mercoledì 13 giugno 2012

I corvi, la Colomba e... gli uccelli del malaugurio.

La "Repubblica" di oggi, 13 giugno, riporta un articolo di Nadia Urbinati che presenta uno studio del sociologo torinese Marco Marzano sulla crisi della Chiesa in Italia. La concomitanza cronologica del Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma e il riferimento al Cammino Neocatecumenale mi danno l'opportunità di sottolineare ancora una volta come una lettura meramente orizzontale, appunto sociologica della "Ecclesia" manca per ciò stesso di profezia, è denuncia e basta, cieca sul futuro, soprattutto priva dello sguardo di chi sa che Colui che guida la Chiesa è lo Spirito Santo. Il Quale, con buona pace di giornalisti e teologi alla moda, ci sta consentendo di essere OGGI testimoni di una straordinaria primavera. Il fatto è che per avvertirne i profumi, occorre una cosa che in tante analisi manca: la fede.

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Di seguito la critica di Massimo Introvigne al libro di Marzano (da "Avvenire" del 23 maggio scorso) e l'articolo di Nadia Urbinati, da "Repubblica" di oggi.

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Il sociologo torinese Marco Marzano presenta in «Quel che resta dei cattolici. Indagine sulla crisi della Chiesa in Italia» (Feltrinelli, Milano 2012) una fotografia impietosa dello stato delle parrocchie in Italia. Scattata da uno studioso che non fa mistero del suo ateismo, questa fotografia apparirà senza dubbio a molti cattolici militante, parziale e ingiusta. Tuttavia costituisce pure una provocazione, su cui non è inutile riflettere.
L'indagine procede in tre tappe. La prima vuole mostrare la fine anche in Italia di quella che i sociologi francesi chiamano «civiltà parrocchiale», partendo da una delle questioni più controverse nella sociologia delle religioni: quanti cattolici vanno davvero a Messa tutte le domeniche? Marzano evidenzia il fenomeno del cosiddetto «over-reporting», cioè la discrepanza fra quanti, rispondendo alle interviste dei sociologi, si affermano praticanti regolari e quanti - nella stessa zona - risultano come frequentatori delle Messe da un conteggio capillare effettuato in tutte le chiese. Il sociologo torinese si fonda essenzialmente sulle ricerche di Alessandro Castegnaro in Veneto e su quelle compiute da me e PierLuigi Zoccatelli in Sicilia per concludere che anche in Italia esiste il fenomeno dell''«over-reporting», e il trenta per cento di pratica regolare che emerge dalle interviste a campione dei sociologi va ridimensionato almeno al diciotto per cento che risulta dai conteggi veneti e siciliani alle porte delle chiese. Almeno, perché Marzano pensa - ma in realtà non prova - che il dato nazionale sia ancora più basso. E pensa pure che l'Italia si avvii lentamente verso un futuro in cui la sua pratica regolare scenderà ai livelli della Francia, meno del dieci per cento, in quanto i giovani italiani vanno a Messa meno degli anziani. Ma qui la sua previsione è discutibile, perché i livelli di pratica non rimangono costanti per tutta la vita, e molte ricerche mostrano che chi non va a Messa da giovane potrà riavvicinarsi alla Chiesa da anziano o già prima, quando chiederà aiuto alla parrocchia per educare i figli.
La seconda tappa del viaggio di Marzano lo porta in parrocchie dove i sacerdoti osservano sconsolati fedeli che, per lo più, non hanno totalmente abbandonato la Chiesa ma - nei tre momenti studiati dal sociologo della prima Comunione e Cresima dei figli, dei matrimoni e dei funerali - richiedono al parroco un rito che non comprendono più nelle sue motivazioni profonde. Certo, il sociologo rischia di generalizzare osservazioni svolte in poche parrocchie, soprattutto torinesi, ma fanno molto pensare in particolare le pagine sui corsi per il matrimonio, dove molte coppie - che già convivono - non fanno mistero del loro rifiuto della dottrina cattolica su anticoncezionali, divorzio, aborto, rapporti prematrimoniali, senza che i parroci  pensino di fermarli e di negare le nozze in chiesa. Viene in mente il discorso del 22 gennaio 2011 di Benedetto XVI alla Rota Romana, in cui il Papa affermava che sposarsi in chiesa non è un diritto, e invitava i parroci a un rigoroso esame preventivo dei futuri sposi, anche per prevenire la proliferazione di cause di nullità.
Assai meno condivisibile appare la ricetta proposta da Marzano per resistere alla crisi. Il sociologo ritiene che l'unica ancora di salvezza sia la parrocchia «progressista», che afferma di avere incontrato a Torino, dove il parroco contesta sistematicamente gli ultimi due Pontefici e il suo vescovo, e inneggia - o almeno lascia che i laici suoi collaboratori inneggino - all'abolizione del celibato dei preti, al sacerdozio alle donne, alla comunione ai divorziati risposati, al riconoscimento delle unioni omosessuali. A questo modello - nella terza tappa del suo viaggio - Marzano contrappone quello del Cammino neo-catecumenale, che riconduce al tipo ideale della «setta», reazionaria e oppressiva. E «sette» sarebbero anche non solo gli altri principali movimenti presenti in Italia, ma pure tante parrocchie dove un sacerdote particolarmente brillante «irreggimenta» i laici in piccole comunità intense e moralmente rigorose.
Non tutto è falso nella denuncia dei rischi che i movimenti talora corrono. Ma, a parte un uso piuttosto antiquato dello stereotipo della «setta», il volume cade qui in uno slittamento di prospettiva, dalla sociologia all'ideologia. Marzano non ci sta più dicendo quali modelli di religione siano interessanti per gli uomini e le donne del XXI secolo, ma quali piacciono a lui. Mentre le statistiche compilate con notevole cura da grandi sociologi come Rodney Stark e Roger Finke sul mondo protestante, e talora anche su quello cattolico, mostrano che le comunità progressiste e «politicamente corrette» incontrano l'applauso dei lontani, degli atei non devoti come Marzano. Ma radunano sempre meno fedeli, che invece si affollano proprio in quelle comunità «ortodosse» e leali alla morale cristiana tradizionale che Marzano vorrebbe liquidare come settarie.
(M. Introvigne, da "Avvenire" del 23 maggio 2012)


