mercoledì 5 settembre 2012

Madre Teresa - Meditazioni per ogni giorno dell'anno (1)







 PRIMO MESE

1.    E difficile pregare se non conosci come pregare, ma noi dobbiamo aiutarci a pregare. Il primo mezzo da usare è il silenzio. Le anime dedite alla preghiera sono anime dedite a un gran silenzio. Non possiamo metterci immediatamente alla presenza di Dio se non facciamo esperienza di un silenzio interiore ed ester­no. Perciò dovremo porci come proposito particolare il silenzio della mente, degli occhi e della lingua.

2.   Il silenzio della lingua ci insegnerà un sacco di co­se: a parlare a Cristo, ad essere gioiosi nei momenti di svago, ad avere molte cose utili da dire. Nei momenti di svago Cristo parla attraverso gli altri e nella medi­tazione ci parla direttamente. Inoltre, il silenzio ci fa molto più simili al Cristo, poiché Egli ebbe un amore speciale per questa virtù.

3.   Poi, abbiamo il silenzio degli occhi che sempre ci aiuterà a vedere Dio. I nostri occhi sono come due fi­nestre attraverso le quali Cristo o il mondo penetra nei nostri cuori. Spesso abbiamo bisogno di un grande coraggio per tenerli chiusi. Quanto spesso diciamo:
“ Magari non avessi mai visto quella cosa ”, e tuttavia ci preoccupiamo così poco di vincere il desiderio di ve­dere ogni cosa.

4.   Il silenzio della mente e del cuore: la Madonna “ serbava tutte queste cose nel suo cuore ”. Questo si lenzio la portò vicina al Signore, cosicché non ebbe mai a pentirsi di alcuna cosa. Guardate come si com­portò quando San Giuseppe si mostrò turbato. Basta­va una sola sua parola per illuminargli la mente; non volle dire quella parola e il Signore stesso operò il mi­racolo di riscattare la sua innocenza. Potessimo essere altrettanto convinti di questa necessità del silenzio! Penso che, allora, la strada per una stretta unione con Dio diverrebbe chiarissima.

5.   Il silenzio ci dona una visione nuova di ogni cosa. Abbiamo bisogno del silenzio per essere in grado di accostarci alle anime. La cosa più importante non èquel che diciamo ma quello che Dio dice a noi e attra­verso noi. Gesù è sempre lì ad aspettarci, in silenzio. In quel silenzio, ci ascolta, parla alle nostre anime, e lì noi udiamo la sua voce.

6.   Il silenzio interiore è molto difficile, ma noi dob­biamo fare lo sforzo di pregare. Nel silenzio trovere­mo nuova energia e una unione vera con Dio. La sua forza diverrà la nostra per compiere bene ogni cosa e così avverrà per l'unione dei nostri pensieri con i suoi, per l'unione delle nostre preghiere con le sue preghie­re, per l'unione delle nostre azioni con le sue azioni, della nostra vita con la sua vita. Tutte le nostre parole saranno inutili a meno che provengano dall'intimo di noi stessi. Le parole che non danno la luce di Cristo aumentano in noi il buio.

7.   Tutto ciò richiederà molto sacrificio, ma se inten­diamo veramente pregare e vogliamo pregare dobbia­mo essere pronti a farlo ora. Questi sono soltanto i primi passi verso la preghiera', ma se mai ci decidia­mo a fare con determinazione il primo passo, mai ar­riveremo all'ultimo gradino: la presenza di Dio.

8.   La preghiera, per essere fruttuosa, deve venire dal cuore e deve essere capace di toccare il cuore di Dio. Guardate come Gesù insegnò ai discepoli a pregare. Chiamate Dio vostro Padre; lodate e glorificate il suo nome. Fate la sua volontà come fanno i Santi in para­diso; chiedete il pane quotidiano, spirituale e terreno; domandate perdono dei vostri peccati e di essere capa­ci di perdonare gli altri e invocate anche la grazia di non cadere in tentazione e la grazia finale di essere li­berati dal male che è in noi e intorno a noi.

9.   Gli apostoli chiesero a Gesù che insegnasse loro a pregare, ed Egli insegnò ad essi la bella preghiera del. Padre Nostro. Sono convinta che ogni volta che dicia­mo: Padre Nostro, Dio guarda le sue mani, che ci hanno plasmato... “ Ti ho scolpito nel palmo della mia mano ”... guarda le sue mani e ci vede lì. Quanto sono meravigliosi la tenerezza e l'amore dell'Onnipo­tente Iddio!

10.  Dovremmo essere dei professionisti della pre­ghiera. Gli apostoli lo compresero benissimo. Quando videro che avrebbero potuto disperdersi in una molti­tudine di incarichi, decisero di dedicarsi alla preghie­ra continua e al ministero della parola. Dobbiamo pregare per coloro che non pregano.

11.    Pregate con semplicità come i bambini, con un desiderio coscienzioso di amare molto e di fare oggetto del proprio amore chi non è amato.

12.    Dobbiamo essere consapevoli della nostra unione col Cristo, come Egli era consapevole della propria unione con il Padre. Il nostro lavoro è veramente apo­stolico nella misura in cui gli permettiamo di operare in noi e attraverso noi, con la sua potenza, con la sua ansia di amare.

13.    In realtà, esiste soltanto una vera preghiera, sol­tanto una preghiera fondamentale: Cristo stesso. C'è soltanto una voce che si leva sopra la faccia della ter­ra: la voce di Cristo. La Sua voce riunisce e coordina in sé tutte le voci levate in preghiera.

14.   La preghiera perfetta non consiste di molte paro­le ma nel fervore del desiderio che innalza i cuori a Gesù. Gesù ci ha scelti per essere anime oranti. Il va­lore delle nostre azioni corrisponde esattamente al va­lore della preghiera che facciamo e le nostre azioni so­no fruttuose solamente se sono l'espressione vera di una preghiera sincera. Dobbiamo fissare il nostro sguardo su Gesù e se operiamo assieme a Gesù fare­mo tutto nella maniera migliore. Siamo angosciati e irrequieti perché cerchiamo di operare da soli, senza Gesù.

15.    Spesso le nostre preghiere non producono risulta­to perché non abbiamo fissato la mente e il cuore su Gesù, attraverso cui le nostre preghiere possono salire sino a Dio. Spesso uno sguardo profondamente fervo­roso rivolto al Cristo potrebbe rendere molto più fer­vente la preghiera. “ Io guardo lui ed egli guarda me ”: è la preghiera perfetta.

16.    “ Una famiglia che prega insieme, sta insieme ”, dice Fr. Peyton parlando del rosario in famiglia. A maggior ragione si potrebbe applicare a noi tutto que­sto! Vivere assieme, lavorare assieme, pregare assieme costituisce un aiuto nella vita di pietà, una difesa del­la castità e un vantaggio reciproco nell'operare per le anime. Non dovremmo cedere all'abitudine di rinvia­re le nostre preghiere, ma recitarle con la comunità.

17.    Ci ha insegnato a imparare da Lui ad essere miti e umili di cuore. Se siamo miti e umili ci ameremo l'un l'altro come Egli ci ama. Ecco perché dovremmo continuamente chiedere di portare di nuovo la pre­ghiera nelle famiglie. La famiglia che prega assieme, sta assieme. E se stiamo assieme ci ameremo l'un al­tro come Dio ci ama ed Egli ci ama teneramente.

18.    L'unità è il frutto della preghiera, dell'umiltà, dell'amore. Perciò, se la comunità prega assieme, sta­rà assieme e se voi starete assieme vi amerete l'un l'al­tro come Gesù ama ciascuno di voi. Un cambiamento vero del cuore lo farà diventare davvero un cuore pie­no d'amore. Quest'unico cuore la nostra comunità of­fre a Gesù e alla Madonna, sua madre.

19.    Il fallimento o la perdita della vocazione proviene anche dalla trascuratezza nella preghiera. Poiché la preghiera è il cibo della vita spirituale, la negligenza nella preghiera provoca uno stato di fame nella vita spirituale ed è inevitabile anche una perdita della vo­cazione. Chiediamo alla Madonna, nel nostro modo semplice, di insegnarci come pregare, come insegnò a Gesù in tutti gli anni in cui Egli visse con Lei a Na­zaret.

20.    Vi sono molti che non sanno, molti che non osano e molti che non vogliono pregare. Nella comunione dei Santi noi agiamo e preghiamo in loro nome.

21.    Amore alla preghiera, sentire il bisogno di prega­re spesso durante il giorno e preoccuparsi di pregare. Se volete pregare meglio, dovete pregare di più. La preghiera allarga il cuore fino al punto di essere in grado di contenere il dono di Dio stesso. Cercate e chiedete e il vostro cuore diventerà abbastanza grande da riceverlo e da tenerlo con voi.

22.    Vogliamo tanto pregare in modo corretto e poi non ci riusciamo. Allora ci sentiamo scoraggiati e smettiamo di pregare. Dio ammette i fallimenti ma non vuole lo scoraggiamento. Vuole che noi assomi­gliamo più ai bambini, che siamo più umili, più rico­noscenti nella preghiera; non cerchiamo di pregare da soli, poiché tutti apparteniamo al corpo mistico di Cristo, che è sempre orante. Sempre deve esservi pre­ghiera, ma non deve essere del tipo “ io prego ” da so­lo, ma deve essere Gesù in me, è Gesù con me a pre­gare; quindi è il corpo di Cristo che prega.

23.    “ Ho tenuto sempre il Signore dinanzi ai miei oc­chi, poiché è sempre alla mia destra, non posso cade­re ”, dice il salmista. Dio è dentro di me, una presenza più intima di quanto io stesso mi renda conto. “ In lui viviamo, ci moviamo e abbiamo la vita.” E lui che do­na a tutti la vita, che dà forza e vita a tutto ciò che esi­ste. Se non ci fosse la sua presenza sostenitrice, tutte le cose cesserebbero d'esistere e ricadrebbero nel nul­la. Riflettete che siete in Dio, circondati e avvolti da Dio, fluttuanti in Lui.

24.    Gesù Cristo ci ha detto che dovremmo “ sempre pregare e non perderci d'animo ”, cioè non stancarci di farlo. San Paolo dice: “ Prega senza smettere ”. Dio chiama tutti gli uomini a questa disposizione del cuo­re, ad essere sempre in preghiera.

25.    Non basta pregare generosamente, dobbiamo pregare con fervore e devozione. Dobbiamo pregare con perseveranza e con grande amore.

26.    La conoscenza che comunichiamo deve essere Gesù crocefisso e come dice Sant'Agostino: “ Prima di consentire alla propria lingua di parlare, l'apostolo dovrebbe elevare la propria anima assetata a Dio e poi porgere quanto ha bevuto, versando negli altri ciò di cui è ormai colmo ”; o come ci dice San Tommaso: “ Coloro che sono chiamati alle opere di una vita atti­va sbaglierebbero a pensare che il loro dovere li di­spensi dalla vita contemplativa. Questo dovere si ag­giunge al resto e non ne sminuisce l'indispensabilità ”.

