giovedì 26 aprile 2012

Dopo sette anni. Il segreto di papa Ratzinger


Riporto due testi "celebrativi" dei primi sette anni di Pontificato di Benedetto XVI, il primo dal Blog di Sandro Magister, pubblicato oggi 27 aprile 2012; il secondo a firma di Samuel Gregg, pubblicato lo scorso 16 aprile su Crisis Magazine.

Benedetto XVI sarà ricordato più per le omelie che per le encicliche. E per i suoi gesti audaci, controcorrente. Come quando a Madrid, di fronte a un milione di giovani e nel bel mezzo di un violento temporale...









ROMA, 27 aprile 2012 – Nessuno l'ha detto, una settimana fa, nel diluvio di omaggi per il settimo compleanno di Benedetto XVI da papa. Ma l'elemento che più ha svelato il senso profondo del suo pontificato è stato un temporale.

Era una notte torrida a Madrid, nell'agosto del 2011. Davanti a papa Benedetto, nella spianata, un milione di giovani, età media 22 anni, un'incognita. All'improvviso un turbine d'acqua, di fulmini, di vento si abbatte su tutti, senza riparo. Saltano grappoli di riflettori, volano via cartelloni, anche il papa si infradicia. Ma resta al suo posto, davanti all'esplosivo tripudio di ragazzi e ragazze per l'inaspettato fuori programma dal cielo.

Quando cessa la pioggia, il papa accantona il discorso scritto, rivolge ai giovani poche parole. Invita a guardare non lui ma quel Gesù che dice vivo e presente nell'ostia consacrata, sull'altare. Si inginocchia in silenzio adorante. E altrettanto accade sulla spianata. Tutti si inginocchiano sulla terra bagnata. In totale silenzio. Per una buona mezz'ora.

A Madrid non era la prima volta che Benedetto XVI si inginocchiava davanti all'ostia santa, in prolungato silenzio. L'aveva già fatto a Colonia nel 2005, da poco eletto papa, anche là nella veglia notturna con miriadi di giovani, nello stupore di tutti.

Nelle valutazioni di questo papato, pochi hanno capito l'audacia di questi gesti controcorrente. Ma quando Benedetto XVI li compie e li spiega, lo fa con l'aria pacata di chi non vuole inventare nulla di proprio, ma semplicemente andare al cuore dell'avventura umana e del mistero cristiano.

Anche Raffaello, cinque secoli fa, in quel sublime affresco delle Stanze Vaticane che è la "Disputa del Santissimo Sacramento", pose l'ostia consacrata al centro di tutto, sull'altare di una grandiosa liturgia cosmica che vede interagire il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, la Chiesa terrena e celeste, il tempo e l'eterno.

Quando Benedetto XVI convocò il suo primo sinodo, nel 2005, lo dedicò proprio all'eucaristia. E volle che fosse proiettato per tutta la durata dell'assise proprio quell'affresco di Raffaello, su uno schermo davanti ai vescovi lì convenuti da tutto il mondo.

Di Joseph Ratzinger hanno fatto discutere le dotte lezioni all'università di Ratisbona e al Collège des Bernardins di Parigi, alla Westminster Hall di Londra e al Bundestag di Berlino. Ma si scoprirà un giorno che il vero distintivo di questo papa sono le omelie, come prima di lui lo sono state per san Leone Magno, il papa che fermò Attila.

Le omelie sono le parole di Benedetto XVI che fanno meno notizia. Le pronuncia durante la messa, pericolosamente vicino, quindi, a quel Gesù che addita vivo e presente nei segni del pane e del vino, a quel Gesù che – egli predica instancabile – è lo stesso che spiegò le Sacre Scritture ai viandanti di Emmaus, così simili agli uomini smarriti di oggi, e si rivelò loro allo spezzare del pane, come nel dipinto del Caravaggio alla National Gallery di Londra, e appena riconosciuto scomparve, perché la fede è così, non è mai visione geometricamente compiuta, è gioco inesauribile di libertà e di grazia.

Alla nessuna o poca fede di tanti uomini d'oggi, alle messe banalmente ridotte ad abbracci di pace e assemblee solidali, papa Benedetto vuole offrire la fede corposa in un Dio che si fa realmente vicino, che ama e perdona, che si fa toccare e mangiare.

