La dimensione contemplativa della vita
[1] Carissimi Sacerdoti e fedeli, fratelli e sorelle nel
Signore,
ringrazio Dio perché mi dà, in questi giorni in cui vi sto
scrivendo, qualche momento di quiete contemplativa. Posso dedicare lunghe ore
alla preghiera, alla riflessione, alla meditazione. Rivedo gli avvenimenti, gli
incontri, le persone che sono entrate nella mia vita in questi ultimi mesi e li
offro nella preghiera al Signore. Ripenso al cumulo di impegni attraverso i
quali sono passato nel pur breve cammino di conoscenza della Diocesi e cerco di
ordinarli nella mia mente. Mi sforzo di cogliere il significato delle diverse
esperienze, di valutarle alla luce del Vangelo a imitazione di Maria che
"serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 20).
Nel fare ciò mi accorgo di stare vivendo, per dono di Dio,
quella che si potrebbe chiamare la "dimensione contemplativa" dell'esistenza:
cioè quel momento di distacco dall'incalzare delle cose, di riflessione, di
valutazione alla luce della fede, che è tanto necessario per non essere travolti
dal vortice degli impegni quotidiani
[2] E' proprio su questo prezioso "tempo dello spirito" che
vorrei parlare un poco più a lungo con voi. Tra le tante cose che ho potuto
osservare e ammirare in questi mesi, accanto alle splendide iniziative che
fioriscono ovunque nella Diocesi per l'opera infaticabile dei battezzati,
sacerdoti e laici, mi è sembrato fosse utile richiamare l'importanza di questi
spazi di riflessione contemplativa, non per diminuire !'impegno, ma per renderlo
più cosciente e attento. Il costruttore della parabola evangelica (LC 14, 28)
che prima di iniziare la torre si siede e fa i suoi conti, non perde tempo, ma
ne guadagna. Il lavoro procederà così più spedito e lieto.
Questo discorso sulla dimensione contemplativa della vita si
dirige a ogni uomo e donna che intenda condurre un'esistenza ordinata e
sottrarsi a quella frattura tra lavoro e persona che minaccia oggi un poco
tutti.
Vorrei che queste parole fossero un messaggio per tutti gli
uomini di buona volontà di Milano e dell'intera Diocesi, spesso appesantiti
dall'accumulo delle fatiche quotidiane e dalla molteplicità delle
preoccupazioni.
Vorrei dire loro che ammiro l'impegno stressante per la
costruzione della città, per la difesa e la diffusione del benessere, per il
trionfo dell'ordine contro la minaccia sempre incombente del disordine e dello
sfascio.
Ma vorrei anche ricordare che l'ansia della vita non è la
legge suprema, non è una condanna inevitabile. Essa è vinta da un senso più
profondo dell'essere dell'uomo, da un ritorno alle radici dell'esistenza. Questo
senso dell'essere, questo ritorno alle radici, ci permettono di guardare con più
fermezza e serenità ai gravissimi problemi che la difesa e la promozione della
convivenza civile ci propongono ogni giorno.
Tuttavia vorrei approfondire ulteriormente il discorso alla
luce della fede, esplorando le profondità della persona redenta da Cristo,
mostrando gli orizzonti reali e meravigliosi su cui ci fa aprire gli occhi la
riflessione sul mistero della preghiera, in particolare sulla "preghiera
eucaristica silenziosa".
Intendo trattare prima di tutto della "preghiera silenziosa",
cioè di tutti quegli aspetti del rapporto dell'uomo con Dio in cui è
sottolineata la dimensione contemplativa dell'esistenza: silenzio, ascolto della
Parola, adorazione, riflessione, meditazione, ecc. Questo atteggiamento
interiore non isola la persona dalla realtà della Chiesa e del mondo, ma aiuta
ad immergervela seriamente e responsabilmente. Intendo mostrare come questo tipo
di preghiera si può chiamare "eucaristica", perché ha come centro e punto di
riferimento il mistero del Corpo del Signore, cioè l'Eucaristia. Essa aiuta a
riscoprire quegli atteggiamenti di gratuità, di lode, di dono serio della vita
che sono frutto del mistero eucaristico per la Chiesa.
[3] Prendendo il tema della dimensione contemplativa, che si
specifica poi come "preghiera eucaristica silenziosa", a oggetto delle
indicazioni pastorali per l'anno 1980-1981 intendo anche favorire la
preparazione remota al Congresso Eucaristico Nazionale che si terrà nella nostra
Diocesi nel 1983. Tema del congresso sarà: "L'Eucaristia al centro della
comunità e della sua missione". Bisognerà allora riflettere esplicitamente sulla
grande preghiera eucaristica pubblica, sulle manifestazioni solenni del culto
verso l'Eucaristia e sulle loro conseguenze per la vita degli uomini e delle
donne del nostro tempo. Questo anno 1980-81 può essere inteso come un anno di
pausa riflessiva, che però già orienti verso il centro della vita dell'uomo
redento, cioè l'Eucaristia.
L'argomento di quest'anno non si presenta sotto l'aspetto di
un vero e proprio "piano pastorale". Sono troppo pochi i mesi di conoscenza
della Diocesi per permettermi di dare indicazioni programmatiche tratte da una
valutazione complessiva della situazione. Del resto, la Conferenza Episcopale
Italiana ha pensato a quest'anno come a un momento di pausa. Vorremmo però dare
a questa pausa il suo significato più profondo di "momento contemplativo". Per
questo invitiamo tutti i battezzati della Diocesi ad un serio esame su questo
tema, e alla promozione di iniziative che aiuteranno a concentrare l'attenzione
su questo aspetto fondamentale dell'esistenza cristiana. A tutti coloro che per
grazia e per vocazione sono "maestri della preghiera", ai sacerdoti, religiosi e
religiose, specialmente di vita contemplativa, e a tutti quei battezzati che
sentono in sé in modo speciale la grazia della preghiera di silenziosa
adorazione e di ascolto della Parola, ai membri dell'Azione Cattolica e di altri
gruppi e movimenti ecclesiali e a quanti sono impegnati nell'apostolato,
raccomando in modo tutto speciale queste indicazioni.
