venerdì 14 settembre 2012

Il Papa in Libano: Firma dell'Esortazione Post-Sinodale e Discorso




HARISSA, venerdì, 14 settembre 2012  – La solenne firma da parte di Papa Benedetto XVI dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente è avvenuta poco dopo le 18 presso la Basilica Greco-Melkita di Harissa.
Il documento siglato raccoglie i frutti dei lavori dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, svoltosi in Vaticano nell’ottobre 2010.
Giunto sul sagrato della Basilica, Benedetto XVI è stato accolto dal Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti Cattolici, Sua Beatitudine Gregorios III Laham, B.S., e dal Superiore della Comunità. Alla cerimonia erano presenti il Presidente della Repubblica, i Patriarchi e i Vescovi del Libano, i Membri del Consiglio Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, una delegazione ortodossa e una musulmana.
Dopo l’indirizzo di omaggio del Patriarca Greco-Melkita, Sua Beatitudine Gregorios III Laham, e l’intervento introduttivo del Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterović, il Santo Padre ha pronunciato il proprio discorso.
“È provvidenziale che questo atto – ha detto il Santo Padre - abbia luogo proprio nel giorno della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, la cui celebrazione è nata in Oriente nel 335, all’indomani della Dedicazione della Basilica della Resurrezione costruita sul Golgota e sul sepolcro di Nostro Signore dall’imperatore Costantino il Grande, che voi venerate come santo”.
Il Papa ha tratto spunto dalla ricorrenza per rievocare la vicenda di Costantino, del quale, tra un mese, sarà celebrato il 1700° anniversario della visione nota come In hoc signo vinces. Non è un caso che, in seguito, “Costantino firmò l’editto di Milano, e diede il proprio nome a Costantinopoli”.
Secondo il Pontefice “l’Esortazione post-sinodale possa essere letta ed interpretata alla luce della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, e più particolarmente alla luce del monogramma di Cristo, il X (chi) e il P (ro), le due prime lettere della parola OD4FJ`H”. Una chiave di lettura che “conduce ad un’autentica riscoperta dell’identità del battezzato e della Chiesa, e costituisce al tempo stesso come un appello alla testimonianza nella e mediante la comunione”.
Il legame tra Croce e Resurrezione “non può essere dimenticato dal cristiano”; l’esaltazione della Croce, quindi, è “un atto d’amore”, “un atto di fede” e un “atto di speranza”, oltre che un impegno “ad essere araldi della comunione fraterna ed ecclesiale, fonte della vera testimonianza cristiana”.
In considerazione della situazione attuale delle Chiese mediorientali, i Padri sinodali “hanno potuto riflettere sulle gioie e le pene, i timori e le speranze dei discepoli di Cristo che vivono in questi luoghi”. Al tempo stesso “la Chiesa ha potuto ammirare quanto vi è di bello e di nobile in queste Chiese su queste terre”.
L’Esortazione apostolica appena firmata, ha commentato il Papa, “permette di ripensare il presente per considerare il futuro con lo stesso sguardo di Cristo” ed intende “tracciare una via per ritrovare l’essenziale: la sequela Christi, in un contesto difficile e talvolta doloroso, un contesto che potrebbe far nascere la tentazione di ignorare o dimenticare la Croce gloriosa”.
La “follia della Croce”, quindi, è in grado di “convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo; quella di saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede e nella loro identità, in vasi d’argilla pronti ad essere colmati dall’abbondanza dei doni divini più preziosi dell’oro (cfr 2Cor 4,7-18)”.
Ecclesia in Medio Oriente apre “all’autentico dialogo interreligioso basato sulla fede in Dio Uno e Creatore” ed a un “ecumenismo pieno di fervore umano, spirituale e caritativo, nella verità e nell’amore evangelici”, attingendo forza al comandamento del Risorto che invita a fare discepoli tutti i popoli della terra (cfr Mt 28,19-20).
Obiettivo del documento firmato oggi è anche quello di “contribuire a spogliare la fede da ciò che la imbruttisce, da tutto ciò che può offuscare lo splendore della luce di Cristo. La comunione è allora un’autentica adesione a Cristo, e la testimonianza è un’irradiazione del Mistero pasquale che conferisce un senso pieno alla Croce gloriosa”.
