mercoledì 5 settembre 2012

Africa, speranza del cristianesimo





Inizia oggi 5 settembre a Yaoundé, in Camerun, il secondo Congresso panafricano dei laici cattolici sul tema “Essere testimoni di Gesù Cristo in Africa oggi. 'Sale della Terra...luce del mondo' (Mt. 5,13-14)”. Sugli obiettivi del Congresso, Stefano Leszczynski (di Radio Vaticana) ha intervistato il cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, dicastero che ha organizzato l’evento:
R. - Il Congresso vuole risvegliare, innanzitutto, nei laici cattolici lo spirito di corresponsabilità e di impegno indispensabile nella missione di annunciare Cristo nel grande Continente africano. Essere missionari e testimoniare la propria fede fanno parte della nostra identità di cristiani. Tutta la Chiesa è missionaria per sua natura. E nei nostri tempi, la missione evangelizzatrice della Chiesa che vive in Africa deve affrontare sfide difficili, è chiamata a confrontarsi con scenari nuovi e, per certi versi, inediti in campo religioso, sociale, culturale, economico e politico. Uno degli obiettivi principali del nostro Congresso sarà proprio leggere attentamente queste sfide e riflettere sulle risposte che il laicato cattolico africano potrà dare ad esse.
D. - Qual è il ruolo del laicato nel compiere la “nuova evangelizzazione” e perché è importante non perdere di vista la dottrina sociale della Chiesa in questa missione?
R. - I fedeli laici svolgono un ruolo di primo piano nella nuova evangelizzazione nel Continente africano: basti ricordare i tanti catechisti laici – vere colonne portanti delle comunità cristiane in Africa. È compito dei laici assumersi la loro parte di responsabilità nella vita delle comunità cristiane. Sappiamo però che la loro missione principale – grazie al carattere secolare della loro vocazione – è quella di portare il Vangelo nel mondo. L’Esortazione postsinodale Africae munus definisce i laici come “«ambasciatori di Cristo» (2Cor 5,20) nello spazio pubblico e nel cuore del mondo” (n. 128). Essi cioè sono il “sale della terra”, la “luce del mondo”, il “lievito evangelico” che trasforma le realtà temporali dal di dentro. Da qui l’importanza della Dottrina sociale della Chiesa che non va intesa come un accessorio, ma come parte integrante della missione evangelizzatrice della Chiesa.
D. - Quali sono gli obiettivi specifici di questo Congresso per quanto riguarda le realtà africane?
R. - Il Congresso vuole essere un momento di ascolto attento di ciò che lo Spirito Santo dice alla Chiesa in Africa in questa ora e, in particolare, tramite i due Sinodi dei Vescovi dedicati all’Africa, quello del 1994 e quello del 2009. Allo stesso tempo il Congresso intende porsi in ascolto dell’Africa, una terra che sta attraversando profonde trasformazioni e gravi sfide (povertà, fame, guerre, fondamentalismi religiosi che sempre più spesso sfociano in atti di vera e propria persecuzione anticristiana, la secolarizzazione e l’invasione della cultura post-moderna occidentale che mettono in crisi non pochi valori autentici delle culture tradizionali africane e l’identità stessa dell’anima africana…). Ma, al contempo, l’Africa è carica di grandi speranze. Vogliamo riscoprire e valorizzare le tante ricchezze spirituali di questo Continente che possono servire l’umanità intera. In altre parole, vogliamo realizzare un Congresso di speranza, perché – come ci insegna Papa Benedetto XVI – i laici cattolici in Africa devono essere, in modo speciale, “servitori di speranza”, quella speranza radicata in Cristo, Signore della storia.
D. - Benedetto XVI ha definito l’Africa come un grande polmone di spiritualità e un continente della speranza. Eppure la Chiesa africana per molti aspetti è ancora molto giovane…
R. - Sì, la Chiesa in Africa è giovane da diversi punti di vista. È giovane perché la maggior parte della popolazione africana è giovane e ciò costituisce una grande risorsa umana per questo Continente, un motivo di grande speranza. La Chiesa in Africa è giovane, inoltre, perché in gran parte dei Paesi il primo annuncio del Vangelo è arrivato meno di duecento anni fa. La fede di questo Continente richiede, dunque, di essere adeguatamente consolidata. La Chiesa in Africa è giovane anche perché in forte crescita. All’inizio del XX secolo i cattolici erano meno di 2 milioni, alla fine di questo secolo hanno raggiunto i 140 milioni. Secondo il recente Annuario Statistico i cattolici in Africa sono 185 milioni, cioè il 18% della popolazione totale del Continente. Queste cifre indicano il forte dinamismo della Chiesa che vive in Africa, un dinamismo che - come dice il Papa Benedetto XVI - si esprime nella freschezza del sì alla vita, nella freschezza del senso religioso e della speranza. L’Africa - secondo le parole del Santo Padre - è una riserva di vita e di vitalità per il futuro. Ma occorre aver presente che tutto ciò esige un forte impegno a favore della nuova evangelizzazione.