Questa lettera si articolerà nel modo seguente.
Cercheremo di fare prima di tutto una analisi della
situazione attuale: come è vissuto nella nostra società e nella nostra Chiesa il
momento contemplativo dell'esistenza?
Vedremo poi di chiarire i rapporti tra preghiera, silenzio e
struttura della persona umana, e di approfondire i rapporti fra preghiera e
Eucarestia.
Tratteremo infine dell'educazione alla preghiera silenziosa,
terminando con alcune indicazioni pratiche.
Non si intende in nessun caso offrire un'esposizione
esaustiva, ma si propongono incitamenti a riflettere e a operare.
Questa lettera vorrebbe avviare il lavoro personale e di
gruppo su questo tema. Sarò grato a tutti coloro che mi scriveranno
osservazioni, aggiunte, chiarimenti, approfondimenti su quanto qui viene
suggerito, come ringrazio tutti coloro che hanno contribuito in vari modi alla
stesura di questa lettera.
Mio desiderio è unicamente di stimolare ciascuno a fare
l'esperienza di queste cose, e a gustarne i frutti nella propria vita.
[4] Ricorderemo alcune caratteristiche più vistose della
maniera in cui oggi è vissuta l'istanza contemplativa della vita, ne vedremo lo
sfondo nella cultura attuale, e su di esso cercheremo di cogliere il cammino
della Chiesa Italiana e della nostra Diocesi.
[5] Tra le molte cose che si possono dire sulla maniera in
cui è vissuta oggi la dimensione contemplativa dell'esistenza, vengono alla
mente le seguenti:
- la disabitudine presso la grande massa alla pratica della
preghiera e delle pause contemplative. In questo la nostra civiltà occidentale
si distingue nettamente dalle civiltà dell'Oriente dove sono in onore la pratica
e le tecniche contemplative e il gusto per la riflessione profonda;
- la ricerca, diversamente motivata, presso alcuni gruppi, di
forme e momenti più intensi di preghiera, di esperienze di "deserto" e di
riconversione alla natura;
- l'inconsapevolezza, un poco presso tutti, dell'importanza
del problema, insieme con una certa nostalgia per questo valore irrinunciabile
della vita. Forse la gente prega e riflette più di quanto non sappia o non dica.
Si tratta di aiutarla a dare un nome più preciso, un indirizzo più costante, un
contenuto più cristiano a certe provvidenziali impennate del cuore che, più o
meno intensamente, sono presenti nella storia di ognuno. L'esodo massiccio dalle
città nei periodi di vacanze e nei fine settimana esprime in fondo anche questo
desiderio di ritorno alle radici contemplative della vita.
[6] Lo sfondo generale di questa situazione è costituito da
una cultura occidentale attuale, che ha un indirizzo prevalentemente prassistico,
tutto teso al "fare", al "produrre", ma che genera, per contraccolpo, un bisogno
indistinto di silenzio, di ascolto, di respiro contemplativo. Ma entrambi gli
orientamenti rischiano di rimanere superficiali. Sia l'attivismo frenetico, sia
certe maniere di intendere la contemplazione possono rappresentare una "fuga"
dal reale. Per far evolvere cristianamente questa situazione, non basterà
risvegliare una ricerca di preghiera. Occorrerà anche purificare, orientare,
cristianizzare certe forme scorrette o insufficienti di ricerca. In particolare
occorrerà evitare le generiche contrapposizioni tra azione, lotta, rivoluzione,
da un lato, e contemplazione, silenzio, passività, dall'altro. Bisognerà dare
uno specifico orientamento cristiano sia all'azione, sia alla contemplazione.
Quanto qui diremo sull'impegno per rendere più cosciente la
dimensione contemplativa della vita va dunque inteso nel quadro dell'impegno
generale per un'armonica crescita dell'uomo, homo faber e homo sapiens, secondo
la sua piena misura e capacità.
[7] Su questo sfondo generale si può collocare il cammino
della Chiesa Italiana, così come è espresso dai piani annuali della CEI. Essi
sono stati tesi a cogliere il senso della "evangelizzazione" in un confronto con
i sacramenti, la promozione umana, i ministeri, la famiglia, la comunità
cristiana. Il tema della "evangelizzazione" letto nel contesto di alcuni grandi
interventi del Magistero Pontificio, si presenta come il grande sforzo fatto
dalla Chiesa di oggi per capire se stessa e la propria missione di fronte ai
complessi fenomeni del mondo contemporaneo. Evangelizzare significa "portare la
buona novella in tutti gli strati dell'umanità e, col suo influsso, trasformare
dal di dentro, render nuova l'umanità stessa... La Chiesa evangelizza
allorquando, in virtù della sola potenza divina del Messaggio che essa proclama,
cerca di convertire la coscienza personale e insieme collettiva degli uomini,
l'attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l'ambiente concreto loro
propri" (Evangelii Nuntiandi, n. 18).
La Chiesa, nata dalla Parola di salvezza, costruita dai
sacramenti, guidata dal Signore e dallo Spirito che distribuiscono i vari
ministeri, ha il compito di assumere l'ansia e l'impegno di promozione umana e
di dirigerlo verso qualcosa che non si limita alla promozione orizzontale, ma
costituisce un "di più" non pleonastico o facoltativo, ma essenziale e decisivo
per la salvezza dell'uomo.
Questo "di più", da un lato, può essere espresso facendo
riferimento al Vangelo, al Regno, alla realtà di Gesù morto, risorto e vivente
nella Chiesa come esprimenti l'infinito amore del Padre che chiama l'uomo alla
partecipazione alla sua stessa vita; dall'altro, può essere
intravisto
anche
mediante una riflessione antropologica che colga l'uomo come aperto al mistero,
paradossale promontorio sporgente sull'Assoluto, essere eccentrico e
insoddisfatto, che soltanto in una incondizionata dedizione all'imprevedibile
piano di Dio trova le condizioni per realizzare la propria autenticità.