Questa era anche la fede dei primi cristiani. Benedetto XVI l'ha ricordato all'Angelus di due domeniche fa. La nascita della domenica come "Giorno del Signore", ha detto, fu un gesto di audacia rivoluzionaria proprio perché straordinario e sconvolgente fu l'avvenimento che l'originò: la risurrezione di Gesù e poi il suo apparire da risorto tra i discepoli ogni "primo giorno della settimana", cioè il giorno d'inizio della creazione.

Il pane terreno che diventa comunione con Dio, ha detto il papa in un'altra omelia, "vuol essere l'inizio della trasformazione del mondo. Affinché diventi un mondo di risurrezione, un mondo di Dio"




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Tre raccolte annuali delle omelie di Benedetto XVI, per gli anni liturgici A, B e C, sono state pubblicate da Libri Scheiwiller, del Gruppo 24 Ore, nel 2008, 2009 e 2010, a cura di Sandro Magister.

Ciascuno dei tre volumi è stato così presentato su www.chiesa:

> Omelie. L'anno liturgico narrato da Joseph Ratzinger, papa
 (5.11.2008)

> Le omelie di Benedetto XVI: un modello per la Chiesa (27.11.2009)

> Benedetto XVI uomo dell'anno. Per le sue omelie (27.12.2010)


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Benedetto XVI: il rivoluzionario di Dio