D. - Rafforzare il laicato nella propria identità cristiana. Quali sono i settori più importanti per la formazione del laicato africano?
R. - Uno degli obiettivi principali del nostro Congresso è proprio rafforzare e consolidare l’identità cristiana del laicato cattolico dell’Africa. Vogliamo che questo Congresso sia uno strumento che aiuti i laici africani a riscoprire la bellezza della loro vocazione e della loro missione nella Chiesa e nel mondo. E questo significa riscoprire l’importanza del Battesimo, il sacramento da cui scaturisce tutta la vita e la missione di un cristiano. Formare laici adulti non è altro che aiutarli a vivere la realtà del Battesimo fino in fondo. San Leone Magno dice: “Riconosci, cristiano, la tua dignità!”, cioè la tua dignità battesimale. È formazione, inoltre, stimolare i laici a incontrare veramente Cristo nella vita, un incontro fondamentale per ogni cristiano così come afferma il Papa Benedetto XVI: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Deus caritas est, n. 1). Infine, rafforzare l’identità laicale comporta anche riscoprire l’importanza e la bellezza del “carattere secolare” della vocazione laicale, che consiste proprio nell’impegno di trasformare il mondo secondo lo spirito del Vangelo. Per questo i laici cattolici devono essere i veri protagonisti e i promotori di giustizia, di riconciliazione e di pace nel Continente africano; essere “ambasciatori di Cristo” anche nella vita pubblica, anche nel mondo della politica – un ambito particolarmente esigente in Africa.
D. - Che significato assume l’Anno della Fede nel continente africano e quale impatto si spera possa avere nelle società africane?
R. - L’Anno della Fede ci ricorda ciò che è fondamentale per l’intera esistenza di un cristiano. Il Papa Benedetto XVI ci ammonisce dicendo che a volte ci preoccupiamo in maniera affannosa delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, supponendo che la fede ci sia, ma ciò purtroppo - secondo il Papa - sta diventando sempre meno realista anche in Africa. Nella formazione del laicato, dunque, bisogna partire sempre dall’essenziale, cioè da Dio, quel Dio che si è rivelato nel volto del suo Figlio, Gesù Cristo. Bisogna partire dalla fede! Da qui la grande importanza del Catechismo della Chiesa Cattolica che dovrebbe diventare un compagno di cammino per ogni laico cattolico. L’ignoranza della fede è un grave pericolo per i cattolici non solo in Africa. Il nostro Congresso si propone, quindi, di lanciare un appello ai laici cattolici africani perché conoscano la fede, la sua bellezza, la sua ragionevolezza.
D. - Quale importanza assumono nel contesto sociale e spirituale dei Paesi africani i movimenti ecclesiali?
R. - Il luogo principale di formazione dei laici – oltre la famiglia cristiana – è costituito dalle parrocchie. Nei nostri tempi però la parrocchia ha bisogno di essere aiutata in questo compito da una vasta rete di piccole comunità. In Africa si dà molta importanza alle comunità cristiane di base che svolgono un significativo ruolo formativo. Tuttavia occorre senz’altro valorizzare la nuova stagione aggregativa dei fedeli laici, frutto del Concilio Vaticano II, che trova espressione nei nuovi carismi dai quali nascono i movimenti ecclesiali e le nuove comunità. È questo un motivo di grande speranza anche per la Chiesa africana. Il Beato Giovanni Paolo II ha visto nei movimenti e nelle nuove comunità delle realtà dotate di un grande dinamismo missionario, un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione. E il Papa Benedetto XVI ha sollecitato i Pastori di andare incontro a queste realtà con grande amore. È vasta la schiera dei laici – uomini e donne, giovani e adulti - che anche in Africa, grazie a questi nuovi carismi, ha scoperto la gioia della fede nonché l’affascinante bellezza di essere cristiani.
D. - Quali i frutti maturati dai precedenti Congressi per i laici in altri continenti, in Asia per esempio?
R. - L’organizzazione dei Convegni continentali o regionali del laicato cattolico è ormai da anni una delle attività rilevanti del Pontificio Consiglio per i Laici. In Africa simili raduni sono stati organizzati per ben due volte in passato: nel 1971 e nel 1982. Due anni fa abbiamo realizzato un Congresso dei Laici cattolici dell’Asia a Seoul, in Corea. Quanti partecipano a questi raduni vivono un’esperienza di Chiesa come mistero di comunione missionaria: laici, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose uniti dallo stesso amore a Cristo e alla Chiesa e pronti ad annunciare il Vangelo nel mondo che li circonda. Ogni Congresso è una semina che intende risvegliare nei laici cattolici, soprattutto in quei luoghi in cui i cristiani sono una piccola minoranza, la consapevolezza della vocazione e della missione ricevuta; vogliono risvegliare il coraggio di una testimonianza cristiana esplicita e persuasiva che dà ragione della speranza che ogni cristiano porta in sé. Questi Congressi vogliono dire ai laici cattolici “non siete soli; non siete abbandonati”, “fate parte della grande famiglia dei discepoli di Cristo di dimensioni planetarie, che è la Chiesa cattolica”. Credo che siano questi i principali frutti generati dai Congressi finora organizzati e mi auguro che saranno anche i frutti del prossimo Congresso dei laici cattolici in Camerun.

