lunedì 26 marzo 2012

Annunciazione del Signore - Approfondimenti


Data l'importanza capitale del testo evangelico di oggi, propongo qualche approfondimento: alcune pagine di grandissimi maestri spirituali. Buona lettura!




Nel suo libro La figlia di Sion, Papa Benedetto XVI, allora Cardinale J. Ratzinger, il racconto dell'Annunciazione è fonte di numerose meditazioni. Egli, andando diritto all'essenziale, apre la via ai principali approfondimenti che il lettore trova poi a sua disposizione.

Il luogo
Anzitutto, è già importante la localizzazione che Luca presenta in voluta contrapposizione con la precedente storia di Giovanni Battista.
L'annuncio della nascita del Battista avviene nel Tempio di Gerusalemme, è fatto ad un sacerdote che sta svolgendo la sua funzione e avviene, per così dire, nell'ordinamento ufficiale, come prescritto dalla legge, in conformità al culto, al luogo e alle funzioni.
L'annuncio della nascita del Messia viene fatto a Maria, ad una donna, in un luogo insignificante della semi-pagana Galilea che né Flavio Giuseppe né il Talmud nominano. Tutto ciò era « insolito per la sensibilità ebraica.
Ora Dio si rivela dove e quando Lui vuole ». Incomincia una vita nuova, al centro della quale non vi è il tempio ma l'umanità semplice di Gesù Cristo. È Egli ora il vero tempio, la tenda dell'incontro.

Il saluto a Maria
Il saluto a Maria (Lc 1,28-32) è stato formulato con stretto riferimento a Sof. 3,14-17 : è Maria la figlia di Sion alla quale sono rivolte le espressioni di quel testo, a lei viene detto « Gioisci » ; a lei viene detto che il Signore viene a lei; è lei che viene sollevata dall'angoscia perché il Signore è con lei per salvarla. [...]
Maria rimase turbata (Lc 1,29) a questo messaggio. Il suo turbamento non deriva dalla non comprensione o da quella paura pusillanime alla quale lo si vorrebbe talvolta far risalire. Deriva dalla commozione prodotta dagli incontri con Dio, di quelle gioie incommensurabili che sono capaci di commuovere le nature più dure.
Nel saluto dell'angelo compare il motivo portante con cui Luca presenta la figura di Maria in genere: è lei, in persona, la vera Sion alla quale si sono rivolte le speranze da tutte le rovine della storia.
È lei il vero Israele, nel quale si uniscono inseparabilmente Antica e Nuova Alleanza, Israele e Chiesa.
È lei il « popolo di Dio » , che porta frutto per la potenza della grazia di Dio.

Un concepimento misterioso
Dobbiamo infine fare attenzione anche all'espressione con la quale, in modo preciso, viene descritto il mistero del nuovo concepimento e della nuova nascita: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo". [...]
La prima immagine fa riferimento al racconto della creazione ( Gn 1,2) e caratterizza quindi l'avvenimento come una nuova creazione: il Dio, il cui Spirito aleggiava sugli abissi, chiamò l'essere dal nulla. Egli che, come « Spirito creatore », è la ragione di tutto ciò che è, questo Dio inaugura qui una nuova creazione. Viene perciò sottolineato con ogni energia il taglio radicale che la venuta di Cristo significa: la sua novità è tale che essa raggiunge anche il fondamento dell'essere; è tale che può venire solamente dalla potenza creatrice di Dio stesso, non da altre parti.
La seconda immagine « su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo », appartiene alla teologia cultuale d'Israele; essa rimanda alla nube che stende la sua ombra sul Tempio ed indica così la presenza di Dio. Maria appare come la tenda santa sulla quale comincia ad agire la presenza nascosta di Dio.

L'Annunciazione : Dio agisce ! Cardinal Joseph Ratzinger

Si fa presente che si tratta di tradizioni relativamente tardive.
Ma, sul piano della teoria della conoscenza, ciò significa poco. [...]
La forma letteraria potrà essere relativamente tardiva; la tradizione, che è stata in essa organizzata e che, per parte sua, era già formata, risale più indietro, e nessuna critica storica può escludere che il semplice nucleo della sua narrazione possa essere di nuovo più antico. Inoltre, è un criterio di una certa importanza l'accordo che si verifica nel nucleo narrativo tra due tradizioni tra loro indipendenti e strutturate anche in maniera diversissima nei particolari. Di questo tipo è l'accordo che possiamo appurare tra Marco e Matteo e, rispettivamente, le loro fonti.
Ancora, il carattere marcatamente giudeo-cristiano del tutto ha la sua importanza ; rimanda però a quei gruppi che entrano in questione solamente come primi trasmettitori di simili messaggi. [...] Propriamente parlando, « tardiva » è la comunicazione pubblica, non il nucleo della tradizione. [...]

Il secondo gruppo delle obiezioni superficiali si riferisce alla presunta derivabilità dell'idea della madre vergine da paralleli che s'incontrano nella storia delle religioni.
Filone offre è un'interpretazione allegorica e morale delle storie dei patriarchi, non un « teologumeno ellenistico » riguardante la nascita verginale degli uomini di Dio; tutto quello che da esso si può ricavare per la nostra questione è una corsa spirituale verso l'idea della verginità, verso un suo particolare modo di Fertilità e di vicinanza a Dio e, di conseguenza, verso la preparazione di uno spazio spirituale, nel quale poteva esplicarsi il messaggio del mistero del natale, non certo un modello della storia.
G. Delling ha provato convincentemente che non sono giusti neanche tutti gli altri paralleli della storia delle religioni, che sono tirati in campo qua e là.[1] [...]

Esistono motivi affini, che in un modo o nell'altro, toccano più o meno da vicino il messaggio cristiano, ed in questo non vedo niente di negativo: essi possono essere espressione di un archetipo psicologico, nell'anelito confuso del quale si manifesta, come in tutti gli archetipi veri, una profonda conoscenza della realtà, sia pure una conoscenza da conseguire, ma già presentita, anticipata nell'attesa del cuore umano.

Due generi di valutazioni chiudono gli spiriti


- la prima consiste nel nostro quieto cartesianesimo che vorrebbe allontanare la nascita ed il corpo dall'uomo per spiegarli col puramente biologico ;


- l'altra consiste in un concetto di Dio e del mondo che ritiene sconveniente un concreto agire terreno di Dio, un agire che arriva fino alla vita ed alla materia, e vuole perciò liberarsi di ciò.
Si tratta del problema di Dio: Dio è, non so dove, una profondità dell'essere che dilava ogni cosa, non si sa bene come, oppure è egli l'agente che ha potenza, che conosce ed ama la sua creazione, le è presente, opera in essa, sempre, anche oggi?
Si tratta dell'alternativa: Dio agisce o non agisce? Può egli agire veramente?
Se non può, è veramente « Dio » ? Ma che cosa significa, propriamente « Dio » ?
La fede del Dio che è rimasto realmente il creatore nella nuova creazione -Creator Spiritus - è parte centrale del messaggio del Nuovo Testamento, è la vera forza che lo muove.

Il messaggio della nascita dalla vergine Maria vuole testimoniare proprio questi due fatti:
- Dio agisce realmente, "realiter" non solo "interpretative" :
- la terra porta il suo frutto proprio perché egli agisce.


In fondo, il "natus ex Maria virgine" è una proposizione rigorosamente teologica: essa testimonia il Dio che non ha liquidato la creazione. Qui si fondano la speranza, la libertà, la tranquillità e la responsabilità del cristiano.


[1] « Parthénos », in: ThWNT V, 824-835.

J. Ratzinger (Pape Benoît XVI)
Joseph RATZINGER, La figlia di Sion, Jaca Book, Milano 1979, p.46-58
Estratti scelti da F.Breynaert

* * *

J. RATZINGER La Casa della Madonna: “Casa aperta alla famiglia di Dio”

Di seguito  l’omelia che il cardinal Joseph Ratzinger – ora Benedetto XVI - ha tenuto a Loreto l’8 settembre 1991, durante il solenne pontificale, in occasione della festività della Natività di Maria, alla presenza di numerosi pellegrini, provenienti anche da Altötting per il gemellaggio della città bavarese con Loreto. Il testo è tratto fedelmente da una bobina registrata, parola per parola (vedi Messaggio della S. Casa, novembre 1991, pp. 266-268).
Il giorno della Natività della Vergine Maria non è un compleanno come tanti altri. Celebrando il compleanno di una grande personalità della storia pensiamo ad una vita passata, pensiamo a cose passate, a fatti compiuti da tale personalità e all’eredità da essa lasciata. Pensiamo, in una parola, a cose di questo mondo. Con la Madre di Dio non è così. Maria non parla di se stessa. Dal primo momento della vita lei è totalmente trasparente per Dio, è come un’icona raggiante della bontà divina. Maria, con la totalità della sua persona, è un messaggio vivo di Dio per noi. Perciò Maria non appartiene al passato, Maria è contemporanea a noi tutti, a tutte le generazioni. Con la sua disponibilità alla volontà di Dio ha quasi trasferito, consegnato il tempo umano della sua propria vita nelle mani di Dio e, così, ha unito il tempo umano con il tempo divino. Con il suo presente permanente, perciò, Maria trascende la storia ed è presente sempre nella storia, presente con noi.
Maria impersona il messaggio vivo di Dio. Ma cosa ci dice di più precisamente la vita di Maria oggi, nel giorno della sua nascita? Mi sembra che proprio il santuario di Loreto, costruito attorno alla Casa terrena di Maria, costruito attorno alla Casa di Nazareth, possa aiutarci a capire meglio il messaggio della vita della Madonna. Queste pareti conservano per noi il ricordo del momento nel quale l’angelo venne da Maria con il grande annuncio dell’Incarnazione, il ricordo della sua risposta: “Eccomi, sono la serva del Signore”. Questa Casa umile è una testimonianza concreta, palpabile dell’avvenimento più grande della nostra storia che è l’incarnazione del Figlio di Dio.
Il Verbo si è fatto carne. Maria, la serva di Dio, è divenuta la “porta” per la quale Dio è potuto entrare in questo mondo. Anzi, non solo la “porta”, è divenuta “dimora”del Signore, “casa vivente”, dove ha abitato realmente il Creatore del mondo. Maria ha offerto la sua carne perché il Figlio di Dio diventasse come noi. E qui ci viene in mente la parola con la quale secondo la Lettera agli Ebrei, Cristo ha iniziato la sua vita umana dicendo al Padre: “Non hai voluto né sacrifici né offerta, un corpo invece mi hai preparato [...]. Allora io ho detto: ecco, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà” (Ebr 10, 5-7).

La serva del Signore dice proprio la stessa cosa: mi hai preparato un corpo, ecco io vengo. In questa coincidenza della parola del Figlio con la parola della Madre si toccano, anzi si uniscono cielo e terra, Dio creatore e la sua creatura. Dio diventa uomo, Maria si fa “casa vivente” del Signore, “tempio” dove abita l’Altissimo. E qui sopraggiunge un’altra considerazione: dove abita Dio, tutti noi siamo “a casa”; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono stranieri. Così è anche con la Casa di Maria e con la vita stessa di lei: è aperta per tutti noi. La madre di Cristo è anche la nostra Madre, di tutti quanti sono divenuti corpo di Cristo e costituiscono la famiglia di Cristo Gesù. Essi sono con Cristo e con la Madre, costituiscono la “sacra famiglia” di Dio.

Maria ci ha aperto la sua vita e la sua Casa perché, aprendosi a Dio, si è aperta a tutti noi e ci offre la sua Casa come Casa comune dell’unica famiglia di Dio. Possiamo dire: dove c’è Maria c’è la Casa; dove c’è Dio, siamo tutti “a casa”. La fede ci dà una casa in questo mondo, ci riunisce in una unica famiglia. Qui però nasce una domanda seria: la fede ci dice che siamo tutti fratelli e sorelle di Cristo, quindi un’unica famiglia; noi dobbiamo chiederci se questo è vero, se siamo realmente un’unica famiglia e, se non è vero, perché non è vero, perché le opposizioni, le lotte, l’egoismo lacerante?

La Casa di Nazareth non è una reliquia del passato, essa ci parla nel presente e ci provoca a un esame di coscienza. Dobbiamo domandarci se siamo realmente aperti anche noi al Signore, se vogliamo offrirgli la nostra vita perché sia una dimora per lui; oppure se abbiamo un po’ di paura della presenza del Signore, se abbiamo paura che essa possa limitare la nostra dignità, se vogliamo forse riservarci una parte della nostra vita che vorremmo appartenesse solo a noi e non fosse conosciuta da Dio, che non dovrebbe avvicinarsi ad essa.
Mi sembra che questa Casa di Nazareth conservi, anche sotto questo punto di vista, un simbolismo molto prezioso. Come sapete, questa Casa ha solo tre pareti: è una Casa aperta, dunque, è come un invito, è come un abbraccio aperto. Essa, cosi, ci dice: aprite anche voi le vostre case, le vostre famiglie, la vostra vita alla presenza del Signore.