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Di seguito l'articolo di Nadia Urbinati su Repubblica di oggi. 13 giugno.

Le cronache di questi giorni ci inondano di dettagli sugli intrighi del Vaticano, sulle trame delle varie cordate curiali, sulle mosse e contromosse dei singoli protagonisti delle lotte al vertice della Chiesa. La vita sotterranea di un’antica  istituzione fa mostra di adattarsi perfettamente alle esigenze della società dello spettacolo, come quella delle corti monarchiche. Ma che cosa succede lontano dalla “chiesa legale”, nel “cattolicesimo reale”? In quello mai illuminato dai riflettori mediatici ma pur sempre l’unico davvero rilevante nella vita quotidiana di milioni di credenti? È questo l’argomento del libro di Marco Marzano appena pubblicato da Feltrinelli col titolo 'Quel che resta dei cattolici. Inchiesta sulla crisi della Chiesa in Italia'. Il libro è un’inchiesta sociale, il resoconto di un viaggio durato tre anni,  compiuto dall’autore in decine di parrocchie e di oratori in tutta la Penisola (ma soprattutto al Nord), a contatto  diretto con tanti preti e laici impegnati nella Chiesa, e poi nelle aule di catechismo, in quelle dei corsi prematrimoniali,  nelle assemblee parrocchiali, nelle corsie ospedaliere, nei seminari diocesani, ai funerali, e in altri luoghi ancora,  ovunque si svolga concretamente la vita quotidiana dei cattolici italiani. Ne risulta una lettura sociologica originale dei  cambiamenti in atto e una narrazione vivace e avvincente, “movimentata” dalla presenza di tanti personaggi e dal  racconto di situazioni, di storie, di luoghi. Il lavoro è strutturato attorno a tre snodi centrati sugli effetti della  secolarizzazione sui credenti e nell’istituzione. La secolarizzazione investe in pieno, ci dice Marzano, anche il  cattolicesimo italiano nella forma di un distacco crescente della popolazione dai valori, dalle norme, dalle pratiche e dal  linguaggio della tradizione cattolica. Soprattutto nelle giovani generazioni, l’allontanamento assume la forma di  una frana difficile da arrestare. Sono molte le testimonianze “in presa diretta” in grado di materializzare  immediatamente e in modo vivido la situazione, come il racconto di alcuni corsi di preparazione al matrimonio.
Il  numero dei matrimoni religiosi è in costante e rapida diminuzione a livello nazionale, e persino le coppie di sposi  descritte dal sociologo, quasi tutte conviventi, sono distanti anni luce dal modello familiare proposto loro dal sacerdote  che li segue nel corso. Non si rassegnano a rinunciare al loro punto di vista sull’amore, i rapporti sessuali, il divorzio, la  vita di coppia; e questo loro punto di vista non coincide quasi mai con quello della dottrina ufficiale della Chiesa, che  sentono estranea e lontana, in conflitto con la propria spiritualità autentica, con le loro convinzioni profonde. E  fenomeni analoghi di dissociazione tra religione ufficiale e religione vissuta ritornano anche riguardo ai catechismi, ai  funerali, ai reparti ospedalieri. Come ha spiegato Taylor, nel saggio L’età secolare, questo dipende dalla diffusione  della “cultura dell’autenticità” e