giovedì 15 marzo 2012

La fine del mondo



 

Riporto dall'agenzia Ansa di oggi, 15 marzo 2012.

ROMA - Le coppie omosessuali, se con l'attuale legislazione "non possono far valere il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all'estero", tuttavia hanno il "diritto alla 'vita familiare'" e a "vivere liberamente una condizione di coppia" con la possibilità, in presenza di "specifiche situazioni", di un "trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata". Lo afferma la Cassazione, in una sentenza depositata oggi.
 E' la prima volta, lo scrive la stessa Corte nella sentenza n.4184, che la Cassazione si trova ad affrontare il caso di una coppia gay che chiede il riconoscimento del proprio matrimonio contratto all'estero: i due uomini si erano sposati nel 2002 a L'Aja ed avevano poi chiesto la trascrizione del certificato di nozze, come atto pubblico, al comune di Latina dove sono residenti. Al rifiuto del Comune di riconoscere questo certificato e quindi il matrimonio, la coppia ha fatto ricorso sia in Tribunale che alla Corte d'Appello di Roma, ricorsi entrambi respinti. Di qui l'ulteriore istanza in Cassazione, dove la Prima Sezione Civile motiva la sua decisione - che è comunque di rigetto del ricorso - in circa 80 pagine. La Suprema Corte spiega che, se è vero che in Italia ancora non esiste una legislazione che preveda il matrimonio tra gay (citando a questo riguardo anche la recente sentenza della Corte Costituzionale che appunto aveva detto no ai matrimoni omosessuali), il quadro europeo dei diritti dei gay ed il contesto sociale è fortemente cambiato. Infatti, essendo stata superata grazie alla Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo "la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi é presupposto indispensabile, per così dire naturalistico della stessa esistenza del matrimonio", la Cassazione sottolinea che "l'intrascrivibilità delle unioni omossessuali dipende non più dalla loro 'inesistenza' e neppure dalla loro invalidità ma dalla loro inidoneità a produrre quali atti di matrimonio, appunto, qualsiasi effetto giuridico nell'ordinamento italiano". Le coppie gay, come i coniugi, hanno però il diritto ad una "vita familiare" e ad esigere e a far valere per questo il diritto ad un "trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata".

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 Il 13 marzo scorso il Parlamento europeo ha approvato una Risoluzione “Sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea” (2011/2244 INI). Si tratta di una summa ideologica di posizioni avverse ai principi non negoziabili: si va dall'art. 7 sulla famiglia omosessuale, all'art. 35 e 69 sull'ideologia di genere, all'art. 47 sull'aborto e contraccezione, all’art. 57 sulla sovrappopolazione. Un posto d onore lo merita l'art. 67 forse per la sua novità: la famiglia ora è anche mononucleare, cioè composta di un solo individuo.
 A commento della Risoluzione di cui sopra, riporto un articolo da "La Bussola Quotidiana" di oggi, a firma di Riccardo Cascioli.

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 l Parlamento Europeo ha dunque deciso di ridefinire il concetto di famiglia. Nella Risoluzione votata martedì 13 marzo dedicata alla parità tra uomo e donna – e di cui riferiamo a parte in dettaglio – vengono criticati quei Paesi dell’Unione (vedi Italia) che considerano famiglia solo quella naturale (fondata su matrimonio tra uomo e donna) e non riconoscono quindi le unioni omosessuali; inoltre si afferma esplicitamente che nella Ue esistono diversi tipi di famiglie, che devono avere tutte lo stesso livello di tutela giuridica: «genitori coniugati, non coniugati e in coppia stabile, genitori di sesso diverso e dello stesso sesso, genitori singoli e genitori adottivi».

Ma c’è un altro punto della Risoluzione altrettanto grave: a un certo punto si «invita gli Stati membri a puntare a sistemi di sicurezza sociali individualizzati». Questa affermazione è finalizzata in questo caso a difendere i diritti delle donne ma introduce una novità importante, una sorta di rivoluzione antropologica, ovvero la teorizzazione della concezione della persona come puro individuo, slegato da qualsiasi rapporto.  La misura di questa svolta la si può forse apprezzare meglio se consideriamo che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo considera la famiglia come «cellula fondamentale della società» (art. 16). Così fa pure la nostra Costituzione (art. 29).