Questa Casa sia aperta alla famiglia di Dio, a tutti i figli di Dio, ai fratelli e alle sorelle di Cristo! Lasciamoci sfidare, accettiamo la parola della Madre che ci dice: venite, venite nella mia Casa e diventate anche voi, ogni giorno della vostra vita, realmente dimora del Signore.
Questa Casa diventa così come una famiglia aperta, nella quale tutti i figli di Dio, tutte le creature di Dio sono anche fratelli e sorelle nostri. Maria, dunque, è “casa vivente” del Signore; la Casa di Nazareth è casa comune di tutti noi, perché, dove abita Dio tutti siamo “a casa”.
Questa Casa nazaretana nasconde un altro messaggio. Finora abbiamo detto che Dio non è un Dio astratto, puramente spirituale, lontano da noi: Dio si è legato alla terra, Dio ha una storia comune con noi, una storia palpabile, visibile, qui, in questi segni della sua storia e soprattutto nella Santa Chiesa e nei sacramenti.
La fede ci fa “abitare” ma ci fa anche “camminare”. Anche su questo punto la Casa nazaretana conserva un insegnamento importante. Quando i crociati hanno trasferito le pietre della Casa nazaretana dalla Terra Santa qui sulla terra italiana, hanno fissato il nuovo posto della Casa sacra su una strada. È una casa - mi sembra - molto strana, perché casa e strada sembrano escludersi: o casa o strada, vogliamo dire. Ma proprio così si esprime il messaggio vero di questa Casa, che non è una casa privata di una persona, di una famiglia, di una stirpe, ma sta sulla via di noi tutti: è una Casa aperta di noi tutti. La stessa Casa ci fa “abitare” e ci fa “camminare”.

La vita stessa è la casa della famiglia di Dio che è in pellegrinaggio con Dio, verso Dio, verso la casa definitiva e verso la “città nuova”. E qui possiamo essere ancora più concreti.
Tutti i santuari, i grandi santuari del mondo, hanno offerto sempre a persone di nazioni diverse, di razze, di professioni diverse questa esperienza preziosa della casa nuova della famiglia comune di tutti i figli di Dio. Questa esperienza della casa però presuppone l’esperienza di un cammino, l’esperienza del pellegrinaggio. Il pellegrinaggio è una dimensione fondamentale dell’esistenza cristiana.
Solo camminando, pellegrinando possiamo superare le frontiere delle nazioni, delle professioni, delle razze. Possiamo diventare uniti solo andando insieme verso Dio. Il significato di questo gemellaggio tra Loreto e Altötting si inserisce in questa realtà: ci dice lo stesso che dobbiamo andare insieme, dobbiamo divenire pellegrini dell’eterno, dobbiamo alzarci sempre di nuovo verso Dio, verso la pace divina, verso l’unità con Dio e la sua unica famiglia. 

* * *

"Ecco l'ancella del Signore..." Omelia di Giovanni Paolo II a Nazareth

PELLEGRINAGGIO GIUBILARE
DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
IN TERRA SANTA (20-26 MARZO 2000)
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
SANTA MESSA NELLA BASILICA DELL'ANNUNCIAZIONE
Israele - Nazareth
Sabato, 25 Marzo 2000
«Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola» (Angelus).
Signor Patriarca,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Reverendo Padre Custode,
Carissimi Fratelli e Sorelle,
1. 25 marzo 2000, solennità dell'Annunciazione nell'Anno del Grande Giubileo: oggi gli occhi di tutta la Chiesa sono rivolti a Nazareth. Ho desiderato tornare nella città di Gesù, per sentire ancora una volta, a contatto con questo luogo, la presenza della donna della quale sant'Agostino ha scritto: «Egli scelse la madre che aveva creato; creò la madre che aveva scelto» (cfr Sermo 69, 3, 4). Qui è particolarmente facile comprendere perché tutte le generazioni chiamino Maria beata (cfr Lc 2, 48).
Saluto cordialmente Sua Beatitudine il Patriarca Michel Sabbah, e lo ringrazio per le gentili parole di introduzione. Con l'Arcivescovo Boutros Mouallem e tutti voi, Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, gioisco della grazia di questa solenne celebrazione. Sono lieto di avere l'opportunità di salutare il Ministro Generale Francescano Padre Giacomo Bini, che mi ha accolto al mio arrivo, e di esprimere al Custode, Padre Giovanni Battistelli, come pure ai Frati della Custodia l'ammirazione dell'intera Chiesa per la devozione con la quale svolgete la vostra vocazione unica. Con gratitudine rendo omaggio alla fedeltà al compito affidatovi dallo stesso san Francesco e confermato dai Pontefici nel corso dei secoli.
2. Siamo qui riuniti per celebrare il grande mistero che si è compiuto qui duemila anni fa. L'evangelista Luca colloca chiaramente l'evento nel tempo e nello spazio: «Nel sesto mese, l'Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc 1, 26-27). Per comprendere però ciò che accadde a Nazareth duemila anni fa, dobbiamo ritornare alla lettura tratta dalla Lettera agli Ebrei. Questo testo ci permette di ascoltare una conversazione tra il Padre e il Figlio sul disegno di Dio da tutta l'eternità. «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo ... per fare, o Dio, la tua volontà» (10, 5-7). La Lettera agli Ebrei ci dice che, obbedendo alla volontà de Padre, il Verbo Eterno viene tra noi per offrire il sacrificio che supera tutti i sacrifici offerti nella precedente Alleanza. Il suo è il sacrificio eterno e perfetto che redime il mondo.
Il disegno divino è rivelato gradualmente nell'Antico Testamento, in particolare nelle parole del profeta Isaia, che abbiamo appena ascoltato: «Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (7, 14). Emmanuele: Dio con noi. Con queste parole viene preannunciato l'evento unico che si sarebbe compiuto a Nazareth nella pienezza dei tempi, ed è questo evento che celebriamo oggi con gioia e felicità intense.
3. Il nostro pellegrinaggio giubilare è stato un viaggio nello spirito, iniziato sulle orme di Abramo, «nostro padre nella fede» (Canone Romano; cfr Rm 4, 11-12). Questo viaggio ci ha condotti oggi a Nazareth, dove incontriamo Maria, la più autentica figlia di Abramo. È Maria, più di chiunque altro, che può insegnarci cosa significa vivere la fede di «nostro padre». Maria è in molti modi chiaramente diversa da Abramo; ma in maniera più profonda «l'amico di Dio» (cfr Is 41, 8) e la giovane donna di Nazareth sono molto simili.
Entrambi ricevono una meravigliosa promessa da Dio. Abramo sarebbe diventato padre di un figlio, dal quale sarebbe nata una grande nazione. Maria sarebbe divenuta Madre di un Figlio che sarebbe stato il Messia, l'Unto del Signore. Dice Gabriele «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce ... il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre ... e il suo regno non avrà fine» (Lc 1, 31-33).
Sia per Abramo sia per Maria la promessa giunge del tutto inaspettata. Dio cambia il corso quotidiano della loro vita, sconvolgendone i ritmi consolidati e le normali aspettative. Sia ad Abramo sia a Maria la promessa appare impossibile. La moglie di Abramo, Sara, era sterile e Maria non è ancora sposata: «Come è possibile?», chiede all'angelo. «Non conosco uomo» (Lc 1, 34).
4. Come ad Abramo, anche a Maria viene chiesto di rispondere «sì» a qualcosa che non è mai accaduto prima. Sara è la prima delle donne sterili della Bibbia che a concepire per potenza di Dio, proprio come Elisabetta sarà l'ultima. Gabriele parla di Elisabetta per rassicurare Maria: «Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio» (Lc 1, 36).
Come Abramo, anche Maria deve camminare al buio, affidandosi a Colui che l'ha chiamata. Tuttavia, anche la sua domanda «come è possibile?» suggerisce che Maria è pronta a rispondere «sì», nonostante le paure e le incertezze. Maria non chiede se la promessa sia realizzabile, ma solo come si realizzerà. Non sorprende, pertanto, che infine pronunci il suo fiat: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38). Con queste parole Maria si dimostra vera figlia di Abramo e diviene la Madre di Cristo e Madre di tutti i credenti.
5. Per penetrare ancora più profondamente questo mistero, ritorniamo al momento del viaggio di Abramo quando ricevette la promessa. Fu quando accolse nella propria casa tre ospiti misteriosi (cfr Gn 18, 1-15) offrendo loro l'adorazione dovuta a Dio: tres vidit et unum adoravit. Quell’incontro misterioso prefigura l'Annunciazione, quando Maria viene potentemente trascinata nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Attraverso il fiat pronunciato da Maria a Nazareth, l'Incarnazione è diventata il meraviglioso compimento dell'incontro di Abramo con Dio. Seguendo le orme di Abramo, quindi, siamo giunti a Nazareth per cantare le lodi della donna «che reca nel mondo la luce» (inno Ave Regina Caelorum).
6. Siamo però venuti qui anche per supplicarla. Cosa chiediamo noi pellegrini, in viaggio nel Terzo Millennio Cristiano, alla Madre di Dio? Qui, nella città che Papa Paolo VI, quando visitò Nazareth, definì «La scuola del Vangelo. Qui s'impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare nel senso, tanto profondo e misterioso, di quella semplicissima, umilissima, bellissima apparizione» (Allocuzione a Nazareth, 5 gennaio 1964) prego innanzitutto per un grande rinnovamento della fede di tutti i figli della Chiesa. Un profondo rinnovamento di fede: non solo un atteggiamento generale di vita, ma una professione consapevole e coraggiosa del Credo: «Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine, et homo factus est».
A Nazareth, dove Gesù «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52), chiedo alla Santa Famiglia di ispirare tutti i cristiani a difendere la famiglia contro le numerose minacce che attualmente incombono sulla sua natura, la sua stabilità e la sua missione. Alla Santa Famiglia affido gli sforzi dei cristiani e di tutte le persone di buona volontà a difendere la vita e a promuovere il rispetto per la dignità di ogni essere umano.
A Maria, la Theotókos, la grande Madre di Dio, consacro le famiglie della Terra Santa, le famiglie del mondo.
A Nazareth, dove Gesù ha iniziato il suo ministero pubblico, chiedo a Maria di aiutare la Chiesa ovunque a predicare la «buona novella» ai poveri, proprio come ha fatto Lui (cfr Lc 4, 18). In questo «anno di grazia del Signore», chiedo a Lei di insegnarci la via dell’umile e gioiosa obbedienza al Vangelo nel servizio dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, senza preferenze e senza pregiudizi.
«O Madre del Verbo Incarnato, non disprezzare la mia preghiera, ma benigna ascoltami ed esaudiscimi. Amen» (Memorare). 

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Lc 1,38 La dignità della serva del Signore e la sua unione a Dio. Giovanni Paolo II

Quando Maria risponde alle parole del celeste messaggero col suo «fiat», la «piena di grazia» sente il bisogno di esprimere il suo personale rapporto riguardo al dono che le è stato rivelato, dicendo:
«Eccomi, sono la serva del Signore»
(Lc 1, 38).

Questa frase non può essere privata né sminuita del suo senso profondo, estraendola artificialmente da tutto il contesto dell'evento e da tutto il contenuto della verità rivelata su Dio e sull'uomo. Nell'espressione «serva del Signore» si fa sentire tutta la consapevolezza di Maria di essere creatura in rapporto a Dio.

Tuttavia, la parola «serva», verso la fine del dialogo dell'annunciazione, si inscrive nell'intera prospettiva della storia della Madre e del Figlio. Difatti, questo Figlio, che è vero e consostanziale «Figlio dell'Altissimo», dirà molte volte di sé, specialmente nel momento culminante della sua missione: «Il Figlio dell'uomo (...) non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mc 10, 45). Cristo porta sempre in sé la coscienza di essere «servo del Signore», secondo la profezia di Isaia (cf. 42, 1; 49, 3. 6; 52, 13), in cui è racchiuso il contenuto essenziale della sua missione messianica: la consapevolezza di essere il Redentore del mondo.
Maria sin dal primo momento della sua maternità divina, della sua unione col Figlio che «il Padre ha mandato nel mondo, perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (cf. Gv 3, 17), si inserisce nel servizio messianico di Cristo. È proprio questo servizio a costituire il fondamento stesso di quel Regno, in cui «servire (...) vuol dire regnare». Cristo, «servo del Signore», manifesterà a tutti gli uomini la dignità regale del servizio, con la quale è strettamente collegata la vocazione d'ogni uomo.
Così, considerando la realtà donna-Madre di Dio, entriamo nel modo più opportuno nella presente meditazione dell'Anno Mariano. Tale realtà determina anche l'essenziale orizzonte della riflessione sulla dignità e sulla vocazione della donna. Nel pensare, dire o fare qualcosa in ordine alla dignità e alla vocazione della donna non si devono distaccare il pensiero, il cuore e le opere da questo orizzonte.

La dignità di ogni uomo e la vocazione ad essa corrispondente trovano la loro misura definitiva nell'unione con Dio. Maria - la donna della Bibbia - è la più compiuta espressione di questa dignità e di questa vocazione. Infatti, ogni uomo, maschio o femmina, creato a immagine e somiglianza di Dio, non può realizzarsi al di fuori della dimensione di questa immagine e somiglianza.