In conclusione Benedetto XVI è tornato sulla conversione di Costantino, esortando le Chiese mediorientali a ricordarsi della promessa fatta all’imperatore: “In questo segno tu vincerai!”. Un invito a non aver paura perché la Chiesa universale è costantemente vicina ai suoi figli e il Signore è con noi fino alla fine del mondo.
“È con questi sentimenti di speranza e di incoraggiamento a essere protagonisti attivi della fede attraverso la comunione e la testimonianza, che domenica consegnerò l’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente ai miei venerati Fratelli Patriarchi, Arcivescovi e Vescovi, a tutti i sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e ai fedeli laici”, ha aggiunto il Pontefice.
Poco prima della benedizione finale il Santo Padre ha firmato una copia dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente, per poi fare ritorno in automobile alla Nunziatura Apostolica di Harissa per la cena. (L. Marcolivio)

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Di seguito il discorso del Santo Padre e una sintesi della Esortazione Apostolica "Ecclesia in Medio Oriente)

Visita alla Basilica di St Paul ad Harissa e Firma dell'Esortazione Apostolica Post-sinodale
Discorso del Santo Padre

Signor Presidente della Repubblica,
Sua Beatitudine, venerati Patriarchi,
cari Fratelli nell’Episcopato e membri del Consiglio Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente, illustri Rappresentanti delle Confessioni religiose, del mondo della cultura e della società civile, cari fratelli e sorelle in Cristo, cari amici!
Esprimo la mia gratitudine al Patriarca Gregorio Laham per le espressioni d’accoglienza, come pure al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Mons. Nikola Eterović, per le sue parole di presentazione. Saluto vivamente i Patriarchi, a tutti i Vescovi orientali e latini riuniti in questa bella Basilica di San Paolo, e i membri del Consiglio Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente. Mi rallegro anche della presenza delle delegazioni ortodossa, musulmana e drusa, come anche di quelle del mondo della cultura e della società civile.  (...) Saluto affettuosamente la cara Comunità greco-melchita che mi riceve. La vostra presenza solennizza la firma dell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente(*), e testimonia che questo documento, destinato certamente alla Chiesa universale, riveste un’importanza particolare per l’intero Medio Oriente.
È provvidenziale che questo atto abbia luogo proprio nel giorno della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, la cui celebrazione è nata in Oriente nel 335, all’indomani della Dedicazione della Basilica della Resurrezione costruita sul Golgota e sul sepolcro di Nostro Signore dall’imperatore Costantino il Grande, che voi venerate come santo. Fra un mese si celebrerà il 1700o anniversario dell’apparizione che gli fece vedere, nella notte simbolica della sua incredulità, il monogramma di Cristo sfavillante, mentre una voce gli diceva: «In questo segno, vincerai!». Più tardi, Costantino firmò l’editto di Milano, e diede il proprio nome a Costantinopoli. Mi sembra che l’Esortazione post-sinodale possa essere letta ed interpretata alla luce della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, e più particolarmente alla luce del monogramma di Cristo, il X (chi) e il P (ro), le due prime lettere della parola Χριστός. Una tale lettura conduce ad un’autentica riscoperta dell’identità del battezzato e della Chiesa, e costituisce al tempo stesso come un appello alla testimonianza nella e mediante la comunione. La comunione e la testimonianza cristiane non sono infatti fondate sul Mistero pasquale, sulla crocifissione, la morte e la risurrezione di Cristo? Non trovano in esso il loro pieno compimento? Esiste un legame inseparabile tra la Croce e la Risurrezione che non può essere dimenticato dal cristiano. Senza questo legame, esaltare la Croce significherebbe giustificare la sofferenza e la morte non vedendo in esse che una fine fatale. Per un cristiano, esaltare la Croce vuol dire comunicare alla totalità dell’amore incondizionato di Dio per l’uomo. È porre un atto di fede! Esaltare la Croce, nella prospettiva della Risurrezione, è desiderare di vivere e manifestare la totalità di questo amore. È porre un atto d’amore! Esaltare la Croce porta ad impegnarsi ad essere araldi della comunione fraterna ed ecclesiale, fonte della vera testimonianza cristiana. È porre un atto di speranza!