La famiglia, non l’individuo. Come mai? Perché la persona (che è ben più dell’individuo) esiste solo in relazione ad altri, e soltanto dentro una relazione può comprendere, sviluppare e realizzare la propria identità. Immaginate un bambino che venisse al mondo e poi tutti scomparissero intorno a lui. Non solo non potrebbe sopravvivere fisicamente, ma ammesso anche che per qualche miracoloso motivo riuscisse a nutrirsi, non potrebbe imparare a parlare, non riuscirebbe a usare compiutamente la ragione, non avrebbe mai la possibilità di comprendere la sua identità, cosa ci sta a fare al mondo e così via. E’ una constatazione perfino banale, eppure è così che ci vogliono: lo Stato e il singolo, senza rapporti, una monade. E’ il sogno di ogni totalitarismo, perché ogni legame, ogni rapporto vero è potenzialmente una fonte di resistenza al potere dominante.

Che l’uomo sia relazione è una evidenza, dicevamo, così come dovrebbe essere evidente che il luogo di relazione dove la persona ha la possibilità di sviluppare al massimo le proprie potenzialità è la famiglia, è anzitutto il rapporto educativo con un padre e una madre.

Ed è per questo che lo stato, ogni stato, ogni comunità sociale, di ogni tempo e di ogni cultura, si è sempre occupato e si occupa di famiglia. Qui non c’entra essere cattolici o laici, è proprio una questione da cui dipende il futuro della società. Perciò il motivo fondamentale dell’interesse specifico dello stato nei confronti della famiglia è la tutela dei figli, per garantirne anzitutto l’esistenza (senza figli non c’è futuro) e poi uno sviluppo integrale, perché questo a sua volta renderà la società più stabile, meno conflittuale, economicamente più competitiva. Per capire meglio questo aspetto basti pensare all’enorme costo sociale – nei nostri paesi – della disgregazione della famiglia: maggiore povertà, minore rendimento scolastico dei figli, aumento della delinquenza giovanile e della propensione alla tossicodipendenza, e via di questo passo.

Uno stato che abbia a cuore il proprio futuro necessariamente deve preoccuparsi di rafforzare la famiglia. Lo stato non è chiamato a occuparsi di quanto affetto o di quanto amore ci sia tra le persone, non deve giudicare se una coppia si vuole abbastanza bene, ci mancherebbe altro. E i diritti individuali sono già garantiti dalla legge, dal diritto civile, non hanno niente a che vedere con il diritto di famiglia.

Il bene primario di cui lo stato si occupa sono i figli, per questo considera – ha sempre considerato – la famiglia come il rapporto tra uomo e donna: con buona pace di tutti i “moderni”, i figli nascono solo da un rapporto eterosessuale. E fondata sul matrimonio, perché questo è il rapporto più stabile con cui la coppia si assume anche delle responsabilità nei confronti della società. Mettere al mondo dei figli ed educarli non è un mero fatto privato, ha una valenza sociale importantissima.
Tutti gli altri rapporti affettivi, invece, sono questioni di carattere privato – anche se possono avere effetti di carattere pubblico – che sono e vanno regolate con il normale diritto privato, per quanto riguarda la tutela dei diritti di ciascuno.

Il fatto che l’Unione Europea abbia deciso di confondere i piani, di non riconoscere più il fondamento stesso della nostra società, vuol dire semplicemente che ha già optato per il suicidio.

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Di fronte a questi fatti, noi cristani abbiamo il dovere di far sentire la nostra voce. Ho pensato in primo luogo di proporre i fondamentali contenuti dottrinali di ciò che per noi è "Matrimonio" e "Famiglia". Comincio con uno studio del padre Mario Pezzi sul tema: "Il Matrimonio e la Famiglia nel Magistero della Chiesa, alla luce del Catechismo". Il testo è tratto dalla Convivenza di Inizio Corso tenutasi al Centro Neocatecumenale Internazionale di Porto San Giorgio dal 15 al 18 settembre del 1994.

catechismo famiglia