Papa Giovanni Paolo II,
Lettera apostolica Mulieris dignitatem,
n°5, 15 agosto 1988

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La grazia nobilita la femminilità di Maria. Giovanni Paolo II

La particolare unione della «Theotókos» con Dio [...] è pura grazia e, come tale, un dono dello Spirito. Nello stesso tempo, però, mediante la risposta di fede Maria esprime la sua libera volontà, e dunque la piena partecipazione dell'«io» personale e femminile all'evento dell'incarnazione. [...] Tutta l'azione di Dio nella storia degli uomini rispetta sempre la libera volontà dell'«io» umano. Lo stesso avviene nell'annunciazione a Nazareth. [...]

La grazia non mette mai da parte la natura né la annulla, anzi la perfeziona e nobilita. Pertanto, quella «pienezza di grazia» (Lc 1,28), concessa alla Vergine di Nazareth, in vista del suo divenire «Theotókos», significa allo stesso tempo la pienezza della perfezione di ciò «che è caratteristico della donna», di «ciò che è femminile». Ci troviamo qui, in un certo senso, al punto culminante, all'archetipo della personale dignità della donna.




Papa Giovanni Paolo,
Lettera apostolica Mulieris dignitatem,
n°4-5, nel 15 agosto 1988

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Lc 1, 28, Piena di grazia, Kecharitoménè. Giovanni Paolo II

La "piena di grazia"

1. Nel dell'Annunciazione racconto, la prima parola del saluto Angelico: "Rallegrati", costituisce un invito alla gioia che gli oracoli dell'Antico richiama Testamento rivolti alla "figlia di Sion".
Lo abbiamo rilevato nella precedente catechesi, enucleando anche i motivi su cui tale invito si fonda: la presenza di Dio in mezzo al suo popolo, la venuta del re messianico e la fecondità materna. Questi motivi trovano in Maria pieno compimento.
L'angelo Gabriele, rivolgendosi alla Vergine di Nazaret, dopo il saluto chaire, "rallegrati", la chiama kecharitoméne, "piena di grazia". Le parole del testo greco chaire e kecharitoméne presentano tra loro una profonda connessione: Maria è invitata a gioire soprattutto perché Dio l'ama e l'ha colmata di grazia in vista della divina maternità!
La fede della Chiesa e l'esperienza dei santi insegnano che la grazia è fonte di gioia e che la vera gioia viene da Dio.
In Maria, come nei cristiani, il dono divino genera una profonda letizia.

2. Kecharitoméne: questo termine rivolto a Maria appare come una qualifica propria della donna destinata a diventare la madre di Gesù. Lo ricorda opportunamente la Lumen gentium, quando afferma: "La Vergine di Nazaret è, per ordine di Dio, salutata dall'angelo nunziante quale "piena di grazia"" (LG 56).
Il fatto che il messaggero celeste la chiami così conferisce al saluto angelico un valore più alto: è manifestazione del misterioso piano salvifico di Dio nei riguardi di Maria. Come ho scritto nell'Enciclica Redemptoris Mater: "La pienezza di grazia indica tutta l'elargizione soprannaturale, di cui Maria beneficia in relazione al fatto che è stata scelta e destinata ad essere Madre di Cristo" (n. 9).
"Piena di grazia", è il nome che Maria possiede agli occhi di Dio. L'angelo, infatti, secondo il racconto dell'evangelista Luca, lo usa ancor prima di pronunciare il nome di "Maria", ponendo così in evidenza l'aspetto prevalente che il Signore coglie nella personalità della Vergine di Nazaret.
L'espressione "piena di grazia" traduce la parola greca kecharitoméne, la quale è un participio passivo. Per rendere con più esattezza la sfumatura del termine greco, non si dovrebbe quindi dire semplicemente "piena di grazia", bensì "resa piena di grazia" oppure "colmata di grazia", il che indicherebbe chiaramente che si tratta di un dono fatto da Dio alla Vergine. Il termine, nella forma di participio perfetto, accredita l'immagine di una grazia perfetta e duratura che implica pienezza.
Lo stesso verbo, nel significato di "dotare di grazia", è adoperato nella Lettera agli Efesini per indicare l'abbondanza di grazia, concessa a noi dal Padre nel suo Figlio diletto (Ef 1,6). Maria la riceve come primizia della redenzione (cf. Redemptoris Mater, 10).

3. Nel caso della Vergine l'azione di Dio appare certo sorprendente.
Maria non possiede alcun titolo umano per ricevere l'annuncio della venuta del Messia. Ella non è il sommo sacerdote, rappresentante ufficiale della religione ebraica, e neppure un uomo, ma una giovane donna priva d'influsso nella società del suo tempo. Per di più, è originaria di Nazaret, villaggio mai citato nell'Antico Testamento. Esso non doveva godere di buona fama, come traspare dalle parole di Natanaele riportate dal vangelo di Giovanni: "Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?" (Gv 1, 46).
Il carattere straordinario e gratuito dell'intervento di Dio risulta ancora più evidente dal raffronto con il testo lucano, che riferisce la vicenda di Zaccaria. Di questi è messa infatti in evidenza la condizione sacerdotale, come pure l'esemplarità della vita che rende lui e la moglie Elisabetta modelli dei giusti dell'Antico Testamento: essi "osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore" (Lc 1, 6).
L'origine di Maria, invece, non viene neppure indicata: l'espressione "della casa di Davide" (Lc 1, 27) si riferisce, infatti, soltanto a Giuseppe. Non si fa cenno poi del comportamento di Maria.
Con tale scelta letteraria, Luca evidenzia che in lei tutto deriva da una grazia sovrana. Quanto le è concesso non proviene da nessun titolo di merito, ma unicamente dalla libera e gratuita predilezione divina.

4. Così facendo, l'evangelista non intende certo ridimensionare l'eccelso valore personale della Santa Vergine. Vuole piuttosto presentare Maria come puro frutto della benevolenza di Dio, il quale ha preso talmente possesso di lei da renderla, secondo l'appellativo usato dall'Angelo, "piena di grazia". Proprio l'abbondanza di grazia fonda la nascosta ricchezza spirituale in Maria.
Nell'Antico Testamento Jahweh manifesta la sovrabbondanza del suo amore in molti modi e in tante circostanze. In Maria, all'alba del Nuovo Testamento, la gratuità della divina misericordia raggiunge il grado supremo. In lei la predilezione di Dio testimoniata al popolo eletto, ed in particolare agli umili e ai poveri, raggiunge il suo culmine.
Alimentata dalla Parola del Signore e dall'esperienza dei santi, la Chiesa esorta i credenti a tenere lo sguardo rivolto verso la Madre del Redentore e a sentirsi come lei amati da Dio. Li invita a condividerne l'umiltà e la povertà affinché, seguendo il suo esempio e grazie alla sua intercessione, possano perseverare nella grazia divina che santifica e trasforma i cuori.



Giovanni Paolo II, Udienza del 8 maggio 1996

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"Et incarnatus est […] ex Maria Virgine"

Nell’articolo del ‘Credo’ sta il cuore della nostra fede: il mistero del Natale e tutto il mistero della Vergine-Madre.

Particolarmente significativa [nella celebrazione della Madonna del Natale] è la riflessione sull’articolo del ‘Credo’ "Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine…" che il Card. Joseph Ratzinger propone nel prezioso volumetto "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998].
Riflessione che ci viene offerta nel cap. V [da pag. 69 a pag. 81] e che qui cerchiamo di riassumere nei suoi passaggi essenziali.
"Il centro di tutte le nostre confessioni di fede – scrive J. Ratzinger – è il "sì" a Gesù Cristo: "Egli si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". A questa frase ci inginocchiamo, perché a questo punto il Cielo, il velo del nascondimento di Dio, viene strappato ed il mistero ci tocca con immediatezza. Il Dio lontano diventa il nostro Dio, l’Emmanuele - "Dio con noi".
Maestro Francke, Natività di Gesù - Amburgo, Kunsthalle.
Maestro Francke, Natività di Gesù – Amburgo, Kunsthalle.
Grammatica e contenuto di questo articolo di fede
"Se esaminiamo l’espressione ["…si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo"] nella sua struttura grammaticale – analizza molto finemente il teologo-mariologo Ratzinger – si vede che essa include quattro soggetti. Espressamente vengono nominati lo Spirito Santo e la Vergine Maria. Ma poi vi è anche il soggetto sottinteso: "Egli": pronome personale chiamato prima con diversi nomi [Cristo, l’Unigenito Figlio di Dio, Dio vero da Dio vero […], della stessa sostanza del Padre]. Così, in questo "Egli" – da lui inseparabile – è incluso un altro Io: il Padre, con il quale è la stessa sostanza, così che può dirsi "Dio da Dio"…
Tutto ciò significa che il primo e vero soggetto di questa frase – come era inevitabilmente da attendersi, dopo quanto detto in precedenza – è Dio; ma Dio nella Trinità dei soggetti: Padre, Figlio e Spirito Santo. La "drammaticità" dell’espressione sta però nel fatto che non formula un’affermazione sull’essere eterno di Dio, ma un’affermazione "di azione", che ad un più attento esame si rivela persino come un’affermazione "di passione", come un passivo.
Ebbene, a questa affermazione "di azione" [alla quale hanno preso parte le tre Persone divine, ciascuna a suo modo] appartiene l’espressione "ex Maria Virgine"; anzi, da qui dipende la "drammaticità" del tutto. Infatti, senza Maria l’ingresso di Dio nella storia non giungerebbe al suo fine, quindi non sarebbe raggiunto proprio quello che ha importanza nella confessione di fede che Dio è un "Dio con noi", e non solo un Dio in se stesso e per se stesso.
Così la donna che designò se stessa come umile, cioè come "donna anonima" [cfr. Lc 1, 48] – puntualizza Ratzinger – è collocata nel punto centrale della confessione nel Dio vivente, nel Dio che opera. La Parola diventa carne, l’eterno fondamentale significato del mondo entra in esso: Dio non lo guarda solo dall’esterno, ma diventa Egli stesso un soggetto che agisce nel mondo.
[…] Il "mondo" nel quale il Figlio di Dio viene, la "carne" che egli assume, non è un luogo qualsiasi o una cosa qualsiasi: questo mondo, questa carne è una persona umana.
La Lettera agli Ebrei, a partire dai Salmi, ha interpretato il processo dell’Incarnazione come un vero dialogo intradivino: "Un corpo mi hai preparato", dice il Figlio al Padre. Ma questa preparazione del corpo avviene nella misura in cui anche Maria dice: "Sacrificio ed offerta non hai voluto, un corpo tu mi hai preparato […]. Eccomi, io vengo a fare la tua volontà" [cfr. Eb 10, 5; Sal 39/40, 6-8]. Perché il corpo viene preparato al Figlio nel momento in cui Maria si consegna totalmente alla volontà del Padre, e così si rende disponibile il suo corpo come "tenda" dello Spirito Santo".
Beato Angelico, Natale - Museo San Marco, Firenze.
Beato Angelico, Natale – Museo San Marco, Firenze.
Lo sfondo biblico dell’espressione
Sempre con la preoccupazione di "scoprire" ciò che veramente la Scrittura lascia intendere della Vergine Maria, il Card. Joseph Ratzinger si addentra ancora più in profondità nell’analisi esegetica dell’espressione "…si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".
"Per comprendere in tutta la sua profondità la frase centrale della professione di fede [nel mistero dell’Incarnazione] – scrive il futuro Papa Benedetto XVI – dobbiamo risalire, oltre il Credo, alla sua fonte: la Sacra Scrittura.
[Tale] professione di fede, ad un più attento esame, si rivela su questo punto come una sintesi delle tre grandi testimonianze bibliche dell’Incarnazione del Figlio: Mt 1, 18-25; Lc 1, 26-38; Gv 1, 13ss. Cerchiamo – pur senza la pretesa di entrare in un’interpretazione analitica di questi testi – di cogliere qualcosa del loro particolare contributo alla comprensione dell’Incarnazione di Dio.
A] Mt 1, 18-25
[…] Proprio perché Matteo, che scrive per l’ambiente giudaico e giudeo-cristiano, ha la preoccupazione di mettere in luce la continuità fra l’Antica e la Nuova Alleanza […], vuole mostrare la correlazione fra promessa ed adempimento, facendo emergere accanto alla figura di Giuseppe la figura della Vergine Maria.
Per Matteo, con la nascita di Gesù dalla Vergine Maria il velo [della profezia di Isaia al dubbioso Acaz: "Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio…", Is 7, 14] viene sollevato. Questo segno ora è dato; e poiché Dio - l’Emmanuele è ora con noi, sono di essenziale importanza anche i portatori umani della promessa: Giuseppe e Maria. Giuseppe rappresenta la fedeltà di Dio nei confronti di Israele, Maria invece la speranza dell’umanità, poiché per mezzo di lei ["ex Maria Virgine"] il Figlio di Dio è divenuto davvero uno di noi.
Filippo Lippi, Adorazione del Bambino con Santi e Angeli [part.] -  Galleria Uffizi, Firenze.
Filippo Lippi, Adorazione del Bambino con Santi e Angeli [part.] – Galleria Uffizi, Firenze.
B] Lc 1, 26-38
Il testo in esame è la pericope lucana dell’annuncio della nascita di Gesù da parte dell’Arcangelo Gabriele [Lc 1, 26-38].
Luca lascia trasparire nelle parole dell’Angelo il mistero trinitario e dà così all’evento quel centro teologico a cui fa riferimento tutta la storia della Salvezza, anche nella professione di fede […]. Per la discesa dello Spirito Santo sulla Vergine Maria, Luca usa qui la parola "adombrare" [cfr. v. 35]. Egli allude in tal modo al racconto veterotestamentario della nube santa che, fermandosi sulla tenda del convegno, indicava la presenza di Dio. Così Maria è caratterizzata come la nuova tenda santa, la vivente Arca dell’Alleanza. Il suo "sì" diventa luogo dell’incontro, nel quale Dio riceve una dimora nel mondo […].
Ma va sottolineato, di questo racconto lucano dell’Annunciazione, un altro punto: Dio richiede il "sì" dell’uomo, interlocutore libero del suo Creatore. Ciò vuol dire – addirittura – che, senza la libera adesione di Maria, Dio non può diventare uomo; anche se il "sì" della Vergine Maria è pura grazia, poiché nell’Immacolata c’è, fin dal primo istante del suo concepimento e proprio in vista della sua divina maternità, la pienezza della grazia".
C] Gv 1, 13ss
Il Card. Joseph Ratzinger, a questo punto, analizza con particolare cura esegetica il Prologo del Vangelo di Giovanni [1, 13ss], sul quale poggia la nostra professione di fede: "La Parola è divenuta carne ed ha messo la sua tenda in mezzo a noi" [Gv 1, 14].
Iconografia della Madre di Dio nell'ordine delle feste liturgiche,  con al centro l'icona del 'Roveto ardente' e, sui margini,  raffigurazioni delle Dodici Grandi Feste - Ufficio Archeologico presso  l'Accademia Ecclesiastica Moscovita.
Iconografia della Madre di Dio nell'ordine delle feste liturgiche, con al centro l'icona del 'Roveto ardente' e,
sui margini, raffigurazioni delle Dodici Grandi Feste
– Ufficio Archeologico presso l'Accademia Ecclesiastica Moscovita.
Rileva quindi, per cenni, tre concetti:
1] "Il Logos diventa carne: e noi siamo così abituati a questa espressione che non ci colpisce più l’inaudita sintesi divina di ciò che in apparenza era totalmente separato. Qui si trova la vera novità cristiana […], qualcosa di assolutamente nuovo e impensabile, nel quale possiamo entrare nella fede e solo nella fede, aprendoci a orizzonti completamente nuovi del pensare e del vivere. Il riferimento al Logos che diventa carne [sarx], per Giovanni prelude al cap. VI del suo Vangelo: "Il pane che io darò [cioè il Logos, che è il vero nutrimento dell’uomo] è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6, 51). E con il riferimento alla carne è già espresso allo stesso tempo il dono di Lui fino al sacrificio, il mistero della Croce e il mistero del Sacramento pasquale che ne deriva.
2] La seconda indicazione viene dal fatto che Giovanni parla della dimora di Dio [in mezzo a noi] come conseguenza e scopo dell’Incarnazione, adoperando il termine "tenda", rinviando così alla "tenda" del convegno veterotestamentario, alla shekinà, alla teologia del Tempio che trova il suo adempimento nel Logos che si è fatto carne: Gesù è la vera shekinà.
3] Infine, dobbiamo gettare uno sguardo sul versetto 13: "A tutti coloro che credono nel suo nome, che non per nascita naturale, né per volontà di un uomo, ma da Dio sono nati…".
La generazione verginale di Gesù è orientata ad assumere noi credenti, come a darci una nuova generazione. Così, come nel versetto 14 ["La Parola è divenuta carne ed ha messo la sua tenda in mezzo a noi"] il riferimento all’Incarnazione del Logos prelude al capitolo eucaristico del Vangelo, qui è evidente l’anticipazione del colloquio di Gesù con Nicodemo, dove il Signore ricorda al fariseo la necessità di una generazione "da acqua e Spirito" [cfr. Gv 3, 5].
Nel contesto di questi tre passi evangelici, la Vergine-Madre si trova così al centro dell’evento redentivo. Essa garantisce con tutto il suo essere per la novità che Dio ha operato. E solo in quanto la sua storia è vera e sta all’inizio [della Salvezza], vale ciò che Paolo scrive: "Se dunque qualcuno è in Cristo, allora egli è una nuova creatura" [Cor 5, 17].
Francesco Naselli, Adorazione dei pastori - Pinacoteca Civica,  Cento.
Francesco Naselli, Adorazione dei pastori – Pinacoteca Civica, Cento.
Le orme di Dio
"Dunque – riprende Joseph Ratzinger, concludendo la sua analisi del passo del ‘Credo’ –, il "sì" di Maria apre a Dio lo spazio dove piantare la tenda in mezzo agli uomini. La Vergine-Madre diviene per lui tenda; e così ella è l’inizio della santa Chiesa, che a sua volta è anticipo della nuova Gerusalemme, nella quale non vi è più alcun tempio, perché Dio stesso dimora in essa.
La fede in Cristo che professiamo nel ‘Credo’ è quindi una spiritualizzazione ed una purificazione di tutto quanto la storia delle religioni aveva detto e sperato sulla presenza di Dio nel mondo. Ma è allo stesso tempo anche una corporeizzazione ed una concretizzazione che va al di là di ogni attesa sull’essere di Dio con gli uomini. "Dio è nella carne": proprio questo legame indissolubile di Dio con la sua creatura costituisce il centro della fede cristiana […].
Lasciandoci toccare dalla concretezza dell’agire divino, ne scopriamo così le orme nella storia del mondo, per proclamare con sempre rinnovata gratitudine e consapevolezza: "[Gesù, il Figlio di Dio] si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".
È questo il mistero del Natale; ed è tutto il mistero della Vergine-Madre".
Bruno Simonetto 

