venerdì 3 febbraio 2012

Solo la Verità rende liberi

Di seguito il Vangelo di oggi, 3 febbraio, venerdi della IV settimana del Tempo Ordinario, con un commento e qualche pagina di approfondimento.


Se non c'è nessuna verità dell'uomo, egli non ha neppure nessuna libertà.
Solo la verità rende liberi.

Joseph Ratzinger




Mc 6, 14-29 


In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui». Altri invece dicevano: «E' Elia»; altri dicevano ancora: «E' un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!». 
Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello». 
Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. 
Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista». Il re ne fu rattristato; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto. 
E subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa [di Giovanni]. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. 
I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro. 


IL COMMENTO


Sì, si può perdere la testa per Gesù. La verità, quella che ci fa liberi, quella che non è barattabile, la nemica dei falsi compromessi volti a salvare la pelle, fa perdere la testa. Ci sono sempre tagliatori di teste in cerca di poveri profeti disarmati che annunciano senza posa la verità. E la verità, normalmente è scomoda. Ne sappiamo qualcosa anche noi, quando qualcuno osa rimproverarci, evidenziarci un errore, un peccato. Per la Bibbia correggere un saggio è renderlo ancora più saggio. Correggere uno stolto invece, significa attirarne le ire.


Facciamo due conti e vediamo da che parte stiamo. Probabilmente da quella dei tagliatori di teste, degli stolti, come Nabal, letteralmente, colui al quale non si può dire nulla. Uno stolto. Uno che per tacitare la verità e potersi rimirare tranquillo allo specchio non esita a ghigliottinare lo sprovveduto profeta. Eppure la verità ci fa liberi, smaschera il serpente antico e le sue menzogne, svela le catene che ci tengono schiavi, e apre la strada al liberatore, il Signore Gesù, la Verità incarnata per la nostra salvezza.


"Non ti è lecito" gridava Giovanni Battista, e non per un rigido legalismo, ma perchè sei creato per essere libero, felice, e non ti è lecito andare contro natura, il peccato non si addice all'uomo, genera la morte, sempre. Le parole di Giovanni illuminano Erode, sono dirette al fondo del suo cuore, laddove è deposto il seme della verità, del bene, della giustizia. Sono parole capaci di riportare alla luce quel frammento di umanità che, seppure sepolto da una montagna di menzogne, alberga nel cuore di ogni uomo. Erode si era infilato in una strada senza ritorno, condannandosi ad una vita sterile, chiusa nell'egoismo. Una vita infelice. "Se uno prende la moglie del fratello è una impurità, egli ha scoperto la nudità del fratello; non avranno figli" (cfr. Lv. 18,16 e 20,21). La maledizione più grande, non avere figli, scendere nella tomba senza una discendenza, segno di una vita senza frutto, scivolata via senza amore, senza consistenza, una vita in fumo.


Quante giornate, quante relazioni, quanto lavoro, e cosa rimane? Quante volte ci ritroviamo, come Erode, preda di passioni ed entusiasmi che spengono lo sguardo e annichiliscono ogni discernimento. Come Davide che, alla vista della bellezza di Betsabea, chiude in prigione ragione e fede, si lascia trascinare dai vortici della passione, e macchina piani e menzogne per dar corpo agli sconvolgimenti dell'istinto ormai senza freno. Morirà Uria, ucciso dalla malizia di Davide. E morirà il bambino nato dalla passione, perchè ogni pensiero ed ogni azione che non siano ispirate da Dio attraverso la ragione illuminata dalla fede sono senza frutto.


