sabato 10 marzo 2012

Santo è il Tempio di Dio


   

Oggi 11 marzo celebriamo la
III DOMENICA DI QUARESIMA
Anno B



L’eredità spirituale di Israele è senza dubbio la consapevolezza di essere un popolo scelto e amato da Dio nella storia piena di esaltanti meraviglie a partire da quella dell’Esodo che culmina con il dono dell’Alleanza. La Torah – la Legge – è la Via della luce
segnata dalla parole contenute nel Decalogo; è la strada da percorrere per esprimere nella vita la propria adesione d’amore al Dio che salva.
Buona domenica!

Di seguito i testi del Messale e qualche commento.

MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 24,15-16
I miei occhi sono sempre rivolti al Signore,
perché libera dal laccio i miei piedi.
Volgiti a me e abbi misericordia, Signore,
perché sono povero e solo.

Oppure:  Ez 36,23-26
«Quando manifesterò in voi la mia santità,
vi raccoglierò da tutta la terra;
vi aspergerò con acqua pura
e sarete purificati da tutte le vostre sozzure
e io vi darò uno spirito nuovo», dice il Signore.
 
Colletta

Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Oppure:
Signore nostro Dio, santo è il tuo nome; piega i nostri cuori ai tuoi comandamenti e donaci la sapienza della croce, perché, liberati dal peccato, che ci chiude nel nostro egoismo, ci apriamo al dono dello Spirito per diventare tempio vivo del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura  
Es 20, 1-17
La legge fu data per mezzo di Mosè.

Dal libro dell'Esodo

[ In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me. 
]
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
[ Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. 
] Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.[ Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.
Non commetterai adulterio.
Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo». 
]

Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 18
Signore, tu hai parole di vita eterna. 
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.


Seconda Lettura
  1Cor 1,22-25
Annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per gli uomini, ma, per coloro che sono chiamati, sapienza di Dio.  
Dalla prima lettera di Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.


Canto al Vangelo
  
Gv 3,16
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.

Lode e onore a te, Signore Gesù!   
   
Vangelo  Gv 2,13-25
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere.

Dal vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo. Parola del Signore.


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COMMENTI

1. Description : Description : Description : Descrizione: Description : Description : Description : 01congregatioproclericis

«Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme» (Gv 2,13). San Giovanni, a differenza degli altri evangelisti, colloca questo racconto all’inizio del suo Vangelo, nella prima delle tre celebrazioni pasquali, per le quali è documentata la partecipazione del Signore. Quanto Egli, con la propria passione, morte e Risurrezione compì nella terza e definitiva Pasqua, è qui come anticipato e raffigurato.
Vi è innanzitutto il fatto: Cristo scaccia i venditori e i cambiavalute dalla Casa del Padre Suo (Gv 2,14-16). Egli, in questa circostanza, decide di non ammonire soltanto, ma di coinvolgersi integralmente, con tutta la propria corporeità; così come ci salverà non con una dottrina, ma donando tutto Se stesso sulla Croce.
Se il racconto è ormai familiare, per un certo clima ideologico che caratterizza la contemporaneità, si è immediatamente portati a vederne le conseguenze “morali” soprattutto sulla Chiesa. Dimenticando, però, che la Chiesa è “già” il Tempio distrutto dagli uomini e fatto risorgere da Cristo in tre giorni, è già «il luogo dove Dio “arriva” a noi, e dove noi “partiamo” verso di Lui», come ha recentemente insegnato il Santo Padre Benedetto XVI (Omelia nella Solennità della Cattedra di San Pietro, 19 febbraio 2012).
Qualunque cosa facciano gli uomini che ne formano il corpo – sempre chiamati a conversione, specialmente in questo tempo di Quaresima –, la Chiesa rimane il luogo in cui Dio ci raggiunge; luogo della Presenza di Cristo nella storia, sarà sempre tale, fino alla consumazione dei tempi. Per questo la si deve amare profondamente e guardare per ciò che Essa è: Tempio della misericordia e della condiscendenza di Dio, nel quale c’è posto per i peccatori, c’è posto per ciascuno di noi.
Il gesto che Cristo compie, a ben vedere, è tutt’altro che moralistico.
Egli non intende togliere dal tempio ciò che è materiale, come il commercio degli animali da sacrificare e il tavolo del cambia valute, e quindi apparentemente “indegno” di Dio. Se pensassimo questo dimenticheremmo che Colui che purifica il tempio è integralmente uomo ed integralmente Dio; che a partire da Cristo non solo il “materiale” diviene compatibile con il Divino, ma, ancor più  è lo strumento stesso attraverso cui il Divino ci raggiunge. Tutt’altro che la ricerca di una purità o una purificazione rituale.
Cristo, piuttosto, riporta Israele – e quindi la nostra umanità – alla sua vera vocazione! Come?
Anzitutto richiamando il tempio, cuore del popolo di Israele, alla sua verità. I banchi dei venditori, infatti, occupavano il Cortile dei Gentili, luogo al quale potevano accedere anche i non-ebrei, che venivano così invitati all’adorazione dell’unico vero Dio. Cristo riapre quello spazio, e con esso tutto il tempio, alla sua verità di luogo nel quale “Dio vuole incontrare” l’uomo; non solo i sacrifici degli uomini, ma ciò di cui i sacrifici erano segno: il cuore stesso dell’uomo. Egli chiama l’uomo – tutto l’uomo e tutti gli uomini – all’incontro con Lui, iniziando a fare ciò proprio attraverso quel piccolo popolo che si era scelto, Israele.
Cristo, perciò, non è un rivoluzionario politico – come alcuni nel secolo scorso hanno sostenuto –, né un asceta, seguendo il Quale, si è chiamati ad una sorte di mortificazione di se stessi.
Egli è il Redentore, venuto ad illuminare l’uomo con la Luce della Verità, a purificare il tempio, a riaprire la ragione all’orizzonte grande di Dio. Egli è la Verità, che Crocifissa il Venerdì santo, vedremo splendere il giorno di Pasqua e accoglierci dentro il nuovo Tempio del Suo Corpo. Perciò «mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi predichiamo Cristo Crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati […] potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,23-24).
Alla Beata Vergine Maria, alla sua umanità libera, intelligente, ragionevole e perciò totalmente trasparente alla Luce di Dio, a Colei che è Mediatrice di ogni grazia, domandiamo di prendere sul serio la chiamata di Cristo e, liberando il “cortile” della nostra ragione, di divenire davvero aperti a Dio e, quindi, agli uomini. Amen.

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2. p. Raniero Cantalamessa ofmcapp.

