lunedì 25 giugno 2012

Crisi e prospettive del sacerdozio


Ordinazione sacerdotale


Il rilancio delle vocazioni al sacerdozio, soprattutto in Occidente, passa da una riaffermazione netta della “identità” del prete e del suo ruolo insostituibile all’interno della Chiesa: ha le idee chiare il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica e veterano della Curia, unico capo dicastero dell’era Wojtyla ancora in carica, che questa mattina in Vaticano ha presentato gli “Orientamenti pastorali per la promozione delle vocazioni al ministero sacerdotale” preparati dal suo dicastero.


Un documento dalla gestazione lunga – la ‘raccolta di dati’ nelle diocesi del mondo che sta alla base degli “Orientamenti” risale al 2008 – in anni in cui la Chiesa e l’immagine del prete sono state scosse dallo scandalo della pedofilia; ma che traccia comunque un quadro ampio delle cause della crisi della vocazioni che ha colpito soprattutto i Paesi più sviluppati.


In Europa i seminaristi sono calati di quasi un terzo dal 2000 al 2010, a fronte di dati stabili in Nord America e Sudamerica e della crescita di Africa e Asia.


In Occidente, denunciano gli “Orientamenti”, prevale “una cultura indifferente alla fede cristiana ed incapace di comprendere il valore delle vocazioni di speciale consacrazione”. Ma le cause che scoraggiano i giovani ‘tentati’ dal sacerdozio sono diverse e articolate.

Al primo posto c’è la “mentalità secolarizzata”. Ma non è da trascurare anche il ruolo dei genitori che, “con le loro aspettative sul futuro dei figli, riservano spazi ristretti alla possibilità delle vocazioni di speciale consacrazione”.

Anche la “graduale emarginazione del sacerdote nella vita sociale” ha il suo ruolo, così come l’“attivismo esagerato” dei preti, “con il conseguente sovraccarico di lavoro pastorale”, e la “messa in discussione” del celibato e la diffusione di “opinioni erronee all’interno della Chiesa”.

Ma gli Orientamenti non possono ignorare i “gravi effetti negativi dell’incoerenza e dello scandalo, causato dall’infedeltà ai doveri del ministero sacerdotale quali, ad esempio, gli abusi sessuali”.

A questo proposito, il documento del dicastero vaticano sottolinea che la Chiesa deve fare attenzione a non aprire il cammino verso il sacerdozio a chi è segnato da “profonde fragilità umane”, perché una piena “maturazione affettiva” è “necessaria per saper accogliere la grazia del Sacramento”. È anche “importante che il chiamato percepisca con chiarezza gli impegni che dovrà assumere, in particolare nel celibato”.

Ma su questo punto ci sono anche dati positivi: come quello del seminario di Boston, epicentro della crisi degli abusi e oggi “completamente pieno” dopo una “aggressiva” politica vocazionale da parte dell’arcivescovo, il cardinale Sean O’Malley.

Più in generale, il cardinale Grocholewski, presentando il documento ai giornalisti, ha indicato nella “confusione” sulla diversità tra la vocazione ‘universale’ di tutti i cristiani e quella specifica del prete la radice profonda del calo delle vocazioni al sacerdozio: “La più grande difficoltà in Europa nasce dal fatto che c’è poca chiarezza sull’identità sacerdozio ministeriale. Così, un giovane finisce per chiedersi ‘perché mi devo fare sacerdote se posso fare praticamente le stesse cose da laico?’”.

Il documento presenta anche alcuni suggerimenti concreti per rilanciare le vocazioni: dall’idea di creare un “monastero invisibile” di persone che pregano giorno e notte per le vocazioni, al rilancio dei seminari per minorenni e del ruolo dei chierichetti.

