giovedì 23 agosto 2012

Tribolati ma non schiacciati

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ROMA, giovedì, 23 agosto 2012.- Il sacrificio di Cristo si rinnova ogni giorno nell’Eucaristia ma anche nel sangue versato ogni giorno dai martiri cristiani che continuano a essere massacrati in più parti del mondo.
Con il libro Tribolati ma non schiacciati – storie di persecuzione, fede e speranza edito da Lindau, Rodolfo Casadei (*) spiega che “dei cristiani perseguitati si parla sempre come di vittime, e raramente come di testimoni: si sottolinea la violenza e l'ingiustizia di cui sono oggetto più della fede con cui affrontano la prova e della carità che hanno verso i loro persecutori”.
Il titolo del libro è ripreso dalla Lettera ai Corinzi (4,8-10) in cui San Paolo scrive “Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati, siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo”.
Intervistato dall'agenzia  ZENIT, Casadei, che da oltre venticinque anni raggiunge i testimoni della fede nei posti più pericolosi del pianeta, ha sostenuto che  “la persecuzione è un mistero della fede che si rinnova, perché è la continuazione della Redenzione del mondo attraverso il sacrificio di Cristo che passa traverso il sangue dei martiri. Possiamo dire che i martiri sono Cristo oggi!”
Inviato speciale del settimanale Tempi, autore di numerosi libri di testimonianza, Premio Borsa di studio Oriana Fallaci nel 2008, premiato dall’Ucsi nel 2005, in questo suo ultimo libro Casadei ha riportato le storie e le interviste che ha fatto a persone che hanno saputo trarre il massimo bene dal male più cruento.
Sette capitoli per raccontare degli iracheni che hanno testimoniato Cristo durante l'eccidio nella chiesa siro-cattolica di Baghdad e hanno cercato di convertire i terroristi che li tenevano in ostaggio.
Della vedova del Presidente della Commissione Giustizia e Pace di Juba che promuove i diritti delle donne sud-sudanesi che si trovano nelle sue stesse condizioni.
Della giornalista cristiana libanese May Chidiac sopravvissuta alla bomba che l'ha mutilata, divenuta una “martire vivente”.
Dei mujaheddin iraniani che hanno conosciuto il cristianesimo e si sono convertiti mentre erano prigionieri degli americani e del nuovo governo iracheno.
Dei cristiani iracheni che tornano nel loro paese mentre tanti continuano a fuggire e quelli rapiti che hanno rifiutato di cambiare religione.
Dell'arcivescovo di Mosul monsignor Paulos Faraj Rahho, rimasto al suo posto nonostante ripetute minacce e morto durante il sequestro.
Di Margareth Arach Orech che è sopravvissuta miracolosamente all’esplosione di un razzo che le ha tranciato di netto una gamba e che ora dirige programmi per eliminare tutte le mine e di suor Rachele Fossera che ha inseguito il crudele e violento comandante Laghira che gli aveva rapito 139 studentesse tra i tredici ed i sedici anni di età, riuscendone a liberarne 109.
La descrizione della persecuzione è così forte che in molte parti del libro ti si gela il sangue e ti si blocca lo stomaco. Nella mente e nelle azioni dei persecutori sembra non esserci nessun limite all’orrore.
Molti dei personaggi che Casadei ha incontrato, sono sopravvissuti miracolosamente ad, attentati, torture, esplosioni di razzi e autobombe.
Impressionante la testimonianza di May Chidiac, giornalista, conduttrice del principale network libanese la Libanese Broadcasting Corporation (LBC). Una donna bella, coraggiosa, elegante, eroica. Per anni ha diretto il telegiornale e animato il più importante talk show politico.
Senza peli sulla lingua ha denunciato l’occupazione siriana del Libano e le responsabilità siriane nell’omicidio di Rafic Hariri.
Poi un giorno, dopo essere stata in Chiesa a pregare, è salita in auto ha acceso il motore e tutto è esploso.
Ha raccontato lei stessa che sarebbe morta se non si fosse girata per deporre sul sedile posteriore l’acqua benedetta, le icone e l’olio santo che gli avevano dato al santuario di san Charbel dove era andata a pregare.
Ha perso un braccio ed una gamba, gli si sono incendiati i vestiti ed i capelli, ha subito fratture in tutto il corpo. E’ stata per tre giorni tra la vita e la morte. Ha subito trentatré operazioni, di cui ventinove in anestesia totale, migliaia di pastiglie inghiottite, chiodi chirurgici e placche metalliche infisse dappertutto.
E’ sopravvissuta ed è tornata in Tv con un programma che si chiama “Con audacia”.
Circa il suo rapporto con Dio ha confessato nel corso di una conferenza stampa a Roma. “Ringrazio Dio sempre perché il mio volto è rimasto intatto, ma a volte mi arrabbio con Lui e gli dico 'Avresti potuto impedire all’assassino di premere il bottone, avresti potuto provocare un intralcio, se davvero volevi salvarmi. perché mi hai lasciato viva per portare questa croce? E’ troppo pesante per me…'”
“Ma poi – ha aggiunto con voce incrinata dalla commozione - hai salvato il mio viso, mi hai dato la forza per continuare la lotta, riprendere il mio lavoro in tv, provare al mondo intero che gli assassini non possono vincere”.
Stupisce e commuove il modo in cui i martiri cristiani sopportano la violenza inaudita, confidando in Cristo e offrendo il loro sacrificio per la salvezza degli altri, anche dei persecutori.
Ha scritto Casadei nell’introduzione al libro: “nei martiri è Dio che opera attraverso la Sua Grazia, accolta dalla libertà di quei suoi figli. I martiri cristiani sono Cristo che si sacrifica oggi per noi, e che ci redime. Sono i corredentori del mondo contemporaneo!”
Rodolfo Casadei sarà presente venerdì 24 agosto nella libreria del Meeting di Rimini per parlare con i lettori e firmare le copie del libro. (A. Gaspari)