Ma questo "di più" evangelico, questa tensione e vocazione
dell'uomo a qualcosa che lo trascende, non richiedono forse, per essere capite e
accolte, uno spazio di silenzio, un'attitudine contemplativa? Ma a ciò si oppone
la molteplicità e l'urgenza delle incombenze quotidiane, che tendono a dividere
l'uomo, a sommergerlo nelle preoccupazioni e a stordirlo con mille sensazioni
diverse, così come le spine tendono a soffocare il germoglio (cfr. Lc 8, 14; 10,
40-42).
Perciò un'attenzione riflessa alla dimensione contemplativa
della vita è necessaria per inserirsi con verità nel cammino della Chiesa
Italiana sulla linea di una evangelizzazione capace di rivelare all'uomo gli
orizzonti sconfinati della sua chiamata.
[8] In questo quadro culturale generale e in questo cammino
della Chiesa Italiana, la
Chiesa che è in Milano si inserisce con le sue particolarità.
- Va tenuto presente innanzi tutto il tono esasperato che
assumono nella nostra Diocesi le contraddizioni della civiltà industriale.
Questo rende ancor più stimolante e profetico il compito di elaborare modelli e
forme di preghiera contemplativa per l'uomo d'oggi.
- Si può ricordare quel misto di realismo pratico e di soda
pietà tradizionale che caratterizza le nostre parrocchie e costituisce un
patrimonio da verificare, aggiornare, armonizzare, approfondire.
- Si può ricordare la crisi degli adulti che, sparite certe
forme tradizionali di preghiera, legate al ritmo pre-industriale, faticano a
trovare nuove forme.
- Si può ricordare la consolante richiesta di silenzio
contemplativo da parte di gruppi giovanili, che vanno scoprendo che il
cristianesimo impegnato socialmente di qualche anno fa, pur senza perdere la sua
ansia sociale, esige una immersione nel mondo misterioso della fede.
- Si può ricordare la confluenza di più civiltà nella trama
internazionale della nostra Città. Il confronto con le forme di preghiera
provenienti soprattutto dall'Oriente può diventare uno stimolo a una più
rigorosa scoperta degli originali valori della preghiera cristiana, sullo sfondo
di un dialogo e di un reciproco arricchimento con altre tradizioni. Il
centenario di S. Benedetto celebrato quest'anno ci invita in particolare a saper
riscoprire quanto dei valori fondamentali della vita monastica possa oggi essere
rivissuto nel contesto della civiltà contemporanea.
- Si può ricordare infine la preparazione al Congresso
Eucaristico Nazionale, volto a riflettere sulla centralità dell'Eucaristia nella
comunità cristiana. Per questo è necessario cogliere attentamente sia il posto
della Eucaristia nella comunità, sia la relazione tra ogni preghiera del
battezzato, anche quella solitaria e silenziosa, e l'Eucaristia.
[9] La proposta di riflettere sulla dimensione contemplativa
della vita intende provocare implicitamente il recupero di alcune certezze che
nei confusi e pur fecondi anni appena trascorsi hanno patito qualche
scolorimento o qualche eclissi.
Tali sono l'importanza religiosa del silenzio, il primato,
nella persona umana, dell'essere sull'avere, sul dire, sul fare; il giusto
rapporto persona-comunità.
Naturalmente, il recupero di questi valori non può
significare abbandono o misconoscimento di quelli che il recente passato ha
posto giustamente in rilievo, come la preghiera della comunità che coralmente
canta e parla con Dio, la necessità che alla professione di fede e alla lode
segua la coerenza della testimonianza e delle opere, l'importanza della
dimensione ecclesiale in tutti gli ambiti dell'esistenza cristiana.
Ma pare venuto il momento di ricordare, in vista di una
sequela di Cristo più intensa e armoniosa, che l'abitudine alla contemplazione e
al silenzio feconda e arricchisce la preghiera vocale e comunitaria; che non si
dà azione o impegno che non sgorghi dalla verità dell'essere profondo dell'uomo
che in Cristo è stato rinnovato ed esaltato; che proprio la coscienza e ]a
libertà delle singole persone, con le loro convinzioni, le loro speranze e i
loro propositi, costituiscono l'autenticità e il pregio di ogni esistenza
associata nel nome del Signore.
[10] Il silenzio. Se in principio c'era la Parola e dalla
Parola di Dio, venuta tra noi, è cominciata ad avverarsi la nostra redenzione, è
chiaro che, da parte nostra, all'inizio della storia personale di salvezza ci
deve essere il silenzio: il silenzio che ascolta, che accoglie, che si lascia
animare. Certo, alla Parola che si manifesta dovranno poi corrispondere le
nostre parole di gratitudine, di adorazione, di supplica; ma prima c'e il
silenzio.
Se, com'è avvenuto per Zaccaria, padre di Giovanni Battista,
il secondo miracolo del Verbo di Dio è quello di far parlare i muti, cioè di
sciogliere la lingua dell'uomo terrestre ricurvo su se stesso nel canto delle
meraviglie del Signore, il primo è quello di far ammutolire l'uomo ciarliero e
disperso (cfr. Lc 1, 20-22).
"La Parola zittì chiacchiere mie": così Clemente Rebora,
nobile spirito di poeta milanese dei nostri tempi, descrive con rude chiarezza
gli inizi della sua conversione.
Possiamo anzi dire che la capacità di vivere un po' del
silenzio interiore connota il vero credente e lo stacca dal mondo
dell'incredulità.
