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Di seguito la critica di Massimo Introvigne al libro di Marzano (da "Avvenire" del 23 maggio scorso) e l'articolo di Nadia Urbinati, da "Repubblica" di oggi.
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L'indagine procede in tre tappe. La prima vuole mostrare la fine anche in Italia di quella che i sociologi francesi chiamano «civiltà parrocchiale», partendo da una delle questioni più controverse nella sociologia delle religioni: quanti cattolici vanno davvero a Messa tutte le domeniche? Marzano evidenzia il fenomeno del cosiddetto «over-reporting», cioè la discrepanza fra quanti, rispondendo alle interviste dei sociologi, si affermano praticanti regolari e quanti - nella stessa zona - risultano come frequentatori delle Messe da un conteggio capillare effettuato in tutte le chiese. Il sociologo torinese si fonda essenzialmente sulle ricerche di Alessandro Castegnaro in Veneto e su quelle compiute da me e PierLuigi Zoccatelli in Sicilia per concludere che anche in Italia esiste il fenomeno dell''«over-reporting», e il trenta per cento di pratica regolare che emerge dalle interviste a campione dei sociologi va ridimensionato almeno al diciotto per cento che risulta dai conteggi veneti e siciliani alle porte delle chiese. Almeno, perché Marzano pensa - ma in realtà non prova - che il dato nazionale sia ancora più basso. E pensa pure che l'Italia si avvii lentamente verso un futuro in cui la sua pratica regolare scenderà ai livelli della Francia, meno del dieci per cento, in quanto i giovani italiani vanno a Messa meno degli anziani. Ma qui la sua previsione è discutibile, perché i livelli di pratica non rimangono costanti per tutta la vita, e molte ricerche mostrano che chi non va a Messa da giovane potrà riavvicinarsi alla Chiesa da anziano o già prima, quando chiederà aiuto alla parrocchia per educare i figli.
La seconda tappa del viaggio di Marzano lo porta in parrocchie dove i sacerdoti osservano sconsolati fedeli che, per lo più, non hanno totalmente abbandonato la Chiesa ma - nei tre momenti studiati dal sociologo della prima Comunione e Cresima dei figli, dei matrimoni e dei funerali - richiedono al parroco un rito che non comprendono più nelle sue motivazioni profonde. Certo, il sociologo rischia di generalizzare osservazioni svolte in poche parrocchie, soprattutto torinesi, ma fanno molto pensare in particolare le pagine sui corsi per il matrimonio, dove molte coppie - che già convivono - non fanno mistero del loro rifiuto della dottrina cattolica su anticoncezionali, divorzio, aborto, rapporti prematrimoniali, senza che i parroci pensino di fermarli e di negare le nozze in chiesa. Viene in mente il discorso del 22 gennaio 2011 di Benedetto XVI alla Rota Romana, in cui il Papa affermava che sposarsi in chiesa non è un diritto, e invitava i parroci a un rigoroso esame preventivo dei futuri sposi, anche per prevenire la proliferazione di cause di nullità.
Assai meno condivisibile appare la ricetta proposta da Marzano per resistere alla crisi. Il sociologo ritiene che l'unica ancora di salvezza sia la parrocchia «progressista», che afferma di avere incontrato a Torino, dove il parroco contesta sistematicamente gli ultimi due Pontefici e il suo vescovo, e inneggia - o almeno lascia che i laici suoi collaboratori inneggino - all'abolizione del celibato dei preti, al sacerdozio alle donne, alla comunione ai divorziati risposati, al riconoscimento delle unioni omosessuali. A questo modello - nella terza tappa del suo viaggio - Marzano contrappone quello del Cammino neo-catecumenale, che riconduce al tipo ideale della «setta», reazionaria e oppressiva. E «sette» sarebbero anche non solo gli altri principali movimenti presenti in Italia, ma pure tante parrocchie dove un sacerdote particolarmente brillante «irreggimenta» i laici in piccole comunità intense e moralmente rigorose.
Non tutto è falso nella denuncia dei rischi che i movimenti talora corrono. Ma, a parte un uso piuttosto antiquato dello stereotipo della «setta», il volume cade qui in uno slittamento di prospettiva, dalla sociologia all'ideologia. Marzano non ci sta più dicendo quali modelli di religione siano interessanti per gli uomini e le donne del XXI secolo, ma quali piacciono a lui. Mentre le statistiche compilate con notevole cura da grandi sociologi come Rodney Stark e Roger Finke sul mondo protestante, e talora anche su quello cattolico, mostrano che le comunità progressiste e «politicamente corrette» incontrano l'applauso dei lontani, degli atei non devoti come Marzano. Ma radunano sempre meno fedeli, che invece si affollano proprio in quelle comunità «ortodosse» e leali alla morale cristiana tradizionale che Marzano vorrebbe liquidare come settarie.
(M. Introvigne, da "Avvenire" del 23 maggio 2012)
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Di seguito l'articolo di Nadia Urbinati su Repubblica di oggi. 13 giugno.