Considerando la situazione attuale delle Chiese nel Medio Oriente, i Padri sinodali hanno potuto riflettere sulle gioie e le pene, i timori e le speranze dei discepoli di Cristo che vivono in questi luoghi. Tutta la Chiesa ha potuto così ascoltare il grido ansioso e percepire lo sguardo disperato di tanti uomini e donne che si trovano in situazioni umane e materiali ardue, che vivono forti tensioni nella paura e nell’inquietudine, e che vogliono seguire Cristo – Colui che dà senso alla loro esistenza – ma che ne sono spesso impediti. Per questo ho desiderato che la Prima Lettera di San Pietro sia la trama del documento. Nello stesso tempo, la Chiesa ha potuto ammirare quanto vi è di bello e di nobile in queste Chiese su queste terre. Come non rendere grazie a Dio in ogni momento per tutti voi (cfr 1 Ts 1,2; Prima Parte dell’Esortazione post-sinodale), cari cristiani del Medio Oriente! Come non lodarlo per il vostro coraggio nella fede? Come non ringraziarlo per la fiamma del suo amore infinito che voi continuate a mantenere viva e ardente in questi luoghi che sono stati i primi ad accogliere il suo Figlio incarnato? Come non cantargli la nostra riconoscenza per gli slanci di comunione ecclesiale e fraterna, per la solidarietà umana manifestata senza sosta verso tutti i figli di Dio?
Ecclesia in Medio Oriente permette di ripensare il presente per considerare il futuro con lo stesso sguardo di Cristo. Essa, con i suoi orientamenti biblici e pastorali, con il suo invito a un approfondimento spirituale ed ecclesiologico, con il rinnovamento liturgico e catechistico raccomandato, con i suoi appelli al dialogo, vuole tracciare una via per ritrovare l’essenziale: la sequela Christi, in un contesto difficile e talvolta doloroso, un contesto che potrebbe far nascere la tentazione di ignorare o dimenticare la Croce gloriosa. E’ proprio adesso che bisogna celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione. Alla luce della festa odierna e in vista di una fruttuosa applicazione dell’Esortazione, vi invito tutti a non avere paura, a rimanere nella verità e a coltivare la purezza della fede. Questo è il linguaggio della Croce gloriosa! Questa è la follia della Croce: quella di saper convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo; quella di saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede e nella loro identità, in vasi d’argilla pronti ad essere colmati dall’abbondanza dei doni divini più preziosi dell’oro (cfr 2 Cor 4,7-18). Non si tratta di un linguaggio puramente allegorico, ma di un appello pressante a porre degli atti concreti che configurano sempre più a Cristo, atti che aiutano le diverse Chiese a riflettere la bellezza della prima comunità dei credenti (cfr At 2,41-47; Seconda parte dell’Esortazione); atti simili a quelli dell’imperatore Costantino che ha saputo testimoniare e far uscire i cristiani dalla discriminazione per permettere loro di vivere apertamente e liberamente la loro fede nel Cristo crocifisso, morto e risorto per la salvezza di tutti.
Ecclesia in Medio Oriente offre elementi che possono aiutare per un esame di coscienza personale e comunitario, per una valutazione obiettiva dell’impegno e del desiderio di santità di ogni discepolo di Cristo. L’Esortazione apre all’autentico dialogo interreligioso basato sulla fede in Dio Uno e Creatore. Essa vuole anche contribuire a un ecumenismo pieno di fervore umano, spirituale e caritativo, nella verità e nell’amore evangelici, che attinge forza dal comandamento del Risorto: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20).
In tutte le sue parti, l’Esortazione vorrebbe aiutare ciascun discepolo del Signore a vivere pienamente e a trasmettere realmente ciò che è diventato attraverso il Battesimo: un figlio della Luce, un essere illuminato da Dio, una lampada nuova nell’oscurità inquietante del mondo affinché dalle tenebre facciano risplendere la luce (cfr Gv 1,4-5 e 2 Cor 4,1-6). Questo documento vuole contribuire a spogliare la fede da ciò che la imbruttisce, da tutto ciò che può offuscare lo splendore della luce di Cristo. La comunione è allora un’autentica adesione a Cristo, e la testimonianza è un’irradiazione del Mistero pasquale che conferisce un senso pieno alla Croce gloriosa. Noi seguiamo e «annunciamo… Cristo crocifisso … potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,23-24; cfr Terza Parte dell’Esortazione).