L'uomo che ha estromesso dai suoi pensieri, secondo i dettami
della cultura dominante, il Dio vivo che di sé riempie ogni spazio, non può
sopportare il silenzio. Per lui, che ritiene di vivere ai margini del nulla, il
silenzio è il segno terrificante del vuoto. Ogni rumore, per quanto tormentoso e
ossessivo, gli riesce più gradito; ogni parola, anche la più insipida, è
liberatrice da un incubo; tutto è preferibile all'essere posti implacabilmente,
quando ogni voce tace, davanti all'orrore del niente. Ogni ciarla, ogni lagna,
ogni stridore è bene accetto se in qualche modo e per qualche tempo riesce a
distogliere la mente dalla consapevolezza spaventosa dell'universo deserto.
L'uomo "nuovo" - cui la fede ha dato un occhio penetrante che
vede oltre la scena e la carità un cuore capace di amare l'Invisibile - sa che
il vuoto non c'è e il niente è eternamente vinto dalla divina Infinità; sa che
l'universo è popolato di creature gioiose; sa di essere spettatore e già in
qualche modo partecipe dell'esultanza cosmica, riverberata dal mistero di luce,
li amore, di felicità che sostanzia la vita inesauribile del Dio Trino.
Perciò l'uomo nuovo, come il Signore Gesù che all'alba saliva
solitario sulle cime dei monti (cfr. Mc 1, 3; Lc 4; 42; 6, 12; 9, 28), aspira ad
avere per sé qualche spazio immune da ogni frastuono alienante, dove sia
possibile tendere l'orecchio e percepire qualcosa della festa eterna e della
voce del Padre.
Nessuno fraintenda, però: l'uomo "vecchio", che ha paura del
silenzio, e l'uomo "nuovo" solitamente convivono, con proporzioni diverse, in
ciascuno di noi. Ciascuno di noi è esteriormente aggredito da orde di parole, di
suoni, di clamori, che assordano il nostro giorno e perfino la nostra notte;
ciascuno è interiormente insidiato dal multiloquio mondano che con mille
futilità ci distrae e ci disperde.
In questo chiasso, l'uomo nuovo che è in noi deve lottare per
assicurare al cielo della sua anima quel prodigio di "un silenzio per circa
mezz'ora" di cui parla l'Apocalisse (8, 1); che sia un silenzio vero, colmo
della Presenza, risonante della Parola, teso all'ascolto, aperto alla comunione.
[11] Preghiera ed essere dell'uomo. Considerata nella sua
natura profonda e nel suo momento originario, la preghiera non è attività che si
giustappone estrinsecamente all'uomo: sgorga dall'essere, stilla e fluisce dalla
realtà di ogni uomo.
Potremmo dire che la preghiera è, in qualche modo, l'essere
stesso dell'uomo che si pone in trasparenza alla luce di Dio, si riconosce per
quello che è e, riconoscendosi, riconosce la grandezza di Dio, la sua santità,
il suo amore, la sua volontà di misericordia, insomma tutta la divina realtà e
il divino disegno di salvezza come si sono rivelati nel Signore Gesù crocifisso
e risorto.
Prima ancora che parola, prima ancora che pensiero formulato,
la preghiera è percezione della realtà che immediatamente fiorisce nella lode,
nell'adorazione, nel ringraziamento, nella domanda di pietà a Colui che è la
fonte dell'essere.
Emergono e si configurano come contenuti fondamentali, in
questa esperienza globale, sintetica, spiritualmente concreta:
- la percezione della vanità delle cose divelte dal progetto
di Dio, che si tramuta in supplica ad essere noi stessi salvati dall'insidia
dell'insignificanza e della vuotezza;
- la percezione della Presenza di Colui che è pienezza e non
è mai assente e lontano là dove c'è qualcosa che veramente esiste;
- la percezione del Cristo vivo nel quale tutto il progetto
divino è riassunto e personalizzato ("Ubi Christus, ibi Regnum", dice Sant'Ambrogio),
che fonda il riconoscimento e l'inveramento del rapporto di comunione con Colui
che unico è Signore e Salvatore;
- la percezione, in Cristo, della volontà del Padre come
norma assoluta di vita, sicché l'orazione non è più il tentativo di piegare la
divina volontà alla nostra, ma il tentativo sempre rinnovato di conformare il
nostro al volere del Padre (cfr. Mt 6, 10; 26, 39-42);
- la percezione della realtà dello Spirito, sorgente di tutta
la vita ecclesiale, che prega in noi (cfr. Rom. 8,19-27), così che il pregare
diventa anelito a uscire dalla solitudine e dalla chiusura dell'individualismo e
richiesta ad aprirci sempre più al Regno di Dio che si va instaurando nei cuori
e fra gli uomini, cioè alla Chiesa;
- la percezione della croce come vittoria sul male che è in
noi e fuori di noi, che fa della preghiera attitudine di contestazione del
peccato, dell'ingiustizia, del "mondo", e nostalgia della Gerusalemme celeste
dove tutto è santo.
[12] La persona, protagonista di ogni preghiera. E' senza
dubbio giusto e doveroso sottolineare la vocazione sociale che è inscritta in
ogni atto dell'uomo e l'indole ecclesiale della intera vita cristiana. Ma non
bisogna mai dimenticare che alla sorgente di tutto sta il mistero della persona,
mistero sempre singolare e singolarmente inedito, non sommabile, non
raffrontabile.
Anche se costituito in una condizione e in una natura che
egli riceve per generazione e condivide con tutti i suoi simili, l'uomo trova la
ragione prima della sua grandezza nel fatto di provenire, secondo il nucleo
originario e inconfondibile del suo essere, immediatamente dal Dio creatore, che
dall'eternità lo ha chiamato per nome; e nel fatto di dover tornare a Colui che
è al tempo stesso il suo principio e il suo destino, con una decisione (o,
meglio, con una serie di decisioni) di cui egli porta la responsabilità totale,
perché non è condizionabile in modo determinante da nessuna creatura diversa da
sé.