I dieci comandamenti
Il Vangelo della terza Domenica di Quaresima ha come tema il tempio. Gesù purifica il vecchio tempio, scacciando da esso, con una sferza di cordicelle, mercanti e mercanzie; quindi presenta se stesso come il nuovo tempio di Dio che gli uomini distruggeranno, ma che Dio farà risorgere in tre giorni.
Questa volta però vorrei soffermarmi sulla prima lettura perché essa contiene un testo importante: il decalogo, i dieci comandamenti di Dio. L’uomo moderno non comprende i comandamenti; li scambia per divieti arbitrari di Dio, per limiti posti alla sua libertà. Ma i comandamenti di Dio sono una manifestazione del suo amore e della sua sollecitudine paterna per l’uomo. “Io ti comando di osservare i comandamenti perché tu viva e sii felice” (cfr. Dt 6,3; 30, 15 s): questo, non altro, è lo scopo dei comandamenti.
In alcuni passaggi pericolosi del sentiero che porta alla vetta Monte Sinai, dove i dieci comandamenti furono dati da Dio, per evitare che qualcuno distratto o inesperto vada fuori strada e precipiti nel vuoto, sono stati messi dei segnali di pericolo, collocate delle ringhiere, o creati degli sbarramenti. Lo scopo dei comandamenti non è diverso da questo. I comandamenti si possono paragonare anche a degli argini o a una diga. Si sa ciò che successe negli anni cinquanta quando il Po ruppe gli argini nel Polesine, o quello che capitò nel 1963 quando crollò la diga del Vajont e interi paesi furono sommersi dalla valanga di acqua e fango. Vediamo noi stessi cosa succede nella società, quando si calpestano sistematicamente certi comandamenti, come quello di non uccidere o di non rubare…
Gesù ha riassunto tutti i comandamenti, anzi tutta la Bibbia, in un unico comandamento, quello dell’amore per Dio e per il prossimo. “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22, 40). Aveva ragione sant’Agostino di dire: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. Perché se uno ama davvero, tutto quello che farà sarà a fin di bene. Anche se rimprovera e corregge, sarà per amore, per il bene dell’altro.
I dieci comandamenti vanno però osservati congiuntamente; non si può osservarne cinque e violare gli altri cinque, o anche uno solo di essi. Certi uomini della mafia onorano scrupolosamente il padre e la madre; mai si permetterebbero di “desiderare la donna d’altri” e se un loro figlio bestemmia lo rimproverano aspramente, ma quanto a non uccidere, non dire il falso, non desiderare la roba d’altri, è tutt’un altro discorso. Dovremmo esaminare la nostra vita per vedere se anche noi non facciamo qualcosa di simile, e cioè osserviamo scrupolosamente alcuni comandamenti e ne violiamo allegramente altri, anche se non gli stessi dei mafiosi.
Vorrei attirare l’attenzione in particolare su uno dei comandamenti che in alcuni ambienti è più spesso trasgredito: “Non nominare il nome di Dio invano”. “Invano” significa senza rispetto, o, peggio, con disprezzo, con ira, insomma bestemmiarlo. In certe regioni c’è gente che usa la bestemmia come una specie di intercalare ai propri discorsi, senza tenere in nessun conto i sentimenti di coloro che ascoltano. Molti giovani poi, specie se sono in compagnia, bestemmiano a ripetizione con l’evidente convinzione di impressionare, in questo modo, le ragazze presenti. Ma un giovanotto che non ha che questo mezzo per fare impressione sulle ragazze, vuol dire che è ridotto proprio male. Si impiega tanto zelo per convincere una persona cara a smettere di fumare, dicendo che il fumo danneggia la salute; perché non fare altrettanto per convincerla a smettere di bestemmiare?

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3. Luciano Manicardi
L’alleanza di Dio con Israele, mediata dalle “dieci parole” (il decalogo; I lettura), si compie in Gesù Cristo, tempio non fatto da mani d’uomo, luogo definitivo della presenza di Dio, mediatore escatologico della comunicazione di Dio con l’uomo (vangelo). In Cristo, rivelatore del Padre, si manifesta che Dio ha scelto la stoltezza e la debolezza della croce per manifestare e comunicare la sua sapienza e la sua forza a quanti credono (II lettura).
Gesù, salito al tempio per la Pasqua, con gesto profetico che esprime il suo zelo, il suo amore bruciante per il Padre, scaccia i cambiavalute, i venditori degli animali destinati ai sacrifici e gli animali stessi. Egli significa così che il tempio, ridotto a “casa di commercio”, è in verità “casa del Padre mio”. Dal tempio si passa alla persona di Gesù; da un ordine cultuale a un ordine personale e relazionale; dal meccanismo di delega in cui le vittime animali sostituiscono l’offerta personale della propria vita, all’offerta diretta di sé. E alla domanda sul segno che fonda la sua autorità per compiere tali gesti, Gesù risponde: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo risusciterò”. Si tratta di un velato annuncio pasquale: “Egli parlava del tempio del suo corpo”. Il testo ha dunque una profonda qualità rivelativa: il Cristo morto e risorto è il tempio escatologico, il luogo di incontro, alleanza e comunione tra Dio e uomo. Inoltre, nell’evento pasquale Cristo è la vittima e l’offerente. Egli morirà come agnello pasquale a cui non è spezzato alcun osso (cf. Gv 19,33.36) e deporrà liberamente la propria vita per riprenderla di nuovo (cf. Gv 10,17-18).