«Non temere, piccolo gregge» (Lc 12,32) e ricordati della promessa fatta a Costantino: «In questo segno, tu vincerai!». Chiese in Medio Oriente, non temete, perché il Signore è veramente con voi fino alla fine del mondo! Non temete, perché la Chiesa universale vi accompagna con la sua vicinanza umana e spirituale! È con questi sentimenti di speranza e di incoraggiamento a essere protagonisti attivi della fede attraverso la comunione e la testimonianza, che domenica consegnerò l’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente ai miei venerati Fratelli Patriarchi, Arcivescovi e Vescovi, a tutti i sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e ai fedeli laici. «Abbiate coraggio» (Gv 16,33)! Per intercessione della Vergine Maria, la Theotokos, invoco con grande affetto l’abbondanza dei doni divini su voi tutti! Possa Dio concedere a tutti i popoli del Medio Oriente di vivere nella pace, nella fraternità e nella libertà religiosa! Dio vi benedica tutti! (Lè yo barèk al-Rab jami’a kôm!)

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(*):  Esortazione Apostolica post-Sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”  Sintesi

 PREMESSA
L’Esortazione Apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente” (EMO) è il documento elaborato da Benedetto XVI sulla base delle 44 Proposizioni finali del Sinodo speciale per il Medio Oriente, svoltosi in Vaticano dal 10 al 26 ottobre 2010, sul tema La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola" (At 4, 32). Il testo è suddiviso in tre parti, più un’introduzione ed una conclusione.
INTRODUZIONE
L’EMO invita la Chiesa cattolica in Medio Oriente a ravvivare la comunione al suo interno, guardando ai “fedeli nativi” che appartengono alle Chiese orientali cattoliche sui iuris, ed aprendosi al dialogo con ebrei e musulmani. Si tratta di una comunione, di un’unità da raggiungere nella diversità dei contesti geografici, religiosi, culturali e sociopolitici nel Medio Oriente. Allo stesso tempo, Benedetto XVI rinnova l’appello a conservare, dal punto di vista religioso, ed a promuovere i riti delle Chiese Orientali, patrimonio di tutta la Chiesa di Cristo.
PRIMA PARTE
Il Contesto. Innanzitutto, il Papa invita a non dimenticare i cristiani che vivono in Medio Oriente e che portano un contributo “nobile e autentico” alla costruzione del Corpo di Cristo. Poi, nel descrivere la situazione della regione e dei popoli che vi abitano, Benedetto XVI sottolinea drammaticamente i morti, le vittime “della cecità umana”, la paura e le umiliazioni: “Sembra che non ci siano freni al crimine di Caino”. Senza entrare nei dettagli, l’EMO ricorda, rapidamente, che le posizioni della Santa Sede sui diversi conflitti nella regione e sullo status di Gerusalemme e dei Luoghi Santi sono largamente conosciute. Infine, viene lanciato un appello alla conversione, alla pace – intesa non come semplice assenza di conflitto, ma come pace interiore e legata alla giustizia – al superamento di tutte le distinzioni di razza, sesso e ceto, a vivere il perdono nell’ambito privato e comunitario.
Vita cristiana ed ecumenismo. Tutto questo capitolo è un appello in favore dell’unità ecumenica “che non è l’uniformità delle tradizioni e delle celebrazioni”: in un contesto politico difficile, instabile ed attualmente incline alla violenza come quello del Medio Oriente, infatti, la Chiesa si è sviluppata in modo davvero multiforme, presentando Chiese di antica tradizione e comunità ecclesiali più recenti. Si tratta di un mosaico che richiede uno sforzo notevole per rafforzare la testimonianza cristiana. In linea con il Concilio Vaticano II, il Papa invita all’ecumenismo spirituale, ad una comunione intesa non come confusione, ma come riconoscimento e rispetto dell’altro. Allo stesso tempo, l’EMO ribadisce l’importanza del lavoro teologico e delle diverse Commissioni ecumeniche e comunità ecclesiali, affinché – in linea con la dottrina della Chiesa – parlino con una sola voce sulle grandi questioni morali (famiglia, sessualità, bioetica, libertà, giustizia e pace). Importante anche l’ecumenismo diaconale, in ambito caritativo ed educativo. Vengono poi elencate alcune proposte concrete per una pastorale ecumenica di insieme: tra queste, l’applicazione dell’apertura conciliare verso una certa ‘communicatio in sacris’ (ovvero la possibilità per i cristiani di accedere ai sacramenti in una Chiesa diversa dalla propria) per i sacramenti della penitenza, dell’eucaristia e dell’unzione degli infermi. Il Papa si dice, inoltre, certo della possibilità di trovare un accordo su una traduzione comune del Padre Nostro nelle lingue locali della regione.
