seguito il testo del discorso del Santo Padre.

* * *

Signor Cardinale,
Eccellenza,
Cari fratelli!


È sempre motivo di gioia per me incontrare la comunità dell’Almo Collegio Capranica, che da oltre cinque secoli costituisce uno dei Seminari della Diocesi di Roma. Vi saluto tutti con affetto, in particolare naturalmente Sua Eminenza il Cardinale Martino e il Rettore, Mons. Ermenegildo Manicardi. E ringrazio Sua Eminenza per le cortesi parole. In occasione della ricorrenza di Sant’Agnese, Patrona del Collegio, vorrei offrirvi alcune riflessioni suggeritemi proprio dalla sua figura.

Sant’Agnese è una delle famose fanciulle romane, che hanno illustrato la bellezza genuina della fede in Cristo e dell’amicizia con Lui. La sua duplice qualifica di Vergine e Martire richiama la totalità delle dimensioni della santità. Si tratta di una completezza di santità che è richiesta anche a voi dalla vostra fede cristiana e dalla speciale vocazione sacerdotale con la quale il Signore vi ha chiamato e vi lega a Sé. Martirio – per sant’Agnese – ha voluto dire la generosa e libera accettazione di spendere la propria giovane vita, nella sua totalità e senza riserve, affinché il Vangelo fosse annunziato come verità e bellezza che illuminano l’esistenza. Nel martirio di Agnese, accolto con coraggio nello stadio di Domiziano, splende per sempre la bellezza di appartenere a Cristo senza tentennamenti, affidandosi a Lui. Ancora oggi, per chiunque passi in Piazza Navona, l’effige della Santa dall’alto del frontone della chiesa di Sant’Agnese in Agone, ricorda che questa nostra Città è fondata anche sull’amicizia per Cristo e la testimonianza del suo Vangelo, di molti dei suoi figli e figlie. La loro generosa donazione a Lui e al bene dei fratelli è una componente primaria della fisionomia spirituale di Roma.

Nel martirio, Agnese sigilla anche l’altro elemento decisivo della sua vita, la verginità per Cristo e per la Chiesa. Il dono totale del martirio è preparato, infatti, dalla scelta consapevole, libera e matura, della verginità, testimonianza della volontà di essere totalmente di Cristo. Se il martirio è un atto eroico finale, la verginità è frutto di una prolungata amicizia con Gesù maturata nell’ascolto costante della sua Parola, nel dialogo della preghiera, nell’incontro eucaristico. Agnese, ancora giovane, aveva imparato che essere discepoli del Signore vuol dire amarlo mettendo in gioco tutta l’esistenza. Questa duplice qualifica – Vergine e Martire – richiama alla nostra riflessione che un testimone credibile della fede deve essere una persona che vive per Cristo, con Cristo e in Cristo, trasformando la propria vita secondo le esigenze più alte della gratuità.

Anche la formazione del presbitero esige integralità, compiutezza, esercizio ascetico, costanza e fedeltà eroica, in tutti gli aspetti che la costituisce; al fondo vi deve essere una solida vita spirituale animata da una relazione intensa con Dio a livello personale e comunitario, con particolare cura nelle celebrazioni liturgiche e nella frequenza ai Sacramenti. La vita sacerdotale richiede un anelito crescente alla santità, un chiaro sensus Ecclesiae e un’apertura alla fraternità senza esclusioni e parzialità. Del cammino di santità del presbitero fa parte anche la sua scelta di elaborare, con l’aiuto di Dio, la propria intelligenza e il proprio impegno, una vera e solida cultura personale, frutto di uno studio appassionato e costante. La fede ha una sua dimensione razionale e intellettuale che le è essenziale. Per un seminarista e per un giovane prete ancora alle prese con lo studio accademico, si tratta di assimilare quella sintesi tra fede e ragione che è propria del Cristianesimo. Il Verbo di Dio si è fatto carne e il presbitero, vero sacerdote del Verbo Incarnato, deve diventare sempre più trasparenza, luminosa e profonda, della Parola eterna che ci è donata. Chi è maturo anche in questa sua formazione culturale globale può essere più efficacemente educatore e animatore di quell’adorazione «in Spirito e verità» di cui Gesù parla alla Samaritana (cfr Gv 4,23). Tale adorazione, che si forma nell’ascolto della Parola di Dio e nella forza dello Spirito Santo, è chiamata a diventare, soprattutto nella Liturgia, il «rationabile obsequium», di cui ci parla l’apostolo Paolo, un culto nel quale l’uomo stesso nella sua totalità di un essere dotato di ragione, diventa adorazione, glorificazione del Dio vivente, e che può essere raggiunto non conformandosi a questo mondo, ma lasciandosi trasformare da Cristo rinnovando il modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (cfr Rm 12,1-2).

Cari Alunni del Collegio Capranica, il vostro impegno nel cammino di santità, anche con una solida formazione culturale, corrisponde all’intenzione originaria di questa Istituzione, fondata 555 anni fa dal Cardinale Domenico Capranica. Abbiate sempre un profondo senso della storia e della tradizione della Chiesa! Il fatto di essere a Roma è un dono che vi deve rendere particolarmente sensibili alla profondità della tradizione cattolica. Voi la toccate con mano già nella storia dell’edificio che vi ospita. Inoltre, voi vivete questi anni di formazione in una speciale vicinanza con il Successore di Pietro: ciò vi permette di percepire con particolare chiarezza le dimensioni universali della Chiesa e il desiderio che il Vangelo giunga a tutte le genti. Qui avete la possibilità di aprire gli orizzonti con esperienze dell’internazionalità; qui, soprattutto, respirate la cattolicità. Approfittate di ciò che vi è offerto, per il futuro servizio alla Diocesi di Roma o alle vostre Diocesi di provenienza! Dall’amicizia, che sorge nel vivere insieme, imparate a conoscere le situazioni diverse delle nazioni e delle Chiese nel mondo e a formarvi alla visione cattolica. Preparatevi ad essere vicini ad ogni uomo che incontrerete, non lasciando che nessuna cultura possa essere una barriera alla Parola di vita di cui siete annunciatori anche con la vostra vita.

Cari amici, la Chiesa si aspetta molto dai giovani sacerdoti nell’opera di evangelizzazione e di nuova evangelizzazione. Vi incoraggio perché nella fatica quotidiana, radicati nella bellezza della tradizione autentica, uniti profondamente a Cristo, siate capaci di portarlo nelle vostre comunità con verità e gioia. Con l’intercessione della Vergine e Martire Agnese, e di Maria Santissima, Stella dell’evangelizzazione, il vostro impegno di oggi giovi alla fecondità del vostro ministero. Di cuore imparto a voi e ai vostri cari la Benedizione Apostolica. Grazie.