Erode ascoltava perplesso, vigilava, temeva. Ma non era sufficiente. Aveva ormai consegnato il cuore ad Erodiade. Al contrario di Davide, peccatore, fragile, ma uomo secondo il cuore di Dio. Il punto è tutto qui. Un cuore radicato in Dio, anche se cade, è capace di contrizione e di umiltà. Anche se la mareggiata della passione ne ha sconvolto gli equilibri, può tornare ad aggrapparsi all'àncora che non ha smesso di attirarlo a se. Erode invece ha scelto il peccato, lo ha scelto nel fondo del suo intimo, laddove l'uomo è assolutamente libero e si giocano le sue sorti; Erode ha issato l'àncora e la tempesta ha rotto, inesorabilmente, gli ormeggi. Lo si comprende al momento propizio. Per Davide il kairos è giunto con il profeta Natan, le cui parole dissolvono la menzogna e lo conducono al pentimento: "ho peccato"; e, nel riconoscersi peccatore, Davide accetterà, umilmente, le sofferenze che ne conseguono. Erode non può. Il rancore di Erodiade, cui aveva consegnato l'anima, lo trascina nell'abisso, perchè l'accendersi di una passione spalanca sempre il passo a peccati più gravi. Erode ha soffocato la ragione nella carne, e quando la sua carne si adagia in un banchetto che ne sazia le voglie, seduto sulla propria anima, si ritrova sordo e cieco, perde la memoria delle parole del profeta, e promette e consegna la sua vita ad un'immagine effimera, il corpo seducente di una ragazza, che appare ai suoi occhi come l'albero dell'Eden, "buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza". Ed è morte, della Verità prima, della sua anima poi.


Il Vangelo di oggi ci chiama a conversione. A guardare senza sconti la nostra vita, a lasciarci illuminare sui compromessi, sulle situazioni pericolose nelle quali ci troviamo, sull'orlo del precipizio e dove non abbiamo forza e volontà per tagliare, voltare pagina e abbandonarci alla fedeltà di Dio. Quell'amicizia che ci insinua calunnie sugli altri, quell'affetto troppo "corposo", che ha già messo il laccio al cuore e ci ha deposto sul piano inclinato che conduce al tradimento; quel rancore che arde, sordo, sotto la cenere del tempo che vorremmo capace di essicccare il peccato; quell'adulazione che risuona nelle nostre orecchie ci pianta al centro di un universo che ci appare ogni giorno più ostile a tutto quanto facciamo e pensiamo. Per questo l'episodio di Erode ci invita a chiedere a Dio la grazia del cuore di Davide, pronto al pentimento, a rientrare in se stesso come il figliol prodigo, ad ascoltare la voce dei profeti che, con amore e fermezza, ci chiamano a conversione, illuminando quanto, nella nostra vita, "non è lecito", quanto è destinato a restare senza figli, la parte di noi che, infeconda, appartiene alla terra ed è incapace di ereditare il Cielo.


Lasciamoci liberare dalla verità. Lasciamo dunque che l'annuncio ci raggiunga e sconvolga le nostre precarie certezze. Lasciamoci amare sino ad innamorarci perdutamente di Lui, e così testimoniare la Verità, il suo amore infinito, senza paura e compromessi, enza ipocrisie e ricatti, ovunque e sempre. Sino a perdere la testa. Per amore. Per Lui.



* * *

San Cipriano (circa 200-258), vescovo di Cartagine e martire
Esortazione al martirio, 13

Giovanni Battista, martire per la verità

        «Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi» (Rom 8,18). Chi non farebbe di tutto per ottenere una tale gloria diventando amico di Dio, per rallegrarsi al più presto in compagnia di Gesù e ricevere la ricompensa divina dopo le pene e i tormenti di questa terra?

        E' una gloria per i soldati di questo mondo rientrare trionfanti in patria, dopo la vittoria sui nemici. Ma non è forse una gloria maggiore aver vinto il demonio e ritornare trionfanti in quel paradiso da cui Adamo era stato espulso a causa del suo peccato? E, dopo aver sconfitto colui che l'aveva ingannato, riportarvi il trofeo della vittoria? Offrire a Dio come un magnifico bottino una fede integra, un coraggio spirituale ineccepibile, una lodevole dedizione? ... Diventare coerede di Cristo, eguale agli angeli, gioire felicemente del regno celeste coi patriarchi, gli apostoli, i profeti? Quale persecuzione può vincere tali pensieri, che possono aiutarci a superare le torture? ...
   