 * * *

Di seguito gli interventi tenuti durante la conferenza stampa di presentazione del documento:
INTERVENTO DEL CARD. ZENON GROCHOLEWSKI   
Per affrontare la sfida
1. Nell’incontro dell’Assemblea Plenaria del nostro Dicastero, nel gennaio 2005, i Padri discussero sul tema delle vocazioni al sacerdozio e chiesero di approfondire l’argomento in vista di un documento per promuovere le vocazioni al ministero sacerdotale.
A tale scopo venivano dati alcuni suggerimenti come criteri a cui ispirarsi per la stesura del documento:
- invitare l’intera comunità ecclesiale a una rinnovata presa di coscienza della responsabilità educativa e pastorale nel promuovere le vocazioni al sacerdozio;
- offrire un’idea chiara della figura del sacerdozio ministeriale e della necessità della sua presenza e del suo ruolo nella Chiesa;
- incoraggiare tutti i soggetti ecclesiali, con particolare riferimento ai gruppi e movimenti, a sostenere iniziative e percorsi vocazionali;
- fornire indicazioni e suggerimenti operativi il più possibile concreti e chiari per una pastorale efficace;
- preparare un documento breve e incisivo.
Il tema del Documento venne ripresentato all’Assemblea Plenaria successiva, nel gennaio 2008; nel frattempo veniva avviata un’ampia consultazione delle Conferenze Episcopali nazionali attraverso un questionario bene articolato, con lo scopo di raccogliere suggerimenti per la stesura del documento. Le Conferenze Episcopali, oltre ad incoraggiare la redazione del documento, hanno fornito risposte molto ampie ed interessanti che sono state ordinate in varie proposizioni sulla base delle quali si è proceduto alla stesura del documento.
La successiva Assemblea Plenaria ha approvato il testo che in seguito è stato redatto in forma definitiva. Il Santo Padre ne ha autorizzato la pubblicazione con la data del 25 marzo 2012, ventesimo anniversario della Esortazione apostolica Pastores dabo vobis.
2. Il documento risulta strutturato in tre parti. La prima esamina la situazione attuale sia delle vocazioni al ministero sacerdotale nelle varie parti del mondo, sia della pastorale che ne assume la cura.
In una seconda parte viene offerta una presentazione sintetica e organica dell’identità e del ministero sacerdotale, quasi a indicare la meta verso la quale deve essere orientata la proposta vocazionale e impostato il discernimento spirituale che ne verifica e ne sostiene la risposta.
Nella terza parte troviamo una serie di suggerimenti per l’animazione pastorale delle vocazioni sacerdotali.
3. Una chiave di lettura per tutto il documento, e in particolare per la prima parte, che è oggetto specifico del mio intervento, può essere data da un’espressione contenuta nel paragrafo conclusivo, dove si dice: «la cura delle vocazioni al sacerdozio è una sfida permanente per la Chiesa».
Questa affermazione contiene almeno due significati. Il primo, e il più ovvio, indica il costante dovere che la Chiesa si assume nel proporre, discernere, custodire e promuovere le vocazioni sacerdotali. Raccogliendo questa sfida, la Chiesa continua l’iniziativa vigorosa e libera di Gesù che si è rivolto ad alcuni uomini per invitarli a una speciale relazione con Lui e - chiedendo loro un radicale distacco da famiglia, lavoro e casa - li ha preparati a essere "inviati" per annunciare la Buona Novella e a pascere il Suo gregge con l’amore del pastore buono, nel Suo nome, con una particolare assistenza del Suo Spirito.
Il secondo significato della cura delle vocazioni sacerdotali evidenzia una sfida permanente rivolta alle comunità ecclesiali. Infatti, la fecondità e l’abbondanza dei frutti dello Spirito in questo campo sono uno dei criteri più significativi per riconoscere e misurare la vitalità di una Chiesa, la qualità della fede e della testimonianza al Vangelo che in essa sono vissute, il valore e la profondità della sua adesione a Cristo.
In questa prospettiva, il documento guarda in modo particolare alle Chiese di antica tradizione nelle quali l’indifferenza religiosa, unita alla debolezza della testimonianza cristiana, fa registrare una crescente sterilità vocazionale. E’ il caso, ad esempio, dell’Europa che da vari anni soffre maggiormente della carenza di vocazioni sacerdotali.
