giovedì 27 settembre 2012

La perenne urgenza dell'annuncio

 

ST. GALLEN, giovedì, 27 settembre 2012  - “La memoria di San Gallo e della sua opera, alla vigilia dell’assemblea sinodale sulla Nuova Evangelizzazione, sarà di stimolo” per guardare “con fede e speranza alla grande ‘messe’ che sono i popoli dell’Europa, nella scia del Concilio Ecumenico Vaticano II e degli insegnamenti dei Sommi Pontefici che lo hanno attuato”.
Lo ha sottolineato Papa Benedetto XVI, in un messaggio inviato in occasione della Assemblea Plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), che si svolge dal 27 al 30 settembre a St. Gallen (Svizzera).
Nel messaggio, letto in apertura dei lavori nella sala del Governo del Cantone svizzero, il Papa invita a “riprendere la magistrale lezione del Servo di Dio, Paolo VI, nella Evangelii nuntiandi e la consegna del Beato Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte” alla luce del Magistero e “nella prospettiva del prossimo Anno della Fede”.
Nel messaggio inviato al Presidente del CCEE, il cardinale Péter Erdő, attraverso il Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, il Papa invita anche la Chiesa in Europa “a riflettere sul perenne compito dell’evangelizzazione e sulla sua attuale rinnovata urgenza” e a seguire l’esperienza di San Gallo, che insegna che “il Messaggio cristiano viene seminato e si radica efficacemente là dove è vissuto in modo autentico ed eloquente da una comunità”.
La Plenaria del CCEE si svolge a Sankt Gallen, sede del Segretariato CCEE dal 1978, per commemorare il 1400 anniversario dell’arrivo di San Gallo nell’omonimo cantone. San Gallo fu discepolo di San Colombano che seguì dall’Irlanda, insieme ad altri discepoli, nella sua missione di evangelizzazione del continente.
Dopo che una malattia lo aveva costretto a fermarsi nei pressi di Arbon, decise di dedicarsi alla vita eremitica. La sua fama di santità attirò molti intorno a lui e ne nacque una comunità monastica che diventò, a sua volta, centro propulsivo di ulteriori missioni tra numerosi popoli.

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Di seguito in traduzione italiana il testo della prolusione del cardinale Péter Erdő, presidente del CCEE.
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Eminenze,
Eccellentissimi Sig.ri Vescovi, Markus Büchel, vescovo di Sankt Gallen
e Norbert Brunner, Presidente della Conferenza episcopale svizzera
Cari confratelli nell’episcopato e nel sacerdozio
Signore e Signori,
Siamo lieti di celebrare l’Assemblea Plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) qui nella città di San Gallo in occasione del 1400moanniversario dell’arrivo dell’omonimo missionario nella regione. Siamo giunti da ogni parte dell’Europa per presentare alla Chiesa e alla società locale, ma anche a quella europea, i risultati del nostro lavoro e confrontarci su alcune questioni che sono temi di discussione in Europa e nel mondo. Dedicheremo, infatti, parte dei nostri lavori al tema “Le sfide del nostro tempo: aspetti spirituali e sociali”.
1. Ripercorrendo le attività svolte dal CCEE dalla nostra ultima Plenaria, è possibile scorgere come esse siano ruotate quasi interamente attorno al tema della Nuova Evangelizzazione. La nostra stessa ultima Assemblea Plenaria di Tirana aveva questo tema centrale. In quell’occasione, oltre ad aver ascoltato i rapporti dei diversi vescovi, delle Conferenze episcopali e delle nostre commissioni, abbiamo anche potuto vedere in concreto come la Nuova Evangelizzazione viene attuata in Albania, Paese governato, per un lungo periodo, da un regime comunista che si prefiggeva di distruggere tutte le religioni e sradicare dall’uomo il senso religioso. Eppure, nonostante questo periodo buio della storia albanese, abbiamo visto segni chiarissimi della rinascita per opera di missionari, nostri contemporanei, guidati dallo Spirito Santo e da un profondo desiderio del cuore umano, perché come scrive Sant’Agostino nelle sue Confessioni “Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore rimane inquieto finché non trova riposo in Te!” (Confessioni 1, 1).