27.    Queste due vite, l'attiva e la contemplativa, inve­ce di escludersi a vicenda, richiedono l'una l'aiuto del­l'altra, si integrano e si completano reciprocamente. L'azione per essere produttiva ha bisogno della con­templazione. Quest'ultima, allorché raggiunge un certo grado d'intensità, diffonde qualcosa della pro­pria sovrabbondanza sulla prima. Mediante la con­templazione l'anima trae direttamente dal cuore di Dio le grazie che la vita attiva deve poi distribuire.

28.    Per noi cristiani, la preghiera è un dovere sacrosanto e una sublime missione. Consapevoli dei molti, impellenti bisogni e interessi che reggiamo nelle no­stre mani, saliremo all'altare della preghiera, prende­remo il rosario, ci dedicheremo a tutti gli altri esercizi spirituali con grande desiderio e andremo con fiducia verso il trono di grazia per poter ottenere misericordia e trovare grazia e un aiuto provvidente per noi e per le nostre anime.

29.    Le nostre preghiere sono in prevalenza preghiere vocali; dovrebbero essere ardenti di parole provenienti dalla fornace di un cuore pieno d'amore. In queste preghiere parliamo a Dio con grande rispetto e fidu­cia. Pregate a mani giunte, occhi bassi e in alto i cuo­ri, e le vostre preghiere diverranno come un sacrificio puro e santo offerto a Dio. Non tirate per le lunghe o non correte troppo; non elevate la voce o bisbigliate, ma siate devoti; con grande dolcezza, con naturale semplicità, senza alcuna affettazione, offrite la vostra lode a Dio con tutto quanto il cuore e l'anima. Dob­biamo capire il significato delle preghiere che recitia­mo e sentire la dolcezza di ciascuna parola, perché queste preghiere siano di grande vantaggio; dobbiamo meditare a volte su di esse, e spesso, durante il giorno, trovare in esse il nostro riposo.

30.    La preghiera che viene dalla mente e dal cuore e che noi recitiamo senza leggerla nei libri è detta pre­ghiera mentale. Non dobbiamo mai dimenticare che siamo vincolati dal nostro stato a tendere verso la per­fezione e a puntare ad essa incessantemente. La con­suetudine della preghiera mentale quotidiana è neces­saria per raggiungere il nostro scopo, poiché essa è il respiro di vita per la nostra anima e la santità è im­possibile senza di essa. Santa Teresa d'Avila dice: “ Colui che trascura la preghiera mentale non ha bi­sogno del diavolo che lo spinga all'inferno; ci andrà per sua volontà ”. E soltanto mediante la preghiera mentale e le letture spirituali che possiamo coltivare il dono della preghiera. La preghiera mentale è grandemente favorita dal candore dell'anima, cioè dalla di­menticanza di sé, dalle mortificazioni del corpo e dei sensi e dai frequenti slanci di desiderio che alimenta­no la nostra preghiera. “ Nella preghiera mentale ”, dice St. John Vianney, “chiudi gli occhi, chiudi le labbra e apri il cuore. ” Nella preghiera vocale noi parliamo con Dio, nella preghiera mentale è Lui che ci parla. E in quel momento che Dio si riversa dentro di noi.

31.    I mezzi migliori per ottenere un progresso spiri­tuale sono la preghiera e la lettura spirituale. Tolle et lege (prendi e leggi) fu detto a Sant'Agostino e, dopo aver letto, l'intera sua vita subì un completo cambia­mento. Così accadde anche a Sant'Ignazio, soldato fe­rito, quando lesse le vite dei santi. Quanto spesso noi stessi abbiamo trovato la luce che penetrava nelle no­stre anime durante la lettura spirituale! Tommaso da Kempis scrive: “ Allora prendi in mano un libro come Simeone, quell'uomo giusto, prese tra le sue braccia Gesù bambino; e quando avrai finito, chiudi il libro e rendi grazie per ogni parola che esce dalla bocca di Dio, perché nel campo del Signore hai trovato un te­soro nascosto ”. San Bernardo dice: “ Cerca non tanto di cogliere il significato, quanto di gustare ciò che hai letto. Non lasciamoci morire di fame in mezzo all'ab­bondanza! ”. Vi è infatti poco profitto nella lettura se non leggiamo bene. La lettura spirituale è uno degli esercizi e dei doveri spirituali più preziosi, tanto che nessuno si può permettere di trascurarlo. Quando scegliete un libro, non prendete qualcosa che è al di sopra delle vostre capacità, ma sceglietene sempre uno che sia in grado di darvi il maggiore profitto spiri­tuale.






SECONDO MESE

1.   La confessione rafforza l'anima perché una con­fessione veramente ben fatta - la confessione di un figlio in peccato che ritorna al padre   genera sem­pre umiltà e l'umiltà è forza. Potremmo recarci alla confessione tutte le volte che vogliamo e scegliere chi vogliamo, ma non per questo sentirci incoraggiati a cercare una direzione spirituale da qualsiasi fonte. Il confessionale non è luogo per conversazioni inutili o per il pettegolezzo. L'argomento deve essere i miei peccati, il mio dolore, il perdono: come vincere le ten­tazioni, come praticare la virtù, come aumentare l'a­more di Dio.

2.   Al primo posto mettete la confessione e poi chiede­te una direzione spirituale, se lo ritenete necessario. La realtà dei miei peccati deve venire come prima co­sa. Per la maggior parte di noi vi è il pericolo di di­menticare di essere peccatori e che come peccatori dobbiamo andare alla confessione. Dobbiamo sentire il bisogno che il sangue prezioso di Cristo lavi i nostri peccati. Dobbiamo andare davanti a Dio e dirgli che siamo addolorati per tutto quello che abbiamo com­messo, che può avergli recato offesa.

3.   Una sola cosa ci è indispensabile: la confessione. Essa non è altro che un atto di umiltà. Lo chiamiamo sacramento della penitenza ma in realtà è un sacra­mento d'amore, un sacramento di perdono. Ecco per­ché la confessione non dovrebbe essere un luogo nel quale parlare per lunghe ore delle nostre difficoltà. E un luogo dove io permetto a Gesù di estirpare da me tutto ciò che divide, che distrugge. Quando c'è un vuoto tra me e Cristo, quando il mio amore è diviso, nulla può venire a colmare quel vuoto. In confessione dovremmo essere molto semplici, come i bambini. « Ecco, sono come un bambino che va dal Padre. » Se un bimbo è ancora senza malizia e non ha ancora im­parato a dire bugie, dirà ogni cosa. Questo intendo quando dico di essere come bambini. La confessione èun atto bellissimo di grande amore. Soltanto nella confessione possiamo andare come peccatori con i propri peccati e uscire come peccatori senza peccato.

4.   Occorre soltanto che la sera prima di coricarvi chiediate: « Cosa ho fatto a Gesù, oggi? Cosa ho fatto per Gesù, oggi? Cosa ho fatto con Gesù, oggi?». Vi basta guardare le vostre mani. Questo è il migliore esame di coscienza.

5.   E come troverete Gesù? Egli vi ha reso tutto così semplice! « Amatevi l'un l'altro come io vi ho amato. »Se siamo andati fuori strada, abbiamo a disposizione il sacramento stupendo della confessione. Andiamo alla confessione come peccatori pieni di peccato. Ve­niamo via dalla confessione peccatori senza peccato per merito dell'onnipotenza e della misericordia di Dio. Non occorre che ci disperiamo. Non occorre che ci suicidiamo. Non occorre che ci sentiamo scoraggia­32
ti... tutto questo non è necessario se abbiamo compre­so la tenerezza dell'amore di Dio. Voi siete preziosi per lui, vi ama, e vi ama così teneramente che vi ha plasmato col palmo della sua mano. Queste parole di Dio sono nelle Scritture, lo sapete. Ricordatevi che quando il vostro cuore si sente inquieto, quando il vo­stro cuore è nel dolore, quando il vostro cuore sembra spezzarsi... allora ricordatevi di questo: « Io sono pre­zioso per Lui. Mi ama. Mi ha chiamato per nome. Sono suo. Mi ama. Dio mi ama ». E per dimostrarmi il suo amore è morto sulla Croce.

6.   Una sera, un signore venne nella nostra casa e mi disse: « C'è una famiglia di indu con Otto figli, che da molto tempo non hanno da mangiare. Fate qualcosa per loro ». Presi un po' di riso e andai subito. Potei constatare sui volti dei bambini una fame tremenda. E tuttavia, quando la madre prese il riso lo divise in due porzioni ed uscì. Allorché fu di ritorno le chiesi:
« Dove siete stata? Cosa avete fatto?». Ella mi diede una sola risposta: « Anche loro avevano fame ». Aveva dei vicini alla porta accanto, una famiglia musulma­na, e lei sapeva che avevano fame. Non portai dell'al­tro riso per quel giorno, perché volevo che essi speri­mentassero la gioia di donare. Non ero sorpresa che lei sentisse il desiderio di donare, ma ero sorpresa che sapesse che erano affamati. Anche noi sappiamo? Ab­biamo il tempo anche solo di sorridere a qualcuno?

7.   I poveri sono persone meravigliose. Una sera uscimmo e raccogliemmo quattro persone in istrada. Una di esse era in condizioni terribili. Dissi alle So­relle: «Prendetevi cura delle altre tre, mi occuperò io di questa, che mi sembra nella situazione peggiore ». Così, feci per lei tutto quello di cui il mio amore fu capace. La misi a letto e sul suo viso c era un sorriso così bello! Mi teneva stretta la mano e mi disse una parola soltanto: « Grazie » e mori.

8.   Non ho mai dimenticato l'occasione in cui mi capi­tò di visitare una casa dove si trovavano tutti quei vec­chi genitori di figli e figlie che li avevano messi in un istituto e poi li avevano dimenticati. Mi recai in quel luogo e potei vedere come in quella casa avessero di tutto, belle cose, ogni comodità, ma ognuno stava con lo sguardo fisso alla porta. E non ne vidi alcuno con sul volto un sorriso. Allora mi volsi alla Sorella e dis­si: « Come mai? Come mai questa gente, a cui non manca nulla, guarda sempre verso la porta? Perché non sorridono? ».
Ero così abituata a vedere il sorriso sul volto della nostra gente... anche i morenti da noi sanno sorridere. Mi rispose: « Questo capita quasi ogni giorno. Stanno aspettando, sperano che un figlio o una figlia venga a trovarli ». Soffrono perché si sentono dimenticati. Ve­dete... qui ci vuole l'amore. Quel tipo di povertà c'è anche nelle nostre case, e anche quella negligenza d'amore. Forse nella nostra stessa famiglia vi è qual­cuno che si sente solo, che è in stato di sommo disagio, che si sente angosciato, e questi sono momenti difficili per ciascuno. Noi siamo lì, presenti? Ci siamo a rice­verli?