Il documento, al n. 2, cita dal Magistero di Benedetto XVI una considerazione molto severa sulla responsabilità che va riconosciuta alle Chiese di antica tradizione cristiana, dove si corre il rischio del rifiuto di fronte alla chiamata del Signore, come viene detto nella parabola evangelica circa i primi invitati (cf. Mt 22, 2-6; Lc 14, 16-20): «Proprio nel nostro tempo conosciamo il "dire no" di quanti sono stati invitati per primi. In effetti, la cristianità occidentale, cioè i nuovi primi invitati, ora in gran parte disdicono, non hanno tempo per il Signore» (Benedetto XVI, Omelia alla S. Messa con l’Episcopato della Svizzera, 7 novembre 2006).
4. Il documento, sempre nella prima parte, indica soprattutto tre ragioni principali che contrastano la pastorale vocazionale e che si rendono evidenti soprattutto nelle Chiese di antica tradizione cristiana dell’area occidentale. Essi sono:
- Il calo demografico e la crisi della famiglia che riducono drasticamente il numero dei ragazzi e dei giovani e rendono la loro vita, anche sotto il profilo della fede, più difficile e intimorita da un presente frammentato e minaccioso e da un futuro che si prospetta incerto.
- La diffusa mentalità secolarizzata e il conseguente abbandono della vita cristiana da parte di tanti credenti; ciò rende sempre più difficile compiere scelte radicali e durature nel tempo, a causa di un contesto culturale più relativista, che incide negativamente sulla formazione di figure vocazionali consistenti e stabili.
- Le condizioni difficili della vita e del ministero del prete, esposto a profonde trasformazioni ecclesiali e sociali che causano sovente, da un lato, emarginazione e insignificanza del suo ruolo, e dall’altro il rischio di ridurre il ministero sacerdotale a un mestiere tra i tanti. Anche da questi fenomeni, largamente presenti e influenti in varie parti del mondo, può derivare lo sconforto e il basso profilo spirituale di alcuni preti.
5. Considerando queste difficoltà, la prima parte del documento elenca le condizioni necessarie perché la grazia della chiamata trovi un terreno fecondo nella Chiesa e l’apertura dei giovani alla vocazione sacerdotale. Le richiamo brevemente:
- Anzitutto, occorre creare un terreno fecondo di vita cristiana nella comunità ecclesiale. Come nel grembo purissimo della Beata Vergine Maria, così anche nel grembo materno della comunità cristiana sarà solo il fuoco dello Spirito Santo, ricevuto e custodito in un’autentica vita di fede, che porterà la temperatura del clima vocazionale al livello necessario affinché i semi deposti dal Signore nel cuore di tanti giovani possano sbocciare e portare frutti abbondanti.
- L’insostituibile funzione della preghiera che invoca dal padrone della messe l’abbondanza degli operai.
- Il valore della pastorale integrata che realizza una coerente convergenza di programmi e proposte tra i vari soggetti responsabili dell’educazione cristiana.
- Un nuovo slancio di evangelizzazione e di missionarietà che susciti nei giovani una forte passione per il Vangelo.
- L’insostituibile e centrale funzione della famiglia.
- La coerente e gioiosa testimonianza di vita dei presbiteri.
- L’efficacia educativa delle esperienze di volontariato e di vita impegnata gratuitamente per gli altri.
- Infine, il valore della scuola e dell’università nelle quali introdurre occasioni d’incontro e di approfondimento dell’esperienza cristiana.
Queste condizioni pastorali sono solo indicative e introducono alla seconda parte del documento, più concentrata sul profilo teologico e spirituale della figura del presbitero (di questa parlerà S.E. Mons. Bruguès). Nella terza parte (l’oggetto dell’intervento di Mons. Zani), le proposte pastorali vengono riprese e meglio specificate per rilanciare una pastorale vocazionale più coraggiosa, anche alla luce del Magistero di Papa Benedetto XVI che dedica numerosi interventi al tema della vocazione e, più specificamente, della vocazione sacerdotale.

