mercoledì 19 settembre 2012

Faccia da schiaffi


Il direttore del giornale satirico Charlie Hebdo 

Ancora questa mattina, mentre il Santo Padre dedicava la sua udienza generale al bilancio della visita pastorale in Libano, auspicando pace per quella martoriata terra e dialogo e rispetto reciproco tra le religioni, un giornalista idiota pubblicava vignette idiote  su un periodico idiota.
Di seguito qualche (legittima!) reazione e il testo della catechesi del Papa.

* * *

 h. 16.48
(ANSA) - IL CAIRO, 19 SET - La pubblicazione delle vignette su Maometto da parte di una rivista francese rientra fra quelle iniziative ''sciocche'' che ''alimentano l'odio sotto la copertura della liberta''' d'espressione. Lo ha affermato Ahmed al Tayyeb, gran imam di al Azhar, il piu' importante centro teologico del mondo sunnita, al Cairo, aggiungendo che si tratta di un esempio di ''cattivo uso'' di tale liberta' e di ''ignoranza'' del contributo dato dell'Islam alla civilta': civilizzazione europea inclusa.

* * *

h. 16.35
(ANSA) - IL CAIRO, 19 SET - ''Prima il film che ha provocato reazioni violente, ora le vignette su Maometto. Queste cose devono finire''. Lo ha detto il segretario generale della Lega araba Nabil el Araby spiegando che da una settimana sono in corso contatti per arrivare ad un accordo internazionale per proibire la blasfemia e l'attacco ai simboli religiosi.

