lunedì 10 settembre 2012

Living together is the future!


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«Oggi da Sarajevo, vuole partire un messaggio di pace, grazie all’incontro di uomini e donne di religioni diverse. la pace ha bisogno di essere sostenuta da milioni di cuori e menti che cercano la verità, si aprono all’azione di Dio, tendono le mani agli altri». È quanto emerge nel messaggio del Segretario di Stato Vaticano al meeting per la pace di Sarajevo.



«È importante - si legge ancora nel messaggio di Benedetto XVI - allora allargare lo sguardo al mondo intero e alle realtà problematiche per la convivenza, la riconciliazione ela pace, che ancora lo caratterizzano, con speranza e impegno: continua infatti la minaccia del terrorismo, tante guerre insanguinano la terra, la violenza contro il fratello sembra non avere fine. Il nostro mondo ha veramente bisogno di pace. Anzi, dal nostro mondo si alza sempre più il grido "venga la Pace».
«È stato il no a Dio, effetto di una visione tutta secolarizzata dell’uomo, unito alla strumentalizzazione della religione a scatenare «la violenza senza limiti» che la città di Sarajevo sperimentò a metà anni Novanta. E' un altro passaggio del  contenuto del messaggio che il santo Padre inviato al meeting per la Pace.

Fino all’11 settembre la Comunità di Sant’Egidio promuove nella capitale bosniaca insieme alla Comunità Islamica in Bosnia e Erzegovina, alla Chiesa Serbo-Ortodossa, all’Arcidiocesi di Vrhbosna-Sarajevo e alla Comunità Ebraica l’incontro mondiale per la Pace “Living Together is the Future. Religioni e Culture in Dialogo”.


‘Vivere insieme è il futuro"  è dunque il tema impegno del Meeting internazionale di Sarajevo promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, con le quattro comunità bosniache (musulmani, serbo-ortodossi, cattolici, ebrei) per la prima volta insieme in un unico evento dalla fine della guerra del 1992-1995, tra cattolici, serbo-ortodossi, un prologo che è già un fatto.


Alla liturgia presieduta dal cardinal Vinko Pulic nella cattedrale del Sacro cuore, al centro della Città Vecchia, partecipa per la prima volta il Patriarca serbo-ortodosso Irinej. Un segno sorprendente, che parla di riconciliazione nel profondo.

Intervenendo alla fine della liturgia il patriarca Irinej ha affermato: “Saluto Sarajevo dove vivono, oltre noi ortodossi, anche cattolici, musulmani, ebrei, come un popolo che porta il volto di Dio dentro di sé- ha detto il patriarca - Il nostro dovere è baciare ogni persona nella quale si riflette il volto di Dio. Dobbiamo amare anche i nostri nemici. Questo può chi porta Gesù dentro di sé”. “E’ passato molto tempo dalle divisioni fra cristiani, ma la casa divisa – ha detto Irinej – è destinata a distruggersi. Questo ci chiede di essere più vicini”.

Ha poi lanciato il suo appello: “A tutti quelli che “hanno la libertà di continuare l’opera di Dio e ai rappresentanti delle diverse chiese e religioni, a tutti i  responsabili faccio un appello: che Sarajevo non rimanga senza i cristiani. Così possiamo salvare quello che abbiamo ereditato e lo lasciarlo alle generazioni che verranno”.

Nel nostro tempo “i valori umani sono spinti alla periferia e altre cose hanno preso il posto della fede”, ma il Cristianesimo “chiede amore per i vicini e per i lontani, anche per quelli che non sono cristiani. E’ questo che ci dà la caratteristica di essere cristiani, è l’essenza. Sentiamo che nella nostra vita abbiamo il dovere di  vivere così”.

Sabato intanto Benedetto XVI aveva ricevuto in udienza  nella sua residenza di Castel Gandolfo, i vertici della  Comunità di Sant’Egidio proprio  alla vigilia dell'iincontro. Dal Papa si sono recati  Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio e ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, monsignor Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la  Famiglia, e Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio. (Vatican Insider)

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Andrea Riccardi

Le parole del fondatore di Sant’Egidio Riccardi, ministro dell’integrazione e della cooperazione internazionale, sintetizzano lo spirito che ha portato decine di leader religiosi e rappresentanti istituzionali e politici a Sarajevo, la città martire della guerra dei Balcani, nel maggiore evento di dialogo tra fedi e culture diverse promosso per rifiutare ogni idea di conflitto, soprattutto di radice confessionale, e per rilanciare i valori della convivenza.
  