  INTERVENTO DI S.E. MONS. JEAN-LOUIS BRUGUÈS, O.P.
Un cordiale saluto a tutti voi!
Il mio intervento riguarda la seconda parte del documento, che è dedicata alla presentazione della "vocazione e identità del sacerdozio ministeriale". Comprende i paragrafi dal numero cinque al dieci.
Il valore di questa seconda parte sta nel presentare, naturalmente in forma essenziale, la verità della vocazione al sacerdozio ministeriale. Il Signore ha messo nelle mani della sua Chiesa con il dono del sacramento dell’Ordine un autentico tesoro di vita e di servizio gioioso alla salvezza del mondo. Non bisogna, dunque, perdere la certezza di una rinnovata fioritura di vocazioni sacerdotali, se questo tesoro sarà vissuto e presentato secondo la verità di ciò che il Signore ha voluto per la sua Chiesa. Per evitare equivoci, mi pare importante dire subito che questa verità non è alternativa alle altre vocazioni, e tanto meno è contrapposta.
La sintesi di dottrina teologica e spirituale che viene presentata in questi paragrafi risponde a due esigenze. Anzitutto, l’intenzione è quella di mettere in luce i tratti fondamentali della vocazione al sacerdozio ministeriale, con riferimento alla sintesi offerta dal Concilio Vaticano II e ulteriormente sviluppata nel Magistero post conciliare, soprattutto nella Pastores dabo vobis. In secondo luogo, ci si propone di sottolineare alcuni elementi specifici che vanno oggi richiamati con particolare evidenza, proprio perché minacciati o anche solo oscurati e messi in secondo piano, dalle note difficoltà della vita della Chiesa e dalla cultura contemporanea, che rischiano di provocare pericolose deviazioni nella "figura di valore" della vocazione al sacerdozio ministeriale e della vita e ministero dei presbiteri.
E’ già stato accennato alla tendenza a una progressiva trasformazione del sacerdozio in professione o mestiere, come se la vita nel ministero sacerdotale si possa ridurre a una serie di cose da fare con la dovuta competenza professionale (e i relativi riscontri sindacali!). Si possono citare, tra gli altri rischi di deviazione riscontrabili oggi nell’esperienza del sacerdozio ministeriale, la pericolosità dell’attivismo esasperato, il crescente individualismo che non di rado chiude il prete in una solitudine negativa e deprimente, la confusione dei ruoli nella Chiesa che si determina quando si perde il senso della differenza di mansioni e responsabilità e non si converge tutti nella collaborazione all’unica missione affidata al Popolo di Dio, cioè la ripresentazione, visibile ed efficace per il mondo, del Signore Gesù Cristo, crocifisso e risorto, nella forma della sua salvifica donazione pasquale.
In considerazione di questo, la seconda parte del documento ripropone alcuni spunti di riflessione, che mi sembrano particolarmente importanti e opportunamente richiamati e sottolineati.
Anzitutto viene ricordato che la vocazione al sacerdozio ministeriale si muove nell’ambito del dialogo d’amore tra Dio e l’uomo (n.5). Tale dialogo, se da un lato è ciò che avviene in ogni vocazione cristiana, dall’altro assume i tratti caratteristici della chiamata a una relazione tipica, stabile e molto esigente con Gesù stesso, unico modello del sacerdozio del Nuovo Testamento. Questa relazione cambia la fisionomia spirituale del chiamato in modo profondo e stabile.
La dottrina teologica del "carattere" (n. 6) disegna questa novità di vita. Essa richiede che il chiamato si assuma una cura particolare della relazione viva e costante con Gesù Cristo, dedicandovi tutto il tempo necessario e continuando a coltivarla e approfondirla ogni giorno, quasi correndo verso di Lui (Fil 3,12-14: «Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo»).
L’intenzione vocazionale di Gesù è questa: "ne costituì dodici, che chiamò apostoli, perché stessero con lui e per mandarli a predicare… " (cfr Mc 3,13-14). Notate la forza di questo verbo "costituire"! Non si tratta di un incarico formale o anzitutto di una funzione da svolgere; la missione della predicazione viene a seguito della prima e fondamentale proposta vocazionale di Gesù: che stiano stabilmente con Lui, così da poter essere riconosciuti da tutti come i "suoi", in un senso non esclusivo ma certamente carico di significato particolare.