9.   I poveri sono persone assolutamente straordinarie e sono in grado di insegnarci molte belle cose. L'altro giorno uno di essi venne a ringraziarci e disse: « Voi siete persone che vi siete votate alla castità e siete per­ciò le più qualificate ad insegnarci la pianificazione familiare, poiché non c e niente più dell'autocontrollo che provenga dall'amore reciproco ». E penso che ab­bia detto qualcosa di molto bello. Queste sono persone che potrebbero anche non aver nulla da mangiare, ma sono persone degne della massima stima.

10.    I nostri figli li vogliamo, li amiamo; ma che ne è degli altri milioni di creature? Parecchie persone si preoccupano molto, molto, dei bambini indiani, dei bambini africani, dove un grosso numero muore di malnutrizione, di fame eccetera. Ma milioni d'altri muoiono per decisione delle loro stesse madri. E que­sto, oggi, può essere considerato l'elemento più di­struttore della pace. Poiché se una madre può uccide­re il proprio bambino, chi impedisce domani a me di ucciderti o a te di uccidermi? Non c'è nulla che lo vieti.

11.    Fui meravigliata di vedere in Occidente tanti gio­vani e tante ragazze darsi alla droga, e ho cercato di capirne il motivo. Perché ciò avviene? La risposta èstata: « Perché non c'era nessuno in famiglia ad acco­glierli ». Papà e mamma sono troppo occupati, non hanno più tempo. Il ragazzo se ne va per la strada e finisce per essere coinvolto in qualcosa. Parliamo di pace e sono queste cose che spezzano la pace.

12.    Una volta stavo camminando per le vie di Londra e mi capitò di vedere un uomo, tutto rannicchiato, sembrava così solo, così abbandonato. Mi chiese di chinarmi, così mi fermai, gli presi la mano, gliela strinsi, gli domandai come stava. La mia mano è sem­pre molto calda ed egli alzò lo sguardo e disse: «Oh, dopo tanto tempo, sento il calore di una mano umana, dopo tanto tempo! ». I suoi occhi brillarono e si levò a sedere. Proprio quel po' di tepore che si sprigionava da una mano umana aveva portato gioia nella sua vi­ta. Dovete fare questo genere di esperienza. Dovete tenere gli occhi ben aperti e provare.

13.    In Australia, dove operano le nostre Sorelle, an­diamo nelle case dei poveri e laviamo e facciamo le pulizie e tutto questo genere di lavori. Una volta an­dai nella casa di un uomo solo e gli chiesi: « Mi per­mettete di pulire la vostra casa?». Quegli mi rispose « Sto bene così ». E io replicai: « Starete meglio se mi lascerete farvi le pulizie ». Così mi lasciò ripulire la sua abitazione. Poi scorsi in un angolo della stanza una lampada piena di polvere. Gli domandai: « Non accendete la lampada?». Mi disse: « Per chi? Sono anni che nessuno viene mai a trovarmi... sono anni ». Allora dissi: « Accenderete la lampada, se le Sorelle vi verranno a trovare? ». Egli disse: « Sì ». Allora ripulii la lampada. Le Sorelle cominciarono ad andare a casa sua, nella sua abitazione e la lampada rimase accesa. Mi dimenticai completamente di lui. Dopo due anni ricevetti notizie da lui stesso che diceva: « Dite alla mia amica che la luce che ha acceso nella mia vita sta ancora brillando».

14.   Più il lavoro è ripugnante, maggiore dovrebbe es­sere la nostra fede e più gioiosa la nostra devozione. Che noi si senta ripugnanza è natùrale ma quando riusciamo a vincerla per amore di Cristo è lì che pos­siamo raggiungere l'eroismo. Assai spesso nelle vite dei santi è accaduto che il superamento eroico di qualcosa di ripugnante è diventata la chiave per arri­vare a una grande santità. Questo fu il caso di San Francesco d'Assisi, che nell'incontrare un lebbroso, completamente sfigurato, si ritrasse, ma poi facendosi forza, baciò quel volto spaventosamente sfigurato. Il risultato fu che Francesco fu ripieno di una gioia in­dicibile. Era diventato completamente padrone di se stesso ed il lebbroso se ne andò lodando Dio per la sua guarigione.

15.   Quando ci occupiamo del malato e del bisognoso noi tocchiamo il corpo sofferente di Cristo e questo tocco ci rende eroici; ci fa scordare la ripugnanza e le tendenze naturali che sono in noi. Ci occorrono gli oc­chi di una fede profonda per vedere Cristo nel corpo mutilato e negli abiti sudici sotto i quali si nasconde il più bello dei figli dell'uomo. Ci occorrono le mani di Cristo per toccare questi corpi feriti dalla sofferenza e dal dolore.

16.    Una Sorella mi diceva che proprio due o tre setti­mane prima, a Bombay, lei ed alcune Sorelle avevano raccolto un uomo dalla strada e lo avevano portato a casa. Disponiamo di un luogo spazioso che ci è stato regalato e che noi abbiamo trasformato in una casa d'accoglienza degli incurabili. Quell'uomo venne por­37
tato là e le Sorelle si presero cura di lui. Lo amarono e lo trattarono con dignità. Subito si accorsero che la sua schiena non aveva più pelle né carne. Era intiera­mente mangiato. Dopo averlo lavato lo misero a letto e una Sorella mi disse che mai aveva veduto tanta gio­ia quanta ne aveva scorta sul volto di quell'uomo. Al­lora le domandai: « Cosa avete provato quando avete tolto i vermi dal suo corpo, ditemelo! ». Lei mi guardò e poi disse: « Mai avevo sentito la presenza di Cristo; non avevo mai creduto veramente alla parola di Gesù che dice: "Ero malato e voi questo l'avete fatto a me Ora la sua presenza era in quell'uomo e io la potevo vedere su quel viso ». Questo è un donò di Dio.

17.    Come sapete, abbiamo anche i nostri Fratelli che sono Missionari della Carità. Uno di essi ama i leb­brosi. In India ci stiamo prendendo cura di 49.000 lebbrosi. Questo Fratello li ama davvero. Arrivò qui un giorno, dopo che si era trovato in disaccordo con il suo superiore. Mi disse: « Amo i lebbrosi; voglio stare con loro, voglio dedicarmi ad essi, sento che la mia vo­cazione è quellà di stare con i lebbrosi ». Gli dissi:
« Fratello, stai commettendo un errore. La tua voca­zione non è quella di lavorare per i lebbrosi, la tua vocazione è quella di appartenere a Gesù. La tua opera per i lebbrosi è soltanto un tuo atto di amore per il Cristo; perciò non fa differenza a chi è dedicata la tua opera purché tu la compia per Lui, purché tu la faccia con Lui. Questo è quel che importa. Questa, cioè, è la completezza della tua vocazione, del tuo ap­partenere al Cristo ».

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18.    Siamo i servi del povero. Dobbiamo donare al po­vero un servizio libero, sentito. Nel mondo le persone vengono pagate per il loro lavoro. Noi siamo pagati da Dio. Siamo vincolati da un voto d'amore nel servi­re il povero, nel vivere come il povero con il povero.

19.    Trattate forse i poveri come le vostre pattumiere, dandogli qualunque cosa non possiate più usare o mangiare? Non posso mangiare questo cibo, così lo darò al povero. Non mi serve più questa cosa o quel pezzo di stoffa, così la darò al povero. Mi illudo in questo modo di condividere la povertà del povero, mi identifico con il povero che servo? Sono una cosa sola con lui? Condivido con lui come Gesù ha condiviso con me?

20.    Alcune settimane fa due giovani sono venuti da noi e mi hanno dato un sacco di denaro per sfamare la mia gente. Ho detto loro: « Dove avete preso tutto quel denaro?». Mi hanno risposto: « Due giorni fa ci siamo sposati. Prima del matrinionio abbiamo preso una decisione: non ci compreremo abiti per lo sposali­zio, non faremo la festa di nozze, daremo a voi tutto il denaro ». So quanto significhi tutto questo per una fa­miglia Indu e quale grande sacrificio avevano fatto. Allora ho chiesto loro: « Ma perché l'avete fatto? ». Mi hanno risposto: « Ci amiamo talmente tanto vicen­devolmente, che abbiamo voluto condividere la gioia dell'amore con le persone che voi servite e così abbia­mo sperimentato la gioia di amare ». E dove comincia questo amore?... in famiglia. E come comincia?... con­dividendo sino a provare dolore, amando sino alla sof­ferenza.
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21.   Ogni giorno cuciniamo per 9000 persone. Una volta venne una Sorella e disse: « Madre, non vi è nul­la da mangiare, nulla da dare a questa gente ». Non avevo niente da rispondere. Ma poi per le 9, quel mattino, arrivò da noi un camion pieno di pane. Il go­verno distribuisce una fetta di pane e del latte per ogni bambino povero. Quel giorno - nessuno in città capì come mai - vennero chiuse improvvisamente le scuole e tutto il pane venne portato a Madre Teresa. Vedete, fu Dio a chiudere le scuole. Non poteva la­sciare la nostra gente senza cibo. E questa fu la prima volta, penso, che in vita loro ebbero del pane così buo­no e così in abbondanza. Anche in questo modo potete vedere la tenerezza dell'amore di Dio.

22.    Un giorno, a Calcutta, venne un uomo con una ricetta e disse: « Il mio unico figlio sta morendo e que­sta medicina la si può trovare soltanto fuori dall'In-dia ». Proprio in quel momento, mentre stavamo an­cora parlando, venne un uomo con un cesto pieno di medicine e, proprio sopra a tutte, c'era il farmaco che ci occorreva. Se fosse statQ sotto le altre non l'avrei scorto. Se fosse venuto prima o subito dopo, non l'a­vrei potuto vedere. Ma in quel preciso momento, tra milioni e milioni di bambini nel mondo, Dio nella sua tenerezza si era preoccupato di quel piccino che stava negli slvms di Calcutta fino a mandare, nel momento esatto, quel cesto di medicine per salvarlo. Sia lode al­la tenerezza dell'amore di Dio, poiché ogni piccolo, sia che appartenga a una famiglia ricca o a una pove­ra, è figlio di Dio, creato dal Creatore di tutte le cose.

23.    E necessario guardarsi dall'orgoglio. L'orgoglio annienta ogni cosa. Ecco perché Gesù ha detto ai suoi discepoli di essere miti e umili di cuore. Io non dissi che la contemplazione è una grossa cosa... ma di esse­re miti e umili di cuore l'uno verso l'altro. Se capite questo, capite la vostra vocazione. Vivere a questo modo costituisce la chiave per essere miti e umili.