* * *

BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 19 settembre 2012

Cari fratelli e sorelle,
oggi vorrei riandare brevemente, con il pensiero e con il cuore, alle straordinarie giornate del Viaggio apostolico che ho compiuto in Libano. Un Viaggio che ho fortemente voluto, nonostante le circostanze difficili, considerando che un padre dev’essere sempre accanto ai suoi figli quando incontrano gravi problemi. Sono stato mosso dal vivo desiderio di annunciare la pace che il Signore risorto ha lasciato ai suoi discepoli con le parole: «Vi dono la mia pace - سَلامي أُعطيكُم» (Gv 14,27). Questo mio Viaggio aveva come scopo principale la firma e la consegna dell’Esortazione Apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente ai rappresentanti delle Comunità cattoliche del Medio Oriente, come pure alle altre Chiese e Comunità ecclesiali e anche ai Capi musulmani.
È stato un evento ecclesiale commovente e, al tempo stesso, una provvida occasione di dialogo vissuta in un Paese complesso ma emblematico per tutta la regione, a motivo della sua tradizione di convivenza e di operosa collaborazione tra le diverse componenti religiose e sociali. Di fronte alle sofferenze e ai drammi che permangono in quella zona del Medio Oriente, ho manifestato la mia sentita vicinanza alle legittime aspirazioni di quelle care popolazioni, recando loro un messaggio di incoraggiamento e di pace. Penso in particolare al terribile conflitto che tormenta la Siria, causando, oltre a migliaia di morti, un flusso di profughi che si riversano nella regione alla ricerca disperata di sicurezza e di futuro; e non dimentico la situazione difficile dell’Irak. Durante la mia Visita, la gente del Libano e del Medio Oriente - cattolici, rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali e delle diverse Comunità musulmane - ha vissuto, con entusiasmo e in un clima disteso e costruttivo, un’importante esperienza di rispetto reciproco, di comprensione e di fraternità, che costituisce un forte segno di speranza per tutta l’umanità. Ma è soprattutto l’incontro con i fedeli cattolici del Libano e del Medio Oriente, presenti a migliaia, che ha suscitato nel mio animo un sentimento di profonda gratitudine per l’ardore della loro fede e della loro testimonianza.
Ringrazio il Signore per questo dono prezioso, che dà speranza per il futuro della Chiesa in quei territori: giovani, adulti e famiglie animati dal tenace desiderio di radicare la loro vita in Cristo, rimanere ancorati al Vangelo, camminare insieme nella Chiesa. Rinnovo la mia riconoscenza anche a quanti hanno lavorato instancabilmente per questa mia Visita: i Patriarchi e i Vescovi del Libano con i loro collaboratori, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, le persone consacrate, i fedeli laici, i quali sono una realtà preziosa e significativa nella società libanese. Ho potuto constatare direttamente che le Comunità cattoliche libanesi, mediante la loro presenza bimillenaria e il loro impegno pieno di speranza, offrono un significativo e apprezzato contributo nella vita quotidiana di tutti gli abitanti del Paese. Un pensiero grato e deferente va alle Autorità libanesi, alle istituzioni e associazioni, ai volontari e a quanti hanno offerto il sostegno della preghiera. Non posso dimenticare la cordiale accoglienza che ho ricevuto dal Presidente della Repubblica, Signor Michel Sleiman, come anche dalle varie componenti del Paese e dalla gente: è stata un’accoglienza calorosa, secondo la celebre ospitalità libanese. I musulmani mi hanno accolto con grande rispetto e sincera considerazione; la loro costante e partecipe presenza mi ha dato modo di lanciare un messaggio di dialogo e di collaborazione tra Cristianesimo e Islam: mi sembra che sia venuto il momento di dare insieme una testimonianza sincera e decisa contro le divisioni, contro la violenza, contro le guerre. I cattolici, venuti anche dai Paesi confinanti, hanno manifestato con fervore il loro profondo affetto al Successore di Pietro.
Dopo la bella cerimonia al mio arrivo all’aeroporto di Beirut, il primo appuntamento era di particolare solennità: la firma dell’Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente, nella Basilica Greco-Melkita di San Paolo ad Harissa. In quella circostanza ho invitato i cattolici mediorientali a fissare lo sguardo su Cristo crocifisso per trovare la forza, anche in contesti difficili e dolorosi, di celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta e dell’unità sulla divisione. A tutti ho assicurato che la Chiesa universale è più che mai vicina, con l’affetto e la preghiera, alle Chiese in Medio Oriente: esse, pur essendo un «piccolo gregge», non devono temere, nella certezza che il Signore è sempre con loro. Il Papa non li dimentica.