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Lc 1,35 : In Maria lo Spirito Santo viene a creare un mondo nuovo.

Nell'Antico Testamento, la nube è segno della presenza divina la quale dimora sulla tenda del convegno (Es 40,35 ; Nm 9,18.22) o guida Israele in marcia nel deserto (Nm 10,36).

La nube-Spirito, la Shekinah
Quando Isaia rilegge questi passi dell'Esodo e dei Numeri, trasferisce l'immagine della nube nello Spirito del Signore : "Lo spirito del Signore li guidava al riposo" (Is 63,14)
Questa identificazione dello Spirito di Dio e la nube sembra potersi dedurre anche da questo : "Lo spirito che aleggiava sulle acque" (Gen 1,2) che divenne in Gb 38,9 "la nube" sulla creazione.
Luca utilizza il simbolismo "nube / Spirito", sia nel racconto della trasfigurazione (Lc 9,34) sia nel racconto dell'annunciazione (Lc 1,35)
Ora, quando la nube coprì la tenda del convegno, la gloria del Signore, la sua Shekinah, riempiva la Dimora (Es 40,35). Maria, sulla quale scende lo Spirito, è luogo della presenza divina. I titoli di Gesù, "santo", "figlio di Dio", s'intendono nel senso forte.

Spirito creatore
Lo Spirito ricrea un popolo
Nell'Antico Testamento, lo Spirito è all'opera nel ricreare il suo popolo reduce dall'esilio :
Is 32,15 ; Is 44,3 ; Ez 37,5-6. 9-10.14. Il ritorno degli esuli sarà una rinascita alla vita, quasi una risurrezione operata dallo Spirito del Signore, un ritorno materiale e spirituale, una conversione. E questo cambiamento è paragonato all'esodo dall'Egitto e alla stessa creazione del mondo, quella primordiale (Is 51,9-10)

Lo Spirito creatore allegiava sulle acque
La genealogia di Gesù nel vangelo di Luca comincia con Adamo : Luca vuole presentare Gesù come il nuovo Adamo. In base a quel parallelismo, l'alto medio Evo ha visto in Maria la nuova creazione vergine, contrapposta a Gn 1,2 : come all'origine lo spirito di Yahwéh si posava sulla massa informe delle acque, per destare la varietà degli esseri che adornano il cosmo, così ora avvolge Maria per far germinare in lei l'umanità del Figlio di Dio.
La conseguenza della discesa dello Spirito su Maria è la germinazione di un Essere divino, la quale fu interpretata fin dall'antichità cristiana come una nuova creazione. E comunque Maria, lungi dall'essere una creatura inerte, è una persona libera, consapevole, aperta al dialogo col suo Dio, il Dio dell'Alleanza.

L'umanità di Gesù
In questa nuova creazione Gesù Cristo è costituito Re (Lc 1, 32-33), e capostipite del popolo. Porta la salvezza, la liberazione dal peccato e dalla morte per mezzo di quel battessimo nello Spirito (Lc 3,16 cf. At 1,5). La casa di Giacobbe sulla quale Cristo è costituito Re comprende il popolo della nuova alleanza, è replica delle dodici tribù dell'antico Israele (Lc 22,20.30) ed abbraccia tutti i popoli (Lc 2,31 ; 3,6), Ebrei e Gentili (Lc 2,32).

Lo Spirito che scende sulla Vergine è lo Spirito creatore, Colui che fu all'opera nella creazione del mondo e nella rinascita dell'antico popolo di Dio. Adesso crea l'umanità di Cristo ; e Cristo, in virtù del medesimo Spirito, compirà la seconda creazione, che consiste nel rinnovamento escatologico del popolo di Dio, di cui egli è principio, Re e Signore.


Bibliografia :
A. SERRA, E C'era la madre di Gesù, saggi di esegesi biblico-mariana (1978-1988), ed. Cens-Marianum.
Sintesi F. Breynaert.

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Maria e la Tenda del Convegno

Maria e la Tenda del Convegno, o perché i titoli di" Santo" e "Figlio di Dio" sono da intendere nel loro senso pieno.

È opinione di non pochi esegeti che Lc 1,35 abbia delle affinità con Es 40,34-35:
Lc 1,35:
"Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Per questo colui che nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio."
Es 40,34-35:
"Allora la nube coprì la Tenda del Convegno... Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube sostava su di essa e la Gloria del Signore riempiva la Dimora."

Luca parla dello Spirito Santo, ed il libro dell'Esodo parla della nube.
Luca parla della potenza dell'Altissimo che scende e copre Maria e l'Esodo parla della presenza di Dio nella nube che copre e adombra la Tenda del Convegno.
Perciò la Dimora è riempita dalla gloria di Dio ed il grembo di lei darà vita a Uno che sarà chiamato "Santo, Figlio di Dio".

La forza del parallelismo sta tutto qui:
Come la nube che avvolge la Tenda del Convegno significa che l'interno della Dimora è riempito dalla Gloria di Jahve, così la Potenza dello Spirito che scende e adombra Maria fa sì che il grembo di lei sia riempito dalla presenza di un Essere, il quale sarà Santo-Figlio di Dio. C'è un'equivalenza tra "la Gloria di Jahve" e gli appellativi " Santo-Figlio di Dio". Detto in altre parole: il bambino che dovrà nascere da Maria sarà di natura divina. Pertanto i titoli di" Santo" e "Figlio di Dio" sono da intendere nel loro senso pieno.

Conclude S. Lyonnet:
«Questa presenza divina che aveva in passato dimorato nel tabernacolo, aveva riempito la dimora tanto da proibirne a Mosè l'entrata ; poi abitato il Tempio di Gerusalemme, o più esattamente la parte più segreta di questo Tempio, il Santo dei Santi, questa presenza che doveva infine consacrare il tempio simbolico dell'era messianica, ecco che l'angelo Gabriele annuncia a Maria che sta per realizzarsi e quasi attualizzarsi nel suo seno, trasformando questo seno verginale in un santuario, un Santo dei Santi vivente ; questa presenza divina che ella dalla sua infanzia aveva imparato a venerare in un solo luogo della terra, là dove il sommo sacerdote solo entrava una volta all'anno nel gran Giorno dell'Espiazione, l'angelo Gabriele le insegna oggi che deve ormai adorarla in se stessa !»
S.LYONNET,
Il racconto dell'Annunciazione e la maternità della Madonna,
in la Scuola cattolica 82 (1954), p.441


Bibliografia :
A.SERRA, articolo Madre di Dio, nel Nuovo dizionario di mariologia, a cura di de Fiores, ed. san Paolo 1985, p.727-728

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Lc 1,34 nel contesto storico in Israele circa il matrimonio e la verginità

l) L'ideale dominante.
"Siate fecondi e moltiplicatevi» (Gn 1,28). Questa benedizione primigenia data dal Creatore rimane profondamente radicata nella religiosità dell'A.T. La sessualità feconda è dono di Dio e ad essa è intimamente congiunta la storia della salvezza. Alla discendenza della donna (Gn 3,15), alla progenie di Abramo (Gn 12,1-3) è legata la promessa della redenzione universale.
I rabbini interpretavano rigidamente il comando del Creatore. Il matrimonio è chiamato Kiddushin, che vuoi dire santificazione. Il celibato, di conseguenza, diveniva impedimento alla santità. Ecco alcune testimonianze, codificate nel Talmud babilonese. Un uomo non ancora sposato all'età di20 anni era considerato maledetto da Dio1. Rinunciare al matrimonio - si diceva - è un crimine pari allo spargimento di sangue2; è un delitto meritevole di morte3.
E l'unico motivo che giustifichi un giovane dal differire il matrimonio è il perfezionamento dello studio della Torah, ossia la legge di Mosè4.