24.    Se sei stata assegnata alle mansioni di cucina, non devi pensare che questo non richieda intelligen­za... Quello star seduti e in piedi, quell'andare innan­zi e indietro o qualsiasi altra mansione assolva, Dio non domanderà a quella Sorella quanti libri ha letto, quanti miracoli ha compiuto; ma le domanderà se ha fatto del suo meglio per amore suo. Ella potrà in tutta sincerità affermare: « Ho fatto del mio meglio ». An­che se il meglio corrisponderà a un insuccesso, questo dovrà essere il meglio che abbiamo saputo fare, il no­stro massimo.

25.    Non vi sia alcuna gloria nel vostro successo, ma attribuite tutto a Dio con il più profondo senso di gra­titudine. D'altro canto, nessun insuccesso vi scoragge­rà finché avrete coscienza di aver fatto del vostro me­glio. Umanamente parlando, se una Sorella fallisce nella sua opera siamo propensi ad attribuirlo a tutti i fattori dell'umana debolezza... non ha intelligenza, non ha saputo fare del suo meglio, eccetera. Tuttavia agli occhi di Dio non ha fallito se ha fatto tutto quan­to era capace. E, nonostante tutto, una sua coopera­trice.

26.    Non dobbiamo mai pensare di essere indispensa­bili. Dio ha le sue vie e i suoi modi... può permettere che tutto vada alla rovescia anche nelle mani della So­rella più dotata. Dio guarda soltanto il suo amore. Potreste essere distrutte dalla fatica, uccidervi anche, ma se il vostro lavoro non è intessuto d'amore è inuti­le. Dio non ha bisogno della vostra opera.

27.    Potrebbe succedere che dei ragazzini siano boc­ciati ripetutamente all'esame di religione quando si preparano alla Prima Comunione. Non scoraggiatevi. Né dovete provare tali sentimenti negativi quando cercate di salvare un matrimonio o di convertire un peccatore e non vi riuscite. Se vi scoraggiate, è un se­gno d'orgoglio, perché ciò sta a dimostrare che confi­date nelle sole vostre forze. Non vi irritate per le opi­nioni altrui. Siate umili e non vi sentirete mai ango­sciati.

28.    Oggi, che tutto è posto in discussione e ogni cosa va cambiando, facciamo ritorno a Nazaret. Gesù era venuto per redimere l'umanità, per insegnarci l'amo­re del Padre. Che strano che abbia voluto trascorrere trenta anni senza fare nulla, sprecando il proprio tempo! Senza offrire un 'occasione per mettere in evi­denza la propria personalità o le sue doti! Sappiamo che all'età di dodici anni mise a tacere i Sapienti del tempio, che sapevano tante cose e così compiutamen­te. Ma quando i suoi genitori lo ritrovarono, se ne ri­tornò a Nazaret e rimase a loro sottomesso. Per venti anni non si udì più parlare di lui, cosicché la gente era stupita quando lo vide in pubblico a pregare. Lui, il figlio del falegname, che aveva fatto il suo umile la­voro nella bottega da falegname per trenta anni!

29.    L'umiltà non è altro che la verità. « Cosa posse­diamo, che non abbiamo ricevuto? », domanda San Paolo. Se ho ricevuto ogni cosa, che merito c'è da par­te mia? Se siamo convinti di questo, non leveremo mai in alto il capo con orgoglio. Se sarete umili, nulla vi toccherà, né lodi né ignominie, poiché sapete quel che siete. Se vi vedrete biasimati non vi deprimerete, se vi chiameranno santi non vi porrete sopra un piedestal­lo. Se siete santi, rendete grazie a Dio. Se siete pecca­tori, non rimanete in questa condizione.





TERZO MESE


1. Il risultato ricco di frutti sia dal punto di vista con­templativo che apostolico del nostro stile di vita dipende dall'essere radicati in Gesù Cristo, Nostro Si­gnore, mediante una scelta deliberata di mezzi piccoli e semplici, utili all'adempimento della nostra missio­ne e mediante la fedeltà a piccole cose, fatte con gran­de amore tra coloro che sono spiritualmente i più po­veri, identificandoci con essi, condividendo la loro po­vertà e le loro insicurezze sino a sentirne male.

2. Occorre avere un cuore puro per vedere Gesù nella persona spiritualmente più povera. Per cui, più sa­rà sfigurata l'immagine di Dio in quella persona, più grandi saranno la nostra fede e la nostra devozione nel cercare il volto di Gesù e nel servirlo con amore. Dobbiamo considerare un onore il servire Cristo sotto la maschera dolorosa di chi è spiritualmente più po­vero; dobbiamo farlo con profonda gratitudine e ri­spetto, con uno spirito di condivisione fraterna.

3.   Noi, Fratelli della Parola, non seguiamo alcuna regola fissa per la proclamazione della parola di Dio. Tuttavia ci serviamo di ogni occasione ci si presenti per proclamare il suo amore salvifico ovunque possia­mo trovare chi è spiritualmente il più povero. Tutti i giorni, una parte del tempo la spendiamo nell'annuncio della buona novella. Vogliamo avere un rapporto non con le folle ma con i singoli individui, un rappor­to da persona a persona, da famiglia a famiglia o, quando è necessario, con piccoli gruppi dove sia pos­sibile uno stretto contatto.

4. Come Gesù, che si sottomise alla legge comune della fatica e alla sorte comune del povero, noi, Fra­telli della Parola, lavoreremo duramente in ogni com­pito assegnatoci e gioiremo di avere l'occasione di compiere lavori umili. Se non vi sono altri mezzi a di­sposizione, i Fratelli si manterranno con il lavoro del­le proprie mani, coltivando i campi, facendo gli arti­giani o qualche altra attività che si accordi al loro stile di vita, evitando, tuttavia, di dedicarsi a qualsiasi la­voro rimunerativo.

5. Nella sua Passione Nostro Signore dice: « Sia fatta la tua volontà. Fai di me quello che vuoi ». Tutto ciò fu durissimo per Nostro Signore anche nell'ultimo momento. Si dice che la Passione del Getsemani sia stata qualcosa di ancora più grande della crocefissio­ne, poiché erano il suo cuore, la sua anima che veni­vano crocefissi, mentre sulla croce era solo il suo cor­po ad essere crocefisso. Ecco perché sulla croce Egli non pronunciò mai le parole: « Sia fatta la tua volon­tà ». Accettò in silenzio e ci donò sua madre. Poi disse: « Ho sete » e: « Tutto è consumato ». Mai in nessun'al­tra occasione, neppure una volta, disse: « Sia fatta la tua volontà », perché aveva già accettato interamente la volontà del Padre durante quella lotta tremenda, annientato dall'isolamento e dalla solitudine. E l'uni­46
co modo attraverso il quale sappiamo quanto fu diffi­cile per Lui rimanere solo in quell'ora, è la frase con cui domandò: « Così, non siete stati capaci di vegliare una sola ora con me? » (Mt. 26, 40). Sappiamo che aveva bisogno d'essere consolato. Questo è l'abbando­no totale: non essere amati da nessuno, non essere vo­luti da nessuno, non essere proprio nessuno perché abbiamo dato tutto a Cristo.

6. Santa Teresa del Bambin Gesù spiegava molto be­ne questo tipo di abbandono quando diceva: « Sono come una pallina nelle mani di Gesù. Egli gioca con me, mi butta lontano, mi lascia in un angolo. E poi, come un bimbo che vuole scoprire che cosa c'è all'in­terno, riduce in pezzi la palla e getta i pezzi lontano ». Ecco, come un Fratello, una Sorella, debbono essere... una pallina nella mano di Gesù, che dice a Gesù: « Tu puoi fare quel che vuoi, come vuoi, quando vuoi, finché vuoi ».

7. Siamo a sua disposizione. Se vuole che tu sia mala­to in un letto, se vuole che tu proclami la sua Parola nelle strade, se vuole che ogni giorno tu pulisca i gabi­netti, va bene, va sempre tutto benissimo. Devi dire: « Signore, sono tuo. Puoi fare di me ciò che vuoi ». Questa, Fratelli, è la nostra forza e questa è la gioia del Signore.

8.   Sin dall'inizio, impara ad obbedire. Ciò ti porterà diritto a Dio. Non devi lasciarti assillare da questa vi­ta corrotta. C'è una strada maestra che porta al cuore di Gesù. Non andrai mai fuori strada, non commetterai sbagli, se capirai qual è la differenza. Il tuo supe­riore che ti dice di fare questo o quello, potrebbe an­che sbagliare. Anch'io potrei sbagliare dicendo alle Sorelle di fare una data cosa e di andare qui o là. Ma quella Sorella che fa ciò che le dico non sbaglia di cer­to. Così è anche per voi Fratelli. Se siete convinti di questo capirete in che consiste l'abbandono totale.

9. Quel che Gesù fece quando divenne uomo fu di abbandonarsi totalmente al Padre. Udiamo continua­mente la parola « Padre ». Mentre Gesù prega, quan­do insegna, quando è con la gente, continuamente egli pronuncia la parola « Padre». « Sono venuto a fare la volontà del Padre mio. » « Sono stato mandato dal Pa­dre. » « Mio Padre ed io siamo una cosa sola. » « Vi amo come il Padre ama me »: il Padre ricorre di conti­nuo nelle sue parole. Appartiene talmente al Padre che non vi è separazione, né divisione. Non esiste dubbio. Non si discute. Ed ecco come deve essere un Fratello della Parola: un tutto unico con il Cristo, un tutto unico con la Parola di Dio. E questa Parola di Dio, questa gioia che riceviamo nella preghiera, nel­l'adorazione e nella contemplazione, in quell'isola­mento con Dio, quella stessa Parola voi dovete donar­la agli altri.

10. La nostra vocazione è di appartenere a Gesù. Il modo più semplice, il modo più facile di appartener­gli è questo: lo Spirito Santo ci rende capaci di questa donazione di sé, di questo abbandono totale a Dio, senza stare a riflettere, senza valutarne il prezzo. Noi lo chiamiamo « abbandono cieco ». Come ha fatto la Madonna, che quando comprese che il Signore la chiamava, disse il suo sì, e mai lo ritrattò. Fu un sì cieco, continuo nella sua vita. Così deve essere per noi. Tutta la nostra vita deve tendere a un'unica pa­rola: si. Il sì a Dio è la santità. Permettiamo a Dio di prendere da noi tutto ciò che vuole e da parte nostra accettiamo con gioia qualunque cosa ci mandi. In questo deve consistere il nostro si.