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(*): Rodolfo Casadei, nato a Forlì nel 1958, laureato in filosofia nell’Università di Bologna nel 1982, coniugato con 2 figli, è giornalista professionista dal 1991. Ha lavorato come redattore nel mensile Mondo e Missione fra il 1985 e il 1998, occupandosi dei temi del sottosviluppo e dell’Africa, dove ha compiuto numerosi viaggi. Dal 1998 è inviato speciale del settimanale Tempi, per il quale ha svolto reportages nei maggiori paesi europei, in Medio ed Estremo oriente e in America latina. Suoi articoli e servizi su temi dell’attualità internazionale sono apparsi su Avvenire, L’Osservatore Romano, Sette del Corriere della Sera, Il Giornale, L’Eco di Bergamo, Jesus, Il Sabato, Trenta Giorni, Tracce, sul mensile Usa Inside the Vatican. Attualmente collabora coi quotidiani Il Foglio e Il Giornale del Popolo (CH). È autore di libri su tematiche africane, dello sviluppo umano e della politica internazionale.

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Di seguito la prefazione al libro di monsignor Louis Sakoarcivescovo caldeo di Kirkuk 


Quattro anni fa Rodolfo Casadei portava nelle librerie italiane un libro che aveva un sapore speciale per la sua spontaneità e per la sua lingua diretta e viva.
S'intitolava “Il sangue dell'agnello” (edizioni Guerini e Associati 2008) e raccontava le persecuzioni contro i cristiani nel Vicino Oriente.
Oggi torna a noi con altre storie di cristiani di Iraq, Iran, Libano, Sudan e Uganda, sotto il titolo: “Tribolati, ma non schiacciati” (Lindau 2012).
L'autore che ha viaggiato in tutti questi paesi, ha incontrato la gente del posto e descrive le cose direttamente. Non fa  speculazioni a distanza, ma parla della realtà quotidiana che le comunità vivono.
I cristiani dell'Iraq e di tutta la regione non hanno conosciuto pace lungo tutta la loro storia. Sempre sono stati sottoposti a pressioni, sia prima che dopo l'avvento dell'islam.
E nulla lascia pensare che presto troveranno la pace. I loro paesi esistono sotto forma di instabili mosaici, senza che esista un progetto da parte dei governanti per integrare tutta la popolazione in un'unica cittadinanza con gli stessi diritti.
Gli uomini di potere musulmani sunniti e sciiti hanno come unico punto di riferimento per la loro azione politica la loro religione, e pensano che i cristiani, che lo accettino oppure no, sono cittadini di seconda categoria che dovrebbero lasciare il paese se non sono contenti della tolleranza loro riservata.
Ma questa tolleranza non significa per nulla libertà e uguaglianza. La tolleranza non è la libertà. Tolleranza è termine  peggiorativo. Vuole dire: tu sei sbagliato, ma sopporto che tu esista...
Le nostre Chiese in Oriente  sono  Chiese apostoliche perché sono martiri. La fede infatti non è né una questione ideologica, né un'utopia, quanto piuttosto un legame personale, a volte esistenziale con la persona di Cristo, che amiamo e al quale doniamo l'intera nostra vita.