Un evento in cui, con gli interventi del premier Mario Monti e del presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, sono arrivati oggi anche gli allarmi sui pericoli di disgregazione in Europa, sui nuovi «nazionalismi l’un contro l’altro
psicologicamente armati» - ha detto Monti -, alimentati dalla crisi economica.

I valori del meeting di Sant’Egidio, in cui a Sarajevo si sono ritrovate insieme le locali comunità cattolica, ortodossa, musulmana ed ebrea (la comunità islamica ha donato a quella ebraica internazionale anche una copia della preziosa Haggadah di Sarajevo, il testo talmudico trecentesco salvato dai musulmani dalle distruzioni), sono stati riconosciuti anche dal Papa, che in un messaggio ha ricordato che la causa della pace è oggi minacciata sia dalla strumentalizzazione delle religioni che dal rifiuto di Dio in nome del secolarismo.

Come pure dal presidente Giorgio Napolitano, secondo cui «scegliere di
portare una testimonianza di dialogo e di solidarietà in una città così profondamente ferita dalle atrocità della guerra costituisce un monito, particolarmente per i più giovani, a preservare la memoria di quei tragici eventi e un invito a riflettere sulla necessità di un forte impegno comune per la
tutela dei diritti inviolabili della persona», ha scritto nel suo telegramma al presidente di Sant’Egidio Marco Impagliazzo.

Tra gli interventi della prima giornata, quelli del presidente bosniaco Bakir Izetbegovic, del patriarca serbo ortodosso Irinej, del cardinale Vinko Puljic, del gran mufti Mustafa ceric, del capo della comunità ebraica bosniaca Jacob
Finci, del presidente criato Ivo Josipovic, di quello del Montenegro Filip Vujanovic.

«L’idea e la missione europee sono di sradicare per sempre la guerra. E senza l’Unione Europea non ci sarà mai pace durevole nei Balcani occidentali tanto provati dalla storia. Il futuro è l’Unione Europea. Non bisogna cercare la pace altrove. La storia ci ha insegnato questa terribile lezione», ha detto
il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy.
  
«In questi mesi abbiamo compreso meglio quanto le religioni siano tornate a essere una realtà importante per la coesione sociale e per la pace nel mondo», ha sottolineato invece Mario Monti, anch’egli proveniente dal Forum Ambrosetti a Cernobbio.

«La crescente globalizzazione - ha proseguito - ci pone di fronte a scenari e a sfide sempre nuovi, tra le quali vedo ai primi posti la sfida dell’imparare a costruire una società che viva e si alimenti delle diversità che la globalizzazione ci impone». Inoltre, «combattere la crisi non è semplice, ne ho fatto e ne sto facendo esperienza io stesso: la questione è non solo mettere a posto i bilanci, ma risvegliare nelle persone anche un nuovo ottimismo e speranza nel futuro». E per Monti, «occorre anche trovare modalità che, anzichè dividere, ci
uniscano ulteriormente». (Vatican Insider)

 Incontro in diretta online

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Di seguito il testo del messaggio del Card. Bertone