by Samuel Gregg

"Rivoluzione" - è una parola che evoca immagini di palazzi d'inverno presi d'assalto e l’abbattimento delle Bastiglie. Ma se un vero rivoluzionario è colui che puntualmente trasforma il pensiero convenzionale sconvolgendolo completamente, uno dei più importanti rivoluzionari mondiali, che sfida lo status-quo del mondo attuale, potrebbe essere tranquillamente un teologo cattolico che parla dolcemente e che ha compiuto 85 anni il 16 aprile di quest’anno.
Anche se viene regolarmente deriso dai suoi critici come "decrepito" e "antico", Benedetto XVI continua ad agire come ha sempre fatto fin dalla sua elezione papale di sette anni fa: scrollando non solo la Chiesa Cattolica, ma anche il mondo che è stato chiamato ad evangelizzare. Le maniere che utilizza per fare ciò non prevedono l’"occupazione" di qualche palazzo. Al contrario, egli si serve di un impegno pacato, e soprattutto coerente verso tutti gli ideali che lo caratterizzano, rendendolo molto diverso dalla maggior parte degli altri leader del mondo contemporaneo - religiosi o meno.
Benedetto ha compreso da tempo una verità che sfugge a molti attivisti politici contemporanei: nel mondo, i cambiamenti più significativi non iniziano normalmente nell'arena della politica. Invariabilmente, iniziano con le persone che lavorano – nel bene o nel male – con l’elaborazione di idee. Gli scarabocchi di Jean-Jacques Rousseau hanno contribuito a rendere possibile la Rivoluzione Francese, con Robespierre e il Regno del Terrore. Allo stesso modo, è difficile immaginare Lenin e la presa del potere bolscevico in Russia senza racchiudere il tutto nell'indispensabile cornice di Karl Marx. Al di fuori degli ambienti accademici convenzionali, il nome del professore di Oxford H.L.A. Hart sono praticamente sconosciuti. Eppure, pochi individui sono riusciti ed hanno permesso ai Paesi occidentali del XX secolo di creare una società permissiva.
Benedetto interviene ancora di più per sgretolare l’attuale status-quo quando egli identifica i paradossi intellettuali alla base di alcune delle forze disfunzionali che operano nel nostro tempo. Per coloro che uccidono in nome della religione, egli precisa che così facendo disprezzano la natura stessa di Dio come Logos, la ragione eterna, che la nostra stessa ragione naturale ci permette di conoscere. Per coloro che si fanno beffe della fede in nome della ragione, Benedetto XVI precisa che, così facendo riducono la ragione solo a qualcosa di quantificabile, chiudendo così la mente umana alla pienezza della verità accessibile attraverso la stessa ragione che pretendono di esaltare.
Un metodo similare viene messo in atto nelle modalità che Benedetto utilizza per trattare questioni interne riguardanti la Chiesa. Prendiamo ad esempio la recente critica rivolta con educazione ma ben mirata nei confronti di un gruppo di 300 preti austriaci che hanno emesso un appello alla disobbedienza riguardante l'ormai tristemente nota e banale lista degli argomenti che infastidiscono i dissidenti cattolici. Semplicemente ponendo domande, il Papa ha dimostrato una cosa ovvia. Egli si chiede: essi cercano davvero un autentico rinnovamento? Oppure si tratta “soltanto della spinta disperata di fare qualcosa, di trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee?”
Al di là delle specificità del caso austriaco, Benedetto stava sottolineando una cosa che tutti noi cattolici, non solo quelli dissidenti, a volte dimentichiamo. La Chiesa non è infatti "la nostra". Piuttosto, è la Chiesa di Cristo. Non è quindi solo un'altra istituzione umana che può essere cambiata secondo i capricci umani. E questo, a sua volta ci ricorda che il cristianesimo non si basa su me, me stesso, ed io, ma è centrato su Cristo e la nostra necessità di avvicinarci a lui. Certamente la Chiesa ha sempre bisogno di riforme - ma di riforme volte alla santità, essa non è un semplice alloggio per le basse aspettative del secolarismo.
Quindi, tutta questa attenzione di Benedetto per il mondo delle idee ha un costo? Anche tra i suoi ammiratori, si sentono di tanto in tanto le critiche sul fatto che Benedetto si concentra troppo sulle Scritture e non abbastanza su come governare.
Ma forse Benedetto scrive proprio in un certo modo perché sa che per il Papa scrivere è il modo per partecipare all'arena della conversazione pubblica universale, ponendo così le verità della fede cattolica proprio dove dovrebbero essere. Per questo, è fortemente ammirato non solo dai cattolici, ma anche da innumerevoli cristiani ortodossi ed evangelici, e anche occasionalmente dai "laicisti beffardi".
Il Papa, però, non fa così perché sta cercando di compiacere qualcuno che lo ascolta. Come accade per tutti i veri rivoluzionari, il pensiero di Benedetto è libero e indipendente. Durante il suo pontificato, ha incessantemente cercato di fare quello che molti della generazione immediatamente successiva al periodo post conciliare, vescovi, sacerdoti, religiosi e teologi non sono riusciti a fare apertamente – agire in modo tale da metterci di fronte alla persona di Gesù il Nazareno e di porci davanti al pensiero e alle vite dei dottori e dei santi della Sua Chiesa, al fine di aiutarci a ricordare la vera vocazione del cristiano in questo mondo.
Nel romanzo di Graham Greene del 1940, The Power and the Glory, leggiamo la storia di un prete dissennato, dedito ai piaceri terreni, la notte prima della sua esecuzione egli capisce che lo scopo della vita cristiana non è la giustizia terrena in ultima analisi, i diritti umani, o questa o quella causa. Lo squallido prete che ha infranto tutti i suoi voti scopre che il cristianesimo è un'altra cosa: "Ora sapeva che alla fine c'era una sola cosa che conta - essere un santo".
Santità è una parola che non viene molto pronunciata dai dissidenti. Dopo tutto, se passiamo molto tempo a cercare di proclamare le Scritture e tutte quelle cose che rendono Gesù il Cristo, o cercando di comprimere l'etica cristiana nell'incoerenza consequenzialista, è improbabile che possiamo riuscire ad incitare le presone affinché portino avanti una vita di virtù eroiche. Eppure, anche tra i fedeli cattolici, spesso c'è la sensazione che la santità è per gli altri: che i nostri fallimenti di tutti i giorni nel seguire Cristo mostrano che la santità è in qualche modo qualcosa troppo grande di noi.
Questo, tuttavia, non è sicuramente il punto di vista di Benedetto. Per lui, la santità sta nell’impegno che mettiamo nel seguire Cristo, non importa quante volte si cade durante il cammino. Inoltre, Benedetto crede che solo la santità produce quell’anelito di bontà impavida e indistruttibile che cambia veramente il mondo. Mai Benedetto ha chiarito così bene questo punto come quando ha pronunciato queste parole durante la notte della veglia di preghiera per le migliaia di giovani convenuti in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia nel 2005:
“I santi sono. . . i veri riformatori. . . . Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione,. . . Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero. La rivoluzione vera consiste unicamente nel volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l'amore eterno. E che cosa mai potrebbe salvarci se non l'amore?”
Si, Dio è Amore. Il Logos è Caritas – non esiste un messaggio più rivoluzionario di questo.
 
Nota: l’articolo originale Benedict XVI: God's Revolutionary è apparso il 16 aprile 2012 su Crisis Magazine. È stato successivamente pubblicato sul sito Acton Institute il 18 aprile 2012. La traduzione italiana è dell’Istituto Acton.