Nel secondo giorno del mio Viaggio apostolico ho incontrato i rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica e del mondo della cultura, il Corpo diplomatico e i Capi religiosi. Ad essi, tra l’altro, ho indicato una via da percorrere per favorire un futuro di pace e di solidarietà: si tratta di operare affinché le differenze culturali, sociali e religiose approdino, nel dialogo sincero, ad una nuova fraternità, dove ciò che unisce è il senso condiviso della grandezza e dignità di ogni persona, la cui vita va sempre difesa e tutelata. Nella stessa giornata ho avuto un incontro con i Capi delle Comunità religiose musulmane, che si è svolto in uno spirito di dialogo e di benevolenza reciproca. Ringrazio Dio per questo incontro. Il mondo di oggi ha bisogno di segni chiari e forti di dialogo e di collaborazione, e di ciò il Libano è stato e deve continuare ad essere un esempio per i Paesi arabi e per il resto del mondo.
Nel pomeriggio, presso la residenza del Patriarca Maronita, sono stato accolto dall’entusiasmo incontenibile di migliaia di giovani libanesi e dei Paesi vicini, che hanno dato vita ad un festoso e orante momento, che rimarrà indimenticabile nel cuore di molti. Ho sottolineato la loro fortuna di vivere in quella parte del mondo che ha visto Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza, e lo sviluppo del Cristianesimo, esortandoli alla fedeltà e all’amore per la loro terra, nonostante le difficoltà causate dalla mancanza di stabilità e di sicurezza. Inoltre, li ho incoraggiati ad essere saldi nella fede, fiduciosi in Cristo, fonte della nostra gioia, e ad approfondire il rapporto personale con Lui nella preghiera, come anche ad essere aperti ai grandi ideali della vita, della famiglia, dell’amicizia e della solidarietà. Vedendo giovani cristiani e musulmani fare festa in grande armonia, li ho spronati a costruire insieme il futuro del Libano e del Medio Oriente e ad opporsi insieme alla violenza e alla guerra. La concordia e la riconciliazione devono essere più forti delle spinte di morte.
Nella mattina della domenica, c’è stato il momento molto intenso e partecipato della Santa Messa nel City Center Waterfront di Beirut, accompagnata da suggestivi canti, che hanno caratterizzato anche le altre celebrazioni. Alla presenza di numerosi Vescovi e di una grande folla di fedeli, provenienti da ogni parte del Medio Oriente, ho voluto esortare tutti a vivere la fede e a testimoniarla senza paura, nella consapevolezza che la vocazione del cristiano e della Chiesa è quella di portare il Vangelo a tutti senza distinzione, sull’esempio di Gesù. In un contesto segnato da aspri conflitti, ho richiamato l’attenzione sulla necessità di servire la pace e la giustizia, diventando strumenti di riconciliazione e costruttori di comunione. Al termine della Celebrazione eucaristica, ho avuto la gioia di consegnare l’Esortazione apostolica che raccoglie le conclusioni dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al Medio Oriente. Attraverso i Patriarchi e i Vescovi orientali e latini, i sacerdoti, i consacrati e i laici, questo Documento vuole raggiungere tutti i fedeli di quella cara regione, per sostenerli nella fede e nella comunione e spronarli sulla via della tanto auspicata nuova evangelizzazione. Nel pomeriggio, presso la sede del Patriarcato Siro-cattolico, ho avuto poi la gioia di un fraterno incontro ecumenico con i Patriarchi ortodossi e ortodossi orientali e i rappresentanti di quelle Chiese, come pure delle Comunità ecclesiali.
Cari amici, i giorni trascorsi in Libano sono stati una stupenda manifestazione di fede e di intensa religiosità e un segno profetico di pace. La moltitudine di credenti, provenienti dall’intero Medio Oriente, ha avuto l’opportunità di riflettere, di dialogare e soprattutto di pregare insieme, rinnovando l’impegno di radicare la propria vita in Cristo. Sono certo che il popolo libanese, nella sua multiforme ma ben amalgamata composizione religiosa e sociale, saprà testimoniare con nuovo slancio la vera pace, che nasce dalla fiducia in Dio. Auspico che i vari messaggi di pace e di stima che ho voluto dare, possano aiutare i governanti della Regione a compiere passi decisivi verso la pace e verso una migliore comprensione delle relazioni tra cristiani e musulmani. Da parte mia continuo ad accompagnare quelle amate popolazioni con la preghiera, affinché rimangano fedeli agli impegni assunti. Alla materna intercessione di Maria, venerata in tanti ed antichi santuari libanesi, affido i frutti di questa Visita pastorale, come anche i propositi di bene e le giuste aspirazioni dell’intero Medio Oriente. Grazie.