Il dialogo interreligioso. Ricordando i legami storici e spirituali che i cristiani hanno con ebrei e musulmani, l’EMO ribadisce che il dialogo interreligioso – che fa parte della natura e della vocazione universale della Chiesa - non è tanto quello dettato da considerazioni pragmatiche di ordine politico o sociale, ma si basa innanzitutto sui fondamenti teologici della fede: ebrei, cristiani e musulmani credono in un unico Dio e pertanto l’auspicio è che possano riconoscere “nell’altro credente” un fratello da amare e da rispettare, evitando di strumentalizzare la religione per conflitti “ingiustificabili per un credente autentico”. In particolare riguardo al dialogo cristiano-ebraico, il Papa ricorda il patrimonio spirituale comune, basato sulla Bibbia, che riporta alle “radici giudaiche del cristianesimo”; allo stesso tempo invita i cristiani a prendere consapevolezza del mistero dell’Incarnazione di Dio e condanna le ingiustificabili persecuzioni del passato. Per i musulmani, Benedetto XVI usa la parola “stima” ed aggiunge “nella fedeltà all’insegnamento del Concilio Vaticano II”; si rammarica, tuttavia, del fatto che le differenze dottrinali siano servite da pretesto agli uni e agli altri per giustificare, in nome della religione, pratiche di intolleranza, di discriminazione, di emarginazione e di persecuzione. L’EMO poi evidenzia come la presenza dei cristiani in Medio Oriente non sia né nuova, né casuale, ma storica: parte integrante della regione, essi hanno avviato “una simbiosi particolare” con la cultura circostante e – insieme ad ebrei e musulmani – hanno contribuito alla formazione di una ricca cultura, propria del Medio Oriente. Riguardo ai cattolici della regione, il testo evidenzia che essi, cittadini nativi del Medio Oriente, hanno il diritto ed il dovere di partecipare pienamente alla vita civile, e non devono essere considerati cittadini di serie B. Il Papa afferma che la libertà religiosa - somma di tutte le libertà, sacra e inalienabile – include la libertà di scegliere la religione che si ritiene vera e di manifestare pubblicamente il proprio credo e i suoi simboli, senza mettere in pericolo la propria vita e la propria libertà personale. La forza e le costrizioni, in materia religiosa, non sono ammissibili. Di qui, l’invito a passare dalla tolleranza alla libertà religiosa, il che non implica una porta aperta al sincretismo, ma “una riconsiderazione del rapporto antropologico con la religione e con Dio”.
Due nuove realtà: L’EMO si sofferma sulla laicità, con le sue forme talvolta estreme, e sul fondamentalismo violento che rivendica un’origine religiosa. La laicità nella sua forma estrema, diventata secolarismo, nega al cittadino l’espressione pubblica della propria religione e pretende che solo lo Stato legiferi su questo aspetto. Si tratta di teorie antiche, che non sono più esclusivamente occidentali, né sono da confondere con il cristianesimo. La sana laicità, al contrario, implica distinzione e collaborazione tra politica e religione, nel reciproco rispetto. Essa garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione e alla religione di vivere senza gli appesantimenti degli interessi politici. Il fondamentalismo religioso – che cresce nel clima d’incertezza socio-politica, grazie alle manipolazioni di alcuni e ad una comprensione insufficiente della religione da parte di altri – vuole prendere il potere, talvolta con violenza, sulla coscienza delle persone e sulla religione, per ragioni politiche. Per questo, il Papa lancia un accorato appello a tutti i responsabili religiosi del Medio Oriente affinché cerchino, con il loro esempio ed il loro insegnamento, di fare il possibile per sradicare questa minaccia che tocca indistintamente e mortalmente i credenti di tutte le religioni.