Pur generato e nutrito in una comunione universale di vita
che è la Chiesa, il cristiano ha un pregio inestimabile perché è stato amato
personalmente dal Padre, che lo ha voluto suo figlio; è stato personalmente
raggiunto dall'azione redentrice di Cristo, che per lui ha versato il suo
sangue; è guidato dallo Spirito nella positiva risposta personale alla divina
chiamata alla salvezza. Dal "noi" e sul "noi" della Chiesa emerge e si definisce
l'io del credente, il quale si apre al "tutto" della cattolicità.
Così la preghiera - anche quando è vocale, liturgica o,
comunque, associata - riceve verità e valore solo se trova la sua costante
ispirazione nel mistero personale e concreto della adesione di fede, di
speranza, di carità che alimenta e caratterizza la vita rinnovata.
Davanti al Padre, che è la sorgente della mia vita e il mio
traguardo, davanti al dramma dí un destino che è giocato una volta per tutte,
davanti ai sì e ai no che decidono della mia sorte etema, ci sto io, non il
gruppo, la classe, la comunità. Non sono solo perché lo Spirito domanda in me e
per me ciò che io non so chiedere e il mio Salvatore mi sta accanto, mi avvince
a sé, mi partecipa i suoi sentimenti filiali. Ma nessuno può sostituirmi in
questa impresa.
Anche se vivo, decido, prego in una comunità di fratelli che
mi sostiene, mi rianima e spiritualmente mi dilata, resto sempre io in
definitiva a vivere, a correre il rischio della decisione, ad affrontare
l'avventura difficile ed inebriante della vita di preghiera.
Fermarci a considerare l'orazione proprio all'atto in cui
sgorga silenziosamente e segretamente dal cuore dell'uomo, significa dunque
meditare sul mistero stesso di ogni orazione cristiana.
Sia che si mantenga tacita e solitaria, sia che si rivesta di
parole esteriormente e anche pubblicamente proferite, sia che raggiunga la
dignità di preghiera liturgica e diventi il canto e l'imploraziolle della
Chiesa, ogni sincera invocazione a Dio trova sempre nell'essere personale, che
antecede e fonda ogni estrinseca comunicazione, la sua scaturigine prima e
possiede nella vita personale di fede, di speranza e di carità la sua anima
necessaria e non surrogabile.
[13] La preghiera nasce dunque dal mistero stesso dell'uomo.
Ciascuno è invitato a riscoprire nel silenzio e nell'adorazione la sua chiamata
ad essere persona davanti a un Tu personale che lo interpella con la sua Parola.
Ma il cristiano vive l'esperienza della sua preghiera, anche la più silenziosa e
segreta - che egli fa "entrando nella ptopria camera e chiusa la porta" Mt 6, 6)
- come membro di una Chiesa che ha nella Eucaristia la fonte e il culmine della
sua adorazione e della sua lode.
In quale rapporto sta la preghiera silenziosa con
l'Eucaristia?
[14] Eucaristia e Chiesa. E' necessario prima di tutto
chiarire il rapporto tra Eucaristia e Chiesa. L'Eucaristia, con tutta l'economia
sacramentale che essa riassume, è il "segno" voluto da Cristo stesso e da Lui
continuamente gestito, addirittura con una presenza personale e reale, per
mediare tra quel "segno" definitivo e inesauribile dell'amore di Dio, che è la
Pasqua, e il segno che è la Chiesa. Questa infatti è la comunità di coloro che
"fanno memoria" di Cristo e del suo mistero pasquale, e che in forza del Cristo
stesso che si rende presente tra loro mediante l'Eucaristia, si amano come Egli
li ama e, testimoniando l'amore verso tutti, cercano di inserire tutti in questa
comunione d'amore che viene da Dio.
Va superata quindi una concezione un po' impersonale e quasi
meccanica del rapporto tra Eucaristia e Chiesa, quasi che la Chiesa, fatta
dall'Eucaristia, sia un'entità separata dalla libertà, dall'intelligenza, dalla
corrispondenza dei battezzati. Non c'è vera e piena Eucaristia senza la
partecipazione personale del credente.
Certo, la presenza del Signore Gesù è assicurata dal servizio
sacerdotale che agisce a modo di mediazione "in persona Christi". Ma tale
presenza esige sia che il sacerdote si sforzi di ripetere il gesto eucaristico
condividendo l'offerta che il Redentore fa di se stesso, sia che i fedeli
presentino al Padre la vittima santa presente sull'altare unendosi ad essa con
l'impegno di una vita conforme al Vangelo. Il comando, "Fate questo in memoria
di me" non dice solo la ripetizione di un rito, ma anche la partecipazione a ciò
che il rito significa, vale a dire l'offerta che Cristo fa di sé al Padre per la
salvezza degli uomini.
In questo senso va superata anche una concezione moralistica,
sia che essa si esprima in un'enfasi dei doveri che i credenti hanno verso
l'Eucaristia (adorazione, culto ecc.), sia che si esprima in un'enfasi dei
doveri che i credenti si assumono a partire dall' Eucaristia: impegno sociale,
nuovi rapporti fraterni ecc. Questi atteggiamenti sono giusti, ma vanno vissuti
secondo tutta la ricchezza formatrice e plasmatrice che l'Eucaristia esercita
sulla vita concreta dei credenti radunandoli nella comunità che è la Chiesa.
[15] Eucaristia e atteggiamento di preghiera silenziosa.
L'Eucaristia è veramente capíta e accolta non solo quando si
fanno certe cose verso di essa (la si celebra, la si adora, la si riceve con le
dovute disposizioni ecc.) o si fanno certe cose a partire da essa (ci si vuol
bene, si lotta per la giustizia ecc.), ma anche e soprattutto quando essa
diventa la "forma", la sorgente e il modello operativo che impronta di sé la
vita comunitaria e personale dei credenti. Nell'Eucaristia si rende presente e
operante nella Chiesa il Cristo del mistero pasquale. E' il Figlio in ascolto
obbediente alla parola del Padre. E' il Figlio che nell'atto di spendere la
propria vita per amore, trova nella drammatica e dolcissima preghiera rivolta al
suo "Abba" (cfr. Mc 14, 36; Lc 23, 46) il coraggio, la misura, la norma del
proprio comportamento verso gli uomini.
