domenica 5 febbraio 2012

Martirologio del 5 febbraio




5 FEBBRAIO
SANT'AGATA

Vergine e Martire (sec. III)
Memoria
Il popolare culto di questa martire siciliana si sviluppò principalmente a Catania che si ritiene il luogo più probabile del suo martirio al tempo di Decio. Dal secolo VI il suo culto (con gli elementi leggendari, presenti nell'antica officiatura) si estese alla Chiesa universale. A Roma le vennero dedicate due basiliche.
   
Donata a noi da Dio, sorgente stessa della bontà  
Dal «Discorso su sant'Agata» di san Metodio Siculo, vescovo,
La commemorazione annuale di sant'Agata ci ha qui radunati perché rendessimo onore a una martire, che è sì antica, ma anche di oggi. Sembra infatti che anche oggi vinca il suo combattimento perché tutti i giorni viene come coronata e decorata di manifestazioni della grazia divina.
Sant'Agata è nata dal Verbo del Dio immortale e dall’unico suo Figlio, morto come uomo per noi. Dice infatti san Giovanni: «A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 12).
Agata, la nostra santa, che ci ha invitati al religioso banchetto, è la sposa di Cristo. E' la vergine che ha imporporato le sue labbra del sangue dell’Agnello e ha nutrito il suo spirito con la meditazione sulla morte del suo amante divino.
La stola della santa porta i colori del sangue di Cristo, ma anche quelli della verginità. Quella di sant'Agata, così, diviene una testimonianza di una eloquenza inesauribile per tutte le generazioni seguenti.
Sant’Agata è veramente buona, perché essendo di Dio, si trova dalla parte del suo Sposo per ren­derci partecipi di quel bene, di cui il suo nome porta il valore e il significato: Agata (cioè buona) a noi data in dono dalla stessa sorgente della bontà, Dio.
Infatti cos'è più benefico del sommo bene? E chi potrebbe trovare qualcosa degno di essere maggiormente celebrato con lodi del bene? Ora Agata significa «Buona». La sua bontà corrisponde così bene al nome e alla realtà. Agata, che per le sue magnifiche gesta porta un glorioso nome e nello stesso nome ci fa vedere le gloriose gesta da lei compiute. Agata, ci attrae persino con il proprio nome, perché tutti volentieri le vadano incontro ed è di insegnamento con il suo esempio, perché tutti, senza sosta, gareggino fra di loro per conseguire il vero bene, che è Dio solo.


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5 febbraio

B. Elisabetta Canori Mora
Madre di famiglia

"Una simile madre non si trova al mondo, e io sono indegno di esserle consorte" ( il marito Cristoforo alle figlie).


Nacque a Roma nel 1774. A 22 anni, con scelta atten­tamente maturata, si sposò ed ebbe quattro bambine. Sebbene umiliata e maltrattata in mille modi dal marito infedele, tutto sopportò con ammirabile pazienza e dolcez­za; alle violenze fisiche e psicologiche rispose con totale fedeltà, rifiutando assolutamente la separazione. Si dedicò alla preghiera e alle opere di misericordia, particolarmente tra i poveri e gli ammalati; accoglieva chiunque si rivolgeva a lei per necessità spirituali e tem­porali, prestando particolare attenzione alle famiglie in difficoltà. Donò se stessa per la conversione del marito, per il Papa, la Chiesa e la sua città di Roma, dove morì nel 1825. Le sue spoglie riposano nella Chiesa di S. Carlo alle Quattro Fontane.

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  Dal diario della b. Elisabetta Canori Mora: La mia vita nel cuore della Trinità
Vidi Dio con le braccia aperte qual Padre amante
L'anima, così accesa di santo amore, famelica andava in traccia dell'amato suo Bene, desiderando di possederlo e possederlo per sempre. Quali e quante fossero le brame di questo cuore ferito, io non so al certo dirlo, né ho termini di dimostrarlo, ma posso dire per verità che neppure io potei comprendere la viva fiamma che mi bruciava il cuore. Il forte incen­dio del divino amore fa dolce strazio del mio povero cuore. Altra grazia non cercavo dal mio buon Dio che di morire, per così sciogliermi dai vincoli di questo fragil corpo, così volare liberamente nel castissimo seno del mio Dio. Questo ardentissimo desiderio martirizza l'anima mia giorno e notte, in guisa tale che io non lo posso più contenere e sono persuasa mi darà presto la morte. In questi termini, con questi spasmi al cuore, andava l'anima facendo il suo viaggio per l'erto monte; por­tando con sé l'affanno, la pena, il dolore. Mossosi a compassione, il mio Dio improvvisa­mente mi si fece vedere alla sommità del monte vidi il mio Dio che stava con le braccia aperte qual padre amante, significandomi l'ardente brama che in sé con­serva di abbrac-ciare la povera anima mia. Questa vista riempì il mio cuore di somma conso­lazione e di tanta dolcezza e gaudio fu ripieno il mio spirito, che per godere di quella sola vista tenni per bene impiegato tutto quello che avevo patito e fatica­to nel decorso di tutta la mia vita. Ardisco dire di più, a gloria del medesimo Dio: che mi contenterei di godere di quel bene che godetti in quei felici momen­ti, di godere questo solo bene per tutta l'eternità, sì, quella sola vista mi basterebbe per farmi eternamente beata. Vorrei, per rispetto e riverenza dovuta all'infi­nita maestà di Dio, tacere e non parlare di quanto vidi alla sommità di quel vastissimo monte, ma la santa obbedienza mi obbliga contro mia voglia il manife­starlo: ma io cosa dirò mai, se la mia bassa mente non potè neppure comprenderlo? Qual vasto oceano di eterna immensità mi si pre­sentò Dio alla vista della mia bassa mente. Oh felicis­simi momenti degni solo dell'infinita bontà di un Dio, che tutto si dona per amore alle sue creature! La sola vista, e non il possesso di questo grande bene, mi bastò di farmi beata sopra la terra per quei felici momenti. Mi fu mostrato il simbolo della Triade sacrosanta sotto la forma di una splendidissima e vastissima nube; questa aveva tre rappresentanze benché una sola fosse la nube. Tre immensi raggi di eterna luce in essa nube risplendevano, uno distinte dall'altro; benché una sola fosse la luce, conservava, conteneva in se stessa tre qualità di splendori, une distinto dall'altro. Cosa così meravigliosa e bella che non si può spie­gare, vista che rapisce lo spirito e lo tiene assorto in Dio, vista che dona all'anima tutta la sua felicità, vista che dona all'anima tutte sorte di beni sovrab­bondanti, inenarrabili e incomprensibili. Non so spiegarmi altrimenti, mentre mi avvedo che lo scrivere su di ciò altro non è che un oscurare l'alta gloria di un Dio di eterna maestà; spero però che l'in­finita bontà di Dio mi abbia per scusata, mentre la santa obbedienza me lo comandò.

Responsorio                       Cf. Ap 4,2 e ss; cf. Is 6,1-3
Fui rapito in estasi, * un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono di gloria del Signore.
I serafini proclamavano l'uno all'altro: Santo, Santo, Santo.
Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono di gloria del Signore.

Orazione    O Dio, che hai donato alla beata Elisabetta di vivere la sua vita di sposa e madre ad imitazione di Cristo Redentore, per sua intercessione e sul suo esempio concedi alle nostre famiglie il dono della fedeltà e dell'amore sincero, perché risplenda in esse la luce della comunione divina. Per il nostro Signore.