giovedì 20 settembre 2012

Fuoco che brucia nel cuore dei credenti

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La preoccupante "accelerazione" della secolarizzazione della società, il calo numerico dei sacerdoti e dei fedeli praticanti, il rapporto con le altre fedi, la progressiva "desertificazione" di molti dipartimenti a vocazione rurale, con la conseguente "fuga" dei giovani dalla campagna verso le città, gli effetti sociali della crisi economica, la questione del fine vita e quella, attualissima, del riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso (con annessa possibilità di adozione), che metterebbe in seria discussione il futuro della famiglia e, più in generale, aprirebbe una profonda crisi di valori: a elencare i principali temi che, da oggi, i presuli francesi affronteranno nel corso della loro visita ad limina apostolorum è stato personalmente il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale, il quale giorni fa, in un'attesa conferenza stampa, ha spiegato "cosa i vescovi francesi diranno al Papa" e ai responsabili dei vari dicasteri vaticani. Temi toccati anche nell'intervista che il cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux, ha rilasciato a "L'Osservatore Romano", nel corso della quale il porporato ha ribadito che "La nuova evangelizzazione non è un'operazione commerciale che mira a recuperare la clientela perduta, ma un fuoco che brucia nel cuore dei credenti e li spinge ad approfondire la loro fede".  Di seguito riporto il testo dell'intervista.


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 La nuova evangelizzazione non è un’operazione commerciale che mira a recuperare la clientela perduta, ma un fuoco che brucia nel cuore dei credenti e li spinge ad approfondire la loro fede. È ciò di cui ha bisogno la Francia in un momento nel quale la Chiesa deve affrontare numerose sfide, a cominciare dalle discussioni sulla laicità e sul progetto di legge del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ne parla, in questa intervista al nostro giornale, il cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux, in occasione della visita ad limina dell’episcopato francese.
Come interpreta i colloqui in corso tra Governo e rappresentanti delle comunità musulmane sul tema della laicità dello Stato?
 
La laicità dello Stato oggi non è in discussione. Essa esprime la neutralità e l’indipendenza della Repubblica francese nei confronti delle religioni. Si tratta di un principio fondamentale della Costituzione. Alcune correnti dell’islam hanno sollevato questioni in tema di macellazione rituale delle carni, di spazi riservati ai musulmani nei cimiteri, di diversificazione degli orari per gli uomini e le donne nelle piscine pubbliche, di utilizzo del velo da parte delle donne, della possibilità per queste ultime di essere visitate soltanto da medici dello stesso sesso negli ospedali. La risposta a queste richieste è stata pragmatica. Alcune di esse possono essere considerate accettabili, altre no. Credo che questo tipo di soluzione pragmatica permetta di evitare due scogli: le pressioni autoritarie di gruppi religiosi e la volontà di applicare il principio della laicità a tutto lo spazio pubblico. Infatti anche se lo Stato è laico, la società non lo è. Essa è plurima, per cui le differenze possono esprimersi legittimamente nello spazio pubblico nella misura in cui s’iscrivono nel quadro di un vivere insieme concordato.

Qual è la posizione dei vescovi riguardo alle leggi approvate dal Parlamento che vietano di indossare nei luoghi pubblici simboli religiosi visibili?

La laicità implica una neutralità religiosa dei funzionari, degli insegnanti. Non si applica agli utenti dei servizi, agli alunni o alle famiglie. I poteri pubblici devono rispettare la libertà di coscienza, a meno che non vi sia un turbamento dell’ordine pubblico. Riteniamo eccessivo proibire ogni segno «ostentatorio» nell’ambito scolastico, soprattutto se l’ordine pubblico non viene turbato. D’altra parte, la necessità per ogni persona di essere identificata può giustificare la proibizione del velo integrale. Non si tratta di discriminazione religiosa, ma di salvaguardia dell’ordine pubblico. 