Ma come comprendere il gesto di Gesù senza ridurlo a gesto di ribellismo, di mera contestazione? Con la memoria della parola della Scrittura. “I discepoli si ricordarono che sta scritto: ‘Lo zelo per la tua casa mi divorerà’ (Sal 69,10)”. Le Scritture ci danno l’intelligenza di Cristo. Ovvero, riprendendo Gerolamo: “L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. Quanto poi alla parola di Gesù sul tempio, il testo dice che, dopo l’evento pasquale, “i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù”. Questo ricordo non è meramente psicologico, ma memoria nello e dello Spirito santo: quello Spirito che sarà consegnato con la Pasqua di Cristo e condurrà alla pienezza della verità facendo ricordare “tutto” ciò che concerne Cristo (cf. Gv 7,39; 14,26; 16,13).
Se il brano evangelico opera la distinzione (misconosciuta dalla traduzione italiana che rende sempre “tempio”) tra hieròn (2,14.15; il recinto sacro identificato con l’intero complesso templare) e naòs(2,19.20.21; “santuario”, luogo più interno, spazio della presenza di Dio) e attua il passaggio dal tempio di pietre a Cristo quale presenza di Dio, esso suggerisce anche che il cristiano offre a Dio il culto gradito santificando il Signore nel suo cuore, dunque nella sua relazionalità, nella sua corporeità. È il culto “in Spirito e Verità” (Gv 4,23.24) che coinvolge totalmente il credente: “Santificate il Signore, Cristo, nei vostri cuori” (1Pt 3,15).
Solo così si può sfuggire alla tentazione, che nella storia può assumere forme sempre nuove, di trasformare la casa di Dio, la chiesa, in luogo di mercato, di compravendita, di commerci che nulla hanno a che fare con il vangelo. Certo, il prezzo è alto. Gesù viene divorato, consumato, dalla passione per la casa di Dio, dall’amore per il suo Dio. La parola della Scrittura che lo ha nutrito (cf. Mt 4,4) e la volontà di Dio che è stata suo cibo (cf. Gv 4,34) ora divorano lui, conducendolo a spendersi e a consumarsi per il suo Dio e Padre.
Solo così si può sfuggire al rischio di una fede inaffidabile, una fede fondata su segni esteriori: “molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Ma Gesù non credeva loro” (Gv 2,23-24), non si consegnava loro, non poneva fede nella loro fede. La fede affidabile è quella di chi accetta di consegnarsi al suo Signore fino a perdersi, fino a perdere la propria vita, fino a consumarsi per amore.

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4. Enzo Bianchi

L’itinerario quaresimale che la chiesa ci invita a percorrere passa anche attraverso la lettura del vangelo secondo Giovanni; per questo, tralasciando la narrazione di Marco, in questa e nelle prossime due domeniche contempliamo alcune parole e gesti di Gesù testimoniati dal quarto vangelo.
 Oggi viene raccontato un gesto compiuto da Gesù a Gerusalemme, in occasione della celebrazione della festa di Pasqua (cf. anche Mc 11,15-18 e par.): entrato nel tempio, egli vede che lo spazio chiamato “atrio delle genti”, in quanto riservato ai non-ebrei che volevano conoscere la fede e il culto di Israele e “avvicinarsi” al Signore (cf. Is 45,20), è stato trasformato in luogo di commercio, di vendita degli animali per i sacrifici. Sappiamo inoltre che lì i cambiavalute scambiavano le monete per consentire ai pellegrini di pagare il tributo al tempio, e che molti attraversavano quel cortile per accorciare il cammino verso la valle del Cedron. Insomma, un luogo che Dio aveva voluto come “casa di preghiera per tutte le genti” (Is 56,7) era diventato un luogo di mercato…
 Ecco allora che la passione, l’amore bruciante di Gesù per Dio suo Padre e per la sua dimora si desta con forza: “fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi”. Si tratta di un gesto profetico, un gesto scandaloso che turba le consuetudini fissate dalla tradizione e, nel contempo, attualizza la profezia di Geremia contro il tempio stesso (cf. Ger 7,1-15); un gesto che anni dopo sarà ripetuto da un altro galileo, il quale per questo motivo sarà condannato a morte nel 61 d.C… Ma perché Gesù compie questa azione? E cosa conferisce a questa profezia un carattere unico? Gesù agisce così per ricordare che il tempio è la dimora di Dio; per annunciare che è giunta l’ora preannunciata da Zaccaria, in cui le genti sarebbero salite a Gerusalemme per la fine dei tempi, l’ora in cui “nella casa del Signore non vi sarà più un mercante” (Zc 14,21); e, soprattutto, per manifestare che lui, il Figlio di Dio, può chiedere con forza il rispetto della volontà di Dio sul luogo che egli definisce “casa del Padre mio”.