11 Dobbiamo sapere con esattezza, quando diciamo sì a Dio, che cosa comporta quel sì. Sì significa: io mi abbandono, totalmente, completamente, senza fare al­cun conto di quanto mi costerà, senza chiedermi: «giusto? E conveniente? ». Il nostro sì a Dio deve esse­re senza riserve. Ecco come deve essere una persona contemplativa. Appartengo a Lui in maniera così to­tale che non vi sono riserve. Non importa quel che possiamo sentire.

12.    La Parola di Dio diventa carne durante la gior­nata, nella meditazione, nella Santa Comunione, nel­la contemplazione, nell'adorazione, nel silenzio. La Parola che è in voi, voi la donate agli altri. ~ indi­spensabile che la Parola sia viva dentro di voi, che voi capiate la Parola, che voi amiate la Parola, che voi vi­viate la Parola. Non sarete in grado di vivere la Paro­la se non la sapete donare agli altri.

13.    L'abbandono totale a Dio deve avvenire nelle piccole cose, come pure in quelle di maggior peso. Non si tratta che di una sola parola: « Sì. Accetto qua­lunque cosa mi dai e ti offro qualunque cosa tu mi vo­glia prendere ». Questo è per noi un modo semplice per essere. santi. Non dobbiamo crearci nella mente delle difficoltà. Essere santi non significa fare cose straordinarie, capire grandi cose, ma è solamente un accettare, poiché mi sono donato a Dio, perché appar­tengo a Lui... Ecco il mio abbandono totale! Oggi po­trebbe mettermi qui, domani potrebbe mandarmi là. Potrebbe servirsi di me o non servirsene affatto. Non ha importanza, perché appartengo a Lui così total­mente che può fare ciò che vuole di me.

14.    La Quaresima è il tempo in cui riviviamo la Pas­sione di Cristo. Non sia soltanto un tempo in cui i no­stri sentimenti si risvegliano dall'apatia, ma sia un oc­casione di cambiamento, che avvenga con la collabo­razione della grazia di Dio attraverso veri sacrifici di sé. Il sacrificio per essere vero deve costare, deve im­plicare sofferenza, ci deve svuotare di noi stessi. Pro­cediamo attraverso la Passione di Cristo, giorno dopo giorno.

15.    Durante la Quaresima in una maniera particola­re e con profonda sensibilità mediteremo la Passione di Nostro Signore ed esamineremo la nostra coscienza per vedere quale nostro peccato ha provocato quello speciale dolore in Gesù. Farò atto di riparazione e condividerò quel dolore raddoppiando il mio penti­mento... Custodirò attentamente i miei occhi, terrò mondi i pensieri della mia mente, mi accosterò al ma­lato con maggior gentilezza e compassione; custodirò con maggiore attenzione il silenzio del cuore, di modo che nel silenzio del cuore udirò le sue parole di con­forto e dal pieno del cuore conforterò Gesù che si na­sconde nelle vesti sofferenti del povero. Confesserò so­prattutto la trascuratezza nel compiere piccoli atti di mortificazione.

16.    Spesso preghiamo: « Fammi condividere la tua pena; voglio essere la sposa di Cristo crocefisso», ep­pure, quando ci viene rivolto anche solo un briciolo di osservazione poco caritatevole o ci sentiamo punti da una mancanza di riguardo, come facciamo in fretta a dimenticare che questo è il momento di condividere con Lui le offese e la sofferenza!

17.    Durante questa Quaresima miglioriamo il nostro spirito di preghiera e di raccoglimento. Liberiamo le nostre menti da tutto ciò che non è Gesù. Se trovate difficile pregare, chiedetegli ripetutamente: « Gesù, vieni nel mio cuore, prega dentro di me e con me, fa' che io possa imparare da te come pregare ». Se pre­gherete di più, pregherete anche meglio. Chiedete l'a­iuto di tutti i vostri sensi per riuscire a pregare.

18.    Il primo passo per divenire santi è volerlo. San Tommaso dice: « La santità non consiste in nient'altro che in una ferma risoluzione, nell'atto eroico di un'a­nima che si abbandona a Dio. Grazie a una retta vo­lontà noi amiamo Dio, scegliamo Dio, ci mettiamo al­la sequela di Dio, lo raggiungiamo, lo possediamo ». Oh, quella buona, santa volontà che mi trasforma in una immagine di Dio e mi fa, quindi, simile a Lui!

19.    Decidersi a essere santi costa assai. Rinunce, ten­tazioni, lotte, persecuzioni, sacrifici di ogni genere as­sediano l'anima risoluta. Si può amare Dio soltanto pagando di persona.

20.    La mortificazi6ne ci è assolutamente necessaria, poiché nulla ha forza maggiore del contenere le pas­sioni disordinate dell'anima e nel sottomettere alla ra­gione gli appetiti naturali. Solo allora possederemo quelle gioie e quelle delizie celesti che superano i piaceri della terra, così come l'anima si eleva sul corpo e il cielo sopra la terra.

21.    Poiché Gesù non può più rivivere la Passione nel suo corpo, la Madre Chiesa offre l'opportunità di la­sciare che Cristo viva la sua Passione e morte nel no­stro corpo, nel nostro cuore e nella nostra anima. An­che così, tuttavia, non vi è paragone con la sua Passio­ne. Abbiamo ancora bisogno di molta grazia per ac­cettare qualunque cosa ci manda e sapergli offrire qualsiasi cosa vuol prenderci, con gioia, con amore e con un sorriso.

22.    Nella sua Passione Gesù ci ha insegnato come perdonare per amore, come dimenticare per umiltà. Al principio della Passione di Cristo esaminiamo a fondo i nostri cuori e vediamo se vi è qualche offesa non perdonata o qualche amarezza non dimenticata.

23.    Ripetiamo spesso durante il giorno: « Lava i miei peccati e mondami da ogni iniquità ». Come deve sof­frire Gesù, abitando nei nostri cuori, nel sentirvi que­sta amarezza, questo senso d'offesa, questi sentimenti di vendetta provocati dalla gelosia e dall'orgoglio. Figli miei, siate sinceri e domandate perdono. Il mio amore per gli altri membri della comunità è così grande, così vero da essere capace di perdonare, non per senso del dovere ma per amore?

24.    Siamo soltanto degli strumenti che Dio si degna di usare; questi strumenti generano frutto nella misu­ra in cui sono uniti a Dio, come dice San Paolo: « Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere » (1 Cor. 3, 6). Otteniamo grazia, in propor­zione alla nostra santità, al nostro fervore religioso, al nostro grado di unione con il Signore. La santità è l'a­nima del vero apostolato. Perciò dobbiamo dedicare anima e corpo a far nostra questa santità.

25.   Un solo giorno con Gesù è sufficiente a spronarci in una energica ricerca della santità attraverso un amore personale per Gesù. Gesù desidera la nostra perfezione con ardore indicibile. Poiché questa è la volontà del Signore: la nostra santificazione. Il suo sacro cuore è ripieno di un insaziabile anelito a veder­ci avanzare sulla via della santità.

26.    Dovete lasciare che il Padre sia un giardiniere, che tagli e sfrondi. Se verrete potati non preoccupate­vi. Ha il suo motivo per sfrondarvi. Dovete lasciar­glielo fare. Prendete, per esempio, le persone che al noviziato a Tor Fiscale hanno realmente potato le vi-ti. Io le guardavo e andavo pensando: « Come possono le foglie, o i rami o i frutti crescere su quei moncheri­ni? ». Ma il vignaiolo, che conosce le viti, le ha potate bene e le ha potate proprio alla base dei gambi. Come potranno crescere i rami e le foglie, come potranno venire i frutti, non lo so. Ma è abbastanza probabile che se verrò qui tra qualche mese li vedrò tutti carichi di grappoli, proprio grazie a quella potatura. La stes­sa cosa accadrà a voi. Ora siete stati potati, tagliati alla radice e non vedete nulla... né foglie, né rami, niente.

27.    Deve esserci la sofferenza, perché se guardate la croce vedrete che Egli ha il capo piegato - vuole ba­ciarvi - e ha le braccia aperte - vuole abbracciarvi. Ha il cuore squarciato per accogliervi. Allora, quando vi sentite miserabili interiormente, guardate la croce e saprete quel che sta avvenendo. La sofferenza, il dolo­re, il dispiacere, l'umiliazione, il senso di solitudine, non sono altro che un bacio di Gesù, un segno che ti sei talmente accostato a Lui, che ha potuto baciarti.

28.    Capite, fratelli? Sofferenza, dolore, umiliazione... sono baci di Gesù. A volte giungete così vicini a Gesù sulla croce, che Egli riesce a baciarvi. Una volta dissi questo a una signora che stava soffrendo atrocemente. Mi rispose: « Dite a Gesù di non baciarmi... di smet­terla di baciarmi ». Quella sofferenza doveva venire, ci fu nella vita della Madonna, ci fu nella vita di Ge­sù... deve venire anche nella nostra vita. Soltanto, non fate mai i visi lunghi, poiché la sofferenza è un dono che viene da Dio. E una cosa che sta soltanto tra voi e Gesù.

29.    Essere capaci di amare Cristo con un amore indiviso nella castità, attraverso la liberazione che viene dalla povertà, in un totale abbandono all'obbedienza e al libero e amoroso servizio ai più poveri dei poveri e agli altri, nel modo in cui Cristo ama te e me mentre attendiamo il suo ritorno nella gloria... questa deve essere tutta quanta la regola di vita dei Fratelli della Parola. Lasciate che Gesù si serva di voi senza con­sultarvi e voi sarete santi perché appartenete a lui.

30.    Il nostro abbandono illimitato avverrà oggi se ab­bandoneremo anche i nostri peccati, così diverremo veramente poveri. « Se non diventerete come bambini non potrete venire a me. » Siete troppo grandi, troppo pesanti; non è possibile alzarvi. Ci occorre umiltà nel riconoscere i nostri peccati. Il riconoscimento delle nostre colpe ci aiuterà a sollevarci. « Mi alzerò e an­drò da mio Padre. »

31.       Deve essere stato così duro venir flagellati, essere coperti di sputi. « Allontana da me tutto questo », pre­gava Gesù durante la sua agonia, e Suo Padre non venne a soccorrerlo direttamente, dicendo: « Questo è il mio Figlio diletto », ma si servì di un angelo per consolarlo. Preghiamo di poter riempire i nostri cuori di quell'abbandono che ha provato Gesù, di compren­dere questo totale abbandono.






QUARTO MESE


1.   Se, giorno dopo giorno, ci dedichiamo al perfetto adempimento dei nostri doveri spirituali, Egli ci farà entrare gradualmente in una intimità più profonda per cui, anche fuori dal tempo dedicato alla preghie­ra, non troveremo difficoltà nel rimanere consapevoli della sua presenza divina. D'altro canto, l'abitudine diligente alla presenza di Dio, mediante fervorose ele­vazioni della propria anima a Lui durante le nostre occupazioni e i nostri momenti ricreativi, sarà ricom­pensata con grazie più abbondanti. Dobbiamo sfor­zarci di vivere soli con Gesù nel santuario interiore del nostro cuore.