Dopo l’Assemblea plenaria, si è svolto ad Oradea, in Romania, un incontro continentale dei vescovi orientali cattolici che hanno voluto approfondire il ruolo delle Chiese Orientali per la Nuova Evangelizzazione. Anche in questo caso abbiamo potuto constatare come le Chiese cattoliche di tradizione orientale bizantina ed altre, siano riuscite a rinascere dopo tanti decenni di repressione quando non erano riconosciute e dovevano vivere fuorilegge. Molti dei loro vescovi e sacerdoti hanno pagato con la loro stessa vita la loro fedeltà alla Chiesa di Roma e alla fede cattolica. Abbiamo visto, per esempio, con quanta gioia, con quanto orgoglio e gratitudine, anche verso la Provvidenza Divina, si è potuto celebrare la Sacra Liturgia ad Oradea, secondo la tradizione rumena del rito bizantino, in un rito nel quale in quel Paese, per cinquant’anni, non si era potuto celebrare pubblicamente nessuna Messa. Il clero, quindi, oltre alle difficoltà della rinascita, ha dovuto reimparare il proprio rito. L’incontro a Oradea è stato una vera gioia, una grande celebrazione, e siamo stati testimoni di questa rinascita.
Naturalmente le Chiese orientali, in base alla loro ricca eredità, hanno molto da dire riguardo alla Nuova Evangelizzazione anche a livello universale. Si tratta soprattutto di come affrontare i cambiamenti antropologici del mondo contemporaneo. Si afferma spesso che l’uomo di oggi è un essere audio-visuale, un essere che ha la capacità di pensare logicamente, ma che ha molta difficoltà nell’esercitare questa sua capacità. Quindi, l’espressione verbale, scritta, anche la lettura di testi lunghi, il ragionamento logico, sono difficili per molti nostri contemporanei che sono più aperti ai forti effetti audio-visivi. L’uomo, che cerca Dio nel nostro tempo, è pronto a fare lunghi pellegrinaggi per sentire e sperimentare dal vivo il processo di avvicinamento a qualche scopo sacro. È questa dimensione del pellegrinaggio che ci fa fare l’esperienza di arrivare, insieme con i nostri compagni di viaggio, al termine del nostro pellegrinaggio, al punto d’incontro con Dio.
Le tradizioni orientali che sono ricche di movimenti, di canto, d’immagini, d’iconografia sono molto significative nel nostro tempo, appunto perché esse parlano in un linguaggio comprensibile per l’uomo audio-visuale. Non a caso, tanti aspetti di questa tradizione cominciano ad essere di moda anche fra i nostri contemporanei in Occidente.
Ma anche nella Chiesa latina, a dire il vero, la formazione all’interno delle Chiese ritorna ad avere una dimensione un po’ più sacrale, perché la gente ne ha bisogno, ne ha desiderio, perché la rappresentazione figurativa dei misteri di Dio, dei Santi, di Gesù Cristo, della Madonna, dei momenti della storia della salvezza, non disturbano, ma aiutano piuttosto nel nostro avvicinamento a Dio. Tutti questi aspetti della nuova evangelizzazione sono come dei segni dei tempi che ci indicano il camino da percorrere nel nostro tempo. Questi aspetti sono anche stati presenti durante l’incontro che il nostro Consiglio ha organizzato nel mese di novembre a Roma, sotto l’egida del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, per celebrare i quarant’anni del CCEE.
2. Infine, anche il Simposio CCEE-SECAM, il grande incontro tra vescovi d’Europa e dell’Africa, è stato un’occasione per riflettere sulla Nuova Evangelizzazione. E’ dal 2004 che, quasi ogni anno, delegazioni dell’episcopato europeo e di quello africano s’incontrano regolarmente per discutere su temi puntuali. Periodicamente, poi, si svolgono incontri più grandi con numerosi partecipanti. Quest’anno eravamo più di cento partecipanti, rappresentanti quasi tutte le Conferenze episcopali dei due continenti. Il Santo Padre ci ha ricevuto in udienza, e abbiamo discusso della Nuova Evangelizzazione: delle gioie e delle difficoltà dell’evangelizzazione in Africa, continente in cui la triste realtà delle guerre civili, dei conflitti armati, delle profonde ingiustizie e dello sfruttamento, sono la causa di tante difficoltà e sofferenze umane. Ma abbiamo discusso anche dell’evangelizzazione in Europa, dove la società del benessere corre il rischio di dimenticare Dio e di perdere i valori spirituali. La Chiesa è chiamata a mostrare come la comunione tra i cristiani che, pur appartenendo a culture diverse sono membri di un’unica Chiesa, sia occasione per un vero scambio di doni.
