venerdì 27 aprile 2012

Tra scismi, dissenso e neo-clericalismo...


Anche se molta (comprensibile) attenzione mediatica in queste settimane è incentrata sull’esito del dialogo tra la Santa Sede e la Fraternità San Pio X, la realtà fondata dall’arcivescovo Marcel Lefebvre che potrebbe presto rientrare nella piena comunione con Roma, non c’è dubbio che proporzioni ben più vaste e diffuse, nella Chiesa cattolica, abbia al giorno d’oggi un altro tipo di dissenso. Quello che si diffonde nell’Europa del centro e del nord – in Austria, Germania, Belgio, Irlanda – e che vede gruppi di sacerdoti firmare appelli alla «disobbedienza» manifestando posizioni fortemente critiche verso la linea «romana», in materie che riguardano la sessualità, comunione ai divorziati risposati, il celibato sacerdotale, il sacerdozio femminile, il ruolo dei laici nella Chiesa. Mentre fa discutere negli Stati Uniti l’intervento della Congregazione per la dottrina della fede nei confronti della «Leadership Conference of Women  Religious» l’organizzazione che raccoglie la grande maggioranza delle Superiore maggiori delle congregazioni delle suore americane, messe sotto vigilanza per le loro posizioni non in linea con quelle della Chiesa su temi quali l’aborto, l’omosessualità e il sacerdozio. Esistono «scismi» silenziosi in atto, che le cronache necessariamente e impietosamente riferiscono, e che contribuiscono a infrangere l’immagine di una Chiesa sempre trionfante. «Scismi» che non possono essere facilmente liquidati come singulti della contestazione post-conciliare o delle vecchie frange progressiste destinate all’estinzione.

Di fronte a quanto sta accadendo, si assiste spesso alle difficoltà da parte dei vescovi di affrontare e «governare» queste situazioni, in attesa che sulla questione «intervenga Roma». D’altra parte è pure innegabile la difficoltà di mettere veramente a tema le questioni sollevate dai dissenzienti, affrontandole in un confronto aperto. Un esempio di come questo possa essere fatto è stato rappresentato dal passaggio dell’omelia della messa crismale che Benedetto XVI ha dedicato alla protesta dei preti austriaci, parlando della loro richiesta di discutere il sacerdozio femminile. Il Papa è intervenuto ponendo – a loro come a tutti quelli che lo ascoltavano in San Pietro – delle domande su che cosa significhi conformarsi alla volontà di Cristo e seguirlo. L’approccio che ha seguito – e ciò è avvenuto anche nel caso dei «dialoghi dottrinali» con la Fraternità San Pio X – è stato quello di chi, pur rivestendo il ruolo di «roccia» e di autorità suprema nella Chiesa, non rinuncia a dare continuamente, e con un linguaggio adatto ai tempi, le ragioni profonde che soggiacciono a certe posizioni dottrinali.

Benedetto XVI è un Papa che ha guidato il dicastero dottrinale facendo quotidianamente i conti con tutti i problemi sopra esposti. Così si esprimeva in proposito, ancor prima di essere chiamato a Roma da Giovanni Paolo II: «Il magistero ecclesiale protegge la fede dei semplici; di coloro che non scrivono libri, che non parlano in televisione e non possono scrivere editoriali nei giornali: questo è il suo compito democratico. Esso deve dare voce a quelli che non hanno voce». «Non sono i dotti – diceva in un’omelia pronunciata a Monaco nel dicembre 1979 – a determinare ciò che è vero della fede battesimale, bensì è la fede battesimale che determina ciò che c’è di valido nelle interpretazioni dotte. Non sono gli intellettuali a misurare i semplici, bensì i semplici misurano gli intellettuali. Non sono le spiegazioni intellettuali la misura della professione di fede battesimale, bensì la professione di fede battesimale, nella sua ingenua letteralità, è misura di tutta la teologia. Il battezzato, colui che sta nella fede del battesimo, non ha bisogno di essere ammaestrato. Egli ha ricevuto la verità decisiva e la porta con sé con la fede stessa...».

Nella stessa omelia, l’allora cardinale Ratzinger aggiungeva: «Dovrebbe essere finalmente chiaro anche che dire dell’opinione di qualcuno che essa non corrisponde alla dottrina della Chiesa cattolica non significa violare i diritti umani. Ciascuno deve avere il diritto di formarsi e di esprimere liberamente la propria opinione. La Chiesa con il Concilio Vaticano II si è dichiarata decisamente a favore di ciò e lo è ancora oggi. Ma ciò non significa che ogni opinione esterna debba essere riconosciuta come cattolica. Ciascuno deve potersi esprimere come vuole e come può davanti alla propria coscienza. La Chiesa deve poter dire ai suoi fedeli quali opinioni corrispondono alla loro fede e quali no. Questo è un suo diritto e un suo dovere, affinché il sì rimanga sì e il no no, e si preservi quella chiarezza che essa deve ai suoi fedeli e al mondo».

Si può comprender meglio, alla luce di queste parole, il perché Benedetto XVI abbia voluto istituire un nuovo dicastero dedicato alla nuova evangelizzazione e abbia proclamato l’Anno della Fede. Il richiamo all’essenzialità della fede battesimale, il cui «a-b-c» è spesso ignorato anche nel cuore di quell’Europa che fu cristiana, è considerato da Papa Ratzinger un’urgenza. Ma sarebbe un errore giudicare questo richiamo come indirizzato soltanto a «strigliare» un certo dissenso. Si tratta infatti di un appello più vasto e più profondo, che dovrebbe mettere in discussione anche quel mondo ecclesiastico più in linea con il pontificato. Richiamare all’urgenza dell’annuncio della fede, e dell’approfondimento dei suoi contenuti, dovrebbe infatti distogliere tanti prelati dall’interessarsi troppo e troppo da vicino della politica, degli schieramenti, delle nomine negli enti pubblici, dei mass media, come pure dall’intervenire spesso o spessissimo in materie dove ciò potrebbe essere fatto con maggiore libertà dai laici cattolici. Uno dei frutti sperati del Concilio Vaticano II, iniziato cinquant’anni fa, riguardava proprio il ruolo dei laici nella Chiesa. E non è fuori luogo osservare come proprio il decreto a questo dedicato, Apostolicam actuositatem, appaia mezzo scolo dopo il documento meno realizzato nella pratica concreta della vita ecclesiale, di fronte all’emergere in diversi Paesi di un neo-clericalismo che sembra considerare i laici soltanto come il «braccio secolare» di una gerarchia che tutto indirizza o tutto vorrebbe indirizzare, ben al di là degli ambiti di sua competenza.(A. Tornielli)
Fonte: Vatican Insider