2) Eccezioni alla mentalità comune.
a) Momenti di purità rituale. Fin dall'epoca più arcaica della storia biblica era previsto che in alcune circostanze di carattere cultuale-liturgico il marito e la moglie dovessero astenersi per qualche tempo dallo stare insieme. L'atto sessuale, infatua, per esempio: durante la guerra detta sacra in quanto si credeva che Dio scendesse a combattere alla testa del suo popolo (Dt 23,10-15 ; 1 Sam 11,8-13...) ; nei tre giorni precedenti l'apparizione di Jahve sul monte Sinai (Es 19,14-15) ; nella settimana in cui ai sacerdoti toccava prestare servizio nel santuario (Lv 8,33-35; 22,3).

b) Mosè al Sinai. Tali credenze sfociarono in una speculazione assai diffusa nei circoli del giudaismo, almeno del I-II sec. D.C. Essa riguarda la vicenda di Mosè, che cessò per sempre di avere rapporti con la mogli e Se fora dopo che il Signore gli era apparso sul monte Sinai. Ecco come ebbe termine la rivelazione del Sinai, Dio permise agli ebrei di ritornare alle loro tende (Dt 5,30) e di riprendere, quindi, a unirsi con le loro donne. Fu allora che Mosé domandò: « Questo comando vale forse anche per me ? ». E Dio rispose: «No, tu resta qui con me» (Dt 5,30). Come dire: continua a rimanere separato dalla moglie. E la ragione addotta dai rabbini è questa : perché Dio parlava con lui bocca a bocca (Nm 12,8) sempre e non solo a tempo limitato.5

c) Giuditta e la profetessa Anna. Entrambe, rimanete prive del marito in giovane età, vissero poi lungamente, dedite alla preghiera, al digiuno, in tutto timorate di Dio (Gdt 8,1-8; 16,21-25; Lc 2,36-38).

d) La sterile e l'eunuco, che vivono santamente. Il libro della Sapienza elogi a la sterile non contaminata e l'eunuco mondo da iniquità (Sap 3,13-14), poiché è meglio essere senza figli e avere la virtù» (4,1).

e) Il caso di R. Simeone b. Azzai (†110 c.). Questo rabbino preferì non ammogliarsi con questa motivazione: « La mia anima è innamorata della Torah. Altri penseranno a far sopravvivere il mondo! »6

f) Gli esseni (cf. Filone, Plinio il Vecchio, Giuseppe Flavio), i terapeuti (Cf. Filone, de la vita contemplativa), il monastero di Qumrân (cf. probabilità che i membri della comunità si considerassero in pieno esercizio delle funzioni sacerdotali nel tempio : continenza per ragioni cultuali)

g) Giovanni Battista.

h) Gesù medesimo. Gli avversari di Cristo, pur così severi nei suoi confronti, non risulta che gli abbiano rimproverata di non aver preso moglie.


Maria.
Non è escluso che le parole [di Maria] rivolte all'angelo (Lc 1,34: "Come può avvenire questo, se io non conosco uomo?") riferiscano egualmente un suo personale disegno, come l'esegesi comune ha sempre ritenuto... Il fatto, com'è oggi meglio dimostrato, non era in sé del tutto nuovo. Con questa rinunzia, almeno esteriore, Maria non offriva al mondo e ancor meno al mondo giudaico il primo esempio di vita sacrificata e solitaria... Non esistono, quindi, insormontabili difficoltà per inquadrare storicamente il matrimonio di Maria unitamente al suo proposito di verginità.



[1] Kiddushin 29b: Raba [† 352] e scuola di R. Ismaele, sec. II d.C
[2] Jebamot 63b: R. Eliezer [90 c. l e R. Simeone b. Azzai [110 c.]; cf Gen Rabbah 34,14 a 9,6
[3] Jebamot 64a: R. Abba Chanan [140 c.] in nome di R. Eliezer [90 c.]
[4] Kiddushin 29b: i rabbini in genere
[5] Targum Nm 12,8 e Dt 5,30; Talmud babilonese, Shabbat 87a e Jebamot 62a (la tradizione in genere: «Ã¨ stato tramandato); Es Rabbah 46,23 a 34,1 (R. Akiba, † 135; R. Simeone b. Jochai, 150 c.; R. Giuda [Batyra?] †110 c.); cf Abot de Rabbi Naton cap. Il ; poi 19,3 a 12,43 Ci sapienti in genere) ; Sifré' Nm 12,1 (R. Natan, 160 c.) e 12,8. Nel midrash Pethirat Mosheh (relativo alla morte di Mosè)...
[6] Talmud babilonese, Jebamot 63b; Gen Rabbah 34,14 a 9,6

A.SERRA
Estratti di A.SERRA, "Vergine",
nel Nuovo dizionario di mariologia,
a cura di de Fiores, ed. san Paolo 1985, p.1294-1300.

* * * 
 

Maria, piena di grazia (Lc 1,28)

L'angelo, entrando dalla Vergine Maria, le disse :
"Ti saluto o piena di grazia" (greco = kecharitomène)
(Lc 1, 28)

Maria è salutata con l'appellativo di kecharitomène (Lc 1,28). E un titolo che le è rivolto da Dio, mediante l'angelo. È, oseremmo dire, il nome proprio di Maria.

"Kecharitomène", piena di grazia
"Kecharitomène" è formato dalla radice "charis". La "charis", nel NT, è riferita a Dio nella stragrande maggioranza dei casi. Essa significa il favore di Dio, la sua benevolenza gratuita che si rivela e ci viene offerta pienamente in Cristo ; chi riceve questo dono, è costituito in stato di grazia, è ricolmo della compiacenza divina.

"Kecharitomène" è il perfetto del verbo charitoô. Il verbo charitoô ha un valore causativo, esso vuol dire che Maria è effettivamente trasformata da questa benevolenza di Dio. Inoltre la scelta del perfetto sottolinea che la Vergine si trova già sotto l'influsso del favore di Dio e persevera in questa condizione.

Piena di grazia, concepirai e darai alla luce...
Infine Lc 1,30-31 ci rivela lo scopo :
« Tu hai trovato grazia presso Dio: ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù ».
(Lc, 1, 30-31)
Nel v. 30 compare di nuovo il sostantivo charis, che designa stavolta il compito, la grazia funzionale che Dio assegna a Maria: diventare madre del Figlio dell'Altissimo, madre del Figlio di Dio.
Maria è la persona che Dio ha voluto gratificare della sua benevolenza, in modo che ella ne fosse compenetrata stabilmente nel proprio essere, per rispondere degnamente alla sua vocazione di madre del Cristo, Figlio di Dio.

Conclusione
Vi è, dunque, una gradazione di accento nella maniera di presentare i genitori del Battista e la madre di Gesù. Di Zaccaria ed Elisabetta si fa rilevare il merito derivante dalla loro condotta integra, ispirata alla legge del Signore. Quanto a Maria, è anzitutto l'iniziativa di Dio, il regime della legge è assorbito da quello della grazia.


Cf. A.SERRA, articolo Bibbia, nel Nuovo dizionario di mariologia, a cura di de Fiores, ed. san Paolo 1985, p.22

* * *

Lc 1, 28 : La preparazione della "Piena di grazia"

Maria è "Piena di grazia" (Lc 1, 28), per corrispondere al suo compito ! Dio ha perseverato nella sua volontà di fare d'Israele una sposa tutta pura (Ct 4,7), capace di dirgli Sì quando verrà la piena luce. Maria è la figlia di Sion immacolata (1), resto santo d'Israele, pronta per questo Sì.

Dio aveva fatto la promessa di purificare il suo popolo da ogni sozzura con un'acqua limpida, per renderlo docile alla sua parola che dà la vita. Non sarà più un cuore di pietra, ma un cuore di carne che batterà in ciascuno: un cuore nuovo, frutto di un nuovo spirito (Ez 36,25-27).
Maria ha questo cuore, limpido, sensibile,
che batte al ritmo del cuore di Dio.
La trasformazione radicale dei cuori ha come un riverbero nelle stesse compagini materiali della città. Essa è costruita con pietre preziosissime: "Farò di rubini la tua merlatura, le tue porte saranno di carbonchi, tutta la tua cinta sarà di pietre preziose" (Is 54,11-12; cf 60,17; Tb 13,17).
L'autore di questa metamorfosi sensazionale è Dio medesimo. È importante questo. Nella stessa fede di Isaia, i cristiani vivono nell'attesa della "Gerusalemme celeste", che scende dall'alto (Ap 21,2).
Il rinnovamento mirabile promesso alla città antica ha il suo inizio esemplare in Maria. Ella spuntò sull'orizzonte della storia quale alba radiosa che prelude al Sole di giustizia, Cristo.
Isaia ricorda che Dio è creatore dell'universo (Is 51,13) ed aggiunge, "il Tuo Creatore è tuo sposo : il tuo Redentore è il Santo di Israele" (Is 54,5). Il senso di tali parole è evidente: così il Signore è abbastanza potente per essere il Creatore di tutto, così non sarà meno potente per mettere fine all'esilio e per ricreare il suo popolo. Per mezzo di Ciro lo libererà dal giogo babilonese (Is 5,7.12-13 ; e per il Servitore sofferente, trasformerà i suoi in querce di giustizia (Is 61,1-3).
In Maria risplende il potere di Dio che "ricrea" l'uomo: è il preludio degno del Cristo che è per eccellenza la nuova creazione, o ancora, la nuova Eva accanto al nuovo Adamo, cf. Rm 5.
"In mezzo a loro sarà la mia dimora. E le nazioni sapranno che sono Yahvé che santifica Israele, quando il mio santuario sarà per sempre in mezzo ad essi." (Ez 37,27). La prossimità di Dio coi suoi, nel tempio di pietra, è il lievito che santifica il popolo nel suo insieme.
Quando il Verbo si fa uno di noi, cessa tempio di pietra. Maria è diventata il tabernacolo dove Dio si unisce alla nostra carne. In Maria, Dio è diventato vicino e ha santificato il suo popolo. (2)


(1) Expression de J. Ratzinger, La fille de Sion, Parole et Silence, Paris 2002, p.73-79
(2) Cf. A.SERRA, “Immacolata”, in Nuovo dizionario di mariologia, a cura di de Fiores, ed. san Paolo, Milano 1985, p.691-695

Estratti da F. BREYNAERT, A l'écoute de Marie, préface Mgr Rey,
Brive 2007, (diffusion Mediapaul) Tome 1, p. 72-74

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Maria figlia di Sion all’Annunciazione (Lc 1,28-38)

Luca scopre i legami organici che legano la Vergine al popolo da cui discende. Maria è pure la donna da cui Israele attinge la sua realizzazione perfetta. In lei si avvera l'attesa millenaria di un popolo in cammino verso il Messia Redentore.

San Luca fa eco alle profezie riguardanti la Figlia di Sion.
L'identificazione che Luca fa di Maria con la "figlia di Sion", cioè con la comunità d'Israele alla pienezza dei tempi emerge indirettamente nel racconto dell'Annunciazione:
Lc 1,28-33 appare come l'eco di tre profezie: Sofonia 3,14-17; Gioele 2,21-27; Zaccaria 2,14.-15; 9,9-10. Questi tre oracoli profetici sono inviati alla "figlia di Sion". Hanno per oggetto l'annuncio della gioia messianica che si diffonde sull'Israele degli ultimi tempi, quando Dio accorderà al suo popolo la salvezza e la liberazione definitiva. Presentano un schema identico1:

Khàire, rallegrati… So3,14 ; Jl 2,21 ; Za 2,14; 9,9
Non temere... So3,16 ; Jl 2,21 ; Za 2,14; 9,9
Il Signore è nel seno d'Israele... So3,15.17 ; Jl 2,27.
Come Re…

Za 9,9
Come Salvatore… So3,17,
Za 9,9-10

Così in Lc 1,28-33, il messaggio di gioia è indirizzato a Maria, la piena di grazia, Gesù, figlio dell'Altissimo viene a cercare domicilio in lei come Re e Salvatore.

Il racconto di Luca e di Sofonia
È certo che Luca presenta delle grandi affinità con la profezia di Sofonia, la più antica delle tre :
"Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme !" (So 3, 14) / "[L'angelo] entrò e le disse: "Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te."" (Lc 1,28)

"Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa." (So 3, 17)
"Re d'Israele è il Signore in mezzo a te" (So 3,15) / "Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo ; il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre, regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine." (Lc 1,32-33)

"Tu non vedrai più la sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme : Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia !" (So 3,15-16) / "E l'angelo le dice : Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio." (Lc 1,30)

"Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente." (Sofonia 3,17) / "Ecco concepirai nel tuo seno e partorirai un figlio, e tu lo chiamerai Gesù." (Lc 1,33) Gesù = salvatore, cfr. "oggi vi è nato un Salvatore"(Lc 2,11).

Il racconto di Luca, Gioele e Zaccaria
È possibile che Luca si sia ispirato pure a Gioele e Zaccaria, ciascuno con le sue proprie sottolineature : Gioele unisce nella stessa esultanza il popolo d'Israele e la sua terra ; Zaccaria insiste sull'attesa del Re messianico.
(cfr. l'articolo La figlia di Sion in Sofonia, Gioele e Zaccaria.)