Signor Cardinale,
sono particolarmente lieto di far pervenire il cordiale saluto e apprezzamento del Santo Padre Benedetto XVI agli illustri Rappresentanti delle Chiese e Comunità cristiane, e delle grandi Religioni mondiali, come pure alla popolazione di Sarajevo, a Lui particolarmente cara, e a tutti coloro che sono radunati per celebrare il XXVI Incontro Internazionale per la Pace, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.
È motivo di gioia e di conforto vedere che questo pellegrinaggio di pace, iniziato ad Assisi nell’ottobre del 1986 dal beato Giovanni Paolo II, continui a portare frutto. Lo stesso Sommo Pontefice ne ha voluto sottolineare il significato, lo scorso anno, a venticinque anni di distanza, recandosi pellegrino nella città di san Francesco, insieme a tanti credenti e a tanti uomini e donne di buona volontà, che sono in sincera ricerca della verità e per questo si impegnano per costruire la pace. In quella occasione Egli osservò come la causa della pace sia oggi minacciata da un duplice rischio: da un lato la strumentalizzazione della religione come motivo di violenza, dall’altro il «no» a Dio in nome di una visione del tutto secolarizzata dell’uomo, che a sua volta è capace di produrre una violenza senza misura. Gli effetti del convergere di queste due forze negative si sono, fra l’altro, sperimentati in misura drammatica, anche nella città di Sarajevo, in quella guerra che ha avuto inizio venti anni fa, portando morte e distruzione nei Balcani.
Come antidoto a tale minaccia sempre ricorrente, Papa Benedetto XVI ha rilanciato ad Assisi l’alleanza tra persone religiose e persone che non si sentono appartenenti ad alcuna tradizione religiosa, ma sono in sincera ricerca della verità, nella convinzione che da un dialogo profondo e sincero possa scaturire: per i primi l’impegno ad una sempre necessaria purificazione della religione vissuta, per i secondi il mantenersi aperti alle grandi domande dell’umanità e al Mistero che avvolge la vita dell’uomo.
In tal modo, il comune pellegrinaggio verso la verità potrà tradursi anche nel comune pellegrinaggio verso la pace. Di esso sono espressione gli Incontri Internazionali per la Pace promossi dalla Comunità di Sant’Egidio. Uno speciale valore assume l’incontro di quest’anno a Sarajevo. Come ebbe modo di affermare il Beato Giovanni Paolo II, che si sentiva così profondamente legato a questa città, «Non si può dimenticare che Sarajevo è diventata simbolo della sofferenza di tutta l’Europa in questo secolo. Essa lo è stata all’inizio del Novecento, quando la prima guerra mondiale ebbe qui il suo inizio; lo è stata in un modo differente la seconda volta, quando il conflitto si è consumato totalmente in questa regione» (Omelia a Sarajevo, 13 aprile 1997).
Oggi, da Sarajevo, vuole partire un messaggio di pace, grazie all’incontro di tanti uomini e donne di religioni diverse. La pace ha bisogno di essere sostenuta da cuori e menti che cercano la verità, si aprono all’azione di Dio, tendono le mani agli altri. È importante allora allargare lo sguardo al mondo intero e alle realtà problematiche per la convivenza, la riconciliazione e la pace, che ancora lo caratterizzano, con speranza e impegno: continua, infatti, la minaccia del terrorismo, tante guerre insanguinano la terra, la violenza contro il fratello sembra non avere fine. Il nostro mondo ha veramente bisogno di pace! Anzi, dal nostro mondo si alza sempre più forte il grido «Venga la pace!». Il pensiero del Santo Padre va, in questi giorni, in modo particolare, al Medio Oriente, alla drammatica situazione in Siria e al Viaggio Apostolico che si accinge a realizzare in Libano. L’augurio è che quelle terre, e tutte le terre bisognose di riconciliazione e di tranquillità, trovino presto la pace in una serena convivenza, nella stabilità e nel rispetto dei diritti dell’uomo.
La lunga esperienza di dialogo, vissuta anche in questi Incontri, mostra quanto sia fallace la cultura dello scontro, mentre risalta il valore del dialogo impostato sui binari saldi della verità, dalla quale sgorga la pace: «Il vivere insieme è in fondo una semplice predisposizione, che deriva direttamente dalla nostra condizione umana. È dunque nostro compito darle un contenuto positivo. Il vivere insieme può trasformarsi in un vivere gli uni contro gli altri, può diventare un inferno, se non impariamo ad accoglierci gli uni gli altri, se ognuno non vuole essere altro che se stesso. Ma aprirsi agli altri, offrirsi agli altri, può essere anche un dono» (BENEDETTO XVI, Messaggio all’Incontro Internazionale per la Pace di Monaco, 1° Settembre 2011). È una consapevolezza che deve allargarsi nelle coscienze degli uomini e dei popoli. «Vivere insieme è il futuro»! Questa visione per noi cristiani si radica nella fede: «il Dio in cui crediamo è il Creatore e Padre di tutti gli uomini, a partire dal quale tutte le persone sono tra loro fratelli e sorelle e costituiscono un’unica famiglia. La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio, che al posto della violenza, pone il soffrire con l’altro e l’amare con l’altro» (BENEDETTO XVI, Discorso ad Assisi, 27 ottobre 2011).
Il Santo Padre, mentre auspica un fruttuoso incontro, si unisce spiritualmente a tutti i presenti, nella certezza che il Signore, Padre di tutti gli uomini, continuerà a guidarci sulla via della pace e dell’incontro pacifico tra i popoli, benedicendo ogni nostro impegno.
Mi associo anche io all’augurio del Sommo Pontefice e profitto dell’occasione per manifestarLe, Signor Cardinale, i sentimenti della mia considerazione e della mia stima in Cristo.
Tarcisio Card. Bertone Tarcisio Card. Bertone
Segretario di Stato