Pertanto la celebrazione eucaristica realizza se stessa
quando fa in modo che i credenti donino "corpo e sangue" come Cristo per i
fratelli, ma mettendosi in ginocchio, in attenzione di ascolto e di accoglienza,
riconoscendo che tutto questo è dono del Padre, non confidando nelle proprie
forze, non progettando il servizio degli altri secondo i propri modi di vedere.
Tutto questo richiede, in concreto, la coltivazione di
atteggiamenti interiori che precedano, accompagnino, seguano la celebrazione
Eucaristica: ascolto della Parola rivelata, contemplazione dei misteri di Gesù,
intuizione della volontà del Padre tralucente dalle parole di Gesù, confronto
tra il progetto di vita che scaturisce dalla Pasqua-Eucaristia e le sempre nuove
situazioni spirituali in cui le comunità e i singoli credenti vengono a
trovarsi.
Per questo, preghiera silenziosa, ascolto della Parola,
meditazione biblica, riflessione personale, non sono disgiunti dall'Eucaristia,
ma sono vitalmente collegati ad essa.
Di qui l'importanza che si attui la preparazione remota al
Congresso Eucaristico facendo in modo che la Diocesi si metta, per così dire, in
ginocchio, proponendo il valore della preghiera silenziosa, indicando strumenti
concreti per coltivare questo clima contemplativo che è indispensabile per
celebrare degnamente l'Eucaristia .
[16] Fede, speranza ed Eucaristia.
I1 collegamento tra preghiera ed Eucaristia appare più chiaro
se consideriamo il rapporto tra Eucaristia e virtù teologali.
L'Eucaristia è la forma esemplare che plasma la vita della
Chiesa e dei singoli credenti sul modello della Pasqua. In questa luce il frutto
fondamentale dell'Eucaristia è la carità come capacità di dare la vita come l'ha
data Gesù. Ma il riferimento a Gesù colloca la carità entro le coordinate della
fede e della speranza: Gesù dona la vita in nome e in forza di uno speciale
rapporto "contemplativo" con il Padre. Questo rapporto di abbandono fiducioso,
di ascolto, di obbedienza può essere descritto, nella sua estensione, a ogni
credente in Cristo, come rapporto di fede e di speranza. La fede esprime la
sicurezza dell'Alleanza, l'affidamento del credente alla fedeltà amorosa del
Padre che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo. La speranza si estende oltre le
insicurezze, i rischi, le contraddizioni di una libertà umana che è sempre
tentata di infedeltà. Facendo continua memoria delle promesse di Dio e
riconducendo i propri progetti al progetto del Padre, il cristiano si apre al
futuro del Regno di Dio, può progettare, può sperare e attendere il compimento
definitivo dei suoi desideri.
Ora è proprio attorno ai valori della fede e della speranza
cristiana che si costruisce l'immagine cristiana della preghiera:
- sia nella sua motivazione profonda:
la preghiera cristiana è inserzione del credente nel rapporto
di comunione filiale che Cristo ha con il Padre, allo scopo di esprimere nella
carità il volto del Padre, riflesso nel volto di Cristo;
- sia nelle sue espressioni fondamentali: in connessione con
la fede, la preghiera è lode, adorazione, ringraziamento, riconoscimento del
Padre, affidamento a Lui;
in connessione con la speranza, 1a preghiera è intercessione,
domanda, implorazione che accoglie in sé i desideri dell'uomo, ma integrati e
purificati nel desiderio fondamentale di fare, nella fede, la volontà del Padre.
Il cuore si apre alle dimensioni del Regno e alle sue realizzazioni ecumeniche e
missionarie.
In questo quadro generale della preghiera cristiana prendono
il loro giusto posto i suoi vari aspetti: quello liturgico-sacramentale, quello
personale e quello comunitario, quello del cuore e quello delle labbra, quello
del silenzio teso all'ascolto e quello della vigilante applicazione di ciò che
si è ascoltato al tessuto storico quotidiano.
Non è dunque possibile cogliere il frutto specifico
dell'Eucaristia, che è la carità, senza camminare nella via della fede e della
speranza. Ma questo suppone un esercizio costante di silenzioso ascolto della
Parola di Dio e di abbandono fiducioso al Suo piano di salvezza.
[17] Come vivere tutte queste realtà nella esperienza
quotidiana? Potremmo avere l'impressione che si tratti di verità grandiose, che
ci aprono nuovi orizzonti, ma che è difficile riportare alla pratica di ogni
giorno. Tuttavia il riflettervi un po' sopra costituisce già un primo passo.
La nostra povera preghiera personale, le nostre semplici
letture della Bibbia e i momenti di adorazione e silenzio che riusciamo a
strappare all'incalzare degli impegni quotidiani, sono davvero un "tesoro
nascosto" che dobbiamo riscoprire nel campo della nostra vita. Si tratta di
partire da ciò che già ci è dato di capire e di vivere e di metterci a camminare
risolutamente per questa via, con coraggio e spirito di sacrificio, avendo ben
chiari in testa le mete, gli strumenti e gli ambiti dell'educazione alla
preghiera.
[18] Occorre anzitutto chiarire la mèta.
E' importante evitare un certo estrinsecismo (proporre la
preghiera come una cosa da fare accanto alle altre, senza capire la sua
coestensione alla vita globale del cristiano e dell'uomo) e un certo
efficientismo (illudersi di raggiungere risultati immediati, quasi automatici,
in conseguenza di certi strumenti messi a disposizione).
Le mete devono essere più modeste e insieme più radicali,
Esse potrebbero essere così indicate:
- la consapevolezza del valore cristiano della preghiera.
