venerdì 14 settembre 2012

Il Papa in Libano: l'intervista in volo e il discorso all'arrivo



Ecco una prima trascrizione dell’intervista concessa da Benedetto XVI ai giornalisti sul volo che lo ha portato in Libano.
Santo Padre, in questi giorni ci sono anniversari terribili, come quello dell’11 settembre o quello del massacro di Sabra e Chatila. Alle frontiere del Libano c’è una sorta di guerra civile e noi vediamo anche nei nostri Paesi il rischio della violenza sempre presente. Con quale sentimento affronta questo viaggio? È stato tentato di rinunciare per l’insicurezza o qualcuno le ha suggerito di rinunciare?
«Cari amici, sono molto riconoscente per questa possibilità di parlare con voi. Nessuno mi ha consigliato di rinunciare a questo viaggio e per parte mia non ho mai pensato a questa ipotesi. Perché so che se la situazione diventa più complicata diventa ancora più necessario dare questo segno di fraternità, di incoraggiamento, di solidarietà. Dunque questo è il senso del mio viaggio: invitare al dialogo, invitare alla pace, contro la violenza, andare insieme per trovare la soluzione dei problemi. E dunque i sentimenti in questo viaggio sono soprattutto sentimenti di riconoscenza per la possibilità di andare ora in questo paese grande . Questo Paese che, ha detto Giovanni Paolo II , più che un paese è un messaggio, questa regione dell’incontro delle origine delle tre religioni abramitiche. E sono riconoscente soprattutto al Signore che mi ha dato la possibilità; sono riconoscente a tutte le istituzioni e le persone che hanno collaborato…; e sono riconoscente a tante persone che mi accompagnano con la preghiera questa protezione della preghiera… sono felice e sono sicuro…»
Un gran numero di cattolici manifesta inquietudine davanti alla crescita dei fondamentalismi in varie regioni del mondo e davanti alle aggressioni delle quali sono vittime molti cristiani. In questo contesto difficile, come la Chiesa può rispondere all’imperativo del dialogo con l’Islam, sul quale lei ha più volte insistito?
«Il fondamentalismo è sempre una falsificazione della religione, è contro l’essenza della religione. Il compito delle Chiesa e delle religioni è purificarsi. La purificazione delle religioni da queste tentazioni è sempre necessaria ed è nostro compito illuminare, purificare le coscienze. Ogni uomo è un’immagine di Dio e noi dobbiamo rispettare nell’altro non solo la sua alterità ma nell’alterità l’essenza comune, d’essere un’immagine di Dio, l’altro come immagine di Dio. Dunque il messaggio fondamentale è contro la violenza che è una falsificazione come i fondamentalismi; è nell’educazione, l’illuminazione e purificazione delle coscienze, tolleranti capaci di dialogo alla riconciliazione e alla pace».
In questo contesto dell’onda di desiderio di democrazia che si è messa in moto in tanti Paesi del medio oriente con la cosiddetta primavera araba, data la realtà sociale della maggioranza di questi paesi in cui i cristiani sono minoranza non c’è il rischio di una tensione inevitabile tra il dominio della maggioranza e la sopravvivenza del cristianesimo?
«Direi di per sé la primavera araba è una cosa positiva: è il desiderio di più democrazia, di più libertà, di più cooperazione, della rinnovata identità araba. E questo grido della libertà che viene da una gioventù più formata culturalmente professionalmente che desidera più partecipazione nella vita politica e nella vita sociale è un progresso, una cosa molto positiva e salutata proprio anche da noi cristiani. Naturalmente dalla storia delle rivoluzioni noi sappiamo che il grido della libertà così importante e positivo, è sempre in pericolo di dimenticare un aspetto e una dimensione fondamentale della libertà, cioè la tolleranza dell’altro e il fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa, che solo nella condivisione, nella solidarietà, nel vivere