Un curioso pleonasmo : concepirai nel tuo seno
Nelle parole dell'angelo riportato in Lc 1,31 si nota un pleonasmo curioso : "Ecco che concepirai nel seno, e tu darai alla luce un figlio"... Un'espressione analoga è ripetuta in 2,21 : "Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre." (Lc 2, 21).
Ora, per Sofonia questa espressione indica l'abitazione di Dio in mezzo al suo popolo, nel seno del Tempio ricostruito dagli esiliati. Numerosi sono i testi dell'AT che adoperano la frase in mezzo a te (ebraico : "beqir-bêk") per dire che il Signore rimane fra i suoi con la "Shekinâh", (la sua Gloria - presenza), nell'Arca dell'Alleanza, nel Tempio (Dt 7,21; Is 12,6...) Luca ricorre intenzionalmente al pleonasmo "nel tuo seno" per decalcare letterariamente la profezia di Sofonia che annunciava la venuta di Dio in mezzo a loro, nel seno del suo popolo, cioè nel Tempio ricostruito.
La Vergine di Nazaret è la nuova Arca, il nuovo Tempio dove Dio realizza una nuova e sconosciuta forma di presenza tra gli uomini.

Conclusione
Luca riconosce nella Vergine la "figlia di Sion", cioè l'Israele degli ultimi tempi e la sua terra.
Maria appare come il resto fedele d'Israele che, nella sua povertà e nella sua santità, aspetta la gioia della venuta di Dio nel suo Messia.
Come creatura "povera", fece completamente un'oblazione intera della sua persona a Dio e Dio l'ha riempita di Sé.
Maria, Figlia di Sion diventa la madre del re-Messia, e, al momento della concezione verginale, Jahwè andrà ad abitare nel suo seno come nell'Arca dell'Alleanza.
Adesso, la Chiesa, nuova Sion di cui Maria è la premessa, non dovrà temere nulla. La ragione della sua felicità è il Cristo incarnato : "Dio con noi" che ci salva e ci introduce negli splendori del suo Regno.


Bibliografia
- ZEDDA S., Il khàire di Lc 1,28 alla luce di un triplice contesto anticotestamentario, in Parola e Spirito, Studi in onore di S. Gipriani, vo1.I, Paideia, Brescia 1982, p.273-293.
- LEMMO N, Maria, "Figlia di Sion", a partire da Lc 1,26-38. Bilancio esegetico dal 1939 al 1982, in Marianum 45 (1983), p.175-258.

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Maria, nuovo monte Sinai dove Dio discende

La tradizione cristiana conta una importante serie di testi nei quali la Vergine è paragonata ad un monte, in generale e alcuni di essi salutano in lei il nuovo monte Sinai.

Romano il Melode (+ 560) :
« ... io, il dolce, sono sceso infine dai cieli, come la manna, non sul monte Sinai, ma nel tuo seno. » [1]
San Giacomo di Sarug (+ 521)
paragona il grembo di Maria, adombrato dallo Spirito Santo, al monte Sinai, adombrato dalla nuvola. [2] Egli scrive :
« Come quando Mosé annunciò al popolo che l'Eccelso doveva discendere, e appena si furono purificati allora discese il Padre sopra il monte, così il Vigile [Gabriele] portò l'annuncio alla fedele [= Maria], la quale, come l'ebbe udito, si preparò e così in essa egli abitò. » [3]
Sant'Efrem Siro (+ 373):
« Come il monte Sinai io Ti ho ricevuto, tuttavia non rimasi bruciata dal fuoco tuo violento, poiché tu occultasti quel fuoco tuo affinché non mi nuocesse ; e non bruciò la fiamma tua che i serafini guardare non possono. » [4]
Si potrebbe citare anche Andrea di Creta e altri .... Perché dunque questi autori hanno salutato in Maria il nuovo Sinai ? Le radici di questo parallelismo si trovano nella Bibbia stessa.

Sul monte Sinai fu ratificata l'antica alleanza
Tre furono gli attori di quel grande evento :
  • Dio,
  • Mosè,
  • il popolo.
Dio, mediante Mosè, parlò alle tribù d'Israele radunate, manifestando il suo progetto di voler stringere con loro un legame particolarissimo, fondato sull'accoglienza della sua Legge.
« Poi Mosè salì verso Dio ;
e l'Eterno lo chiamò dal monte, dicendo:
Così dirai alla casa di Giacobbe e questo annuncerai ai figli d'Israele: "Voi avete visto ciò che ho fatto agli Egiziani, e come io vi ho portato sulle ali d'aquila e vi ho condotto da me. Or dunque, se darete attentamente ascolto alla mia voce e osserverete il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare, poiché tutta la terra è mia. E sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste sono le parole che dirai ai figli d'Israele".
Allora Mosè mandò a chiamare gli anziani del popolo, ed espose loro tutte queste parole che l'Eterno gli aveva ordinato di dire. E tutto il popolo rispose insieme e disse: "Noi faremo tutto ciò che l'Eterno ha detto". Così Mosè riferì all'Eterno le parole del popolo. »
(Es 19,3-8)
« Mosè allora venne e riferì al popolo tutte le parole dell'Eterno e tutte le leggi. E tutto il popolo rispose a una sola voce e disse: "Noi faremo tutte le cose che l'Eterno ha detto". »
(Es 24,3)
Da quel giorno, Dio divenne Sposo d'Israele e Israele sposa di Dio. (cfr Ez 16,8)

Anche a Nazareth, come già al Sinai, abbiamo tre attori
  • Dio,
  • l'angelo,
  • Maria.
Dio, mediante l'angelo Gabriele, fa conoscere a Maria il compito che stava per assegnarle : divenire madre del Figlio suo divino, nel quale è sigillata l'alleanza nuova ed eterna tra cielo e la terra. (Lc 1,26-33).
E Maria, opportunamente istruita dall'angelo, accoglie la proposta divina con le celebri parole:
"Sono la serva del Signore, oh, si ! avvenga di me secondo la tua parola."
(Lc 1, 38)

A seguito del Fiat della Vergine, il Figlio dell' Altissimo si incarnò nel suo grembo e divenne il Figlio di Maria.

Il Sinai e Nazareth si congiungono
La montagna maestosa ove ebbe principio l'antica alleanza, cede adesso il paso all'umile borgata della Galilea, dove è inaugurata l'alleanza nuova di Dio, uomo tra gli uomini nel grembo di una donna.

Il Verbo prende dimora in lei come su un monte spirituale; scende il pacifico, dolce, misericordioso.
A Nazaret commincia l'Alleanza nuova.

Per essere più vicini a noi, e nostro "alleato", Dio preso nostra carne e nostro sangue, nostro volto, in una parola, nostra umanità.
Il racconto dell'Annunciazione (Lc 1, 26-38) rivela il modo con il quale Dio domanda il consento per far vivere l'Alleanza.


[1 ] Romanos le Mélode, Marie à la croix, strophe 6, Sources Chrétiennes n°128, p. 167
[2 ] A.Vona C., Omelie mariologiche di s. Giacomo di Sarug, Roma 1953, p. 144 et p. 147 (homelie sur l'Annonciation de la mère de Dieu), p. 212 (Homélie VI sur la nativité de notre Seigneur)
[3 ] Homélie VI sur la nativité de notre Seigneur traduit du syriaque par A.Vona C., Omelie mariologiche di s. Giacomo di Sarug, Introduzione, traduzione dal siriaco e commento, Roma 1953, p. 209
[4 ] Hymne à la Vierge n° 18, traduit par du Syriaque par G. Ricciotti, Turin, 1939, p. 92

A. SERRA
, La Donna dell’Alleanza, Prefigurazioni di Maria nell’Antico Testamento,
Messaggero di sant’Antonio – editrice, Padova 2006, p. 26-28 et p. 64

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Conoscere il giudaismo fa conoscere meglio la Vergine Maria

Il Sinai, facevano rilevare già alcune voci del giudaismo antico, è situato fuori dalla Palestina, la terra promessa . Malgrado non sorgesse entro la Terra Santa, Dio scelse quella montagna per offrire a Israele il suo dono più grande, che è la Torah. Per quale motivo Dio usò questa strategia ? Si risponde : perché il Signore destinava la sua Legge non solo a Israele, ma anche a tutti gli altri popoli, mediante Israele.

Anche Nazaret di Galilea è una località quasi ai margini della Terra Santa ed era detta « degli stranieri » (in Is 8,23 nei LXX e in Mt 4,15), tanto che Natanaele domanda : "Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono ?" (Gv 1,46). Così pensano gli uomini.

Ben diverse, invece, sono le vie di Dio (Is 55,8-9). Nella geografia dei vangeli, la Galilea diviene sinonimo di universalità: su un monte della Galilea, Gesù pronuncia il discorso inaugurale delle beatitudini (Mt 5), a Cana di Galilea opera il primo e il prototipo dei suoi segni (Gv 2). Dopo la Risurrezione, ancora su un monte della Galilea, comanda agli apostoli di predicare il Vangelo a tutte le genti (Mt 28,16-20) Ed è proprio a Nazaret di Galilea il Verbo si fece carne (Lc 1,26-28).


A.SERRA
A. Serra, Myriam, fille de Sion, Médiaspaul 1999
A. Serra, E c’era la Madre di Gesù, Marianum, Roma, 1989

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Attraverso il ministero del mediatore (Mose in Es 19-20 ; Gabriele in Lc 1), Dio propone ma non impone. Dio ha creato liberi i suoi figli e ne rispetta la libertà.

Al Sinaï : (Ex 19,7-8)
1- Mosè andò a convocare gli anziani del popolo ed espose loro tutte quelle cose che il Signore gli aveva ordinato.
2- Tutto il popolo, insieme, rispose dicendo: «Tutto quello che il Signore ha detto, noi lo faremo».
3- Mosè riportò le parole del popolo al Signore."

A Nazareth : (Lc 1, 26-38)
1) Entrando da Maria, l'angelo disse [...]
2) Maria disse all'angelo : «Ecco la serva del Signore; si faccia di me come hai detto tu».
3) E l'angelo si allontanò da lei."

Al Sinaï, il popolo è così presso da timore che chiede di non udire direttamente Dio (Es 20, 19). Il popolo risponde con responsabilità (Es 19,8). I commenti rabbinici aggiungono un dialogo con altri popoli, ma soltanto Israele avrebbe detto Sì.

A Nazareth, Maria tace, è commossa, fa una domanda, poi risponde, con responsabilità. L'angelo se ne va, porta a Dio la risposta di Maria. Seguendo Maria, o, in altre parole, in Maria, i cristiani dicono amen, Sì.

Cf. A.SERRA, articolo Bibbia, nel Nuovo dizionario di mariologia,
a cura di de Fiores, ed. san Paolo 1985, p.220-221.

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Il Sì di Maria ed il Sì di Israele

Nella tradizione, il Sì di Maria ed il Sì d'Israele sono stati commentati col Cantico dei Cantici, in particolare con alcuni versetti:
" Mi baci (egli) con i baci della sua bocca !" (Ct 1,2);
"Mentre il re è nel suo recinto, il mio nardo spande il suo profumo" (Ct 1,12);
" O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia ... mostrami il tuo viso, perché la tua voce è soave e il tuo viso è leggiadro". (Ct 2,14).

« Mi baci egli con i baci della sua bocca ! » (Ct 1,2)

La tradizione ebraica è costante nel riferire questo versetto in maniera privilegiata alla rivelazione di Dio sul monte Sinai. Là il Signore-sposo baciò Israele-sposa con i baci della sua bocca. Difatti parlò con lei faccia a faccia donandole la Torah. (Targum Ct 1,2)

La tradizione cristiana (parlando di Maria) : fra i padri della Chiesa, alcuni applicano questo versetto alla Chiesa ed a Maria. Lo sposo-Cristo (dicono), baciò la Chiesa-sposa al momento dell'Annunciazione, quando il Verbo scese nel seno verginale di Maria. (cfr. San Giralomo)
In epoca medievale, si dirà che Dio baciò Maria con il bacio della sua bocca, quando lo Spirito scese su di lei a Nazaret. (cfr. San Ruperto di Deutz).

« Mentre il Re è nel suo recinto, il mio nardo spande il suo profumo » (Ct 1,12)
La tradizione ebraica (parlando di Israele)
Il famoso Rabbi Juda ben Ilai, verso il 150, dava la seguente esegesi del versetto citato :
« Mentre il Re dei re, il Santo - benedetto egli sia ! - sedeva alla sua mensa nel firmamento, Israele emise la sua fragranza davanti al monte Sinai e disse : Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo e lo ascolteremo (Es 24,3.7)»
Cantica Rabah 1,12.1
La tradizione cristiana (parlando di Maria)
Ascoltiamo, ora, Ruperto di Deutz, (XII secolo) che coltivava rapporti intensi con i rabbini del suo tempo :
« Mentre [il Verbo] era nel seno, cioè nel cuore del Padre, da queste sue altissime sedi posò lo sguardo sulla mia umiltà. Questo è ciò che voglio dire : "Mentre il Re era nel suo recinto, il mio nardo emise il suo profumo" (Ct 1,12). Qual è, o quale poteva essere il recinto del Re, se non il cuore o il seno del Padre ? Infatti "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio..." (Gv 1,1). Tale era la sua sede, quando "il mio nardo diffuse il suo profumo" (Ct 1,12). Ed egli, deliziato da questo profumo, discese nel mio grembo.»
In Canticum Canticorum I, a1,12

Ruperto, evidentemente, si muove entro l'area dell' Annunciazione. L'umiltà di Maria è il nardo che fece salire il suo profumo fino al cospetto dell' Altissimo.