Occorre rendersi conto dal di dentro che la preghiera silenziosa e contemplativa
è indissociabile dall'esistenza cristiana autentica (cfr. sopra pp. 10-20);
- l'educazione progressiva: si tratta di cominciare a fare
alcuni passi: importante è farli nella direzione giusta, suscitando e chiedendo
la voglia di fare passi ulteriori;
- l'iniziale esperienza: occorre prevedere forme e modi che
già immettano le persone, secondo i diversi stadi di maturità spirituale, nel
mondo meraviglioso della preghiera contemplativa. A pregare, infatti, si impara
pregando.
[19] Gli strumenti si proporzioneranno alle mete:
- In ordine alla consapevolezza sembrano particolarmente
utili:
a) una catechesi ben fatta, distribuita magari in alcuni
momenti dell'anno con sussidi appositi. Potrebbe essere interessante,
quest'anno, dato che è proposto alla lettura liturgica domenicale il Vangelo
secondo Matteo, fare particolare riferimento ai testi di questo Vangelo alla
preghiera (in particolare Mt 6, 5-14; 7, 7-11). Si tenga ben presente tuttavia
che non si dà una catechesi astratta sulla preghiera: occorre contemporaneamente
pregare e far pregare, con opportuni esercizi e pause di silenzio. La necessità
di unire parola, silenzio e preghiera vale per ogni comunicazione della fede
cristiana.
b) Una conoscenza concreta della vita di preghiera vissuta da
coloro che hanno la vocazione profetica della preghiera. Occorre favorire per
questo i contatti con i vari luoghi e centri di contemplazione per far conoscere
il loro modo di pregare.
Sarebbe auspicabile che coloro che vivono questo dono della
preghiera in comunità, in particolare i religiosi e le religiose, potessero
aprirsi a momenti di accoglienza per chi volesse partecipare con essi a queste
esperienze.
- In ordine alla educazione occorre tener presente e vedere
di proporre in sussidi pratici i valori costanti e insieme le più significative
variabili dei diversi metodi di preghiera meditativa proposti dai santi lungo la
storia della tradizione spirituale cristiana, tenendo anche conto delle proposte
di preghiera profonda che giungono dall'Oriente cristiano e non cristiano.
Potrebbe anche essere utile tentare di affrontare qualche
concreto itinerario di preghiera per varie categorie di persone, utilizzando le
molte esperienze già fatte in questo campo.
In ordine alla iniziale esperienza, sarà utile preparare
sussidi e valorizzare quelli già esistenti in rapporto a due realtà con cui la
preghiera contemplativa e silenziosa deve sempre essere connessa, cioè la
liturgia e la vita con i suoi ritmi: di qui l'utilità di sussidi legati ad una
comprensione più profonda dei momenti dell'anno liturgico e di sussidi miranti
ad una comprensione cristiana dei momenti più significativi della vita (orazioni
quotidiane - mattino e sera, prima e dopo i pasti, ecc.- e settimanali, in
particolare per la famiglia: nascita, infanzia, adolescenza, amore, lavoro,
tempo libero, malattia, morte).
[20] Gli ambiti entro cui vanno messi in atto questi
strumenti riguardano le varie componenti della comunità cristiana e i nuclei
fondamentali della società umana.
- Il presbiterio con il suo vescovo deve riscoprire il posto
della preghiera contemplativa entro il quadro della spiritualità sacerdotale. Si
tengano presenti a questo proposito le indicazioni della lettera del Giovedl
Santo, il documento della CEI su "Seminari e vocazioni sacerdotali" e le
indicazioni sulla "spiritualità del presbitero diocesano" preparate dal
Consiglio Presbiteriale.
- I decanati potranno riflettere su quali iniziative, fra
quelle indicate, conviene far convergere, in alcuni tempi dell'anno, a motivo di
segno e di stimolo, l'attenzione delle parrocchie e dei gruppi particolari. Va
anche presa in considerazione la possibile esperienza di una "scuola di
preghiera" da offrire da uno o più decanati congiuntamente, in eventuale
relazione con luoghi particolarmente a ciò adatti (case di esercizi, monasteri
contemplativi, ecc.).
- Le parrocchie: valorizzino i momenti di preghiera
silenziosa già presenti nell'azione liturgica; educhino i vari gruppi alla
preghiera contemplativa con gli strumenti sopra indicati; propongano tempi
comuni di preghiera soprattutto in connessione con i tempi forti della liturgia
annuale, in speciali occasioni di adorazione, quali Quarant'ore ecc.; offrano
strumenti per far pregare i parrocchiani con i tempi importanti della vita. Si
tenga presente che la parrocchia, insieme con la famiglia, è il luogo normale di
educazione alla preghiera dei battezzati. Dal modo e dal tono con cui si prega,
dal rispetto delle pause e dei momenti di silenzio, dalla solennità, dignità e
intelligibilità con cui viene proclamata dai lettori la Parola della Scrittura,
dalla cura posta nel canto, dipende in gran parte la intuizione che esiste, al
di là della preghiera delle labbra, una preghiera del cuore, e l'invito a
prolungarla e a coltivarla esplicitamente.
Si valorizzi anche l'educazione teorica e pratica alla
preghiera che può essere data, in maniera molto semplice ed efficace, in
occasione del sacramento della Riconciliazione secondo il nuovo rituale e nella
direzione o guida o "accompagnamento spirituale". Ci si ricordi che anche i
bambini sono suscettibili di una profonda educazione alla preghiera, che sappia
valorizzare anche i gesti e i segni esteriori.
- I santuari e i centri di preghiera contemplativa vanno
riscoperti, valorizzati, proposti come meta di pellegrinaggi e incontri. Le
comunità religiose operanti nel territorio si prestino generosamente a offrire
la loro esperienza, i luoghi, il tempo, le persone per favorire l'educazione
alla preghiera.
- Le famiglie, educatrici prime della preghiera, devono
assolutamente riscoprire questo loro compito ed essere aiutate a diventare vero
luogo di preghiera.
