sabato 1 settembre 2012

Come far funzionare un matrimonio

 Il prossimo 19 settembre uscirà l'ultimo libro di Costanza Miriano, di cui segue un articolo bellissimo e divertente. Come al solito.

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Ho cominciato a fare atletica leggera a dodici anni, nel settembre ’83 (lo so, una ghiotta notizia per il famoso capo indiano di Greg e Lillo), per cui fra un anno saranno trenta anni che corro. In tutto questo tempo non ho imparato molto: so solo mettere un piede davanti all’altro. L’unica cosa che so fare è non fermarmi fino alla fine, a meno che non mi sparino.
Un’altra cosa che ho imparato è che quando uno corre per strada, non su pista o in un percorso, se c’è della gente che cammina venendo in senso opposto, il modo migliore per far scansare le persone è non guardarle, ma fissare con sguardo fermo e aggressivo un punto dietro di loro, come se fossero trasparenti, come se si fosse pronti a passare sul loro cadavere pur di arrivare a quel punto. Funziona. Funziona sempre. I passanti si scansano invariabilmente, probabilmente pensando di avere a che fare con una pazza, o almeno una maleducata.
Riflettevo su questo giorni fa, quando l’unica via percorribile sulla costa era affollatissima di bagnanti in marcia verso il pranzo, e tutti si scansavano al mio passaggio. Questo stile aggressivo riesco a tenerlo solo ed esclusivamente quando corro, non so perché. Devo avere finito le quote di assertività, e nelle altre situazioni busso chiedendo permesso anche quando entro nella mia stanza, al lavoro, a casa, un po’ ovunque.
Non sono certissima che si tratti di bontà, e comunque sono invece certa che in certi casi sia doveroso essere affermativi, magari per difendere quello in cui si crede, o i diritti e le ragioni delle persone care. Io però non ne sono capace, e finisce sempre che mi faccio da parte. Ripeto, ci sono casi in cui non credo che questa sia una virtù: a volte è necessario fare come quando si corre, cioè guardare dritto verso un punto dietro l’ostacolo, intimandogli “o ti scansi, o ti metto sotto”.
Ma c’è un altro modo di guardare oltre l’altro, non per scavalcarlo, ma per andare completamente fuori dalle dinamiche umane. Guardare dietro di lui e vedere Cristo. Non rispondere alla sua azione per quello che ha fatto risuonare nel nostro cuore, ingannevole ed emotivo, ma per rispondere a Gesù. Non cercare una rispondenza con le nostre azioni, ma rispondere solo a lui. Con lui tenere i conti, a lui chiedere i risarcimenti quando ci sembra di essere in credito (siamo sicuri di esserlo?), con lui lamentarci delle delusioni, delle aspettative tradite (non saranno troppo alte), delle piccole ferite (basta con l’infanzia infelice, comunque).
Come sempre sono belle parole, che io mi limito ad auspicare di vivere.
Comunque, sempre nel campo del predicare bene e razzolare alla meno peggio, io leggo così anche la dinamica matrimoniale, anche il famigerato passo della lettera agli Efesini, in cui san Paolo invita gli sposi di essere sottomessi reciprocamente nel timore di Cristo. La sposa obbedisce allo sposo non perché lui compia tutte le sue attese (né lei compie tutte quelle di lui, non essendo perfetta) ma perché in quel momento obbedisce a Cristo, anche quando si presenta sotto le spoglie di uno dinamico e vitale quanto il Grande Lebowski che va a fare la spesa in accappatoio. Lui dà la vita per lei anche quando non somiglia più lontanamente alla leggiadra, mite, silenziosa principessa che credeva di avere sposato, perché lo sposo imita Cristo, che muore per la sua Chiesa (la quale peraltro anche lei, a sua volta, come sappiamo non è sempre inappuntabile).
Solo così alla fine i conti tornano, tornano sempre.