Questa relazione, nuova e specifica, con Gesù fa entrare il chiamato in una relazione altrettanto nuova e specifica con la comunità cristiana. Egli rimane dentro di essa; ma, assumendo l’identità e il ruolo di Cristo Capo, si trova anche di fronte ad essa, non per esercitare un potere, ma per mettersi a servizio, partecipando alla carità pastorale di Cristo stesso e testimoniando come Lui la disponibilità al dono totale e incondizionato di sé. La Chiesa non sussiste nella sua pienezza e non vive in profondità la sua missione senza una Parola autorevolmente annunciata, senza la Presidenza dei sacramenti celebrati, e senza la Guida di chi, in nome di Cristo, si prende cura della comunione fraterna di tutti e custodisce l’unità del gregge di Cristo e il suo cammino verso di Lui.
Un accento particolare è posto, nel n. 7 del documento, alla dimensione trinitaria del ministero sacerdotale: ogni vita cristiana, ma in un modo del tutto particolare, e direi quasi esemplare, la vita del sacerdote s’inserisce, attraverso un dono nuovo e specifico dello Spirito Santo, nella comunione che unisce il Padre e il Figlio, e in lui diventa fonte inesauribile della carità con la quale egli pasce, per amore di Gesù, il suo gregge. La communio della Chiesa, della quale il sacerdote assume il servizio e la cura, richiama anzitutto al presbitero la necessità di sperimentare la fraternità apostolica. In essa si manifesta e si comunica alla Chiesa il dono della comunione dei figli di Dio con il Padre e l’unità d’amore fraterno fra tutti loro. La vocazione al ministero esige perciò dal sacerdote una particolare capacità di stabilire, curare e approfondire relazioni interpersonali secondo il vangelo. Si passa così dalla relazione con Cristo alla dimensione ecclesiale tipica del ministero sacerdotale.
Da queste considerazioni, qui sommariamente richiamate, il documento trae ai numeri 8, 9 e 10 una serie di conseguenze sul modo di suscitare, discernere e far crescere le vocazioni al ministero sacerdotale. Sono infatti le caratteristiche fondamentali del ministero e della vita sacerdotale, a guidare gli itinerari formativi e le modalità di attenzione educativa di coloro che se ne prendono cura. Tali caratteristiche sono presentate in modo molto concreto ed efficace per una revisione e un aggiornamento della proposta vocazionale e più in genere della pastorale delle vocazioni sacerdotali.
Qualche esempio: si segnala la necessità, per la formazione al ministero sacerdotale,
- di una profonda esperienza di vita comunitaria, per evitare nuove forme di clericalismo, di accentramento pastorale, di servizi pastorali part-time o secondo i bisogni individuali;
- di un inserimento consapevole in una relazione intima d’amore con il Padre che lo chiama, con il Figlio che lo conforma, con lo Spirito che lo plasma con l’educazione alla preghiera, all’ascolto della Parola, all’Eucaristia e al silenzio orante;
- si richiede piena integrazione e maturazione affettiva. Vanno evitate proposte vocazionali a soggetti segnati da profonde fragilità umane;
- e si richiede anche un’ampia e docile partecipazione al contesto ecclesiale, con la maturazione di un amore concreto per la propria Chiesa particolare e insieme un’apertura generosa alla dimensione universale della missione;
- nel delicato accompagnamento vocazionale, un ruolo decisivo è svolto dagli accompagnatori vocazionali, che spesso subentrano al sacerdote che ha favorito e sostenuto gli inizi della vocazione. Per essi è necessaria una preparazione e una grande capacità a stabilire relazioni autentiche con i "chiamati" e a suscitare tra di essi uno stile di fraternità. Condizioni, queste, necessarie per arrivare a un autentico e valido discernimento vocazionale.
- infine, questa seconda parte del documento segnala che non si deve trascurare nel percorso formativo la proposta di figure sacerdotali esemplari per la loro dedizione completa al ministero pastorale, come San Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’Ars.
Grazie!