insieme con determinate regole può crescere. E questo è sempre il pericolo, così anche in questo caso e dobbiamo fare tutti il possibile perché il concetto di libertà, il desiderio di libertà, vada nella giusta direzione altrimenti la tolleranza, l’insieme, la riconciliazione come parte fondamentale della libertà. Così anche la rinnovata identità araba implica penso anche il rinnovamento dell’insieme secolare, millenario, di cristiani e arabi che proprio insieme in tolleranza di maggioranza e minoranza hanno costruito queste terre non possono non vivere insieme. Perciò penso è importante vedere l’elemento positivo di questi movimenti e fare il nostro perché libertà sia concepita nel modo giusto e risponda al maggior dialogo e non alla dominazione di uno contro l’altro».
In Siria come tempo fa in Iraq molti cristiani si sentono costretti a malincuore a lasciare il loro paese che cosa intende fare o dire la chiesa cattolica per aiutare in questa situazione per arginare la scomparsa dei Cristiani in Siria e in altri paesi medio orientali?
«Bisogna innanzitutto dire che non solo i cristiani fuggono ma anche i musulmani ma naturalmente il pericolo che i cristiani si allontanino e perdano la loro presenza in queste terre è grande dobbiamo fare noi il possibile per aiutarli a rimanere. L’aiuto essenziale sarebbe la cessazione della guerra della violenza, questa crea questa fuga e quindi il primo atto è fare tutto il possibile perché finisca la violenza e che sia realmente creata una possibilità di rimanere insieme anche in futuro. Cosa possiamo fare contro la guerra? Naturalmente sempre difendere il messaggio della pace, coscienti che la violenza non risolve mai un problema, e rafforzare le forze della pace. Direi importante è che il lavoro dei giornalisti che possono aiutare molto per dimostrare come la violenza distrugge e non costruisce, non è utile per nessuno. Poi direi forse gesti nella cristianità, giorni di preghiera per il Medio Oriente, per i cristiani e i musulmani, mostrare la possibilità di dialogo e di soluzione. Direi anche deve finalmente cessare l’importazione di armi, perché senza l’importazione della armi la guerra non potrebbe continuare, invece dell’importazione delle armi che è un peccato grave si dovrebbe importare idee di pace, creatività, trovare soluzioni da accettare ognuno nella sua alterità e dobbiamo quindi nel mondo rendere visibili il rispetto delle religioni, gli uni degli altri, rispetto dell’uomo come creatura di Dio, l’amore del prossimo come fondamentale per tutte le religioni. In questo senso con tutti i gesti possibili, con aiuti anche materiali aiutare perché cessi la guerra la violenza e tutti possono ricostruire il paese».
Oltre alla preghiera e ai sentimenti di solidarietà lei vede passi concreti che le chiese e i cattolici dell’occidente, soprattutto in Europa e America possono fare per sostenere i fratelli del Medio Oriente?
«Dobbiamo influire nell’opinione politica e ai politici di realmente ingegnarsi con tutte le forze, con tutte le possibilità, con della creatività per la pace, contro la violenza. Nessuno dovrebbe sperare in vantaggi dalla violenza, tutti devono contribuire in questo senso è un lavoro di armonizzazione, di educazione, di purificazione molto necessario da parte nostra. Del resto le nostre organizzazioni caritative dovrebbero aiutare in modo materiale e fare di tutto. Abbiamo organizzazioni come i cavalieri del santo sepolcro, di per sé solo per la Terra Santa, ma anche potrebbero aiutare simili organizzazioni materialmente, politicamente e umanamente in questi paesi io direi ancora una volta gesti visibili di solidarietà, giorni di preghiera pubblica, simili cose possono direi, allarmare l’opinione pubblica essere veramente fattori reali, non dimentichiamo che la preghiera ha un effetto se fatta con tanta fiducia e fede, avrà il suo effetto».