2.   Se aneliamo coscienziosamente alla santità, dopo aver pregato dovrà entrare in noi un sentimento di autorinuncia. La forma più elementare di rinuncia di sé è il controllo sopra i nostri sensi. Dobbiamo prati­care la mortificazione interiore e le penitenze corpo­rali. Quanto siamo generosi con Dio nelle nostre mor­tificazioni?

3.   Lo scopo di fare un ritiro è quello di progredire nella conoscenza e nell'amore di Dio, di purificare noi stessi, di riformare e trasformare la nostra vita secon­do la vita del nostro modello, Gesù Cristo. Questo sa­rà un momento di maggior silenzio, di preghiera più questa intensa fiducia con le parole: « Per questo vi dico, tutto quello che domandate nella preghiera, ab­biate fede di riceverlo e vi sarà accordato » (Mc. Il, 24).
Perciò l'apostolo Pietro ci comanda anche di gettare sul Signore tutte le preoccupazioni ed egli provve­derà per noi. E perché Dio non dovrebbe preoccupar­si di noi, dal momento che ci ha mandato il Figlio e con Lui tutto il resto? Sant'Agostino dice: «Come po­tete dubitare che Dio non vi dia cose buone dal mo­mento che si è degnato per voi in Cristo di caricarsi del male dell'umanità?».

12.  Questo deve suscitare in noi la fiducia nella Prov­videnza di Dio che protegge anche i fiori e gli uccelli. Certamente, se Dio nutre i piccoli dei corvi che stril­lano, se nutre gli uccelli che né seminano, né mietono, né accumulano nei granai, se veste i fiori del campo così splendidamente, quanto più si prenderà cura de­gli uomini che egli ha fatto a sua immagine e somi­glianza e ha adottato come figli, se soltanto noi agia­mo in conseguenza, osserviamo cioè i suoi comanda­menti e manteniamo sempre una confidenza filiale con Lui.

13.  La conoscenza vi farà forti come la morte. Amate Gesù con generosità. Amatelo con confidenza, senza guardarvi mai indietro e senza paura. Donatevi a Ge­sù interamente... ed egli si servirà di voi per fare grandi cose a patto che crediate molto di più nel suo amore che nella vostra debolezza. Credete in Lui... abbiate confidenza in Lui con una fiducia cieca e assoluta, poiché è Gesù. Convincetevi che Gesù soltanto è la vita e che la santità non è altro che Gesù stesso che vive interiormente in voi con la sua grazia. Se avrete questo atteggiamento, E gli agirà liberamente con voi. Donatevi a lui con costanza, conformandovi in tutte le cose alla sua santa volontà che vi viene fatta conoscere attraverso il vostro superiore.

14.  Amate Gesù con tutto il cuore. Servite Gesù con gioia e spirito lieto, mettendo da parte e dimenticando tutto ciò che vi angoscia e vi preoccupa. Per essere in grado di fare tutto questo, pregate con diligenza, come bambini, con un desiderio sincero di amare molto e far amare quell'amore che non è amato.

15. Confidate nel buon Dio che ci ama, che si preoc­cupa per noi, che vede tutto, che conosce tutto, che può fare ogni cosa per il mio bene e per quello di tutte le anime. Gesù mi chiede una cosa sola: che io mi ap­poggi a Lui; che in Lui soltanto ponga tutta la mia fi­ducia, che mi abbandoni a Lui senza riserve. Mi oc­corre mettere da parte tutti i miei desideri nello sforzo di tendere alla perfezione. Anche quando tutto va ma­le e mi sento come una navicella senza bussola, devo donarmi completamente a Lui.

16.  Non devo cercare di controllare i movimenti di Dio; non devo contare le tappe del viaggio che Egli mi fa fare. Non devo esigere una percezione chiara dei miei progressi lungo il cammino, né volere conoscere con esattezza a che punto mi trovo sulla via della san­tità. Devo semplicemente chiedergli di farmi santo, anzi devo lasciare a Lui la scelta di quella santità stessa e ancor più la scelta dei mezzi che conducono ad essa.

17.    Sono convinto dell'amore di Cristo per me? e del mio per Lui? Questa convinzione è come la luce del sole che fa scorrere la linfa della vita e fiorire le gem­me della santità. Questa convinzione è la roccia sulla quale è costruita la santità. Che dobbiamo fare per far nostra tale convinzione? Dobbiamo conoscere Ge­sù, amare Gesù, servire Gesù. Lo possiamo conoscere attraverso la preghiera, la meditazione e gli esercizi spirituali. Lo possiamo amare attraverso la santa Messa e i sacramenti e attraverso 1 intima unione del­l'amore.

18.    Che cos'è la nostra vita spirituale? Un'unione d'amore con Gesù, in cui il divino e l'umano si identi­ficano completamente l'uno nell'altro. Tutto quello che Gesù mi chiede è di donarmi a lui in tutta la mia povertà e il mio niente.

19.    « Sarò santo » significa: mi spoglierò di tutto ciò che non è Dio. Spoglierò il mio cuore e lo vuoterò di tutte le cose create; vivrò nella povertà e nel distacco. Rinunce­rò alla mia volontà, alle mie inclinazioni, ai miei sogni e alle mie fantasie e farò di me uno schiavo volontario della volontà di Dio. Sì, figli miei, questo è quanto pre­go ogni giorno - per ciascuno - che tutti noi si possa diventare liberi schiavi della volontà di Dio.

20.   Oggi la Chiesa di Dio ha bisogno di santi. Ciò esige un grande senso di responsabilità in noi Sorelle, per combattere contro il nostro ego e il nostro attaccamento alle comodità che ci portano a scegliere una mediocrità comoda e insignificante. Dobbiamo sentir­ci obbligate a metterci con la nostra vita in competi­zione con Cristo; dobbiamo sentirci obbligate a essere guerrieri in san, poiché la Chiesa ha bisogno di gente battagliera, oggi. Il nostro grido di guerra deve essere «Combattere... e non fuggire, tenendo i piedi saldi sulla terra ».

21.    Ogni giorno dovremmo rinnovare questa risolu­zione a crescere nel fervore, come se fosse il primo giorno della nostra conversione, dicendo: « Aiutami, Signore Iddio, nel mio buon proposito e nel tuo santo servizio e concedimi la grazia, oggi stesso, davvero e sinceramente di voler ricominciare, poiché quanto ho fatto sino ad oggi è nulla ». Questo è lo spirito col quale dovremmo iniziare il nostro giorno di revisione mensile.

22.    Il nostro ideale non deve essere altro che Gesù. Dobbiamo pensare come pensa Lui, amare come Lui ama, desiderare come Lui desidera; dobbiamo permettergli di usarci totalmente. E bello vedere l'umiltà di Cristo: « Che pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua eguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo; divenendo simile agli uomini, apparso in forma umana...» (Fu. 2, 6-8>.

23.    L'umiltà di Gesù si può constatarla nella man­giatoia, nell'esilio in Egitto, nella vita nascosta, nella difficoltà a farsi capire dalla gente, nel sottomettersi all'odio dei suoi persecutori, in tutta la tremenda sof­ferenza della sua Passione e morte, e ora, nel perma­nente stato di umiltà nel tabernacolo, dove si è ridotto a una minuscola particola di pane che il sacerdote può tenere con due dita. Più vuotiamo noi stessi, più spazio diamo a Dio, perché ci colmi di sé.

24.    Non mettiamo orgoglio o vanità nel nostro opera­re. Il nostro lavoro è opera di Dio; i poveri sono i po­veri di Dio. Lavorate per Gesù e Gesù lavorerà con voi. Più dimenticate voi stessi, più Gesù penserà a voi. Più vi distaccate da voi stessi, più Gesù sarà at­taccato a voi. Ponetevi completamente sotto l'influen­za di Gesù cosicché nella vostra mente pensiate i suoi pensieri, compiate le sue opere per mezzo delle vostre mani... Sarete capaci di tutto con Lui che vi dà forza.

25.    La Chiesa ha bisogno di « rinnovamento ». Rin­novamento non significa mutare alcune abitudini o alcune preghiere. Rinnovamento è fedeltà allo spirito delle costituzioni, uno spirito che ricerca la santità mediante una vita povera e umile, mediante l'eserci­zio di una carità sincera e paziente, mediante il sacri­ficio spontaneo e la generosità del cuore e che trova la sua espressione nella purezza e nell'innocenza.

26.    Nelle nostre meditazioni dovremmo sempre chie­dere a Gesù: « Fammi divenire santo come lo è il tuo stesso cuore, mite e umile ». « Imparate da me », Egli insiste. Dobbiamo dirlo nello spirito con cui lo inten­deva Gesù. Ora lo conosciamo meglio attraverso le lezioni e le meditazioni sul Vangelo, ma lo abbiamo ca­pito nella sua umiltà? Ci ha affascinato la sua umil­tà? Ci attrae?

27.    La conoscenza di noi stessi, ossia del bene che c'è in noi come pure del male, deve essere chiara. Ciascu­no di noi ha dentro di sé tanto bene e tanto male.

28.    « Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose...» (Mi. 13, 45). Sì, abbia­mo promesso grandi cose ma cose ben più grandi ci sono state promesse. Siate fedeli a Cristo e pregate per ottenere la perseveranza. Ricordate di dire a voi stessi: « Sono stato creato per cose più grandi ». Non scendete mai al di sotto dell'ideale propostovi. Fate in modo che nulla vi soddisfi all'infuori di Dio.

29.    Ringraziamo Dio per tutto l'amore che ha per noi, che ci dimostra in tante occasioni e in tanti modi. In cambio, come atto di gratitudine e di adorazione, siate determinati nel farvi santi, perché egli è santo. Ogni volta che Gesù ha voluto provare il suo amore per noi, è stato rifiutato dall'umanità. Prima della sua nascita, i suoi genitori avevano chiesto un luogo dove rifugiarsi e non lo trovarono.

30.    Gesù viene in ciascuna delle nostre vite come pa­ne di vita... per farsi mangiare, per farsi consumare da noi. Ecco come ci ama. Inoltre Gesù entra nella vi­ta umana come colui che ha fame: l'altro! Colui che spera di essere sfamato con il pane della nostra vita, con i nostri cuori che amano e con le nostre mani che servono. Amando e servendo dimostriamo di essere stati creati a somiglianza di Dio, poiché Dio è amore e quando amiamo siamo simili a Dio. Questo è quan­to intendeva dire Gesù quando diceva: « Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli ».