        La terra ci chiude in prigione con le persecuzioni, ma il cielo resta aperto.... Quale onore, quale certezza andarsene da qui nella gioia, trionfando in mezzo ai tormenti e alle prove! Socchiudere gli occhi che vedevano gli uomini e il mondo, e riaprirli immediatamente sulla gloria di Dio e di Cristo! ... Se la persecuzione si abbatte su un soldato così preparato, non potrà sconfiggere il suo coraggio. E anche se siamo chiamati in cielo prima della lotta, una fede così preparata non resterà senza ricompensa. ... Nella persecuzione, Dio ricompensa i suoi soldati; nella pace premia la buona coscienza.

APPROFONDIMENTI

Commenti Patristici

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Epist. I. ad Donatum, 
3-6. 14 . PL 4,198-205. 220-221.1
Dalla Lettera a Donato di san Cipriano di Cartagine.
Un tempo io giacevo nelle tenebre di una notte buia; mi trovavo come sballottato sul mare del mondo che mi gettava in tutte le direzioni; incerto delle vie che mi si paravano innanzi, vagavo in balia di me stesso e non ero consapevole della mia vita.
Lontano dalla verità e dalla luce, ritenevo che fosse davvero difficile e duro, per i miei sentimenti di quel periodo, ciò che la misericordia di Dio mi pro­metteva per portarmi alla salvezza.
Reputavo fosse difficile poter nuovamente rinasce­re e deporre le abitudini precedenti, anche se il batte­simo nell’acqua della salvezza mi rinnovava a nuova vita. Stimavo ugualmente difficile che un uomo potesse cambiare la mente e l’animo senza mutare nel suo fisico.
Continuavo a dirmi: “Come sarà possibile una conversione così grande da liberarmi tutto ad un tratto da ciò che fin dalla nascita si solidificò come quando si colloca del materiale e lo si ammucchia in depositi? Come sarà possibile liberarmi di quelle abitudini che ho indebitamente contratte?”.
2
Spesso mi trovavo con questi pensieri. Ero legato dai moltissimi errori della mia vita passata e non crede­vo di potermene liberare. I vizi aderivano alla mia vita e io continuavo ad assecondarli. Non pensavo più di poter raggiungere i beni migliori; per questo favorivo ciò che mi nuoceva come se fosse qualcosa che ormai mi appartenesse e fosse cresciuto con me.
Ma sopraggiunse l’aiuto dell’acqua che rigenera. La corruzione della vita precedente venne cancellata e dall’alto si diffuse una luce nel mio cuore purificato e mondo. Ricevetti dal cielo lo Spirito e attraverso una seconda nascita diventai un uomo nuovo.
Dopo questo evento, ciò che era segnato dal dub­bio improvvisamente divenne, in modo che non saprei descrivere, una certezza; quello che era impenetrabile e pieno di tenebra mi apparve accessibile e luminoso.
Potevo raggiungere quello che prima mi sembrava assurdo e fare quello che finora ritenevo impossibile. Avevo così la possibilità di capire come fosse terreno l’uomo di prima, nato dalla carne e schiavo dei vizi.
3
Comprendevo che cominciava ad appartenere a Dio quello che lo Spirito Santo aveva già animato. Sai bene anche tu, e lo ammetti con me, ciò che questa morte del peccato, ciò che questa vita di virtù mi hanno rispettivamente tolto e donato. Lo sai e non insisto; è odioso lodare se stessi, anche se non può essere millanteria ma gratitudine ciò che attri­buiamo al dono di Dio e non alla nostra capacità umana. Infatti ammettiamo quale effetto della fede il non peccare, e quale effetto dell’errore umano il peccato.