* * *
Il commento che segue è di Massimo Introvigne.
 Interrompendo la consueta «scuola della preghiera» del mercoledì, all'udienza generale del 19 settembre 2012 Benedetto XVI è tornato sul suo viaggio in Libano della settimana scorsa, che ha definito un viaggio «fortemente voluto, nonostante le circostanze difficili, considerando che un padre dev’essere sempre accanto ai suoi figli quando incontrano gravi problemi».
Il Papa ha ribadito ancora una volta che il viaggio «aveva come scopo principale la firma e la consegna dell’Esortazione Apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente». Il Pontefice voleva che questo importante documento fosse conosciuto e letto dai libanesi e da chi vive in Medio Oriente, in attesa di proporlo - come ha chiesto - anche alla Chiesa universale.
In questo senso, il viaggio è stato un successo: «un evento ecclesiale commovente e, al tempo stesso, una provvida occasione di dialogo». I media locali hanno parlato in modo ampio dell'esortazione apostolica (forse - il commento è mio - non è stato lo stesso per i media occidentali). La popolazione - cattolica, ortodossa e musulmana - «ha vissuto, con entusiasmo e in un clima disteso e costruttivo, un’importante esperienza di rispetto reciproco, di comprensione e di fraternità, che costituisce un forte segno di speranza per tutta l’umanità».
Quanto ai cattolici, hanno edificato il Pontefice «per l’ardore della loro fede e della loro testimonianza», oltre che per l''«accoglienza calorosa, secondo la celebre ospitalità libanese». Il Papa è stato «accolto dall’entusiasmo incontenibile di migliaia di giovani libanesi e dei Paesi vicini, che hanno dato vita ad un festoso e orante momento, che rimarrà indimenticabile nel cuore di molti».
Ma anche i musulmani, ha aggiunto Benedetto XVI, «mi hanno accolto con grande rispetto e sincera considerazione; la loro costante e partecipe presenza mi ha dato modo di lanciare un messaggio di dialogo e di collaborazione tra Cristianesimo e Islam: mi sembra che sia venuto il momento di dare insieme una testimonianza sincera e decisa contro le divisioni, contro la violenza, contro le guerre».
I cattolici sono stati invitati «a fissare lo sguardo su Cristo crocifisso per trovare la forza, anche in contesti difficili e dolorosi, di celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta e dell’unità sulla divisione,». Alle autorità politiche il Papa ha «indicato una via da percorrere per favorire un futuro di pace e di solidarietà: si tratta di operare affinché le differenze culturali, sociali e religiose approdino, nel dialogo sincero, ad una nuova fraternità, dove ciò che unisce è il senso condiviso della grandezza e dignità di ogni persona, la cui vita va sempre difesa e tutelata». E ai musulmani il Pontefice a detto che pp«il mondo di oggi ha bisogno di segni chiari e forti di dialogo e di collaborazione, e di ciò il Libano è stato e deve continuare ad essere un esempio per i Paesi arabi e per il resto del mondo».
Rivolto ai giovani del Libano, il Papa ha sottolineato «la loro fortuna di vivere in quella parte del mondo che ha visto Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza, e lo sviluppo del Cristianesimo, esortandoli alla fedeltà e all’amore per la loro terra, nonostante le difficoltà causate dalla mancanza di stabilità e di sicurezza. Inoltre, li ho incoraggiati ad essere saldi nella fede, fiduciosi in Cristo, fonte della nostra gioia, e ad approfondire il rapporto personale con Lui nella preghiera, come anche ad essere aperti ai grandi ideali della vita, della famiglia, dell’amicizia e della solidarietà».
A una folla di giovani cristiani e musulmani capaci insieme di «fare festa in grande armonia»  il Pontefice ha chiesto di «costruire insieme il futuro del Libano e del Medio Oriente e ad opporsi insieme alla violenza e alla guerra. La concordia e la riconciliazione devono essere più forti delle spinte di morte».
Nella Messa domenicale al City Center Waterfront di Beirut, ha ricordato ancora Benedetto XVI, «ho voluto esortare tutti a vivere la fede e a testimoniarla senza paura, nella consapevolezza che la vocazione del cristiano e della Chiesa è quella di portare il Vangelo a tutti senza distinzione, sull’esempio di Gesù. In un contesto segnato da aspri conflitti, ho richiamato l’attenzione sulla necessità di servire la pace e la giustizia, diventando strumenti di riconciliazione e costruttori di comunione». Un'esigenza ribadita negli incontri ecumenici con le Chiese Ortodosse.
Che bilancio trae il Papa dalla sua visita? Afferma che «i giorni trascorsi in Libano sono stati una stupenda manifestazione di fede e di intensa religiosità e un segno profetico di pace. La moltitudine di credenti, provenienti dall’intero Medio Oriente, ha avuto l’opportunità di riflettere, di dialogare e soprattutto di pregare insieme, rinnovando l’impegno di radicare la propria vita in Cristo».
Come ha rilevato qualcuno, si è trattata di una vista più religiosa che direttamente «politica». Eppure il Pontefice si dice «certo che il popolo libanese, nella sua multiforme ma ben amalgamata composizione religiosa e sociale, saprà testimoniare con nuovo slancio la vera pace». La pace, infatti, non è ultimamente una costruzione umana, ma «nasce dalla fiducia in Dio».