 Questo gesto suscita immediatamente una domanda da parte dei giudei là presenti: “Quale segno ci mostri per compiere queste cose?”. Come sempre gli uomini religiosi si affrettano a “chiedere segni” (cf. 1Cor 1,22) in grado di comprovare l’autorità di Gesù… In risposta a tale richiesta Gesù, come avviene abitualmente nel quarto vangelo, ri-vela, alza il velo sulla propria identità, e lo fa rivolgendosi ai suoi interlocutori con un ironico imperativo: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Sì, dice Gesù, voi metterete a morte e annienterete il tempio di Dio che sono io, ma in tre giorni io lo rialzerò! Ecco la grande rivelazione: ormai la dimora di Dio non si trova più nel tempio di Gerusalemme, ma il corpo di Gesù è la vera dimora di Dio. Il luogo dove tutti gli uomini possono incontrare Dio è Gesù, un uomo, una carne umana che è anche la Parola di Dio, il Figlio stesso di Dio. Dio è presente ovunque, ma c’è un sito, un luogo in cui egli abita in modo unico e speciale: se nell’antica economia tale luogo era il tempio di Gerusalemme, ora è Gesù, sito del Dio invisibile. Ecco perché – secondo le parole di Gesù alla donna samaritana – ormai chi adora Dio non lo adora più né a Gerusalemme né sul monte Garizim, ma in Spirito santo e Verità, che è Gesù Cristo (cf. Gv 4,23-24).
 Il nostro brano, apertosi con l’affermazione che “era vicina la Pasqua dei giudei”, sfocia sull’annuncio fatto da Gesù della sua Pasqua. In essa non saranno più necessari gli animali come vittime sacrificali – per questo sono scacciati dal tempio –, ma Gesù sarà la vittima pasquale a causa del suo zelo, del suo amore ardente per Dio: sarà proprio questo amore a divorarlo (cf. Sal 69,10), a essere cioè la causa della sua morte violenta… Ci viene così annunciata la vicina Pasqua di Gesù quale termine del cammino quaresimale, e ci viene anche rivelata l’esistenza di un tempio nuovo, già annunciato dai profeti, un tempio non più fatto di pietre ma costituito dal corpo di Gesù: corpo di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio; corpo che siamo noi innestati in lui, noi dimora di Dio (cf.1Cor 3,16; 6,19), tempio nel quale siamo chiamati a offrire a Dio il vero sacrificio, quello della nostra vita quotidiana (cf. Rm 12,1).

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COMMENTI DALLA TRADIZIONE PATRISTICA