Nel prossimo autunno il Parlamento dovrà discutere sul disegno di legge del matrimonio tra persone dello stesso sesso, già inserito nel programma del presidente Hollande. La Chiesa è d’accordo con alcuni filosofi francesi nel proporre un referendum sull’argomento? Quali sono i dibattiti attuali?

Ci auguriamo che ci sia un autentico dibattito e non una decisione teleguidata tramite i media e i gruppi di pressione. Il progetto di legge che autorizza le persone dello stesso sesso a sposarsi e ad adottare dei bambini non è semplicemente un allargamento del matrimonio e dell’adozione a una nuova categoria di persone, sotto il pretesto dell’eguaglianza e della non-discriminazione. Si tratta, infatti, di una rimessa in gioco della struttura stessa del matrimonio e della genitorialità. I vescovi esprimeranno, in occasione di questo dibattito, la posizione della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia, sottolineando che essa non è motivata da un approccio puramente confessionale, ma è al servizio dell’uomo. D’altronde, persone appartenenti ad altre religioni o provenienti da altri orizzonti culturali, possono benissimo ritrovarsi insieme in questo servizio all’uomo.

La crisi economica sta colpendo gravemente l’industria, in particolare quella automobilistica e navale. Quali iniziative ha messo in atto la Chiesa per aiutare tante famiglie rimaste spesso senza fonte di reddito?

Anche in Francia constatiamo ogni giorno questa grave crisi economica. Attualmente, siamo molto preoccupati per il tasso di disoccupazione: ci sono 3 milioni di senza lavoro nel Paese. Per non parlare delle persone anziane sole che non riescono più a pagare l’affitto o delle madri che hanno bisogno di essere aiutate. Le nostre organizzazioni caritative sono molto sollecitate in tal senso: si avverte il bisogno che tutta la comunità cristiana sia maggiormente mobilitata. È questo l’obiettivo dell’iniziativa nazionale «Diaconia 2013», che vuole aiutare le comunità cristiane in Francia a mettersi sempre più al servizio del fratello e in particolare di quei fratelli in stato di precarietà.

In alcune realtà vi è una fioritura di vocazioni, mentre nella maggior parte delle diocesi la situazione è critica.

Oggi le vocazioni, in particolare quelle sacerdotali, nascono più facilmente dove c’è una concentrazione di giovani: nelle città, soprattutto in quelle universitarie. La situazione delle diocesi rurali è invece più preoccupante. Occorre continuare a mobilitarsi per una pastorale delle vocazioni, accogliere i preti stranieri, pensare a un aiuto reciproco tra diocesi urbane e diocesi rurali, coinvolgere i laici. 

I siti internet delle diocesi pongono in prima pagina l’Anno della fede. La riscoperta di questa virtù passa anche per una nuova evangelizzazione?

La nuova evangelizzazione non è nell’ordine delle strategie commerciali miranti a recuperare una clientela perduta. Essa è un fuoco che brucia nel cuore dei discepoli del Cristo. Implica dunque un approfondimento della fede. Bisogna osare, parlare e aprire dei sentieri nuovi al Vangelo. E ci si rende conto oggi che audacia apostolica, rigenerazione spirituale e formazione sono profondamente legate. 

Un anno fa avete accolto alcuni membri della fraternità di San Pio X a Bordeaux. Come sono i rapporti attuali tra diocesi e questa comunità?

Questi membri erano stati esclusi nel 2006 dalla fraternità San Pio X. Hanno allora bussato alle porte della Santa Sede e la Commissione Ecclesia Dei li ha accolti, dando loro lo statuto di una società di vita apostolica di diritto pontificio. Così è nato l’istituto del Buon Pastore. La loro integrazione nella diocesi, a Bordeaux, non è stata delle più facili. Non si cancellano in un attimo anni di polemiche. Ma oggi, le cose si acquietano. L’istituto ha una parrocchia personale presso la chiesa Saint Eloi e sta cercando di trovare il proprio posto nella comunità diocesana, poiché la sfida del cristiano non è vivere ciascuno nel proprio recinto, ma in una comunità fraterna, segno di apertura alla presenza dello Spirito.