* * *

Da "L'Osservatore Romano" del 20 settembre 2012

Mentre si cerca faticosamente di fare abbassare la tensione che attraversa il mondo islamico per il film Innocence of Muslims, rischia ora di aprirsi un nuovo fronte di protesta dopo che il settimanale francese «Charlie Hebdo» ha oggi pubblicato alcune alcune vignette su Maometto.
La discutibile iniziativa del periodico transalpino minaccia — come ha sottolineato anche il presidente della Conferenza episcopale francese, cardinale André Vingt-Trois — di gettare altra benzina sul fuoco dopo l’assalto al consolato statunitense di Bengasi, in cui è morto l’ambasciatore Chris Stevens e altri tre funzionari, le sanguinose manifestazioni di protesta in numerosi Paesi e le minacce terroristiche di Al Qaeda.
Il premier francese, Jean-Marc Ayrault, ha subito affermato di essere contro tutti gli eccessi e per la libertà d’espressione. Ma, intanto, il Governo di Parigi ha deciso di rafforzare la sicurezza: scuole e ambasciate francesi resteranno chiuse venerdì prossimo in venti Paesi come misura di precauzione. Il premier ha inoltre vietato l’annunciata manifestazione di protesta sabato a Parigi. «Non c’è ragione di lasciar entrare nel nostro Paese conflitti che nulla hanno a che vedere con la Francia», ha detto. Ayrault ha poi ricordato che in Francia c’è la possibilità di un ricorso alla magistratura per chi si sente offeso dalle caricature o da presunte offese a Maometto o all’islam. Siamo in una Repubblica che non ha nessuna intenzione di lasciarsi intimidire da alcuno in merito ai suoi valori. «Non tollereremo eccessi» ha continuato il premier, rendendo omaggio al «grande spirito di responsabilità e di moderazione» dei responsabili della comunità musulmane.
Nel frattempo, il presidente statunitense, Barack Obama si è rivolto direttamente ai leader del mondo musulmano in un’intervista alla Cbs: «Ci aspettiamo che collaboriate con noi per garantire la sicurezza della nostra gente». Dal canto suo, il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha annunciato che l’Amministrazione di Washington prenderà delle misure forti per la protezione delle ambasciate e di tutte le sedi diplomatiche statunitensi nel mondo dove i dispositivi di sicurezza sono in corso di revisione.
L’appello di Al Qaeda nel Mahgreb islamico (Aqmi) a uccidere gli ambasciatori americani in nord Africa rischia, intanto, di alimentare le azioni dei gruppi salafiti che sono protagonisti da mesi di una guerriglia contro i rispettivi Governi. Quello di Al Qaeda è stato letto come un tentativo di riunire, sotto un comune denominatore, tutti gli estremisti.
E la protesta per il film ritenuto offensivo dell’islam continua a scuotere tutto il mondo islamico. Nell’India a maggioranza indu, i musulmani hanno protestato a Chennai, lo stesso sta accadendo nel Kashmir e anche in Pakistan. Secondo l’agenzia Fides, a Hyderabad, nel sud del Paese, le proteste hanno preso di mira edifici e istituzioni cristiane. «La situazione è tesa — ha affermato il vicario generale della diocesi padre Samson Shukardin — e fra i cristiani vi è forte preoccupazione e paura».
Dopo la strage di ieri alla periferia di Kabul in cui hanno perso la vita dodici persone — tra cui nove stranieri — un migliaio di manifestanti sono scesi in piazza oggi a Jalalabad, nell’est dell’Afghanistan. La folla, composta per lo più da studenti universitari, ha scandito slogan contro gli Stati Uniti. L’Egitto, dopo i violenti disordini di piazza Tahrir, ha invece deciso di imboccare anche la via giudiziaria, con la procura del Cairo che ha rinviato a giudizio nove egiziani copti per avere finanziato o comunque contribuito in qualche maniera al film.
L'Osservatore Romano 20 settembre 2012