  INTERVENTO DI MONS. ANGELO VINCENZO ZANI
La terza parte del documento ha come titolo: «Proposte per la pastorale delle vocazioni sacerdotali»; è la più lunga e raccoglie una serie di indicazioni concrete suggerite da tutte le Conferenze episcopali che sono state interpellate. Nelle prime frasi del capitolo si legge: «In alcuni Paesi si registra un vigoroso e promettente fiorire di vocazioni sacerdotali, che incoraggia nel proseguire sulla via della promozione vocazionale» (n. 11).
Partendo da questa espressione, vorrei illustrare qualche dato statistico più recente circa le vocazioni nel mondo. E’ interessante confrontare l’evoluzione delle vocazioni al sacerdozio, avvenuta negli ultimi dieci anni, osservando il numero degli studenti di filosofia e di teologia, sia delle diocesi che delle congregazioni religiose maschili. Distribuiti per le diverse aree geografiche (fonte: Annuarium Statisticum Ecclesiae /ASE.).


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Tornando al testo del nostro documento, nella parte più pastorale viene sottolineata, anzitutto, l’importanza fondamentale della preghiera che invoca dal Signore il dono di nuovi operai per la Sua messe. Il richiamo alla preghiera, da una parte raccoglie l’invito costantemente rinnovato nei Messaggi annuali dei vari Pontefici per la Giornata Mondiale per le vocazioni; dall’altra esso fa eco alla forte raccomandazione che tutti i Vescovi, a partire dalla loro esperienza, hanno avanzato di sottolineare questo aspetto imprescindibile della pastorale vocazionale.
Con la preghiera non solo si rivolge un fervido e insistente appello al cuore di Dio (cfr Giovanni Paolo II in: Insegnamenti XXIII, 2000, 390-396), ma allo stesso tempo si educano i credenti a guardare con sapienza evangelica alla necessità che la Chiesa avverte di avere numerosi e santi sacerdoti, e di contribuire così ad una cultura favorevole alle vocazioni.
Una sottolineatura significativa, soprattutto alla vigilia dell’"Anno della fede", è il richiamo a «proporre l’esperienza della fede come relazione personale e profonda con il Signore Gesù Cristo, rivelatore del mistero di Dio» (n. 12). E’ urgente, a questo proposito, il dono di sacerdoti che animino lo slancio evangelizzatore di tutta la comunità e in particolare propongano ai ragazzi e ai giovani una fede capace di interpellare la vita e di rispondere alla sete di felicità che sta nel cuore dell’uomo.
Dopo questa sottolineatura, il documento conferma la convinzione che la cura delle vocazioni spetta a tutti i membri della Chiesa. Gli organismi diocesani, nazionali e quelli della Chiesa universale, come la Pontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali (di cui abbiamo celebrato da poco i 70 anni di istituzione, avvenuta con il Motu proprio Cum nobis di Pio XII), incaricati di promuovere la pastorale vocazionale, hanno il compito di richiamare e stimolare questa responsabilità in tutte le componenti della comunità cristiana. Tuttavia, questi organismi non si devono sostituire alle varie componenti della comunità cristiana, ma si mettono al loro servizio, a partire dal ruolo centrale e indispensabile che ogni Vescovo diocesano deve svolgere in questo campo, come primo responsabile per le vocazioni.
Esaminando, poi, la responsabilità di alcuni soggetti ecclesiali, il documento cita anzitutto la famiglia cristiana che costituisce, come dice il Concilio Vaticano II, il primo seminario (OT 2), e deve essere messa in grado di offrire, prima di ogni altra istituzione, le condizioni favorevoli per la nascita delle vocazioni. Ciò richiede che non si possa mai pensare la pastorale familiare e la pastorale vocazionale, come anche la pastorale giovanile e quella scolastica, come ambiti indipendenti ed estranei l’uno all’altro.