« O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia... mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, poiché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro » (Ct 2,14).
La tradizione ebraica (parlando di Israele)
Il celebre Rabbi Aqiba ( + 135) interpretava questo passo in funzione di Israele al Sinai, quando il popolo si radunò alle pendici della montagna rocciosa per ricevere la Legge. L'Eterno esclama:
"O mia colomba. ..fammi sentire la tua voce". Questo si riferisce a ciò che loro dissero prima che fossero dati i comandamenti, come è scritto: "Tutto ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo e lo ascolteremo".(Es 24,27) "Poiché la tua voce è soave". Questo invece, riguarda ciò che [...] è detto: "Il Signore udì le vostre parole...e disse a me [a Mosé]: Quanto hanno detto va bene" (Dt 5,28)»
Cantica Rabah 2,14.4

La tradizione cristiana (parlando di Maria)
Veniamo ora, a questo notissimo brano di san Bernardo, (morto nel 1153), dettato come commento all'Annunciazione:
« O Signora, pronuncia la risposta che la terra, gli inferi ed i cieli stanno aspettando. Lo stesso Re universale e Signore, come ha desiderato vedere il tuo volto, così ora brama il tuo consenso... Dal cielo ti dice: "O bella fra le donne, fammi sentire la tua voce!" Poiché, se tu le farai sentire la tua voce [il fiat], egli ti farà vedere la nostra Salvezza."»
(Sermones in laudibus Virginis Matris Hom IV,8)
Conosceva Santo Bernardo l'esegesi giudaica ?
Non abbiamo informazioni esaurienti atte a dissipare le incertezze a questo riguardo. Potremmo comunque ricordare che il santo dottore redarguiva severamente coloro che muovevano persecuzione contro gli ebrei o, peggio ancora, commettevano violenza fisica nei loro confronti, fino ad ucciderli. Inoltre, l'abbazia di Chiaravalle, dove risiedeva Bernardo, era situata circa settanta chilometri in direzione sud-est da Troyes, sede di una fiorente e celebre comunità ebraica, ove insegnava il famoso Rabbi Salomone Ben Isacco, detto Rashî (morto nel 1105).


A Serra
Cf. A. Serra, E c'era la Madre di Gesù, Marianum, Roma, 1989

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L’umiltà del Sinai e la povertà di Maria

Il Signore ripone la sua compiacenza nell'umiltà del Sinai e nell'umiltà di Maria.

Per donare la sua Torah, Dio sceglie il Sinai perché è il più umile... Di fronte a un'affermazione del genere, il cristiano pensa al versetto del Magnificat ove Maria esalta il Signore
« perché ha guardato alla povertà della sua serva » (Lc 1,48)
Nel libro dei Proverbi è inserita questa massima sapienziale :
« L'orgoglio dell'uomo ne provoca l'umiliazione, l'umile di cuore ottiene onori. » (Pr 29,23).
E un salmo dice :
« Monte di Dio, il monte di Basan, monte dalle alte cime, il monte di Basan. Perché invidiate, o monti dalle alte cime, il monte che Dio ha scelto a sua dimora ? Il Signore lo abiterà per sempre. » (Sal 68,16-17).

Nel Targum è scritto che Dio dice :
« Non mi è piaciuto donare la mia Legge sulle montagne orgogliose e altere. Ecco : il monte Sinai è umile ; la parola del Signore ha fatto riposare su di esso la sua Shekinah... » [1]
Il Midrash :
« Il Tabor e il Carmelo ... si esaltarono dicendo : "Noi siamo alti e il Santo, benedetto egli sia, darà la sua Legge sulle nostre cime." Il Sinai, invece, si umiliò, confessando : "Io sono basso." A queste parole il Signore fece posare la sua gloria su di esso (Es 19,20 : il Signore scese sul monte Sinai), e la Torah fu donata sulla sua sommità, di modo che il monte ebbe il privilegio di conseguire tutto quell'onore. Al Sinai perciò conviene l'applicazione del detto : "l'umile di cuore ottiene onori". » [2]

Per il lettore cristiano, sarà spontaneo associare queste variazioni giudaiche sull'umiltà-bassezza del Sinai a Lc 1,48.51-53.

Qui dovremmo domandarci se le suddette meditazioni giudaiche sull'umiltà del Sinai sono anteriori o posteriori ai Vangeli. È difficile provarlo, pur essendo certi che alcuni motivi espressi nel Targum del Salmo 68 erano già conosciuti dalla tradizione deutero-paolina di Efesini 4,8. [3]

Il Signore, Dio dell'unica alleanza, ripone la sua compiacenza nell'umiltà del Sinai e nell'umiltà di Maria.


[1] Targum salmo 68, 8-20 cfr anche Midrash salmo 68,9 a 68, 16-17 de Rabbi Nathan.
[2] Midrash Rabbah, New compact Edition in five volumes, vol. III, Numbers-Deuteronomy, London-Jerusalem-New York 1977, pp.506-506
[3] R. Penna, La lettera agli Efesini, EDB, Bologna 1988, p.187-188

A. Serra
Cf. A. Serra, E c’era la Madre di Gesù, Marianum, Roma, 1989

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GERUSALEME, MADRE DI DIO, di Frédéric Manns

Nel dialogo inter religioso Maria ha poco spazio, bisogna ammetterlo. Se i musulmani rispettano la madre di Issa, non è sempre così da parte dei giudei.
La comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme, preoccupata del rispetto dei fratelli maggiori, ribadisce che è impossibile di tradurre in ebraico l’espressione Maria, madre di Dio, senza provocare la loro indignazione. Per non turbare nessuno ella propone di tradurre ’em immanouel o ’em Yeshouah Eloheynou.
Il concilio di Efeso, che ha donato a Maria il titolo di Theotokos, ha conosciuto le stesse difficoltà e le stesse reticenze. Le obiezioni non mancarono da parte di Nestorio. Nonostante tutto, la Chiesa ha affermato che Maria è la Theotokos o la Dei Genitrix.
E’ un dato di fatto che l’inculturazione del messaggio cristiano, è stata fatta nel mondo ellenistico. Ma, poiché è impossibile riscrivere la storia al rovescio, una riflessione preliminare deve ricordare il significato dell’espressione: Maria madre di Dio.
Il catechismo della Chiesa universale al paragrafo 466 così si esprime: " Il Verbo unendosi nella sua persona una carne animata da un’anima razionale è diventato uomo.
L’umanità di Gesù non ha altro soggetto che la persona divina del Figlio di Dio che l’ha assunta è fatta sua sin dal concepimento. Per questo il concilio di Efeso ha proclamato nel 431 che Maria è diventata a pieno titolo Madre di Dio per mezzo del concepimento umano del Figlio di Dio nel suo seno: "Madre di Dio non già perché il Verbo di Dio ha preso da lei la sua natura divina, ma perchè è da lei che prende il corpo sacralizzato dotato di un anima razionale unita al quale nella sua persona il Verbo è detto nascere secondo la carne".
Più avanti, al paragrafo 495, il catechismo continua: " Maria chiamata nei Vangeli madre di Gesù è chiamata anche sotto l’ispirazione dello Spirito la Madre del mio Signore (Lc 1,43).
Di fatto, colui che Maria ha concepito come uomo per l’azione dello Spirito e che è diventato suo Figlio secondo la carne è il Figlio eterno del Padre, la seconda persona della Trinità. La Chiesa riconosce che Maria è la Theotokos".
La traduzione ebraica di Lc 1,43: ’em ’adony potrebbe servire da modello ad una versione moderna dell’espressione Maria, madre di Dio.
La versione siriaca del Vangelo di Luca ha così tradotto: ’emeh de mary, Mar essendo il titolo riservato a Dio.
L’espressione Maria "Madre di Dio" non dovrebbe turbare i fratelli maggiori, perchè è un titolo assegnato a Gerusalemme. Sofonia 3,5 diceva che Dio abita nel seno di Gerusalemme (beqirbah).
Per il fatto che la città contiene la presenza simbolica di Dio, essa è chiamata Madre di Dio. Ciò che risulta dal Targum del Cantico del Cantici III, 11 " Uscite figlie di Sion, guardate il re Salomone con il diadema con il quale sua madre l’ha coronato, il giorno delle sue nozze, il giorno della gioia del suo cuore."
Quando il re Salomone venne per celebrare la dedicazione del santuario, un araldo gridò ad alta voce dicendo così: Uscite abitanti delle regioni della terra d’Israele e popolo di Sion. E guardate il re Salomone con il diadema e la corona con il quale il popolo della casa d’Israele lo incoronò il giorno della dedicazione del Tempio. E rallegratevi per la festa dei Tabernacoli per 14 giorni.
In questo commentario le figlie di Sion sono gli abitanti della terra d’Israele e il popolo di Gerusalemme. Il re Salomone è Dio. Il nome Salomone indica direttamente Dio in tutto il Targum. La madre del Re è il popolo della casa d’Israele. La corona che il popolo ha posato su Dio è il Tempio.
Israele è madre di Dio fino a quando contiene la presenza di Dio nel Tempio. Il midrash Sifra Lev 9,221 attribuisce la stessa interpretazione alla tenda del convegno nel deserto dopo la teofania del Sinai. La presenza di Dio in mezzo al suo popolo fa di quest’ultimo la madre di Dio.
L’espressione" Maria madre di Dio", in effetti, non turba i fratelli maggiori giudei più che l’affermazione dell’Incarnazione di Dio.
Questo mistero è rifiutato allo stesso modo in nome della trascendenza di Dio. Significa che i cristiani hanno rinunciato al monoteismo stretto per tornare alla mitologia greca?. L’accusa è frequente anche nei centri aperti al dialogo inter religioso. La fede al Cristo nella teologia cristiana si rende piena in Maria, madre di Dio secondo l’umanità, di una luce nuova. Paradossalmente Maria non cessa di svelare il viso umano di Dio. Sergio Boulgakov afferma che il segreto che Maria svela è quello della maternità di Dio.
L’amore di Dio ha un viso femminile, numerosi teologi lo hanno ricordato recentemente. Maria svela ancora un altro segreto: quello della Chiesa: "Non c’è che una sola Vergine Madre e mi piace chiamarla Chiesa", scriveva Clemente di Alessandria. " La Madre di Dio è la Chiesa che prega", afferma dal proprio lato S. Boulgakov.
Esiste dunque un legame stretto e profondo tra la presenza di Maria e l’azione della Chiesa, tra la purificazione dell’anima in Maria e quella nella Chiesa. L’autore di questa purificazione è lo Spirito di Dio. Maria è la Chiesa sono le due manifestazioni visibili di Colui che resta invisibile. Lo Spirito è la Vergine e la Vergine è la Chiesa, secondo l’affermazione di S. Ambrogio.
Le icone di Maria dai titoli più svariati non fanno altro che sottolineare gli aspetti diversi della Chiesa Vergine e madre. Maria è ugualmente all’origine della memoria della Chiesa. Ella meditava tutte i ricordi della Chiesa delle origini nel suo cuore. Ella è l’archetipo e la personificazione della Chiesa, corpo di Cristo e Tempio dello Spirito.
Infine, Maria, accogliendo Dio in lei al momento dell’Annunciazione, dimostra che la natura umana può essere completamente trasfigurata da Dio. Ella è l’immagine dell’anima fecondata dallo Spirito che genera il Signore .
La Pentecoste, dove Maria è presente come madre della Chiesa, non è altro che la missione della Chiesa mirante a umanizzare l’umanità tentata dalla bestialità. Stranamente Maria di Nazareth, cantata dal mondo intero e dipinta da innumerevoli artisti, non ha trovato posto nell’enciclopedia giudaica, Un’omissione sorprendente, almeno per la donna giudea più celebre del mondo intero.
"I grandi mistici e i grandi atei s’incontrano", diceva Dostoïevski. E perché ci parlano di un Dio più grande del nostro cuore, delle nostre rappresentazioni mentali e le nostre ricerche spirituali.
Questo Dio si rivela Altro e, affinché Egli viva, le nostre raffigurazioni rassicuranti di Dio e di Maria devono scomparire.

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Annunciazione e  Incarnazione, di Alexander Men

« "Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria." (Lc 1, 26-27).
Perché Luca chiama il messaggero della promessa per nome ? Essa significa: "timore del trono di Dio", cosi il profeta Daniele chiamava l'inviato della Providenza che manifesta agli Uomini il senso degli avvenimenti storici.
"Gioisci ! La pace sia con te ! ...Shalom lah Mariam ! Ave Maria ! Gioisci, o piena di grazia !".
È, questo saluto, come il primo lampo di luce, della luce della Gloria di Dio. Secondo la tradizione, esso fu rivolto alla Vergine al pozzo di Nazareth. Poi inizia il silenzio, pieno di attesa e di sacro timore, che prende Miriam. Luca infatti prosegue :
"A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto".
"Non temere, Maria, perché haï trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell' Altissimo ; il Signore gli darà il trono di Davide, Suo padre, e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine." (Lc 1, 30-33).