È opera di Dio, lo ripeto, è opera di Dio tutto ciò che noi possiamo. Da lui abbiamo la vita e il vigo­re; grazie alla capacità che ci dona, possiamo pregusta­re qualcosa dei beni futuri, anche se siamo ancora su questa terra. Ci deve essere solo il timore come custode della nostra innocenza, perché il Signore, che si è riversato nei nostri cuori con il tocco della sua bontà e del suo perdono celeste, si fermi nel nostro animo, allietato dalla buona ospitalità delle nostre opere sante.
4
Se tu riesci a camminare con passo sicuro sulla via dell’innocenza e della salvezza, se tu, unito a Dio con tutte le forze e con tutto il cuore, rimani sempli­cemente quello che hai cominciato ad essere, ti sarà concessa possibilità di agire in proporzione di quanto crescerà in te la grazia dello Spirito.
Nell’usufruire dei doni di Dio non vi è nessuna misura o limite, come invece accade per i benefici terreni. Lo Spirito si effonde abbondante e non viene costretto da confini, non è obbligato entro limiti, non viene frenato in spazi circoscritti. Lo Spirito scaturisce senza posa, fluisce traboccando; occorre solo che il nostro cuore abbia sete e si apra.
Attingeremo l’abbondante grazia in proporzione della nostra capacità di fede. Dallo Spirito scende a noi la possibilità di vivere una vita sobria e casta, di avere sinceri pensieri e una parola altrettanto since­ra. Grazie allo Spirito possiamo superare vittoriosi i mortali veleni quando veniamo colpiti; da lui abbiamo la capacità di ritornare in salute e di eliminare le brutture del nostro animo quando sbagliamo.
5
È lo Spirito che ci permette di far diventare paci­fici coloro che sono sconvolti dall’ira e dall’odio e di ridurre i violenti a mitezza. È lo Spirito che ci dona la forza di minacciare e umiliare gli spiriti immondi che si aggirano intorno e penetrano negli uomini per corromperli. Con lo Spirito possiamo sferzare terribilmente questi spiriti e costrin­gerli ad andarsene o abbatterli mentre oppongono resistenza, lamenti e gemiti, aumentandone le sofferen­ze. Con lo stesso Spirito li flagelliamo e li tormentiamo con il fuoco. È una battaglia che si combatte e non si vede: i colpi sono invisibili ma la pena è manifesta.
Lo Spirito che abbiamo ricevuto agisce con la sua potenza, perché noi partecipiamo ad una vita nuova. Non abbiamo però ancora cambiato il corpo e le mem­bra; per questo la vista umana resta ancora nel buio, perché il sensibile si frappone come una nube.
6
Che potenza spirituale, che forza è questa! Non solo sottrarsi ai contatti perniciosi del mondo, ma non lasciarsi più contagiare dalla corruttela del nemico che rinnova i suoi assalti, purificati come siamo. L’ani­mo si rinvigorisce e si rinsalda nelle proprie forze tanto da dominare imperiosamente tutto l’esercito del nemico che viene all’assalto.
Perché gli effetti della presenza divina ti appaiano più luminosi, cercherò di illuminarti svelandoti la veri­tà. Dopo aver dissipato la caligine del male, ti mostrerò le tenebre che avvolgono il mondo.
Immagina di essere sollevato su una delle cime più alte di un monte scosceso e di osservare da lassù le cose che si estendono ai tuoi piedi. Gira lo sguardo in diverse direzioni e contempla il turbinare che scon­volge il mondo, mentre tu sei libero da ogni contatto terreno.
7
