martedì 25 settembre 2012

Cambiare l'ora di Religione? No, cambiamo il MInistro.


 http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/f1/Francesco_Profumo.jpg/225px-Francesco_Profumo.jpg
“Credo che l’insegnamento della religione nelle scuole così come è concepito oggi non abbia più molto senso”. A dirlo è il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo che basa il suo ragionamento su un dato preciso: “Nelle nostre classi il numero degli studenti stranieri e, spesso, non di religione cattolica tocca il 30%”. A questo punto, aggiunge il ministro, “sarebbe meglio adattare l’ora di religione trasformandola in un corso di storia delle religioni o di etica”.
Secondo l’ultimo dossier sull’immigrazione della Caritas, tra i 700mila alunni figli di genitori stranieri, solo il 20% degli studenti stranieri è di religione cattolica. Il risultato è che, per la prima volta dal 1993, data della prima rilevazione, il numero degli alunni che non partecipano all’ora di religione ha superato il 10%. [il Ministro Profumo a tgcom.24 il 23 settembre scorso]


Parafrasiamo l’affermazione del Ministro Profumo: “Credo che un ministro incompetente sugli argomenti che tratta non abbia più molto senso”. Chissà perché è così difficile che chi parla, prima cerchi di informarsi e di comprendere l’argomento che tratta?
Si è mai chiesto il nostro Ministro quali sono le ragioni che giustificano la presenza dell’IRC nella scuola dello Stato? Ha mai letto, il nostro, gli articoli del Concordato che lo istituiscono?
O ha mai provato a riflettere su quello che il Card. Martini (che tutti vogliono tirare dalla loro parte) ha detto in uno straordinario convegno organizzato da CulturaCattolica.it e da altre realtà che si occupano di questi argomenti? E quello che ha detto nella stessa occasione Paolo Mieli, ebreo di origine e laico di formazione? Per rinfrescargli la memoria cito alcuni passaggi.
  • Diceva il Card. Martini: «Perché e come entra l’insegnamento della religione “nel quadro delle finalità della scuola”? Entra per svolgere un servizio alla scuola e alle sue finalità. Abbiamo visto che una finalità della scuola è quella di porre il problema del rapporto dei dati scientifici e storici con il significato che essi hanno per la coscienza e la libertà. Orbene la coscienza e la libertà chiamano in causa i beni ultimi, universali, fondamentali dell’esistenza. Quello che, poi, la coscienza e la libertà decideranno circa questi beni, è un compito delle singole persone. Ma è compito della scuola porre correttamente il problema. L’insegnamento della religione, che riguarda appunto le questioni decisive, i fini ultimi della vita, aiuta la scuola a svolgere questo compito. L’aiuta entrando in dialogo con le altre materie di insegnamento, ma conservando una propria specificità, che non può essere confusa con gli scopi delle altre materie. […] Presentando il cattolicesimo nella scuola, la Chiesa aiuta gli alunni italiani a capire la cultura in cui vivono, perché, come dice anche il Concordato “i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano” (art. 9, par. 2)».
  • Così Mieli: «Io non sono cattolico, la mia famiglia è di origine ebraica e quando ero a scuola, trentacinque anni fa, ero esonerato dall’ora di religione. […] Da quel momento [l’incontro con un insegnante di religione cattolica capace], per i successivi cinque anni (i due anni del ginnasio e i tre anni del liceo), io rimasi, per scelta, a tutte le lezioni di religione e questo dialogo, a volte puntuto a volte condotto in spirito di franchezza e onestà, non un dialogo compiacente, è stato un momento fondamentale della mia vita. Io ero, appunto, un non credente che invitato a partecipare a quell’ora la sceglieva volontariamente, a differenza di tutte le altre ore di scuola. Le altre ore di scuola le facevo perché ero tenuto a farle, perché la famiglia mi obbligava a farle, perché dovevo crescere, dovevo diplomarmi, dovevo prendere la maturità e poi laurearmi. Quell’ora, invece, me la sceglievo, per cui nella storia della mia giovinezza l’ora di religione è l’ora della scelta, l’ora della libertà, l’ora del confronto, l’ora della crescita

Ministro Profumo, credo che queste semplici ragioni possano essere correzione alle sue asserzioni. È – l’ora di religione CATTOLICA – un servizio che vale per gli alunni che vogliano essere consapevoli della propria storia ed identità. E, nel caso di stranieri, anche se (o proprio se) di altra religione, l’occasione per integrarsi nell’ambiente e nella cultura in cui sono chiamati a vivere, anche da protagonisti!

