mercoledì 12 settembre 2012

Che cos'è la purezza del cuore



– Vieni – disse Francesco, tirandolo per un braccio.
E ripresero entrambi il cammino. Dopo una pausa di silenzio, Francesco chiese a Leone:
– Sai tu, fratello in che cosa consiste la purezza del cuore?
– Nel non aver nessuna colpa da rimproverarsi – ribatté Leone senza esitare.
– Allora comprendo la tua tristezza – soggiunse Francesco – giacché abbiamo sempre qualcosa da rimproverarci.
– Sì – soggiunse Leone – ed è questo pensiero che mi fa disperare d’attingere un giorno la purezza del cuore.
– Ah, frate Leone, credimi – ribatté Francesco; – non ti preoccupare tanto della purezza dell’anima tua. Volgi lo sguardo a Dio. Ammiralo. Rallegrati di Lui che è tutto e soltanto santità. Rendigli grazia per Lui stesso. Questo, appunto, significa avere il cuore puro.
– E quando ti rivolgi a Dio così, guardati bene dal tornare a ripiegarti su te stesso. Non chiederti mai a che punto sei con Dio. La tristezza che provi nel sentirti imperfetto e peccatore è un sentimento ancora umano, troppo umano. Bisogna guardare più in alto, molto più in alto.
C’è Dio, l’immensità di Dio e il suo inalterabile splendore. Il cuore puro è quello che non cessa di adorare il Signore vivo e vero. Il cuore puro non si interessa che alla esistenza stessa di Dio, ed è capace, pur in mezzo alle sue miserie, di vibrare al pensiero dell’eterna innocenza e dell’eterna gioia di Dio. Un cuore siffatto è al tempo stesso sgombro e ricolmo.Gli basta che Dio sia Dio. In questo pensiero il cuore trova tutta la sua pace, e tutta la sua gioia. E Dio stesso diventa allora tutta la sua santità.
– Dio, nondimeno, esige da noi che ci si sforzi di essergli fedeli – fece osservare Leone.
– Sì, senza dubbio – soggiunse Francesco.– Ma la santità non consiste in un compimento del proprio essere, né in uno stato di pienezza. La santità consiste in un vuoto che si scopre in noi e si accetta, e che Dio ricolma di sé nella misura in cui noi ci si apre alla sua pienezza.
La nostra miseria, allorché viene accettata, diventa lo spazio libero dove Dio può ancora creare. Il Signore non consente a nessuno di togliergli la gloria. Egli è il Signore, l’Essere unico, il solo Santo. Ma prende il povero per mano, lo estrae dal suo fango e lo invita a sedere fra i principi del suo popolo, perché prenda visione della sua gloria. Dio diventa in tal modo l’azzurro dell’anima sua.
Contemplare la gloria di Dio, Frate Leone, scoprire che Dio è Dio, e Dio per sempre, ben oltre la nostra condizione umana, rallegrarci di Lui, estasiarci dinanzi alla sua eterna giovinezza, rendergli grazia per Lui stesso e per la sua misericordia che non verrà mai meno, tutto ciò costituisce la più profonda esigenza di quell’amore che lo Spirito di Dio non cessa di diffondere nei nostri cuori. In ciò, appunto, consiste per noi l’avere il cuore puro. Ma questa purezza non si ottiene con la forza dei pugni tesi e nemmeno con lo spasimo.
– E come, allora? – chiese Leone.
– Bisogna semplicemente spogliarci di tutto. Far piazza pulita. Accettare la nostra povertà. Rinunciare a tutto ciò che pesa, perfino al peso dei nostri peccati. Non vedere altro che la gloria del Signore e lasciarcene irradiare. Ci basta che Dio esista. Allora il cuore si fa più leggero e non sente più sé stesso, come l’allodola inebriata di spazio e di azzurro. Libero da ogni cruccio e preoccupazione, il cuore non aspira se non ad una perfezione che coincide con la pura e semplice volontà divina. Leone ascoltava sopra pensiero, camminando davanti a Francesco. Ma a mano a mano che procedeva, sentiva il suo cuore farsi più leggero e pieno di pace…
 Da ÈLOI LECLERC, La sapienza di un povero, Ed.Biblioteca Francescana, Milano 2000, 111-114
Disegno di Lorenzo Zapp