QUINTO MESE


1.     ~ molto, molto importante per noi nutrire un amore profondo per Maria. Poiché fu Lei che insegnò a Gesù a camminare, a pregare, a lavarsi, a compiere tutti quei piccoli atti che rendono così bella la vita umana. Deve aver fatto senz'altro tutte queste cose. E anche adesso... sarà sempre disposta ad aiutarci, ad insegnarci come essere una cosa sola con Gesù, come amare Lui soltanto, come toccarlo e vederlo, come servirlo mentre si cela' dietro la maschera della sofferenza.

2.     Maria fu una vera missionaria perché non ebbe paura di essere l'ancella del Signore. Si affrettò a tra­sformare la sua splendida umiltà in un vivente atto di amore, a compiere per Elisabetta il lavoro di una ser­va. Noi sappiamo cosa produsse questa umiltà nel bimbo che ancora doveva nascere: « Egli esultò di gio­ià nel grembo di sua madre »; il primo essere umano a riconoscere la venuta del Cristo; e in conseguenza la Madre del Signore cantò con gioia, gratitudine e spi­rito di lode l'inno del Magnzficat.

3.         La grandezza di Maria sta nella sua umiltà. Nes­suna meraviglia che Gesù, il quale visse in così stretto contatto con Lei, sembrasse ansioso che noi imparas­simo da Lui e da Lei una lezione solamente: ad essere miti e umili di cuore.

4.     Nessuno meglio di Maria apprese la lezione del­l'umiltà. Ella era l'ancella del Signore, si era svuotata completamente di se stessa e Dio l'aveva riempita del­la sua Grazia. « Piena di grazia » significa piena di Dio. Un'ancella è a disposizione di qualcuno, si lascia usare ubbidendo alla volontà di qualcuno, in piena fi­ducia e gioia, e appartiene a questo qualcuno senza riserve. Questo è anche uno dei principali scopi che animano lo spirito della nostra congregazione. Un totale abbandono: un essere a disposizione di Dio, per venire usate come piace a Lui, per essere le sue ancelle, per appartenergli.

5.     Ci insegnerà la sua umiltà: anche se piena di gra­zia... e tuttavia solamente l'ancella del Signore; anche se madre di Dio... tuttavia serve come ancella nella casa di Elisabetta; anche se concepita Immacolata, in­contra Gesù umiliato sotto il peso della croce e accan­to alla croce rimane come uno di noi, quasi fosse un peccatore che avesse bisogno di redenzione.
A somiglianza di Lei: quanto maggiori sono le gra­zie che abbiamo ricevuto, più grande e più delicato sia l'amore con cui tocchiamo i lebbrosi, i morenti, gli ab­bandonati, i rifiutati.
A somiglianza di Lei: accettiamo la croce in qua­lunque modo ci venga.
Umiltà del cuore di Maria, riempi il mio cuore. In­segnami come hai insegnato a Gesù ad essere mite e umile di cuore e a glorificare così il Padre che è nei cieli.

6.     Chiediamo a Maria di rendere i nostri cuori « miti e umili » come fu quello del suo Figlio. Fu mediante lei e in lei che si formò il cuore di Gesù.

7.     Quanto abbiamo da imparare dalla Madonna! Era così umile perché era tutta votata a Dio. Era pie­na di grazia e si servì di questo potere eccezionale che era dentro di lei: la grazia di Dio.

8.     Guardate come la Madonna ubbidì all'angelo: « Si faccia di me secondo la tua parola ». Quale parola? Quella dell'angelo... poiché in quel momento aveva preso il posto di Dio. Era stato mandato a lei da Dio. Lei, la regina del cielo, obbedisce all'angelo. Guarda­te anche come obbedì a Giuseppe, con quanto amore e sottomissione, senza avanzare alcuna giustificazione. Per Lei San Giuseppe rappresentava « Lui » di cui egli aveva preso il posto.

9.     La Madonna era piena di Dio perché viveva sol­tanto per Dio, eppure si considerava soltanto la serva del Signore. Facciamo anche noi così.

10.   Nel Vangelo leggiamo che Dio amò talmente il mondo da donargli il Figlio suo. Lo diede a una gio­vane donna, semplice, comune. Era l'essere umano più puro, più santo. E Lei nell'accoglierlo - ben sa­pendo chi era - disse: «Ti sono sottomessa. Si faccia di me secondo la tua parola». Qual era la parola? « Essere la madre di Gesù.» Ecco perché dico sempre: nessuno al mondo avrebbe potuto essere un sacerdote migliore di Maria, la purissima. Tuttavia ella preferì rimanere soltanto la serva del Signore. Gesù non la ordinò per il ministero sacerdotale.

11. 11 Durante questo tempo di grazia, chiediamo, in modo speciale, alla Madonna di insegnarci il suo si­lenzio, la sua dolcezza, la sua umiltà.
Silenzio di Maria parlami, insegnami come posso imparare, con te e come te, a tenere tutte queste cose dentro il mio cuore, proprio come tu hai fatto; inse­gnami a non ribattere quando vengo accusata o rim­proverata, a pregare sempre nel silenzio del mio cuo­re come hai fatto tu.

2 Chiediamo alla Madonna di stare con Lei, chie­diamole di donarci il suo cuore così bello, così puro, così immacolato... il suo cuore così pieno d'amore e di umiltà, in modo che possiamo accogliere Gesù come pane di vita e possiamo amarlo come lei lo ha amato e servirlo, mentre si nasconde nella figura sofferente del povero.

13 Abbiamo tutti cercato, in un modo o nell'altro, di essere vera gioia per Maria, Nostra Signora. Quanto spesso, durante la giornata, l'abbiamo invocata, chia­mandola « causa della nostra letizia », poiché la gioia di suo figlio è la nostra forza. Promettiamo di fare della nostra comunità un'altra Betlemme, un'altra Nazaret. Amiamoci l'un l'altro come amiamo Gesù. Nella casa di Nazaret c'erano amore, unità, preghie­ra, sacrificio e dura fatica; e soprattutto vi erano una profonda comprensione, stima reciproca e sollecitudi­ne l'un per l'altro.

14 Ci è indispensabile una profonda vita di preghie­ra per poter amare come Lui ama ciascuno di noi. Dobbiamo chiedere a Maria: « Cara Madre, insegna­mi ad amare, preparami per questo ». Non basta en­trare nel sacerdozio, o divenire fratello o religiosa. Non è abbastanza; è indispensabile diventare sempre più umili come Maria e santi come Gesù. Magari fossimo umili come Maria, potremmo diventare santi come Gesù! Ecco tutto: santi come il Signore.

15 Poiché Dio ama il mondo, ha mandato il Figlio suo. Ora egli manda te per essere la sua Parola, e questa Parola deve prendere corpo nel cuore della gente. Ecco perché abbiamo bisogno della Madonna; quando la Parola di Dio venne in Lei, divenne carne dentro di Lei ed Ella la donò agli altri. Tu devi fare lo stesso. La Parola di Dio è venuta dentro dite, è di­ventata carne dentro di te e tu devi essere in grado di donare questo amore.

16 Maria, nel mistero della Annunciazione e della Visitazione, rappresenta il vero modello di come do­vreste vivere, poiché innanzi tutto ha accolto Gesù nella sua vita, poi si è recata con sollecitudine a darne l'annuncio alla cugina Elisabetta; quel che aveva rice­vuto lo doveva donare di nuovo. Dovete essere come Lei, donare con prontezza subito la Parola che avete ricevuto nella meditazione. In ciascuna comunione Gesù la Parola diventa incarnato nella nostra vita, uno speciale delicato dono di Dio; perché te e non un altro è chiamato ad essere fratello della Parola, non lo so, però devi proteggere con molta cura questo dono, perché Lui è la Parola che si vuole incarnare in te, in ciascuno di voi e in quelli che vi seguiranno.

17 Gesù vuole che noi siamo santi come il Padre suo. Possiamo diventare grandissimi santi se solo lo vo­gliamo. La santità non è un lusso di pochi, ma un semplice dovere anche per te e per me.

18Mentre ci prepariamo alla venuta dello Spirito Santo, prego per voi perché lo Spirito Santo possa riempirvi con la sua purezza, cosicché possiate vedere il volto di Dio in ciascuno di voi vicendevolmente e nei volti dei poveri che servite. Chiedo che lo Spirito Santo vi liberi da tutte le impurità - del corpo, del­l'anima, della mente, della volontà e del cuore - co­sicché ciascuno di voi diventi il tabernacolo vivente dell'Altissimo e diventi anche portatore dell'amore di Dio e della sua misericordia. Chiedete allo Spirito Santo che faccia di voi dei peccatori senza peccato.

19.    Faremo di questo anno, un anno particolare di pace. Per essere in grado di realizzare questo, parle­remo molto a Dio e con Dio e meno con gli uomini e agli uomini. Predichiamo la pace di Cristo come Lui ha fatto; Egli è andato in giro facendo il bene; non smise mai la sua opera di carità perché i farisei e altri lo odiavano o cercavano di distruggere l'opera del Pa­dre. Egli continuava a fare il bene. Il cardinale New­man scriveva: « Aiutami a diffondere la tua fragranza ovunque vado, fammi predicare te senza predicare, non con le parole ma con l'esempio ».

20.    Le nostre vite, per essere ricche di frutti, devono essere piene di Cristo; per essere in grado di portare la pace, la gioia e l'amore dobbiamo averli dentro di noi, poiché non possiamo dare quello che non abbia­mo... essere dei ciechi che conducono degli altri ciechi. I poveri che vivono negli slums sono senza Gesù e noi abbiamo il privilegio di entrare nelle loro case. Quel che pensano di noi non ha importanza, ma importa quello che siamo per essi. Andare nelle baraccopoli soltanto per far qualcosa non basterà a trascinare co­storo a Gesù. Se siete preoccupati di voi stessi e di quanto vi riguarda, non sarete in grado di vivere que­sto ideale.

21.    Se date alla gente un Cristo spezzato, un Cristo zoppo, storpio e deformato da voi, a loro non resterà che quell'immagine. Se volete che essi lo amino, devo­no innanzitutto conoscerlo. Perciò, date prima di tutto alle vostre Sorelle un Cristo intero, e poi datelo alla gente degli s/ums. un Cristo pieno di zelo, d'amore, di gioia, splendente come il sole. Mi avvicino a questo obiettivo? O sono una luce oscura, una luce falsa, una lampadina senza fili, attraverso cui non passa la corrente, che non emana luminosità? Mettete il vostro cuore in condizione di essere una luce radiosa. Dite a Cristo: « Aiutami a diffondere la tua fragranza ovun­que vado ». Il nostro stesso nome esemplifica questa regola di vita. Sorelle degli slums, portatrici dell'amo­re di Cristo,

22.    Negli slums le Sorelle dovrebbero trovare un luo­go dove riunire i bimbi della strada, chiunque siano. La loro prima preoccupazione sia quella di ripulirli, rifocillarli e soltanto in un secondo tempo insegnar lo­ro un poco a leggere e anche a scrivere. La religione deve venir proposta loro in modo semplice, interes­sante e attraente. Qualunque cosa insegnino le Sorel­le, innanzitutto deve essere un argomento che li possa divertire e nel contempo istruire.