I migranti: Il Papa affronta una questione cruciale, ovvero quella dell’esodo dei cristiani (una vera emorragia), i quali si trovano in una posizione delicata, talvolta senza speranza, e risentono delle conseguenze negative dei conflitti, sentendosi spesso umiliati, nonostante abbiano partecipato, lungo i secoli, alla costruzione dei rispettivi Paesi. Un Medio Oriente senza o con pochi cristiani non è più Medio Oriente. Per questo, il Papa chiede ai dirigenti politici e ai responsabili religiosi di evitare politiche e strategie che tendano verso un Medio Oriente monocromo che non rifletta la sua realtà umana e storica. Benedetto XVI invita poi i pastori delle Chiese Orientali cattoliche ad aiutare i loro sacerdoti ed i loro fedeli in diaspora a restare in contatto con le loro famiglie e le loro Chiese ed esorta i Pastori delle circoscrizioni ecclesiastiche che accolgono i cattolici orientali a dare loro la possibilità di celebrare secondo le proprie tradizioni. Il capitolo affronta anche la questione dei lavorati immigrati - spesso cattolici di rito latino – provenienti dall’Africa, dall’Estremo Oriente e dal sub-Continente indiano, che sperimentano troppo spesso situazioni di discriminazione e di ingiustizia. Centrale, quindi, l’appello ai governi dei Paesi d’accoglienza affinché rispettino e difendano i diritti di questi migranti. Infine, il Papa esorta i fedeli – “nativi e nuovi arrivati” – a vivere in comunione fraterna, nel rispetto reciproco.
SECONDA PARTE
Partendo dalla premessa che la cattolicità contempla la comunione tra la Chiesa universale e le Chiese particolari e che le seconde nascono dalla prima (il che permette la diversità ricca e legittima delle Chiese particolari), la seconda parte dell’EMO si rivolge ad alcune delle principali categorie che costituiscono la Chiesa cattolica:
-    Patriarchi: responsabili delle Chiese sui iuris, in unione perfetta con il Vescovo di Roma, rendono tangibile l’universalità e l’unità della Chiesa e, in segno di comunione, sapranno rafforzare l’unione e la solidarietà nel quadro del Consiglio dei Patriarchi cattolici d’Oriente e dei Sinodi patriarcali, privilegiando sempre la concertazione sulle questioni fondamentali per la Chiesa.
-    Vescovi: segno visibile dell’unità nella diversità della Chiesa intesa come Corpo, di cui Cristo è il capo, sono i primi ad essere inviati in tutte le nazioni per fare discepoli. Essi devono annunciare con coraggio e difendere con fermezza l’integrità e l’unità della fede, in quelle situazioni difficili che purtroppo non mancano in Medio Oriente. I vescovi sono anche invitati ad una gestione sana, onesta e trasparente dei beni temporali della Chiesa e a questo proposito il Papa ricorda che i Padri Sinodali hanno chiesto una seria revisione delle finanze e dei beni, per evitare la confusione tra i beni personali e quelli della Chiesa. I vescovi, inoltre, dovranno vigilare per assicurare ai sacerdoti il giusto sostentamento, affinché non si perdano in questioni materiali. L’alienazione dei beni della Chiesa deve rispondere strettamente alle norme canoniche e alle disposizioni pontificie vigenti. Infine, il Papa esorta i vescovi ad avere cura, in senso pastorale, di tutti i fedeli cristiani, a prescindere dalla loro nazionalità o provenienza ecclesiale.
-    Sacerdoti e seminaristi: l’EMO sottolinea che i sacerdoti devono educare il Popolo di Dio alla costruzione di una civiltà di amore evangelico e di unità e ciò esige una trasmissione approfondita della Parola di Dio, della tradizione e della Dottrina della Chiesa, insieme al rinnovamento intellettuale e spirituale degli stessi sacerdoti. In quest’ottica, è importante il celibato – dono inestimabile di Dio alla Chiesa – ma anche il ministero dei preti sposati, antica componente della tradizione orientale. In quanto servitori della comunione, preti e seminaristi devono offrire una testimonianza coraggiosa e priva di ombre, devono avere una condotta irreprensibile, e devono aprirsi alla diversità culturale delle loro Chiese (apprendendone, ad esempio, le lingue e le culture), così come alla diversità ecclesiale ed al dialogo ecumenico ed interreligioso.
-    Vita consacrata: ricordando che il monachesimo, nelle sue diverse forme, è nato in Medio Oriente ed ha dato inizio ad alcune Chiese sui iuris, l’EMO evidenzia che le comunità religiose saranno segni profetici di comunione nelle loro Chiese e nel mondo intero se saranno realmente fondate sulla Parola di Dio e sulla comunione fraterna. A prescindere dallo statuto canonico delle loro congregazioni religiose, inoltre, i consacrati dovranno collaborare con il vescovo nell’attività pastorale e missionaria. Essi vengono quindi invitati a meditare a lungo e ad osservare i consigli evangelici (castità, povertà ed obbedienza), perché non può esserci rigenerazione spirituale – dei fedeli, delle comunità e della Chiesa intera – senza un ritorno chiaro e netto alla ricerca di Dio.