Durante il Simposio, molte sono state anche le critiche contro le organizzazioni internazionali non-governative che vogliono fortemente influenzare il mondo dei valori dei popoli africani, la loro società, ma che aiutano poco nel risolvere i loro problemi vitali. Quando manifestiamo la nostra solidarietà nei loro riguardi, siamo consapevoli del fatto che dobbiamo aiutarli, non soltanto materialmente, portando vari tipi di “beni” in Africa, ma cercando di affrontare nella nostra società europea la questione africana allo stesso tempo in modo più realistico e più cristiano. Dobbiamo, quindi, promuovere il riconoscimento della dignità e dei valori dei popoli africani, e anche della Chiesa cattolica in Africa, che è una Chiesa ricca di vocazioni, che è una Chiesa che cresce, ma che è una Chiesa che ha tanti problemi non ancora risolti. Per nominarne uno: quasi in nessun paese esiste un sistema stabile di finanziamento della Chiesa o di sostentamento del clero. Anche se da lunghi decenni, e grazie a Dio, in quasi tutti i paesi africani, il clero è prevalentemente indigeno e non è più maggioritariamente composto da missionari stranieri, eppure, questo clero ha bisogno di continuo sostentamento e aiuto materiale proveniente dall’estero. Quindi, appare chiaro che nonostante le circostanze, talvolta di miseria, ma sicuramente d’incertezza politica, anche tribale, bisogna trovare modi, più o meno stabili, di sostentamento, di finanziamento per le Chiese locali. Per quanto riguarda l’ingiustizia, oggi come oggi, l’umanità costituisce, anche sotto l’aspetto economico, un unico insieme organico. Vuol dire, non è possibile che vi sia una profonda ingiustizia in un paese africano, senza avere connessioni e conseguenze, motivi e ripercussioni, in tanti altri paesi, tra i quali anche i paesi europei. Quindi esiste una certa responsabilità, anche nel nostro continente, ed esiste soprattutto la sfida di cercare e trovare vie di soluzione che non siano soltanto azioni puntuali di aiuto umanitario – anche questo è necessario certamente: quando il popolo ha fame, bisogna cercare il grano, cercare i generi alimentari più fondamentali, bisogna organizzare il trasporto, che a volte risulta troppo difficile - , ma bisogna allo stesso tempo vedere quanto è possibile fare per rendere più onesto e più giusto l’intero sistema economico ed ecologico.
3. Certamente anche in Europa assistiamo a un graduale distacco del meccanismo dell’economia e delle finanze dal resto della realtà sociale, della realtà della vita dei popoli. Questo fenomeno è stato il tema affrontato sia nell’incontro del Comitato Congiunto CCEE-KEK, che in occasione del terzo Forum europeo cattolico-ortodosso, celebrato a Lisbona nel giugno scorso. Infatti, la crisi, la cosiddetta crisi economica o finanziaria in Europa pone una serie di questioni fondamentali sul funzionamento dell’economia della società e della cosiddetta democrazia in Europa. È chiaro che diversi popoli, diversi Stati, diverse economie, all’interno dell’insieme europeo vedono lo stesso problema da un punto di vista talvolta molto diverso. È vero che ci sono scelte terminologiche che determinano il modo di pensare di popoli interi su una questione che però sono a volte seducenti o almeno imprecise. Per esempio: « aiuto economico » - aiuto a chi? Aiuto a un popolo che ha problemi nel proprio Stato, dove magari i debiti dello Stato superano già il limite del possibile per cui le banche che chiedono indietro i loro soldi, i loro prestiti, potranno ricavare certe somme soltanto se altri paesi, per esempio nell’Unione Europea, mettono a disposizione altri prestiti? Con questa politica, l’unico a trarne vantaggio è il sistema bancario che adesso riceve indietro il suo prestito o una parte del suo prestito. E che cosa tocca alla povera gente? Che cosa dire della povera gente della quale dicono sempre, e sempre più radicalmente, che deve risparmiare, che le pensioni meritate con il lavoro di una vita intera devono essere ribassate, che le prestazioni sociali e sanitarie devono essere sottratte alla popolazione, che non vive più troppo bene, anzi molto peggio di quanto non viva la popolazione di altri paesi, che invece pretendono, dal di fuori di queste situazioni e ad alta voce, questi risparmi, e accusano persino popoli interi di aver vissuto troppo leggermente nei decenni passati, mentre la gente semplice non aveva alcuna responsabilità nelle scelte dei politici e dei grandi manager o grandi direttori dell’economia. Quindi comincia a presentarsi un quadro abbastanza difficile e chiaro dei problemi che appartengono alla classica questione della giustizia sociale.