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Di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre.



 La visita del Papa in Benin nel 2011

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
AL CONGRESSO PANAFRICANO DEI LAICI CATTOLICI

Al Signor Cardinale
Stanisław Ryłko,
Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici
Sono lieto di rivolgere il mio cordiale pensiero a Lei, Venerato Fratello, ai Cardinali, ai Vescovi, ai Sacerdoti, alle persone consacrate, e in modo speciale a tutti i fedeli laici riuniti a Yaoundé dal 4 al 9 settembre per l’importante Congresso dei laici cattolici dell'Africa, organizzato dal Pontifìcio Consiglio per i Laici con l'appoggio della Conferenza Episcopale del Camerun, sul tema: «Testimoni di Gesù Cristo in Africa oggi. Sale della terra... luce del mondo (Mt 5,13.14)». Il tema richiama volutamente l'Esortazione apostolica postsinodale Africae munus, che reca come sottotitolo la medesima citazione tratta dal vangelo di san Matteo: «Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo». Consegnando personalmente questo rilevante documento ai Vescovi dell'Africa a Cotonou, il 20 novembre dello scorso anno, ho voluto offrire alcune linee teologiche e pastorali per il cammino della Chiesa nel Continente.
Il vostro Congresso si presenta come una tappa significativa per realizzare quanto lo Spirito Santo ha ispirato ai Padri sinodali durante la Seconda Assemblea Speciale per l'Africa, celebrata nell'ottobre del 2009 a Roma. A Cotonou ho espresso l'auspicio che l'Esortazione Africae munus serva da guida soprattutto nell'annuncio del Vangelo attraverso l'impegno di tutto il Popolo di Dio. È per questo che ho appreso con soddisfazione l'iniziativa del Pontificio Consiglio di convocare un Congresso dedicato ai fedeli laici africani, chiamati in modo speciale ai nostri tempi ad un lavoro sempre più intenso nella vigna del Signore (cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 2).
Durante i miei viaggi nel Continente, ho affermato, in varie occasioni, che l'Africa è chiamata ad essere il «Continente della speranza». Non erano parole di circostanza, ma indicavano l'orizzonte luminoso che si apre allo sguardo della fede. Certo, a prima vista i problemi dell'Africa appaiono gravi e di non facile soluzione, e non solo per le difficoltà materiali, ma anche per ostacoli spirituali e morali che pure la Chiesa incontra. E’ vero inoltre che persino i valori tradizionali più validi della cultura africana oggi sono minacciati dalla secolarizzazione, che provoca disorientamento, lacerazioni nel tessuto personale e sociale, esasperazione del tribalismo, violenza, corruzione nella vita pubblica, umiliazione e sfruttamento delle donne e dei bambini, crescita della miseria e della fame. A questo si aggiunge anche l'ombra del terrorismo fondamentalista, che di recente ha preso di mira le comunità cristiane di alcuni Paesi africani. Se però, con uno sguardo più profondo, guardiamo al cuore dei popoli africani, scopriamo una grande ricchezza di risorse spirituali, preziose per il nostro tempo. L'amore alla vita e alla famiglia, il senso della gioia e della condivisione, l’entusiasmo di vivere la fede nel Signore, che ho potuto constatare nei miei viaggi africani, sono ancora impressi nel mio cuore. Non lasciate mai che la cupa mentalità relativista e nichilista che colpisce varie parti del nostro mondo, apra una breccia nella vostra realtà! Accogliete e diffondete con forza rinnovata il messaggio di gioia e di speranza che porta Cristo, messaggio capace di purificare e rafforzare i grandi valori delle vostre culture. Per questo, nell'Enciclica Spe salvi ho voluto presentare la santa sudanese Giuseppina Bakhita come testimone di speranza (cfr n. 3), per mostrare come l'incontro con il Dio di Gesù Cristo sia capace di trasformare profondamente ogni essere umano, anche nelle condizioni più povere - Bakhita era una schiava – per conferirgli