SANT'AGOSTINO

SUL SALMO 130



ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Il credente è tempio di Dio e membro del corpo di Cristo.
1. Nel presente salmo ci si inculca l'umiltà di quel fedele servo di Dio dalla cui voce esso è cantato e che è l'intero corpo di Cristo. Spesse volte infatti abbiamo richiamato alla vostra attenzione che la voce di chi canta [nel salmo] non deve intendersi come voce di un singolo individuo ma come voce di tutti i componenti il corpo di Cristo. E siccome questi " tutti " sono compaginati nel suo corpo, possono parlare come un solo uomo: in effetti i molti e l'uno sono una stessa entità. In se stessi sono molti, nell'unità dell'unico [Cristo] sono uno solo. E questo corpo di Cristo è anche tempio di Dio, secondo le parole dell'Apostolo: Santo è il tempio di Dio e questo siete voivoi cioè che credete in Cristo con quella fede che comporta l'amore. Credere in Cristo è infatti la stessa cosa che amare Cristo. Non come credevano i demonisenza amore cioè, sicché pur credendo dicevano: Che c'è in comune fra noi e te, o figlio di Dio? Noi dobbiamo credere in modo tale che la nostra fede in Cristo sia un tratto di amore. La nostra parola non deve essere: Cosa c'è in comune fra noi e te? ma: Noi siamo tuoi, avendoci tu riscattati. Quanti credono in questa maniera sono, per così dire, le pietre vive con le quali è costruito il tempio di Dio; sono il legno incorruttibile con cui fu formata l'arca che le acque del diluvio non riuscirono a sommergere. Essi sono ancora il tempio di Dio - si tratta ovviamente sempre di uomini! - nel quale Dio viene pregato e dal quale egli esaudisce. Chi prega Dio al di fuori di questo tempio non viene esaudito col conseguimento della pace propria della Gerusalemme celeste, sebbene venga esaudito quanto a certe richieste di beni temporali che Dio elargisce anche ai pagani. In tal senso una volta furono esauditi anche i demoni, quando fu loro concesso di entrare nei porci. Ben altra cosa è l'essere esaudito in ordine alla vita eterna, e questo non è concesso se non a chi prega nel tempio di Dio. Ora nel tempio di Dio prega soltanto colui che prega nella pace della Chiesa, nell'unità del corpo di Cristo. Questo corpo di Cristo consta di molti credenti sparsi su tutta la terra, ed è per questo che chi prega nel tempio viene esaudito. Chi prega nella pace della Chiesa prega in spirito e verità, né la sua preghiera è fatta in quel tempio che era solamente una figura.
Il peccato è una fune che avvince il colpevole.
2. Aveva valore figurativo il gesto del Signore quando cacciò dal tempio quella gente intenta ai loro affari, che cioè era andata al tempio per vendere e comprare. Se pertanto quel tempio era un simbolo, ne segue chiaramente che anche nel corpo di Cristo - che è il vero tempio, mentre l'altro ne era una figura - c'è tutto un miscuglio di compratori e di venditori, di gente cioè che cerca i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo. Essi però vengono scacciati con flagelli di corda. La corda infatti rappresenta i peccati, come è detto dal profeta: Guai a coloro che si trascinano appresso i loro peccati come una lunga funeA trascinarsi dietro i peccati come una lunga fune son coloro che aggiungono peccati a peccati, coloro che per coprire un peccato ne fanno un altro. Per fare una corda infatti si uniscono fili a fili, non disponendoli l'uno appresso l'altro ma attorcigliandoli insieme; così [nell'uomo] ogni cosa diviene tortuosa quando a peccato si aggiunge peccato, e dal peccato trae origine un nuovo peccato, che a sua volta si collega a un terzo sino a farne una lunga fune. Gente siffatta cammina per vie tortuose e per nulla diritto è il suo procedere. Alla fine però a che cosa approderà una fune di questo tipo, se non a legare mani e piedi il colpevole e a cacciarlo nelle tenebre esteriori? Ricordate infatti quel che si dice nel Vangelo nei riguardi di un certo peccatore: Legatelo per le mani e per i piedi e gettatelo nelle tenebre esteriori: ivi sarà pianto e stridore di dentiNon gli si sarebbero potute legare le mani e i piedi se lui stesso non si fosse preparato la corda; come in un altro passo scritturale è detto nella maniera più esplicita: Ogni empio è legato con le funi dei propri peccatiIn conclusione, gli uomini sono castigati dal loro stesso peccato, e fu per questo motivo che il Signore fece un flagello di corde e con esso scacciò dal tempio quanti cercavano il proprio interesse non gli interessi di Gesù Cristo.
