giovedì 5 luglio 2012

La particella di Dio e le meraviglie della creazione

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Il padre Livio, direttore di Radio Maria, dedicava il caffettino di oggi, 5 luglio, al bosone di Higgs. Queste le sue parole:

Trovata la particella di Dio

O uomo, apri l’occhio
e mettiti in ginocchio.
Traggo i commenti seguenti rispettivamente  da "Vatican Insider" (A. Speciale) e da "Il Foglio" di oggi, 5 luglio (U. Casotto)

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Che la scoperta del bosone di Higgs fosse ormai vicina, monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, lo aveva saputo ‘in anteprima’ lo scorso autunno.

Durante il simposio sulla fisica subnucleare organizzato alla Casina Pio V in Vaticano, alcuni dei fisici del Cern avevano spiegato che il Large Hadron Collider – il mega-acceleratore di particelle sotto il suolo di Ginevra inaugurato meno di un anno prima – aveva cominciato a capitare ‘indizi’ della misteriosa particella inseguita dai fisici da quasi cinquant’anni. Quella senza la quale, per capirci, allo stato attuale delle teorie sulla natura dell’universo, niente nel nostro mondo potrebbe avere massa, e tutto sarebbe un brodo di pura energia.

“Ogni volta si dimostra che la creazione è qualcosa di meraviglioso”, dice oggi monsignor Sanchez Sorondo a Vatican Insider, commentando l’annuncio della conferma della scoperta arrivato ieri da Ginevra.

Il fatto che il bosone di Higgs ci sia, come previsto dai fisici nel 1964, mostra che l’universo “ha una struttura fondamentale che viene scoperta”. “Ma se sta lì – aggiunge con una punta di malizia il presule argentino – qualcuno ce la deve aver messa”.

Il bosone di Higgs è diventato la ‘rockstar’ della fisica nucleare soprattutto grazie al nomignolo affibbiatogli in un libro del 1993 dal premio Nobel per la fisica Leon M. Lederman: la ‘particella di Dio’. In realtà, sembra che originariamente il fisico avesse pensato a ‘ dannata particella’ – goddamn, in inglese – per poi vedersi il titolo cambiato da un editor con un gran fiuto.

Il nome è forse troppo altisonante. “Ma mi fa piacere – scherza oggi monsignor Sanchez Sorondo – che anche Margherita Hack, che è atea, parli di ‘particella di Dio’”.

Più seriamente, il teologo indica due aspetti positivi nella scoperta del Cern. Prima di tutto, “la nostra conoscenza aiuta a scoprire cosa succede nella natura”. In pratica, “la matematica ci serve, ma solo fino a un certo punto”, perché non si può fare a meno del riscontro della realtà: è un filone di pensiero che il presule chiama ‘neo-realismo’ e che sottolinea come tra “quello che accade nella natura” e “quello che viene compreso nella mente” c’è una effettiva corrispondenza. In altre parole: non siamo ingabbiati nella bolla di vetro della nostra testa, c’è una reale rispondenza tra mondo e pensiero.

Poi, prosegue monsignor Sanchez Sorondo, “lo scienziato scopre leggi che non ha messo lì. E chiedersi chi sia stato a metterle lì è una domanda teologica: lo scienziato si limita a dire che le ha scoperte, il credente vede il frutto dell’azione di Dio”.