Di seguito il documento traccia una breve ma intensa serie di considerazioni sulla parrocchia, e sul ruolo che in essa svolgono i presbiteri e i consacrati, i catechisti e gli animatori della Pastorale.
Al n. 15 viene indicata la particolare responsabilità vocazionale che deve essere vissuta dagli stessi seminaristi. Durante la loro preparazione al ministero sacerdotale essi dovranno essere formati alla capacità di testimoniare e proporre anche ad altri la propria esperienza di iniziale risposta alla vocazione.
Una rinnovata fecondità in questo campo è lecito attenderla dai vari gruppi ecclesiali, movimenti e associazioni che possono continuare ad essere, o diventare, luoghi pedagogici adatti alla proposta della vocazione sacerdotale.
Dopo aver accennato alla direzione spirituale come esperienza che, nelle sue varie forme, costituisce in molti casi elemento decisivo per lo sviluppo e la maturazione delle scelte vocazionali e per la quale è necessario prevedere una preparazione specifica, il documento esamina il cammino che ogni persona, che potrebbe essere chiamata dal Signore, deve compiere. In questo contesto, vengono passati in rassegna i vari aspetti della vita cristiana: dall’ascolto della Parola di Dio alla catechesi, dalla frequenza ai sacramenti alla vita modellata sull’anno liturgico, dalla testimonianza della carità fraterna al servizio generoso verso la condizione dei più deboli e dei più poveri. Con ciò si indica che solo una proposta di vita cristiana, capace di dare un giusto rilievo a ciascuna di queste componenti, facendo crescere così nel suo insieme una sequela globale ed equilibrata di Cristo, è in grado di creare le condizioni di un "terreno" sul quale il seme della vocazione può essere depositato con qualche speranza che metta radici profonde e porti frutti consistenti.
Viene infine ripresa nuovamente, in termini di programmazione concreta e di singole iniziative, l’importanza della preghiera che invoca il dono delle vocazioni. Si elencano alcuni esempi: il monastero invisibile, i giovedì vocazionali, la giornata mondiale di preghiera, con l’importante Messaggio annuale del Pontefice, e la giornata diocesana del Seminario.
Un’ultima riflessione è dedicata ad alcune occasioni ed esperienze particolari che possono costituire un ambiente particolarmente favorevole per la proposta vocazionale e la custodia dei suoi primi momenti di sviluppo e verifica: si tratta del gruppo dei ministranti e del loro servizio liturgico come scuola pratica di preghiera e di servizio ecclesiale, degli esercizi spirituali vocazionali, e delle comunità vocazionali residenziali che in molti casi si stanno rivelando un’esperienza di vero e proprio preseminario che si può affiancare al Seminario minore. Circa il Seminario minore viene confermata l’importanza e l’efficacia educativa nel discernere, accompagnare e far maturare il desiderio di diventare sacerdoti. A questo proposito il Dicastero sta svolgendo un’indagine per verificare la realtà dei Seminari minori che in molte situazioni ecclesiali vengono riaperti, con forme e modalità diverse.
In conclusione, il documento ripete nuovamente che il campo fecondo della semina vocazionale è una comunità cristiana che ascolta la Parola, prega con la liturgia e testimonia la carità; e rivolge a tutta la Chiesa un incoraggiamento a riprendere con fiducia il proprio impegno educativo per l’accoglienza della chiamata di Dio al ministero sacerdotale, che ancora oggi dobbiamo ritenere diffusa dalla sua Provvidenza e adeguata alle necessità ecclesiali e a quelle dell’evangelizzazione del mondo.