Avrai allora compassione per questo mondo e maggiormente consapevole della tua situazione, ne sarai tanto più riconoscente a Dio e con gioia più viva lo ringrazierai di esserne scampato. Osserva: le strade sono infestate da rapinatori, i pirati percorrono i mari, dappertutto l’orrore del sangue sparso e dei campi di guerra. Il mondo gronda di sangue fraterno: l’omici­dio, considerato un delitto quando è commesso dai singoli, diventa virtù se compiuto in nome dello stato! A questo livello, l’impunità non è garantita dall’innocen­za, ma dall’atrocità della ferocia.
Esiste una sola tranquillità certa e serena, una sola sicurezza stabile su cui si possa contare: quella di chi si ritrae dal turbinio di questo mondo inquieto e, gettata per sempre l’ancora nel porto della salvezza, eleva lo sguardo dalla terra verso il cielo. Ammesso a godere del tesoro divino, tale uomo è ormai interiormente ac­canto al suo Dio. Si vanta di non avere più occhi per le cose terrene che ad altri appaiono grandi e sublimi.
8
Chi è superiore al mondo non può ormai attendere o desiderare qualcosa dalla società mondana. Essere sciolto dai lacci del mondo circostante, purificato dalla feccia terrena sotto la luce dell’eterna immortali­tà, significa avere garantita una protezione continua e irreversibile e il sostegno celeste per giungere ai beni eterni.
Allora ci si rende conto fino a che punto il nemico con i suoi attacchi tramava insidiosamente a nostra rovina. Così siamo spinti ad amare quel che saremo, tanto più che ci è possibile conoscere e condannare quello che eravamo. Non abbiamo bisogno per questo di denaro, di raggiri e di forza, come se si trattasse di procurarci una grandissima dignità. E’ dono di Dio gratuito e facile. Come spontaneamente il sole diffonde i suoi raggi, il giorno porta la luce, la fonte zampilla d’acqua, la pioggia irrora la terra, così lo Spirito celeste si diffonde in noi.
Dopo che l’uomo si è rivolto verso il cielo e ha conosciuto il suo Creatore, si innalza sopra il sole e ogni potenza terrena, cominciando ad essere ciò che sa di essere.
9
Dal vangelo secondo Marco.
6,17-29
Erode aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodiade, moglie di sua fratello Filippo, che egli aveva sposato.
Dal Discorso di Giovanni Giusto Lanspergio per la festa del martirio di san Giovanni Battista.
Sermo in festo Decollationis s.Joannis Baptistæ. Opera omnia, Monsterolii, 1889, t. II, 514-515. 518-519.
La morte di Cristo è all’origine di una innumerevole folla di credenti. Per la potenza del Signore Gesù e grazie alla sua bontà, la morte preziosa dei suoi martiri e dei suoi santi ha fatto nascere una gran moltitudine di fedeli. Infatti, la religione cristiana non ha potuto essere distrutta dalla persecuzione dei tiranni e dalla morte ingiusta di innocenti; ogni volta invece ne ha ricevuto un accrescimento vigoroso.
Ne abbiamo un esempio di san Giovanni che ha battezzato Cristo e che noi oggi festeggiamo come martire. Erode, questo re infedele, per fedeltà al suo giuramento, volle sopprimere in modo radicale dalla memoria degli uomini il ricordo di Giovanni. Ora non soltanto il Battista non fu dimenticato, ma migliaia di uomini, infiammati dal suo esempio accolsero con gioia la morte per la giustizia e la verità. Così, l’ignominia di cui il tiranno voleva coprirlo, in realtà lo rese ancora più illustre. Quale cristiano, degno di questo nome, non venera oggi Giovani, il battezzatore di Cristo? Ovunque nel mondo i fedeli venerano la sua memoria, tutte le generazioni lo proclamano beato e le sue virtù riempiono di profumo la Chiesa.