-    Laici: Membri del Corpo di Cristo grazie al battesimo, e quindi pienamente associati alla missione della Chiesa universale, ai laici il Papa affida il compito di promuovere - nell’ambito temporale, loro proprio – la sana gestione dei beni pubblici, la libertà religiosa ed il rispetto della dignità di ciascuno. Essi sono invitati anche ad essere audaci nella causa di Cristo. Perché la loro testimonianza dia davvero frutti, tuttavia, i laici dovranno superare le divisioni e tutte le interpretazioni soggettive della vita cristiana.
-    Famiglia: istituzione divina fondata sul sacramento indissolubile del matrimonio tra uomo e donna (“L’amore coniugale è il progetto paziente di tutta una vita”), oggi la famiglia è esposta a molti pericoli. C’è la tentazione di appropriarsi di modelli contrari al Vangelo veicolati da una certa cultura contemporanea presente in tutto il mondo. In questo contesto, la famiglia cristiana deve essere sostenuta nei suoi problemi e difficoltà e deve guardare alla propria identità profonda, perché sia innanzitutto Chiesa domestica che educa alla preghiera e alla fede, vivaio di vocazioni, scuola naturale di virtù e valori etici, cellula fondante della società. Ampio spazio l’EMO lo riserva alla questione della donna in Medio Oriente ed alla necessità della sua uguaglianza con l’uomo, di fronte alle discriminazioni che essa deve subire e che offendono gravemente non solo la donna stessa, ma anche e soprattutto Dio. Il Papa sottolinea che le donne devono impegnarsi ed essere coinvolte nella vita pubblica ed ecclesiale. Riguardo alle vertenze giuridiche nelle questioni matrimoniali, la voce della donna deve essere ascoltata alla pari di quella dell’uomo, senza ingiustizie. Per questo, il Papa incoraggia un’applicazione più sana e più giusta del diritto, in quest’ambito, affinché le differenze giuridiche relative alle questioni matrimoniali non conducano all’apostasia. Infine, i cristiani del Medio Oriente devono poter applicare, sia nel matrimonio che altrove, il proprio diritto, senza restrizioni.
-    Giovani e bambini: il Papa li esorta a non avere paura o vergogna di essere cristiani, a rispettare gli altri credenti, ebrei e musulmani, a coltivare sempre – attraverso la preghiera – la vera amicizia con Gesù, amando Cristo e la Chiesa. In questo modo, essi potranno discernere con sapienza i valori della modernità utili alla loro realizzazione, senza lasciarsi sedurre dal materialismo o da certi social network il cui uso indiscriminato può mutilare la vera natura delle relazioni umane. Per i bambini, in particolare, l’EMO si appella a genitori, educatori, formatori e istituzioni pubbliche affinché riconoscano i diritti dei minori a partire dal loro concepimento.
TERZA PARTE
La Parola di Dio, anima e fonte di comunione e testimonianza: Dopo aver espresso riconoscenza alle scuole esegetiche (d’Alessandria, di Antiochia…) che hanno contribuito alla formulazione dogmatica del mistero cristiano nel IV e V secolo, l’EMO raccomanda una vera pastorale biblica, per dissipare pregiudizi o idee errate che causano controversie inutili o umilianti. Di qui, il suggerimento di proclamare un Anno Biblico, a seconda delle condizioni pastorali di ogni Paese della regione, e di farlo seguire, se opportuno, da una Settimana annuale della Bibbia. La presenza cristiana nei Paesi biblici del Medio Oriente – che va ben al di là di un’appartenenza sociologica o di una semplice riuscita economica e culturale – ritrovando la linfa delle origini e nella sequela dei discepoli di Cristo, prenderà un nuovo slancio. Infine, il Papa incoraggia lo sviluppo di nuove strutture della comunicazione e la formazione – non solo tecnica, ma anche dottrinale ed etica – di personale specializzato in questo settore, nevralgico per l’evangelizzazione.