La famiglia è luogo di interessi affettivi, di rapporti
personali profondi: può e deve essere, quindi, un ambito privilegiato per
ricostruire il tessuto antropologico previo e abilitante alla preghiera. Sarà
importante per esempio che i genitori sappiano educare i figli a rinunciare a
elementi di dissipazione (particolarmente a programmi televisivi quanto meno
inutili) per riservare spazi di aperta e affettuosa conversazione e di
raccoglimento davanti a Dio. Si potrebbe fare in modo che i diversi sussidi di
stampa cattolica o i ciclostilati che entrano un po' in tutte le famiglie, anche
quelle che non frequentano la chiesa, offrano lungo l'arco di tutto l'anno, sia
una catechesi, sia qualche itinerario concreto di preghiera famillare.
- Tutti i gruppi in cui si attua una qualche esperienza di
comunità si esamino attentamente per vedere quale posto danno alla "preghiera
silenziosa" nel senso sopra descritto. Là dove si recitano lodevolmente insieme
Lodi e Vespri, si curi di farlo con la dovuta calma, le pause e i momenti di
silenzio che danno il gusto della preghiera profonda.
- A livello diocesano sarà utile prevedere qualche iniziativa
che metta il popolo di Dio in comunione di ascolto silenzioso della Parola letta
e commentata dal vescovo. Si studierà di prevedere tali riunioni in alcuni
momenti particolari dell'anno.
[21] Si potrebbero prolungare indefinitamente i diversi
riferimenti per l'educazione alla preghiera silenziosa. Dopo averci riflettuto,
ho pensato che fosse più opportuno che ulteriori indicazioni più specifiche
fossero proposte a parte. Del resto gli educatori per eccellenza alla preghiera
che sono i sacerdoti, sapranno trarre dal tesoro della tradizione e spiritualità
ambrosiana "cose vecchie e nuove" per questo compito fondamentale.
Volendo tuttavia dare alcuni suggerimenti riassuntivi, mi
limiterei ai tre seguenti.
[22] Silenzio e adorazione. Allarghiamo in noi e negli altri
i momenti di pausa contemplativa, di silenzio adorante. Ci sarà chi lo farà
aiutandosi con le preghiere di tipo ripetitivo-contemplativo tradizionali, come
il Rosario o la Via Crucis, chi userà piuttosto la "preghiera di Gesù" della
tradizione orientale o le giaculatorie o altre forme. Tra di esse è certamente
da rivalorizzare la preghiera adorante connessa alla Comunione e davanti al
Santissimo Sacramento. Si tenga conto di quanto i giovani siano sensibili al
richiamo della preghiera silenziosa.
[23] Ascolto della Parola e lectio divina. Il silenzio
prepari il terreno su cui cade il seme della Parola. Alla luce dell'insegnamento
della Chiesa, e particolarmente del Concilio, leggiamo attentamente, con calma,
il brano del lezionario del giorno, chiedendoci: quale "buona notizia" è
contenuta qui per la mia vita? Oppure percorriamo attentamente un libro della
Scrittura, un Salmo, lasciando che il messaggio penetri in noi. Facciamo delle
pause, e sentiamo verso quali forme di preghiera ci muove lo Spirito del Signore
che è dentro di noi.
[24] Tempi forti dello Spirito. Ricaviamo per noi e per gli
altri dei tempi dedicati soltanto al silenzio e all'ascolto orante. Per questo
occorrerà di solito avere luoghi diversi da quelli in cui si svolge la nostra
vita, cercare un po' di "deserto". Ciascuno deve mettere in programma qualche
giornata di ritiro che sia veramente tale. Si promuovano gli Esercizi Spirituali
in quelle forme che insegnano davvero a pregare. Gli Esercizi sono infatti la
più efficace scuola di preghiera. Qui nascono spesso le vocazioni di speciale
consacrazione e impegno nella Chiesa. E' lodevole iniziativa quella che prevede,
al compimento della scuola secondaria o comunque nel periodo di scelte decisive,
un corso di Esercizi in ordine agli orientamenti di vita.
[25] Programmare e verificare. Aggiungo un'ultima
indicazione, che è di metodo, ma che ritengo importante, se vogliamo seriamente
camminare per questa strada.
Bisogna che nei vari ambiti sopra menzionati (in particolare
nelle parrocchie e nei consigli pastorali, nei decanati, nelle comunità e nei
gruppi) ci si impegni durante il mese di ottobre a rispondere alle domande
seguenti, o simili:
Qual è la nostra situazione rispetto a questa proposta? Che
cosa si potrebbe programmare per far crescere la consapevolezza e per favorire
l'educazione alla preghiera? Quali strumenti usare, quali iniziative proporre,
quali "segni" concreti suscitare?
Periodicamente, e soprattutto in Avvento e Quaresima, sarà
importante operare una verifica di quanto si è fatto e aggiornare il programma a
partire dalla esperienza.
Da parte mia chiederò ai Vicari Episcopali di zona di tenermi
informato sulle iniziative più interessanti e stimolanti, che potranno anche
essere comunicate ad altri. Il Signore ci aiuti così ad aprirci sempre più alla
sua Parola di salvezza .
Ho scritto queste cose con la convinzione che la realtà più
importante a cui la preghiera ci deve orientare è la carità. Questa è la meta
finale a cui siamo chiamati. Su questo punto, che mi sta tanto a cuore, cioè sul
come la nostra Chiesa deve vivere la carità verso tutti dovremo un giorno
fermarci più a lungo. Ma mi è sembrato che in questo primo dialogo prolungato
con gli uomini e le donne di questa nostra diocesi fosse necessario insistere
sulle radici personali profonde di ogni nostro fare, di ogni nostro servizio
alla gente e specialmente ai più poveri.
La preghiera, come la carità, è un dono dall'alto. Essa ci
mette a servizio di una società più giusta. Ci fa vedere il mondo con gli occhi
li Dio. Da un dono come questo possono nascere tante cose.
Per intercessione di Maria, modello di preghiera silenziosa,
invoco questo dono su di me e su tutti voi.
Milano, 8 settembre 1980
+ CARLO MARIA Arcivescovo