Per Lui, bisogna ogni giorno andare un po' più lontano, fino al sacrificio. Tale è l'espressione assoluta della fedeltà a questo amore: oggi più che mai, in Iraq noi siamo consapevoli che credere significa amare e amare significa donarsi. E il titolodel libro esprime questo e si muove nella giusta direzione: Tribolati, ma non schiacciati.
In che cosa speriamo? Nel Vangelo, prima e dopo la Risurrezione, molte volte Gesù rassicura i suoi discepoli dicendo loro: «Non abbiate paura». E quando Gesù ce lo ripete oggi, si fonda sull'amore del Padre per noi e sul suo amore a Lui.
Un amore al quale noi stessi, per parte nostra, possiamo rispondere e che è strettamente legato alla nostra fede. L'amore e la fede sono in realtà una medesima cosa. Vanno a braccetto.
È questo amore senza limiti che dà senso alla vita.
E che le dona al contempo la sua dimensione eterna, perché coloro che amano sanno che il loro amore li supera e rappresenta il vero mistero.
L'amore è il paradigma della vera via per la risurrezione.
Ecco lo nostra speranza.
Noi cristiani d'Iraq, in quanto minoranza perennemente costretta alle difficoltà e al sacrificio, sappiamo bene cosa significhi essere perseguitati, sequestrati, uccisi. Sappiamo per certo cosa vuol dire sentirsi impotenti!
Ho detto talvolta  che coloro che vogliono vedere l'inferno devono venire in Iraq!
Siamo consapevoli dei rischi, ma la nostra fede ci dona il coraggio di continuare a sperare e amare.
La nostra Chiesa è apostolica non solo perché è stata fondata dagli apostoli, ma perché è martire come lo è stata la Chiesa degli apostoli.
Seguendo l'esempio dei nostri martiri iracheni, che non possiamo certo dimenticare, noi troviamo la forza di perseverare, sperando in un cambiamento dei cuori di tutti gli uomini, là dove germoglia la Grazia divina.
Speriamo vivamente che il sacrificio di 973 cristiani -fra loro un vescovo e cinque preti giovani- e anche di migliaia di musulmani innocenti in Iraq non sarà vano.
Contribuirà un giorno alla comprensione dell'amore, in quanto significato possibile della vita.
Rodolfo Casadei mostra di essere un cristiano credente perché attraverso il racconto di queste storie esemplari invita i cristiani di tutto il mondo a "rinnovare" il loro impegno nel seguire Cristo, misurandolo col martirio sopportato dai cristiani perseguitati, in Iraq e nel resto del mondo.
E a mostrare la solidarietà e il sostegno dei fratelli e delle sorelle cristiani d'Occidente e altrove, che incoraggia questi cristiani che soffrono a restare nella loro terra con le loro Chiese.
È proprio questa unità pur nella distanza con tutti i cristiani che ci aiuta a vivere qui, in pace accanto ai musulmani, per continuare la nostra presenza e la nostra testimonianza di amore e perdono.
Non dovete mai dimenticare che queste Chiese d'Oriente oggi minoranze sono le radici della vostra fede.