cioè dall’idea che, contro ogni conformismo, ognuno abbia il diritto/dovere di trovare  una sua strada. Modificando così anche le “condizioni della credenza”. Come reagiscono le strutture portanti  tradizionali della Chiesa cattolica a questa secolarizzazione? Parrocchie e clero, dice Marzano, possono svolgere ancora  n ruolo importante nella vita civile e religiosa del Paese, ma a patto di riconoscere l’esaurimento definitivo del  tradizionale modello monocratico centrato sulla figura solitaria del prete e di promuovere invece l’autonomia e l’iniziativa di laici finalmente divenuti adulti. È quello che già succede, in uno spirito davvero conciliare, in alcune  parrocchie ben raccontate dall’autore. Sono una sorta di presidio sul territorio, dove i sacerdoti cercano di creare delle  comunità, grazie anche a forme di dialogo costante con i ragazzi. Ma oltre a queste alternative, sembra esservi  solo il declino. Dai racconti e dalle testimonianze degli intervistati, il clero ne esce come un ceto sociale in grande affanno, sempre più esiguo nei ranghi, parte di strutture obsolete e segregate come i seminari, in difficoltà nel  mantenere alta la propria reputazione in una società secolarizzata che mette in discussione tutte le autorità tradizionali. Una società dell’autenticità nella quale, tra le altre cose, si tollera sempre più a fatica l’incoerenza del “predicare bene e razzolare male”, alla quale i preti sono costretti dall’obbligo del celibato. A tutte le difficoltà citate se ne aggiunge un’altra, comune a tutta la chiesa di base, al cattolicesimo delle parrocchie nel suo insieme: quella di far i conti con  l’intransigenza conservatrice del pontefice e delle gerarchie romane che, amplificata quotidianamente da tutti i mezzi di informazione, spesso ostacola non poco il lavoro quotidiano dei parroci, che esige invece tolleranza e capacità di dialogo con il prossimo, anche con i tanti “lontani”. L’ultima parte del libro è dedicata a quelli che Marzano chiama i “nuovi cattolici”, ovvero i militanti di quei gruppi (i ciellini, i carismatici, i cursillos, etc.) che, dal Concilio Vaticano II in poi, si sono radicati nella Chiesa Cattolica. Marzano ha scelto di descriverne in profondità uno solo caso (il Cammino Neocatecumenale, l’organizzazione fondata dal pittore spagnolo Kiko Arguello negli anni Sessanta, nel tempo divenuta una delle più potenti ed influenti all’interno della Chiesa) mettendo in evidenze un processo di settarizzazione che risponde alle esigenze di forme nuove di autentica religiosità, ormai insoddisfatta dalle parrocchie. La diffusione del settarismo all’interno della chiesa è anche una conseguenza del rifiuto ostinato dei vertici ecclesiastici di considerare la secolarizzazione come una possibilità che potrebbe liberare il cattolicesimo di quegli orpelli che frenano la diffusione del suo messaggio religioso in un’età di secolarizzazione. Invece, dai vertici la secolarizzazione viene, spesso vanamente, combattuta e talvolta negata a tutti i costi. Persino al costo di veder trasformata l’antica Chiesa di Roma in una federazione di piccole conventicole guidate dal grande monarca romano.