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CERIMONIA DI BENVENUTO
DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Aeroporto Internazionale Rafiq Hariri, Beirut
Venerdì, 14 settembre 2012


Signor Presidente della Repubblica,
Signori Presidenti del Parlamento e del Consiglio dei Ministri,
Care Beatitudini,
Autorità civili e religiose presenti, cari amici!

Ho la gioia, Signor Presidente, di rispondere al cortese invito che Ella mi ha rivolto a recarmi nel vostro Paese, come pure a quello che ho ricevuto dai Patriarchi e dei Vescovi cattolici del Libano. Questo duplice invito manifesta, qualora fosse necessario, il duplice scopo della mia visita al vostro Paese. Essa sottolinea le eccellenti relazioni che da sempre esistono tra il Libano e la Santa Sede, e vorrebbe contribuire a rafforzarle. Questa visita è anche la risposta a quelle che Lei mi ha fatto in Vaticano nel novembre 2008 e, più recentemente, nel febbraio 2011, seguita nove mesi più tardi da quella del Signor Primo Ministro.
E’ durante il secondo dei nostri incontri, che la maestosa statua di San Marone è stata benedetta. La sua presenza silenziosa presso la Basilica di San Pietro ricorda il Libano in modo permanente nel luogo stesso in cui fu sepolto l'apostolo Pietro. Essa manifesta un patrimonio spirituale secolare, confermando la venerazione dei libanesi per il primo degli Apostoli e i suoi successori. E’ per evidenziare la loro grande devozione a Simon Pietro, che i Patriarchi maroniti aggiungono al loro nome quello di Boutros. E’ bello vedere che dal santuario petrino, San Marone intercede continuamente per il vostro Paese e per l'intero Medio Oriente. La ringrazio fin d’ora, Signor Presidente, per tutti gli sforzi compiuti in vista della buona riuscita del mio soggiorno tra voi.
Un altro motivo della mia visita è la firma e la consegna dell’Esortazione apostolica post-sinodale dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, Ecclesia in Medio Oriente. Si tratta di un importante evento ecclesiale. Ringrazio tutti i Patriarchi cattolici che sono qui convenuti, in particolare il Patriarca emerito, il caro Cardinale Nasrallah Boutros Sfeir, e il suo successore, il Patriarca Bechara Boutros Rai. Saluto fraternamente tutti i Vescovi del Libano, come pure quelli che hanno viaggiato per pregare con me e ricevere dalle mani del Papa questo documento. Attraverso di loro, saluto con affetto paterno tutti i cristiani del Medio Oriente. Destinata al mondo intero, l'Esortazione si propone di essere per loro una tabella di marcia per gli anni a venire. Mi rallegro inoltre di poter incontrare in questi giorni numerose rappresentanze delle comunità cattoliche del vostro Paese, di poter celebrare e pregare insieme. La loro presenza, il loro impegno e la loro testimonianza sono un contributo riconosciuto e molto apprezzato nella vita quotidiana di tutti gli abitanti del vostro amato Paese.
Mi è caro salutare anche con grande deferenza i Patriarchi e Vescovi ortodossi che sono venuti a ricevermi, come pure i rappresentanti delle diverse comunità religiose del Libano. La vostra presenza, cari amici, dimostra la stima e la collaborazione che desiderate promuovere tra tutti nel rispetto reciproco. Vi ringrazio per i vostri sforzi e sono sicuro che continuerete a ricercare vie di unità e di concordia. Non dimentico gli eventi tristi e dolorosi che hanno afflitto il vostro bel Paese per lunghi anni. La felice convivenza tutta libanese, deve dimostrare a tutto il Medio Oriente e al resto del mondo che all'interno di una nazione possono esistere la collaborazione tra le varie Chiese, tutte parti dell’unica Chiesa cattolica, in uno spirito di comunione fraterna con gli altri cristiani, e, al tempo stesso, la convivenza e il dialogo rispettoso tra i cristiani e i loro fratelli di altre religioni. Voi sapete come me che questo equilibrio, che viene presentato ovunque come un esempio, è estremamente delicato. Esso rischia a volte di rompersi allorquando è teso come un arco, o sottoposto a pressioni che sono troppo spesso di parte, interessate, contrarie ed estranee all’armonia e alla dolcezza libanesi. E’ qui che bisogna dar prova di reale moderazione e grande saggezza. E la ragione deve prevalere sulla passione unilaterale per favorire il bene comune di tutti. Il grande Re Salomone, che conosceva Hiram re di Tiro, non riteneva che la saggezza fosse la virtù suprema? Per questo la domandò a Dio insistentemente, e Dio gli diede un cuore saggio e intelligente (1 Re 3, 9-12).
Vengo anche per dire quanto sia importante la presenza di Dio nella vita di ognuno e come il modo di vivere insieme, questa convivenza di cui il vostro Paese vuole dare testimonianza, sarà profonda solo se si basa su uno sguardo accogliente e un atteggiamento di benevolenza verso l'altro, se è radicata in Dio che vuole che tutti gli uomini siano fratelli. Il famoso equilibrio libanese che vuole continuare ad essere una realtà, può prolungarsi grazie alla buona volontà e all'impegno di tutti i Libanesi. Solo allora sarà un modello per gli abitanti di tutta la regione, e per il mondo intero. Non si tratta di un’opera solamente umana, ma di un dono di Dio che occorre domandare con insistenza, preservare a tutti i costi e consolidare con determinazione.
I legami tra il Libano e il Successore di Pietro sono storici e profondi. Signor Presidente e cari amici, vengo in Libano come pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico degli uomini. «سَلامي أُعطيكُم»: «Vi do la mia pace», dice Cristo (Gv 14,27). E al di là del vostro Paese, vengo oggi idealmente anche in tutti i Paesi del Medio Oriente come pellegrino di pace, come amico di Dio, e come amico di tutti gli abitanti di tutti i Paesi della regione, qualunque sia la loro appartenenza e il loro credo. Anche a loro Cristo dice: «سَلامي أُعطيكُم». Le vostre gioie e i vostri dolori sono continuamente presenti nella preghiera del Papa e chiedo a Dio di accompagnarvi e di consolarvi. Posso assicurarvi che prego particolarmente per tutti coloro che soffrono in questa regione, e sono molti. La statua di San Marone mi ricorda ciò che vivete e sopportate.
Signor Presidente, so che il vostro Paese mi prepara una bella accoglienza, un’accoglienza calorosa, l’accoglienza che si riserva a un fratello amato e rispettato. So che il vostro Paese vuole essere degno dell’ «Ahlan wa Sahlan» libanese. Lo è già e lo sarà ancora di più. Sono felice di essere con tutti voi. Che Dio vi benedica tutti. (ِيُبَارِك الربُّ جميعَكُم). Grazie.