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Studiare serve a scoprire quanto siamo ignoranti. Per questo non bisogna smettere mai. La scoperta, che poi non di scoperta si tratta ma di conferma sperimentale, del fino a ieri inafferrabile bosone di Higgs ne è l’ennesima conferma. E non sarà l’ultima. I titoli dei giornali, giustamente euforici, parlano di “particella di Dio”. Higgs, che ne teorizzò l’esistenza, non sopporta che la chiamino così, preferisce definirla “fiocco di neve”. L’attribuzione teologica è responsabilità del premio Nobel Leo Lederman che chiamandola “particella di Dio” sperava di convincere le autorità politiche statunitensi a non revocare i finanziamenti per l’acceleratore del Fermilab di Chicago.
Ora il “fiocco di neve” è stato catturato – dire visto sarebbe dire troppo – perché (in questo è vero, si comporta un po’ come Dio, ma non è una sua esclusiva, tutta la realtà è “segno”) ha lasciato tracce di sé in due esperimenti che gli davano la caccia con tecnologie diverse: la sua energia si esprime tra 125 e 126 GeV (miliardi di elettronvolt). Il bosone che Higgs “vide” nel 1964 (allora sì che si trattò di visione) era il tassello mancante al cosiddetto Modello standard, la teoria che spiega l’architettura di base della natura, sarebbe lui il fornitore di massa a tutte le altre particelle subatomiche della materia.
Ora, gli scienziati, almeno quelli seri, non sono mai apodittici e anche in questo caso parlano di valori che garantiscono “l’altissima probabilità” della presenza del fatidico bosone, e, soprattutto, dicono che il suo ritrovamento non chiude nessuna partita, anzi “ha aperto una nuova fisica”. E con umiltà spiegano che non tutto è andato come previsto, che la scienza, scusate il bisticcio, non è una scienza esatta, che le caratteristiche del bosone sono diverse da come la teoria l’aveva immaginato (avete letto giusto, gli scienziati, i fisici almeno, usano l’immaginazione), ma “proprio le nuove anomalie intraviste nel bosone di Higgs – ha detto Rolf Heuer, direttore generale del Cern – potrebbero costituire l’anello di congiunzione con la realtà che ancora ignoriamo”.
Nella storia della scienza c’è sempre un anello mancante. La realtà di cui ancora siamo ignoranti – va detto per completezza di informazione di fronte al successo giustamente rivendicato da Heuer (“Abbiamo raggiunto una tappa fondamentale nella conoscenza della natura”) – è quel 96 per cento di materia ed energia oscura che costituisce l’universo che oggi ci è noto e di cui non conosciamo le caratteristiche. La materia su cui siamo edotti è il 4 per cento.
Dunque è vero, studiare serve a capire quanto siamo ignoranti e che la conoscenza indispensabile al vivere non sia rintracciabile in nessuna parte o particella, perché riguarda il tutto. L’uomo religioso non ha nulla da temere da alcuna scoperta scientifica, guarda con stupore nel cannocchiale di Galileo come nello schermo dell’ecografia, e si addentra volentieri nel sottosuolo del Large Hadron Collider di Ginevra come hanno fatto nel gennaio scorso alcuni cardinali italiani. Il matematico Francesco Severi spiegava che quanto più si addentrava nella ricerca scientifica, tanto più gli era evidente che tutto ciò che scopriva, man mano che procedeva, era “in funzione di un assoluto che si oppone come barriera elastica (…) al suo superamento con i mezzi conoscitivi. C’è un oltre cui ogni scoperta rimanda. La verifica sperimentale della validità del Modello standard delle particelle elementari è anche la conferma della presenza nel mondo di una simmetria e forse addirittura di una supersimmetria, quindi di un ordine armonico che è la condizione prima per poter parlare dell’esistenza di un’intelligenza che crea e governa il tutto.
“Chi non ammette l’insondabile mistero non può essere neanche uno scienziato” non è una massima del cardinale Camillo Ruini, ma di Albert Einstein. Ed è una verità semplice, per così dire democratica, attingibile anche a chi scienziato non è, ma di una certa “scienza”, di un sapere certo, cioè di un senso, ha assoluta necessità per vivere.
Jurij Gagarin, primo uomo nello spazio, disse di non aver visto Dio lassù. Più umilmente, e più realisticamente, l’anonimo estensore del salmo 138 descrisse così l’esperienza possibile all’uomo di ogni tempo: “Se salgo in cielo, là tu sei; / se scendo negli inferi, eccoti. (…) Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio! Se volessi contarli, sono più della sabbia”. Ci son più cose in cielo e in terra di quante ne veda l’acceleratore del Cern.