Liturgia e vita sacramentale: Per i fedeli del Medio Oriente, la liturgia è elemento essenziale dell’unità spirituale e della comunione. Il rinnovamento delle celebrazioni e dei testi liturgici - là dove necessario - deve essere fondato sulla Parola di Dio e realizzato in collaborazione con le Chiese co-depositarie delle stesse tradizioni. Centrale l’invito a guardare all’importanza del battesimo, che permette a coloro che lo ricevono di vivere in comunione e di sviluppare una vera solidarietà con gli altri membri della famiglia umana, senza discriminazioni basate sulla razza o sulla religione. In quest’ottica, il Papa auspica un accordo ecumenico sul riconoscimento reciproco del Battesimo tra la Chiesa cattolica e le Chiese con cui essa è in dialogo teologico, per restaurare, così, la piena comunione nella fede apostolica. L’EMO auspica anche una pratica più frequente del sacramento del perdono e della riconciliazione ed esorta Pastori e fedeli a promuovere iniziative di pace, anche in mezzo alle persecuzioni.
La preghiera e i pellegrinaggi: Premesso che l’efficacia dell’evangelizzazione si fonda sulla preghiera, l’EMO evidenzia che il Medio Oriente è un luogo privilegiato di pellegrinaggio per molti cristiani che qui possono consolidare la propria fede e vivere un’esperienza profondamente spirituale. Quindi, il Papa chiede che i fedeli possano avere libero accesso, senza restrizioni, ai Luoghi Santi. Essenziale anche che il pellegrinaggio biblico di oggi ritorni alle sue motivazioni iniziali: un cammino penitenziale, alla ricerca di Dio.
Evangelizzazione e carità: missioni della Chiesa. L’EMO sottolinea che la trasmissione della fede è una missione essenziale della Chiesa. Di qui, l’invito del Papa alla nuova evangelizzazione che, nel contesto contemporaneo, segnato da cambiamenti, rende il fedele consapevole della sua testimonianza di vita: essa rafforza la sua parola quando parla di Dio coraggiosamente ed apertamente, per annunciare la Buona Novella di salvezza. In particolare, in Medio Oriente, l’approfondimento del senso teologico e pastorale dell’evangelizzazione dovrà guardare a due dimensioni, quella ecumenica e quella interreligiosa. Riguardo ai movimenti e alle comunità ecclesiali, il Papa li incoraggia ad agire in unione con il Vescovo del luogo e secondo le sue direttive pastorali, tenendo conto della storia, della liturgia, della spiritualità e della cultura locale, senza confusione né proselitismo. La Chiesa cattoliche del Medio Oriente è quindi invitata a rinnovare il suo spirito missionario, sfida quanto mai urgente in un contesto multiculturale e pluri-religioso. Un forte stimolo, in questo senso, potrà derivare dall’Anno della Fede. Riguardo alla carità, l’EMO ricorda che la Chiese deve seguire l’esempio di Cristo che si è fatto vicino ai più deboli: gli orfani, i poveri, i disabili, i malati…Infine, il Papa saluta ed incoraggia tutte le persone che operano, in modo impressionante, nei centri educativi, nelle scuole, negli istituti superiori e nelle università cattoliche del Medio Oriente. Tali strumenti di cultura – che devono essere sostenuti dai responsabili politici - dimostrano che esiste, in Medio Oriente, la possibilità di vivere nel rispetto e nella collaborazione, attraverso l’educazione alla tolleranza.
Catechesi e formazione cristiana: Il documento pontificio incoraggia la lettura e l’insegnamento del catechismo della Chiesa cattolica e un’iniziazione concreta alla Dottrina sociale della Chiesa. Allo stesso tempo, il Papa invita i Sinodi e gli altri organismi episcopali a facilitare i fedeli nell’accostarsi alla ricchezza spirituale dei Padri della Chiesa e ad attualizzare l’insegnamento patristico, complemento della formazione biblica.
CONCLUSIONI
In modo solenne, Benedetto XVI chiede, in nome di Dio, ai responsabili politici e religiosi non solo di alleviare le sofferenze di tutti coloro che vivono in Medio Oriente, ma anche di eliminarne le cause, facendo tutto il possibile per arrivare alla pace. Allo stesso tempo, i fedeli cattolici sono esortati a consolidare e a vivere la comunione tra loro, dando vita al dinamismo pastorale. “La tiepidezza dispiace Dio” e quindi i cristiani del Medio Oriente, cattolici ed altri, diano testimonianza di Cristo, uniti e con coraggio. Si tratta di una testimonianza non facile, ma esaltante.