10
Giovanni non visse soltanto per se stesso, e neppure morì solo per sé. Quanti uomini, carichi di peccati, la sua vita dura e austera seppe trarre a conversione! Quante persone la sua morte immeritata incoraggiò a sopportare le avversità! E a noi, da dove viene oggi l’occasione di rendere grazie a Dio con fede se non dal ricordo di san Giovanni ucciso per la giustizia, cioè per Cristo?
Egli non amò la sua anima, cioè la parte sensitiva che cerca il piacere e rifugge l’austerità, ma la odiò nel senso che non volle affatto acconsentire alle voglie istintive. Così odiandola, o meglio amandola in modo vero e religioso, l’ha conservata per la vita eterna. E non ha salvato soltanto se stesso, ma col suo esempio ha coinvolto moltissimi nella difesa della giustizia.
11
Che cosa mai possiamo dire in lode di Giovanni Battista? Come non ci fu uno più santo di lui, così è indubitabile che tutto il suo essere in modo meraviglioso anelò alla visione immediata del volto di Dio. Fu in seguito al suo esempio che alcuni martiri desiderarono dare la vita per Dio e per la giustizia arrivarono a offrire volontariamente se stessi in olocausto.
Infine, tutti i santi hanno un tale desiderio di Dio che, in attesa esso venga appagato, si consolano rivolgendosi al Signore in preghiera continua, ascoltando la sua Parola nella Scrittura, facendo memoria dei suoi doni e benefici. Soprattutto si accostano con grande frequenza alla santa Comunione, che offre a noi il segno più alto e mirabile dell’amore divino: qui incontrano davvero presente colui che amano, quantunque nessuno potrebbe avere esperienza e godimento di lui così come Egli è.
Possiamo quindi tirare questa conclusione: se uno ha spento dentro di sé gli effimeri desideri della terra, mentre avvampa per quelli del cielo; se uno si auspica la morte per poter in tal modo essere sempre con Cristo, e da nulla trae tanto conforto come da questo adorabile sacramento, costui può andar certo di essere abitato dall’amore di Dio.
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La caratteristica primaria di un cuore incendiato dall’amore divino consiste nel far dono di sé e di tutto ciò che è suo al Signore per onorarlo e seguire la sua volontà. Arriva al punto che preferirebbe morire — il che sarebbe anche necessario per la salvezza — piuttosto che commettere un peccato mortale che offenda Dio in modo gravissimo. Comunque, l’amore perfetto non evita soltanto la colpa mortale, ma si impegna nell’adesione operosa del beneplacito divino.
Così, appunto, Giovanni Battista ha sacrificato generosamente la vita quaggiù per amore di Cristo; ha scelto di disprezzare gli ordini del tiranno piuttosto che quelli di Dio. Questo esempio ci insegna che nulla deve esserci più caro della volontà di Dio. Piacere agli uomini non serve a gran cosa; anzi, spesso proprio questo ci nuoce moltissimo. Ma offendere Dio non può che portare cattive conseguenze Perciò, con tutti gli amici di Dio moriamo ai nostri peccati e alle nostre passioni, calpestiamo il nostro amor proprio sviato e impegniamoci a lasciar crescere in noi l’amore fervente di Cristo: quanto più fervido esso avvamperà in noi, tanto più in cielo saremo beati e uniti con Cristo.