Il mistero di Gesù è inseparabile dal mistero della Vergine.
Il Messia probabilmente sarebbe potuto venire al mondo come tutti i figli degli uomini. Un presentimento di questo era già presente nel simbolismo dei profeti, i quali esortavano la comunità ad avere un solo Amato e Sposo. Tale fu anche Miriam. A chi altri avrebbe potuto appartenere, se aveva consacrato tutta se stessa allo Sposo celeste ? In questo sta il senso della divino-umanità, che è impensabile senza uno slancio terreno di risposta che va incontro al Creatore.
L'Annunciazione si inserisce appieno nel terreno spirituale dell'Antico Testamento. La Vergine della Galilea era cresciuta in seno al popolo di Dia; tuttavia il suo volto è il volto di tutta l'umanità, di tutti coloro che prestano ascolto al richiamo dell'Eterno.
Di più, ella incarna in sé tutto l'universo, il creato che tende al cielo : "In te gioisce, o Piena di Grazia, ogni creature, il coro degli angeli e il genere umano." Preghiera alla Vergine cantata nella liturgia di san Basilio dopo la consacrazione. Esiste un'icona che raffigura il contenuto della preghiera; la Madre di Dio, col Bambino in grembo, è rappresentata al centro di tutto il creato: il genere umano, gli angeli, le piante, gli animali.

Chi conosce l'influenza che lo Spirito ha sulla carne ? Come potremmo definire quella forza straordinaria che sconvolse tutto l'essere della Prescelta ? O come descrivere quel cataclisma che ha demolito la barriera tra i mortali e l'Eterno ? L'estasi dei profeti, i cui cuori erano stati marchiati a fuoco dalla Parola di Dio, non è che una debole prefigurazione del mistero dell'Incarnazione.
Malgrado ciò, l'evangelista non trova altro mezzo di espressione di questo mistero, se non ciò che gli suggeriscono Isaia e Ezechiele :
"Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio." (Lc 1,35).
Qui ogni parola ricorda la cosmogonia biblica, il Ruah Elohim, lo Spirito di Dio, potenza creatrice dell'Onnipotente.
Lo Spirito spingeva i profeti a parlare e scendeva sui capi del popolo ; Egli dona all'uomo la saggezza e a tutti gli esseri la vita; Egli anima l'universo.
Nell'Antico Testamento, la sua manifestazione è descritta come tempesta e fuoco, ma anche come il soffio di un venticello leggero. L'impulso divino agisce in ogni nascita, ma nel mistero del Messia esso si manifestò con una forza incomparabile, poiché stava nascendo il "nuovo Adamo".



Alexander MEN (1935-1990),
Istorija religii, volume 6, Moscou 1992, pp. 392-400.
Tradotto in Italiano
da G. Guaïta dans
Testi Mariani del secondi Millenio,
Nuova Citta, Roma, 2002, vol 2., pp. 536-540

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La festa dell'Annunciazione nella tradizione bizantina. Dio diviene uomo per rendere Adamo Dio

di Manuel Nin

La festa dell'Annunciazione della santissima Madre di Dio e sempre vergine Maria è una delle poche feste che troviamo in quaresima nella tradizione bizantina. Della festa abbiamo testimonianze precise a Costantinopoli attorno al 530, e anche Romano il Melode le dedica nel vi secolo un kontàkion. Allo sviluppo della festa contribuirono le omelie antiariane che sottolineano, accanto all'umanità di Cristo, anche la sua divinità eternamente sussistente in Dio, e l'omiletica siriana, che sottolinea con forza il parallelo tra Eva e Maria. A Roma la festa fu introdotta da Papa Sergio i (687-701), di origine siriaca, con una celebrazione liturgica a Santa Maria Maggiore e una processione.
Sin dall'inizio la festa fu celebrata il 25 marzo, sempre nel periodo quaresimale, un tempo dunque che esclude qualsiasi solennità. Nel 692 il quarto concilio di Costantinopoli prescrisse però di celebrare con tutta solennità la festa, e così nelle Chiese bizantine si sviluppò un sistema di rubriche liturgiche che cercano di combinare l'Annunciazione con le ufficiature quaresimali e con quelle della Settimana santa. La festa del 25 marzo ha una vigilia il 24 e un dopo-festa il 26, giorno in cui si celebra la memoria dell'arcangelo Gabriele. Infatti, molto spesso le grandi feste nella tradizione bizantina hanno, il giorno successivo alla festa, la celebrazione del personaggio di cui Dio si serve per portare a termine il suo mistero di salvezza.
La festa ha come tema portante l'annuncio dell'Incarnazione del Verbo di Dio e la gioia che ne scaturisce. In molti dei tropari ricorre quasi come un ritornello l'esortazione "gioisci": si tratta di una gioia che non ha niente di superficiale, bensì nasce dalla consapevolezza della salvezza che ci viene data in Cristo, in una festa che cerca di coinvolgere tutta la creazione nella lode e nella contemplazione del mistero celebrato.
I tropari sono un intreccio di citazioni bibliche, soprattutto veterotestamentarie, profezie che annunciano il Cristo e che la tradizione patristica ha letto sempre in chiave cristologica. Questa stessa accentuazione cristologica è già in tutti i titoli dati a Maria, legati al mistero dell'Incarnazione del Verbo di Dio e della divina maternità di Maria: "Gioisci, terra non seminata; gioisci, roveto incombusto; gioisci abisso imperscrutabile; gioisci, ponte che fa passare ai cieli e scala elevata contemplata da Giacobbe; gioisci, divina urna della manna; gioisci, liberazione dalla maledizione; gioisci, ritorno di Adamo dall'esilio: il Signore è con te".
Un altro tema che torna nei testi liturgici è l'accostamento di meraviglia e dubbio in Maria; meraviglia di fronte a quello che le viene annunciato, dubbio non tanto di fronte a quello che dovrà avverarsi, bensì di non essere di nuovo ingannata come Eva da qualcuno che annuncia grandi cose ("sarete come Dio"). Un altro accostamento di meraviglia e stupore è applicato dalla liturgia anche all'arcangelo di fronte al contenuto dell'annuncio, con una serie di affermazioni cristologicamente contrastanti, molto simili ai temi degli Inni di sant'Efrem il Siro: "L'inafferrabile che è nel più alto dei cieli, nasce da una vergine! Colui che ha il cielo per trono e la terra come sgabello si rinchiude nel grembo di una donna! Colui che i serafini dalle sei ali non possono fissare, si compiace di incarnarsi da lei. Colui che qui è presente è il Verbo di Dio".
Le letture del vespro sono prese dall'Antico Testamento, pericopi che già tutta la tradizione patristica di oriente e occidente legge in chiave cristologica: la scala di Giacobbe (Genesi, 28, 10-17); la porta chiusa da dove passa soltanto il Signore (Ezechiele, 43, 27 - 44, 4); la casa costruita dalla sapienza di Dio (Proverbi, 9, 1-11). Il tropario della festa riassume in modo breve e chiaro il tema di fondo della celebrazione: "Oggi è il principio della nostra salvezza e la manifestazione del mistero nascosto da secoli: il Figlio di Dio diviene Figlio della Vergine, e Gabriele porta la buona novella della grazia. Con lui dunque acclamiamo alla Vergine: Gioisci, piena di grazia, il Signore è con te".
Nell'ufficiatura del mattutino uno dei suoi testi è di un autore bizantino, Teodoro Graptos (778-845), vissuto in piena controversia iconoclasta. L'opera è un acrostico, e si svolge servendosi di un genere letterario che già Efrem usa spesso, cioè quello del dialogo o disputa tra due personaggi - qui tra l'arcangelo e la Madre di Dio - a strofe alterne. L'autore riprende il tema accennato già al vespro, la meraviglia dello stesso arcangelo per quello che deve annunciare, e lo stupore e la paura della Vergine, paura di essere ingannata di nuovo come Eva.
L'ultimo dei tropari del mattutino riassume il mistero della nostra salvezza, già manifestato nei vangeli e nella tradizione patristica: "Il mistero che è dall'eternità è oggi rivelato, e il Figlio di Dio diviene figlio dell'uomo, affinché, assumendo ciò che è inferiore, possa comunicarmi ciò che è superiore; Dio diviene uomo per rendere Adamo Dio".
Nella Divina liturgia del giorno 25 si leggono due brani, dalla lettera agli Ebrei (2, 11-18) e dal vangelo di Luca (1, 24-38). "E l'angelo andò via da lei". Questo versetto che chiude la pericope dell'Annunciazione mi fa sempre impressione. Il Signore ci annuncia la sua buona novella e poi ci lascia? No, non è l'abbandono né la solitudine che dobbiamo leggere nel vangelo di Luca, ma il fatto che nella nostra vita cristiana siamo chiamati a dare una risposta, con la nostra responsabilità e maturità, umana e cristiana.

(©L'Osservatore Romano - 25 marzo 2009)

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Accogliere una vita più vivente della nostra, di Olivier Clément

Accettare, accogliere il miracolo dell'Incarnazione, è accettare che Maria sia realmente la 'Madre di Dio' e 'Madre Vergine' ; niente qui contro la sessualità, contro l'amore umano. Il senso è tutt'altro.
Noi sappiamo bene che la vita che diamo, che trasmettiamo, è una vita per la morte.
Occorreva un intervento di Dio, ci voleva che la catena delle nascite per morte fosse spezzata perché sorgesse con Gesù un vivente totalmente vivo, un vivente che non sarebbe più all'interno della morte come noi, ma si sarebbe volontariamente lasciato afferrare da essa per distruggerla.
La verginità feconda di Maria (le tre stelle sull'icona), così come le apparizioni del risorto tutte a porte chiuse, segnalano questa vita più vivente della nostra, una materialità trasfigurata.


Olivier Clément
Olivier Clément « La mère de Dieu, un éclairage orthodoxe » ;
dans : Jean Comby (ed), Théologie, histoire et piété mariale. Actes du colloque de la faculté de théologie de Lyon, 1-3 octobre 1996, Lyon, Profac (1997), 209-221.
G. Gharib e E. Toniolo (ed) Testi mariani del secondo Millennio.
I Autori orientali, Città nuova Roma 2008, p. 937

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L'Annunciazione nei sermoni di Sant'Antonio

Da Maria piena di grazia è traboccata per noi la salvezza
E rispondendo l'angelo disse [a Maria]: Lo Spirito Santo scenderà su di te" (Lc 1,35). Giacché prima aveva detto "piena di grazia", e qui dice "scenderà", dà a capire che come da un vaso già pieno, se vi si aggiunge qualcosa, ciò che vi è aggiunto trabocca, così alcune gocce della sua grazia sarebbero traboccate su di noi.
(Sermone dell’Annunciazione II, §8)

Maria arcobaleno di pace fra Dio e l'umanità
Maria fu poi arcobaleno splendente nel concepimento del Figlio di Dio. L'arcobaleno si forma con il sole che entra in una nuvola… In questo giorno il Figlio di Dio, sole di giustizia, entrò nella nube, cioè nel seno della Vergine gloriosa, e questa diventò quasi un arcobaleno, segno dell'alleanza, della pace e della riconciliazione, tra le nuvole della gloria, cioè tra Dio e i peccatori. Leggiamo infatti nella Genesi: "Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno dell'alleanza tra me e la terra" (Gn 9,13).
Ricòrdati che le nuvole erano due: l'ira di Dio e la colpa dell'uomo. Dio e l'uomo combattevano tra loro. Dio, con la spada della sua ira, ferì l'uomo e lo condannò alla morte; l'uomo con la spada della colpa, peccò mortalmente contro Dio. Ma dopo che il sole entrò nella Vergine, fu fatta la pace e la riconciliazione, perché lo stesso Dio e Figlio della Vergine, dando completa riparazione al Padre per la colpa dell'uomo, fermò l'ira del Padre affinché non colpisse l'uomo.
…Dice l'Ecclesiastico: "Osserva l'arcobaleno e benedici colui che l'ha fatto: è bellissimo nel suo splendore. Avvolge il cielo con un cerchio di gloria" (Eccli 43,12-13). Contempla l'arcobaleno, considera cioè la bellezza, la santità, la dignità della beata Vergine Maria e benedici con il cuore, con la bocca e con le opere il suo Figlio, che così l'ha voluta. È veramente stupenda nello splendore della sua santità, sopra tutte le figlie di Dio. Ella avvolse il cielo, cioè circondò la divinità, con un cerchio di gloria, vale a dire con la sua gloriosa umanità.
(Sermone dell’Annunciazione I, §6)

Preghiera di S. Antonio alla Vergine nel giorno dell'Annunciazione
Orsù, dunque, nostra Signora, unica speranza! Illumina, ti supplichiamo, la nostra mente con lo splendore della tua grazia, purificala con il candore della tua purezza, riscaldala con il calore della tua presenza. Riconcilia tutti noi con il tuo Figlio, affinché possiamo giungere allo splendore della sua gloria.
Ce lo conceda colui che oggi, all'annuncio dell'angelo, ha voluto prendere da te la sua carne gloriosa e restare chiuso per nove mesi nel tuo grembo. A lui onore e gloria per i secoli eterni. Amen.
(Sermone dell’Annunciazione I)