Tra i grandi problemi messi in evidenza dalla crisi finanziaria, bisogna annoverare il sentimento che si diffonde gradualmente in tutta l’Europa, secondo il quale l’uomo si smarrisce tra i processi, tra le circostanze che sembrano più potenti di lui. Alcune statistiche dicono che i giovani, i quindici-sedicenni di oggi, non hanno più nessun atteggiamento rivoluzionario né nel senso sociale, né nel senso di non-conformismo, perché si sentono comunque impotenti riguardo alle circostanze generali. Quindi, la gente da una parte vuole essere padrona di se stessa - molti non riconoscono nessuna forza soprannaturale e non rispettano neppure le autorità umane - dall’altra parte fanno l’esperienza di essere impotenti per quanto riguarda la soluzione dei propri problemi. La rassegnazione è uno dei sentimenti più diffusi, anche se vi sono segni di speranza, anche se vi sono segni – e molteplici – di profondo bisogno di religione, di profondo bisogno nell’anima di cercare e incontrare Dio. Pertanto, il terreno per la nuova missione è presente e vediamo che per il lavoro dell’evangelizzazione si aprono anche nuovi spazi. Annuncio della fede e solidarietà verso l’Africa e verso i poveri nel nostro continente sono interconnessi. Come scrive Papa Benedetto XVI nella Lettera Porta Fidei e nella Caritas in veritate: “La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino.” (Porta fidei 14)
4. Riguardo agli altri punti del programma della nostra Plenaria, mi preme ricordare che saremo chiamati a prestare particolare attenzione al lavoro delle nostre quattro commissioni, sentire i loro rapporti e scegliere alcuni nuovi presidenti: per la Commissione “media”, per la commissione incaricata delle vocazioni sacerdotali e per la Commissione “catechesi, scuola e università”.
5. È evidente a tutti noi come la questione della libertà religiosa in Europa e nel mondo esiga un’attenzione speciale. Questo è il motivo per cui dedicheremo un’intera sessione a questo tema. Infine, ringraziamo il Santo Padre per il Suo magistero e per avere voluto marcare i cinquant’anni dell’apertura del Concilio Vaticano II con un Anno della Fede. Il Concilio, come diceva il Beato Giovanni Paolo II, aveva come scopo l’arricchimento della fede e quindi anche l’evangelizzazione. In questi cinquant’anni, i frutti del Concilio sono stati tantissimi, ma occupano un posto speciale, la promulgazione del nuovo Messale e il Codice di Diritto Canonico del 1983, il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali e il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992, del quale celebriamo il ventesimo anniversario e che è un documento tuttora fondamentale, che offre, in un insieme organico e cherigmatico, il contenuto della nostra fede in una forma che è comprensibile e anche simpatica all’uomo di oggi.
Chiediamo la benedizione di Dio per i lavori della nostra Assemblea e, per la città, il cantone di Sankt Gallen, che celebra il suo grande giubileo, chiediamo anche la protezione della Vergine, Madre di Dio per tutta l’Europa e tutta l’umanità.
Grazie per l’attenzione.