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Ho sempre avuto sospetto nei confronti di una scuola che vuole fare da «padrona» nei confronti dei giovani che le sono affidati, come se il problema fosse di indottrinare e non di e–ducare (che deriva da e–ducere, condurre fuori, fare emergere il volto vero dell’io). Quante volte, studiando la storia della filosofia, abbiamo ascoltato commossi (a me, almeno, capitava) la figura di Socrate, che con la «maieutica» voleva venisse a galla l’io vero dell’uomo che aveva davanti a sé!
Di fronte alla bagarre sollevata dall’improvvido intervento del ministro Profumo (ma il suo non doveva essere un governo «tecnico»?) mi è parso chiaro il dovere di approfondire la questione della scuola e dell’insegnamento della religione in particolare.
Con il sito ci siamo mossi subito. E’ vero, era domenica, ma la verità (e il fango delle menzogne) non ha tempi prestabiliti: chiama e sollecita anche quando si vorrebbe stare tranquilli. Così abbiamo pubblicato un articolo che ha fatto da subito il giro di internet.
E’ stato ripreso anche da Giacomo Galeazzi, sul suo blog e poi sulla Stampa, in cartaceo, e ci sono state molte reazioni. Ad alcune vorrei rispondere, per chiarezza ed onestà.
Innanzitutto: perché l’ora di religione cattolica nella scuola dello Stato, che, per definizione, vorrebbe essere «laica»? Un’occhiata al Concordato sarebbe utile e toglierebbe forza, credo, a tante obiezioni: il cattolicesimo fa parte integrante della nostra tradizione culturale, per cui per capire chi siamo è buona cosa conoscerlo. In una scuola dove si sottolinea con così grande forza la necessità di «esperti», credo che il «cattolico» sia da considerarsi esperto qualificato.
Questo significa che il cattolicesimo va imparato e che, chi può, con competenza lo insegni.
Se vivessimo in un paese con altra tradizione (penso all’Europa del Nord, come ai paesi di tradizione islamica) per capire il contesto culturale bisognerebbe fare ore di religione cristiana protestante o islamica. Senza paura e a condizione che questo non sia «indottrinamento» o catechismo, come si suol dire. A questo punto si sollevano le obiezioni di tanti: quante volte bisogna dirlo che non si tratta di catechismo?
Ma questa è la posizione non della Chiesa cattolica, né del Concordato con lo Stato italiano. Questo è il ragionamento di chi afferma che la presenza di non credenti o di credenti di altre religioni esige un insegnamento o non confessionale (quindi non degli «esperti») o di storia delle religioni o della religione degli alunni. La risposta è semplice: se uno vuole approfondire la propria religione, non deve essere istruito dalla scuola (la chiesa cattolica infatti insiste giustamente sul catechismo impartito nelle parrocchie…).

Vorrei però fare un’altra serie di considerazioni.
A me pare che un certo mondo culturale sia rimasto incancrenito nei suoi pregiudizi, sia rimasto all’anticlericalismo ottocentesco: quello delle contrapposizioni frontali e dei pregiudizi; quello che non sa valutare il presente con onestà intellettuale. Sarà pur vero che molti cristiani (preti e – ahimè – anche alti prelati) hanno dato (e danno) scandalo con le loro prese di posizione e con i loro comportamenti. Ma, grazie a Dio (ed è proprio il caso di dirlo!), la verità di una posizione non si giudica «solo» dal comportamento dei suoi fedeli. Già Gesù diceva «Fate quel che dicono e non fate quello che fanno», per richiamare l’uomo ad un cammino di speranza.
Vorrei invitare tutti coloro che hanno a cuore il bene della vita – propria e altrui – a fare un passo avanti nella ricerca della verità, nella lotta al pregiudizio, nella ricerca di ciò che rende degna e bella la vita dell’uomo. E qui allora ritrovare la bellezza e la profondità dell’insegnamento di Gesù, nella sua Chiesa (sì, nella Chiesa del grande Giovanni Paolo II e di Benedetto, come in quella dei santi, antichi e nuovi: Agostino e Madre Teresa di Calcutta, San Francesco e Gianna Beretta Molla…).
Citava questa poesia don Giussani, e credo che sia utile per la nostra riflessione: «Es verdad ya. Mas fue / tan mentira, que sigue / siendo imposible siempre [Juan Ramón Jiménez]
[Ora è vero. / Ma è stato così falso / Che continua ad essere impossibile.]»
E poi così concludeva: «Quando uno intuisce il Fatto cristiano come vero, gli occorre ancora il coraggio di risentirlo possibile, nonostante le immagini negative alimentate dai modi angusti in cui esso è stato tradotto nella vita propria e della società.»
Forse quello che ci è più necessario è proprio questo coraggio! (G. Mangiarotti)
Fonte: CulturaCattolica.it