Le
cronache di questi giorni ci inondano di dettagli sugli intrighi del
Vaticano, sulle trame delle varie cordate curiali, sulle mosse e
contromosse dei singoli protagonisti delle lotte al vertice della
Chiesa. La vita sotterranea di un’antica istituzione fa mostra di
adattarsi perfettamente alle esigenze della società dello spettacolo,
come quella delle corti monarchiche. Ma che cosa succede lontano dalla
“chiesa legale”, nel “cattolicesimo reale”? In quello mai illuminato dai
riflettori mediatici ma pur sempre l’unico davvero rilevante nella vita
quotidiana di milioni di credenti? È questo l’argomento del libro di
Marco Marzano appena pubblicato da Feltrinelli col titolo 'Quel che
resta dei cattolici. Inchiesta sulla crisi della Chiesa in Italia'. Il
libro è un’inchiesta sociale, il resoconto di un viaggio durato tre
anni, compiuto dall’autore in decine di parrocchie e di oratori in tutta la Penisola (ma soprattutto al Nord), a contatto diretto con tanti preti e laici impegnati nella Chiesa, e poi nelle aule di catechismo, in quelle dei corsi prematrimoniali,
nelle assemblee parrocchiali, nelle corsie ospedaliere, nei seminari
diocesani, ai funerali, e in altri luoghi ancora, ovunque si svolga
concretamente la vita quotidiana dei cattolici italiani. Ne risulta una
lettura sociologica originale dei cambiamenti in atto e una narrazione
vivace e avvincente, “movimentata” dalla presenza di tanti personaggi e
dal racconto di situazioni, di storie, di luoghi. Il lavoro è
strutturato attorno a tre snodi centrati sugli effetti della
secolarizzazione sui credenti e nell’istituzione. La secolarizzazione
investe in pieno, ci dice Marzano, anche il cattolicesimo italiano
nella forma di un distacco crescente della popolazione dai valori, dalle
norme, dalle pratiche e dal linguaggio della tradizione cattolica.
Soprattutto nelle giovani generazioni, l’allontanamento assume la forma
di una frana difficile da arrestare. Sono molte le testimonianze “in
presa diretta” in grado di materializzare immediatamente e in modo
vivido la situazione, come il racconto di alcuni corsi di preparazione
al matrimonio.
Il
numero dei matrimoni religiosi è in costante e rapida diminuzione a
livello nazionale, e persino le coppie di sposi descritte dal
sociologo, quasi tutte conviventi, sono distanti anni luce dal modello
familiare proposto loro dal sacerdote che li segue nel corso. Non si
rassegnano a rinunciare al loro punto di vista sull’amore, i rapporti
sessuali, il divorzio, la vita di coppia; e questo loro punto di vista
non coincide quasi mai con quello della dottrina ufficiale della Chiesa,
che sentono estranea e lontana, in conflitto con la propria
spiritualità autentica, con le loro convinzioni profonde. E fenomeni
analoghi di dissociazione tra religione ufficiale e religione vissuta
ritornano anche riguardo ai catechismi, ai funerali, ai reparti
ospedalieri. Come ha spiegato Taylor, nel saggio L’età secolare, questo
dipende dalla diffusione della “cultura dell’autenticità” e cioè
dall’idea che, contro ogni conformismo, ognuno abbia il diritto/dovere
di trovare una sua strada. Modificando così anche le “condizioni della
credenza”. Come reagiscono le strutture portanti tradizionali della
Chiesa cattolica a questa secolarizzazione? Parrocchie e clero, dice
Marzano, possono svolgere ancora n ruolo importante nella vita civile e
religiosa del Paese, ma a patto di riconoscere l’esaurimento definitivo
del tradizionale modello monocratico centrato sulla figura solitaria
del prete e di promuovere invece l’autonomia e l’iniziativa di laici
finalmente divenuti adulti. È quello che già succede, in uno spirito
davvero conciliare, in alcune parrocchie ben raccontate dall’autore.
Sono una sorta di presidio sul territorio, dove i sacerdoti cercano di
creare delle comunità, grazie anche a forme di dialogo costante con i
ragazzi. Ma oltre a queste alternative, sembra esservi solo il declino.
Dai racconti e dalle testimonianze degli intervistati, il clero ne esce
come un ceto sociale in grande affanno, sempre più esiguo nei ranghi,
parte di strutture obsolete e segregate come i seminari, in difficoltà
nel mantenere alta la propria reputazione in una società secolarizzata
che mette in discussione tutte le autorità tradizionali. Una società
dell’autenticità nella quale, tra le altre cose, si tollera sempre più a
fatica l’incoerenza del “predicare bene e razzolare male”, alla quale i
preti sono costretti dall’obbligo del celibato. A tutte le difficoltà
citate se ne aggiunge un’altra, comune a tutta la chiesa di base, al
cattolicesimo delle parrocchie nel suo insieme: quella di far i conti
con l’intransigenza conservatrice del pontefice e delle gerarchie
romane che, amplificata quotidianamente da tutti i mezzi di
informazione, spesso ostacola non poco il lavoro quotidiano dei parroci,
che esige invece tolleranza e capacità di dialogo con il prossimo,
anche con i tanti “lontani”. L’ultima parte del libro è dedicata a
quelli che Marzano chiama i “nuovi cattolici”, ovvero i militanti di
quei gruppi (i ciellini, i carismatici, i cursillos, etc.) che, dal
Concilio Vaticano II in poi, si sono radicati nella Chiesa Cattolica.
Marzano ha scelto di descriverne in profondità uno solo caso (il Cammino
Neocatecumenale, l’organizzazione fondata dal pittore spagnolo Kiko
Arguello negli anni Sessanta, nel tempo divenuta una delle più potenti
ed influenti all’interno della Chiesa) mettendo in evidenze un processo
di settarizzazione che risponde alle esigenze di forme nuove di
autentica religiosità, ormai insoddisfatta dalle parrocchie. La
diffusione del settarismo all’interno della chiesa è anche una
conseguenza del rifiuto ostinato dei vertici ecclesiastici di
considerare la secolarizzazione come una possibilità che potrebbe
liberare il cattolicesimo di quegli orpelli che frenano la diffusione
del suo messaggio religioso in un’età di secolarizzazione. Invece, dai
vertici la secolarizzazione viene, spesso vanamente, combattuta e
talvolta negata a tutti i costi. Persino al costo di veder trasformata
l’antica Chiesa di Roma in una federazione di piccole conventicole
guidate dal grande monarca romano.