L'assemblea dei fedeli è tempio e corpo di Cristo.
3. Nel salmo [che stiamo trattando] risuona la voce di questo tempio. Come ho detto, infatti, è in questo tempio che si invoca Dio in spirito e verità e lì egli esaudisce: non nel tempio materiale [del giudaismo], dove c'era soltanto un'immagine rappresentativa di ciò che sarebbe avvenuto più tardi. L'antico tempio è stato abbattuto; ma forse che per questo è rovinata anche la casa della nostra preghiera? Tutt'altro! Non si può infatti chiamare casa della nostra preghiera il tempio che venne abbattuto, se di questa casa della preghiera dice la Scrittura: La mia casa sarà chiamata casa della preghiera per tutte le gentiE voi avete ascoltato le parole pronunciate a sua volta dal nostro Signore Gesù Cristo: Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa della preghiera per tutte le genti: ma voi l'avete fatta spelonca di ladriMa questi tali che vollero fare della casa di Dio una spelonca di ladri riuscirono forse a distruggere il tempio? Lo stesso è da dirsi di quanti nella Chiesa cattolica menano una vita riprovevole: per quanto sta in loro vorrebbero ridurre la casa di Dio a una spelonca di ladri, ma non per questo riusciranno ad abbattere il tempio. Verrà infatti il tempo quando saranno scacciati fuori mediante la fune dei loro peccati. Quanto invece al tempio di Dio, cioè al corpo di Cristo, all'assemblea dei fedeli, una sola ne è la voce, e come un solo uomo così canta nel salmo. Questa voce già l'abbiamo udita in parecchi salmi, ascoltiamola anche in questo. Se lo vogliamo, sarà anche la nostra voce; se lo vogliamo, potremo insieme ascoltare il cantore ed essere noi stessi nel nostro cuore dei cantori. Se al contrario non lo vogliamo, saremo dentro quel tempio come gente che compra e vende: saremo cioè persone che cercano se stesse. Entreremo nella Chiesa ma non per compiervi ciò che piace agli occhi di Dio. Ognuno di voi pertanto esamini con quali disposizioni ascolti [il salmo]: se l'ascolta per deriderlo, se l'ascolta per buttarselo dietro le spalle, ovvero se l'ascolta per sintonizzarsi con esso, se cioè vi riconosce la propria voce e agli accenti del salmo unisce gli accenti del proprio cuore. Sta di fatto comunque che alla voce del salmo non si può imporre di tacere. Chi può, o meglio chi vuole, si lasci istruire; chi non vuole non frapponga ostacoli. Lasciamoci inculcare l'umiltà, poiché con tale raccomandazione comincia.
L'umiltà sacrificio accetto a Dio.
4. [v 1.] Signore, il mio cuore non s'è innalzato. Ha offerto un sacrificio. Da che cosa ricaviamo che ha offerto un sacrificio? Perché è sacrificio l'umiltà del cuore. Lo si dice in un altro salmo: Perché se tu avessi voluto un sacrificio certamente te lo avrei offerto. Voleva soddisfare Dio per i peccati, voleva propiziarselo al fine di ottenere il perdono dei peccati, e quasi chiedendosi il modo come poterselo propiziare dice: Se tu avessi voluto un sacrificio, certamente te lo avrei offerto. Ma tu non gradisci gli olocausti. Inutilmente, quindi, per placare Dio andava in cerca d'arieti, di tori o di vittime consimili. E allora? Se Dio non si compiace di olocausti, vorrà dire che non accetta alcun sacrificio o che lo si placa senza sacrificio? Se non c'è sacrificio non c'è nemmeno sacerdozio. Eppure è certo che abbiamo un sacerdote. Lo abbiamo nel cielo, dove interpella il Padre a nostro favore. Egli entrò nel santo dei santi, al di là del velo, dove il pontefice-simbolo, non entrava se non una volta all'anno: come, del resto, anche il Signore nell'intero arco della sua vita fu immolato soltanto una volta. Sacerdote e insieme vittima, egli offrì se stesso ed entrò una sola volta nel santo dei santi e da allora egli più non muore né la morte ha alcun potere su di lui. Siamone certi: abbiamo un sacerdote. Pertanto dobbiamo offrire la nostra vittima . Ma vediamo subito quale sia l'offerta che dobbiamo presentare, dal momento che il nostro Dio - come avete udito nel salmo - non si compiace degli olocausti. C'è però nel seguito [del salmo] la descrizione di ciò che offrirà:Sacrificio a Dio è lo spirito contrito; Dio non disprezza il cuore contrito e umiliato. Ebbene, se sacrificio [accetto] a Dio è il cuore umiliato, ha offerto un sacrificio colui che diceva: Signore, non si è insuperbito il mio cuore. In un altro brano osservalo fare la stessa offerta. Dice a Dio: Vedi la mia umiltà e il mio travaglio, e rimetti tutti i miei peccati.