la dignità suprema di figlio di Dio. Proprio «mediante la conoscenza di questa speranza lei era “redenta”, non si sentiva più schiava, ma libera figlia di Dio» (ibidem). E la scoperta della speranza cristiana suscitò in lei un nuovo, incontenibile desiderio: «la liberazione che aveva ricevuto mediante l'incontro con il Dio di Gesù Cristo, sentiva di doverla estendere, doveva essere donata anche ad altri, al maggior numero possibile di persone. La speranza, che era nata per lei e l'aveva “redenta”, non poteva tenerla per sé; questa speranza doveva raggiungere molti, raggiungere tutti» (ibidem). L'incontro con Cristo dona lo slancio per superare anche le difficoltà apparentemente più insormontabili. E’ l'esperienza di santa Bakhita, ma è anche l'esperienza che tanti giovani africani - grazie a Dio, la grande maggioranza della popolazione - sono chiamati a vivere oggi nella fedele sequela del Signore. Rendere l'Africa «Continente della speranza» è un impegno che deve orientare la missione dei fedeli laici africani oggi, come pure lo stesso Congresso che state celebrando.
In questa prospettiva, la vostra Assise costituisce un momento significativo nella preparazione di due eventi ecclesiali di rilievo universale ormai alle porte: il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione e l’«Anno della fede». A Cotonou, consegnando l'Esortazione Africae munus, ho ricordato che «tutti coloro che hanno ricevuto il dono meraviglioso della fede, questo dono dell'incontro con il Signore risorto, sentono anche il bisogno di annunciarlo agli altri» (Omelia nella S. Messa allo “Stade de l’amitié”, Cotonou-Benin, 20 novembre 2011). La missione scaturisce infatti dalla fede, dono di Dio da accogliere, nutrire e approfondire perché «non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta» (Motu proprio Porta fìdei, 3). La priorità della fede naturalmente ha un significato più logico che cronologico. Infatti l'accoglienza di questo dono divino va di pari passo con lo slancio per l'annuncio del Vangelo, in una sorta di "circolo virtuoso", dove la fede muove all'annuncio e l'annuncio rafforza la fede: «La fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia» (ibid., n. 7). Veramente «La fede si rafforza donandola!», secondo le indimenticabili parole del beato Giovanni Paolo II (Lett. enc. Redemptoris Missio, 2).
Vorrei richiamare, infine, alcune parole del Servo di Dio Paolo VI, fedele interprete del Concilio: «evangelizzare per la Chiesa è portare la Buona Novella in tutti gli strati dell'umanità e, con il suo influsso, trasformare dal di dentro, rendere nuova l'umanità stessa» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 18). In quest'opera di trasformazione di tutta la società, così urgente per l'Africa di oggi, i fedeli laici hanno un ruolo insostituibile: «Tramite i suoi membri laici, la Chiesa si rende presente e attiva nella vita del mondo. I laici hanno un grande ruolo da svolgere nella Chiesa e nella società. [...] I fedeli laici, infatti, sono "ambasciatori di Cristo" (2 Cor 5,20) nello spazio pubblico, nel cuore del mondo» (Esort. ap. postsin. Africae munus, 128). Donne e uomini, giovani, anziani e bambini, famiglie e intere società, tutta l'Africa oggi attende gli «ambasciatori» della Buona Novella, fedeli laici provenienti dalle parrocchie, dalle Communautés Ecclésiales Vivantes, dai movimenti ecclesiali e dalle nuove comunità, innamorati di Cristo e della Chiesa, pieni di gioia e riconoscenza per il Battesimo che hanno ricevuto, coraggiosi operatori di pace e annunciatori di autentica speranza.
Affidando il Congresso all'intercessione premurosa e materna della Beata Vergine Maria, che, come recita la preghiera del vostro Congresso, è «Nostra Signora d'Africa, Regina della Pace e Stella della Nuova Evangelizzazione», imparto volentieri a tutti i partecipanti la mia Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 20 agosto 2012
BENEDICTUS PP XVI