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 Benedetto XVI: "Nella storia della Chiesa non mancherà mai la persecuzione"

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Ricorre oggi la memoria liturgica del Martirio di San Giovanni Battista: il Papa indica a tutti i cristiani la figura del primo testimone di Gesù, perché la fede – sottolinea - ci chiama a proclamare con chiarezza la verità dell’amore evangelico “senza timori e reticenze, mai cedendo ai condizionamenti del mondo”. Il servizio di Sergio Centofanti. 

“Nella storia della Chiesa – afferma Benedetto XVI - non mancherà mai la persecuzione” ma “proprio la persecuzione diventa fonte di missione di nuovi cristiani” perché “non può essere taciuta la verità dell’Amore”. Così Giovanni Battista annuncia la verità senza paura:

Da autentico profeta, Giovanni rese testimonianza alla verità senza compromessi. Denunciò le trasgressioni dei comandamenti di Dio, anche quando protagonisti ne erano i potenti. Così, quando accusò di adulterio Erode ed Erodiade, pagò con la vita, sigillando col martirio il suo servizio a Cristo, che è la Verità in persona”.
(Angelus del 24 giugno 2007)

Giovanni Battista, tuttavia non ha cercato il martirio. E così - spiega il Papa - i martiri di tutti i tempi vogliono solo testimoniare che “l’amore di Cristo è più forte della violenza e dell’odio”:

“ Non hanno cercato il martirio, ma sono stati pronti a dare la vita per rimanere fedeli al Vangelo. Il martirio cristiano si giustifica soltanto come supremo atto d’amore a Dio ed ai fratelli”.

(Angelus del 25 marzo 2007)

Il Papa affida all’intercessione di Giovanni Battista “tutti coloro che seguendo il suo esempio introducono nel mondo la giustizia del regno di Dio”:

Con speciale vicinanza spirituale, penso anche a quei cattolici che mantengono la propria fedeltà alla Sede di Pietro senza cedere a compromessi, a volte anche a prezzo di gravi sofferenze. Tutta la Chiesa ne ammira l’esempio e prega perché essi abbiano la forza di perseverare, sapendo che le loro tribolazioni sono fonte di vittoria, anche se al momento possono sembrare un fallimento”.

(Angelus del 26 dicembre 2006)

Perdonare i persecutori, amare i nemici: questa è la rivoluzione cristiana, possibile solo se ci si lascia plasmare dallo Spirito che, nell’unione con Cristo, trasforma la morte in vita:

Il martire cristiano attualizza la vittoria dell’amore sull’odio e sulla morte. Preghiamo per quanti soffrono a motivo della fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. Maria Santissima, Regina dei Martiri, ci aiuti ad essere testimoni credibili del Vangelo, rispondendo ai nemici con la forza disarmante della verità e della carità”.

(Angelus del 26 dicembre 2007)

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GIOVANNI PAOLO II
ANGELUS
Castel Gandolfo
Domenica, 29 agosto 2004
1. Quest’oggi, 29 agosto, la tradizione cristiana fa memoria del martirio di San Giovanni Battista, "il più grande fra i nati di donna", secondo l’elogio del Messia stesso (cfr Lc 7, 28). Egli rese a Dio la suprema testimonianza del sangue immolando la sua esistenza per la verità e la giustizia; fu infatti decapitato per ordine di Erode, al quale aveva osato dire che non gli era lecito tenere la moglie di suo fratello (cfr Mt 6, 17 – 29).
2. Nell’Enciclica Veritatis splendor, ricordando il sacrificio di Giovanni Battista (cfr n.91), notavo che il martirio è "un segno preclaro della santità della Chiesa" (n.93). Esso infatti "rappresenta il vertice della testimonianza alla verità morale" (ibid.). Se relativamente pochi sono chiamati al sacrificio supremo, vi è però "una coerente testimonianza che tutti i cristiani devono esser pronti a dare ogni giorno anche a costo di sofferenze e di gravi sacrifici" (ibid.). Ci vuole davvero un impegno talvolta eroico per non cedere, anche nella vita quotidiana, alle difficoltà che spingono al compromesso e per vivere il Vangelo "sine glossa".
3. L’eroico esempio di Giovanni Battista fa pensare ai martiri della fede che lungo i secoli hanno seguito coraggiosamente le sue orme. In modo speciale, mi tornano alla mente i numerosi cristiani, che nel secolo scorso sono stati vittime dell’odio religioso in diverse nazioni d’Europa. Anche oggi, in alcune parti del mondo, i credenti continuano ad essere sottoposti a dure prove per la loro adesione a Cristo e alla sua Chiesa.
Sentano questi nostri fratelli e sorelle la piena solidarietà dell’intera comunità ecclesiale! Li affidiamo alla Vergine Santa, Regina dei martiri, che ora insieme invochiamo.