23.    Le Sorelle conducano i bimbi a Messa. E la mi­glior cosa che potete dar loro. Se state seguendo un bambino fate questo e Dio nella sua infinita miseri­cordia darà a quell'anima grazia e luce per tutta la fatica e la pena che vi date. Non perdete mai di vista la misericordia di Dio. Datevi da fare perché i bambi­ni amino la Messa, comprendano il significato della Messa, partecipino ad essa con preghiere semplici e canti. Fate attenzione all'atteggiamento che tenete mentre vi occupate dei bambini durante la Messa. Non rimproverateli ad alta voce. Tenete sempre le mani giunte. Unitevi alle preghiere e ai canti. I bam­bini faranno esattamente quel che fate voi.

24.    Nelle loro visite le Sorelle incoraggino una vera devozione al Sacro Cuore e alla pratica del Rosario. Dovrebbero persuadere le famiglie cattoliche a consa­crarsi al Sacro Cuore e al Cuore Immacolato di Ma­ria. Dobbiamo fare tutto il possibile per tenere unite le famiglie, ricordando che « la famiglia che prega as­sieme sta assieme ». Ci sono tante case divise... la mo­glie qui, il marito là. Insegnate loro che non si può trovare la felicità senza pregare. Anche quando si è vecchi non si può mai essere al sicuro dalle tentazioni.

25.    In tutto il mondo c e una terribile angoscia, una terribile fame di amore. Portiamo, quindi, la preghie­ra nelle nostre famiglie, portiamola ai nostri bambini. Insegniamo loro a pregare. Poiché un bimbo che pre­ga è un bimbo felice. Una famiglia che prega è una famiglia unita. Sentiamo dire di tante famiglie che so­no spezzate... e allora, esaminiamone le ragioni: per­ché si sono frantumate? Penso che sia perché non pre­gano mai assieme. Non si pongono mai insieme in preghiera dinanzi al Signore.

26.    Quando visiterete le famiglie, vi imbatterete in molta miseria. A volte troverete un piccino che sta a guardare un genitore che muore o che terrà stretta contro di sé la testa di un genitore morto. E in quel momento che dovete far forza su tutta la vostra ener­gia per aiutare quel bimbo nel dolore. Una volta furo­no trovati due bambini accanto al cadavere del loro padre, che era morto da due giorni. Grazie a Dio, ar­rivarono le Sorelle, soccorsero quei poveri bambini e diedero una dignitosa sepoltura al padre.

27.    Il nostro vescovo ci ha permesso di battezzare gli agonizzanti. Il « Nirmal Hriday », la casa dei mori­bondi a Calcutta, è soltanto un mezzo. Se servisse sol­tanto a lavare e pulire, oggi sarebbe chiuso. Ma per le occasioni che offre di arrivare alle anime, diviene molto importante. Nel « Nirinal Hriday » compren­diamo meglio il valore dell'anima.

28. Tempo addietro, raccolsi un uomo dalla strada, coperto di sudiciume e di vermi. Praticamente era mangiato vivo. L'unica parte del corpo libera da tutto questo era il viso. I vermi gli strisciavano lungo tutto il corpo. Lo raccolsi e lo portai a casa. E allora egli mi disse: « Ho vissuto per la strada come un animale. Ora sto per morire come un angelo, amato e curato ». Ci occorsero tre ore per ripulirlo, per togliere tutta quella roba dal suo corpo. Poi mi disse: « Sorella, sto per andare da Dio ». E morì. Veramente, ritornava a Dio con un bellissimo sorriso sul volto. Mai mi occor­se di vedere un sorriso tanto bello! Quell'uomo aveva vissuto come un animale nella strada, mangiato vivo dai vermi. Tuttavia, aveva avuto coraggio. Aveva sa­puto guardare avanti. C'era pace e gioia sul suo viso perché qualcuno lo aveva amato, qualcuno lo aveva accettato, qualcuno lo aveva aiutato a morire in pace con Dio.

29.    Recentemente, un uomo brasiliano importante, con una posizione di rilievo, mi scrisse che aveva per­so la fede in Dio e negli uomini. Aveva abbandonato la sua posizione e tutto il resto e desiderava soltanto suicidarsi. Un giorno però, mentre passava accanto a un negozio, il suo sguardo cadde improvvisamente su una televisione che stava esposta in vetrina. Sul video si stava svolgendo una ripresa nella casa dei moribon­di, le Sorelle assistevano i malati e i morenti. Mi scrisse che dopo aver visto quella scena si era inginoc­chiato a pregare per la prima volta dopo tanti anni. Ora aveva deciso di ritornare a Dio e di aver fiducia nell'umanità poiché aveva veduto che Dio ama il mondo.

30.    Il fatto che Dio ha posto una certa anima sul vo­stro cammino è segno che Dio vuole fare qualcosa per lei. Non è un caso... E stato pianificato da Dio. Dob­biamo sentirci, in coscienza, obbligati ad aiutare. Se un'anima desidera Dio, ha diritto che gli vengano of­ferti i mezzi per andare a Lui. Nessuno ha il diritto di ostacolarlo. Guardate la croce e capirete cosa significa anche una sola anima per Gesù.

31.    Lo zelo per le anime è il risultato e la prova del vero à more di Dio. Non possiamo che essere consu­mati dal desiderio di salvare le anime, la cosa che più di tutte sta a cuore a Gesù. Per cui, lo zelo è la prova d'amore e la prova dello zelo è la dedizione alla sua causa: spendere, cioè, tutta la vita e tutte le energie per la redenzione delle anime.




SESTO MESE


1.     « Amerai il Signore, Dio tuo, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente. » Questo è il co­mandamento del nostro immenso Dio ed egli certa­mente non può darci un comandamento impossibile. L'amore è un frutto di tutte le stagioni, che ogni ma­no può arrivare a cogliere. Chiunque può farlo e non esistono limiti. Ognuno può raggiungere questo amo­re attraverso la meditazione, lo spirito di preghiera e i sacrifici, con una intensa vita interiore. Viviamo dav­vero questo genere di vita?

2.     Voglio che tutti voi riempiate i vostri cuori di un grande amore. Non pensiate che questo amore, per essere ardente e sincero, debba essere straordinario. No, quel che occorre nel vostro amore è il continuo desiderio di amare Chi vi ama.

3.     Per possedere Dio dobbiamo consentirgli di posse­dere le nostre anime. Quanto poveri saremmo se Dio non ci avesse dato la forza di donarci a Lui, ora, inve­ce, come siamo ricchi! Come è facile conquistare il Si­gnore! Se ci doniamo a Lui, allora Dio è nostro e non esiste niente più nostro di Dio. La moneta con cui Dio ripaga il nostro abbandono a Lui è la sua perso­na. Noi diventiamo meritevoli di possederlo quando ci arrendiamo completamente a Lui.

4.     Il totale abbandono consiste nel donarci completamente a Lui. Dobbiamo dare pienamente noi stessi a Dio perché Dio ha dato se stesso a noi. Se Dio non ci è debitore di nulla e tuttavia è pronto a comunicarci niente meno che se stesso, noi risponderemo soltanto con una frazione di noi? Non dovremo piuttosto do­narci pienamente a Dio per poter ricevere Dio stesso? Io per Dio e Dio per me. Io vivo per Dio e annullo me stesso e in questo modo Dio vive in me.

5.     Abbandonarsi significa offrirgli la mia volontà li­bera, la mia ragione, la mia stessa vita in un puro atto di fede. La mia anima potrebbe brancolare nel buio. La prova e la sofferenza sono le verifiche più sicure del mio cieco abbandono.

6.     Abbandonarsi significa anche amare veramente. Più ci abbandoniamo, più amiamo Dio e le anime. Se amiamo davvero le anime, dobbiamo essere pronti a prendere il loro posto, ad accollarci i loro peccati, ad espiarli interiormente con pentimento e continue mortificazioni. Dobbiamo essere olocausti viventi, poiché è di questo che hanno bisogno le anime.

7.     Non ci sono limiti all'amore di Dio.  Senza misu­ra e non è possibile controllarne la profondità. Ci vie­ne dimostrato dalla sua vita e dal suo morire per noi. Ora ribaltiamo la situazione: non deve esservi limite all'amore che ci spinge a donarci a Dio, ad essere le vittime del suo amore rifiutato, cioè, dell'amore di Dio che non è stato accettato dagli uomini.
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8.     L'amore ha un orlo al suo vestito, che sfiora la polvere, spazzando via le macchie dalle strade e dai vicoli e poiché può, deve farlo.
La Missionaria della Carità, se vuole essere conse­guente al nome che porta, deve essere piena di carità dentro l'anima e diffondere la stessa carità nelle ani­me altrui, siano essi cristiani o no.

9.     Cerchiamo oggi di riflettere sull'amore che Dio ri­serba per voi e per me. Il suo amore è così tenero; il suo amore è così grande, così tangibile, così vitale che Gesù venne proprio a insegnarci... come amare. L'a­more non è qualcosa che si fossilizza, ma qualcosa che vive di continuo. Le opere di amore e che attestano amore sono una via per la pace. E dove comincia que­sto amore? Proprio nei nostri cuori. Dobbiamo sapere che siamo stati creati per cose più grandi, non per es­sere un numero qualsiasi nel mondo; non per conse­guire lauree e diplomi, questa o quella carriera. Sia­mo stati creati per amare e per essere amati.

10.    Udiamo di continuo questa frase nel Vangelo: « A meno che diventiate come questi piccoli, non entrerete nel regno dei cieli». E che significa essere piccolo? Si­gnifica avere un cuore pulito, un cuore puro, un cuore che possiede Gesù, un cuore che può continuare a di­re: « Gesù che sei nel mio cuore, io credo nel tuo tene­ro amore per me. Ti amo ». Questo è il cuore a cui voi ed io, anche i più giovani, devono guardare, guardare alla croce e comprendere quanto Gesù mi ha amato, quanto ha amato ciascuno di noi, singolarmente.

11.   La nostra fede santa altro non è che un Vangelo d'amore che ci rivela l'amore di Dio per gli uomini e chiede in cambio l'amore dell'uomo verso Dio. « Dio è amore. » Una Missionaria della Carità deve essere una missionaria dell'amore. Dobbiamo diffondere l'amore di Dio sulla terra se vogliamo che le anime si pentano di tutto cuore dei peccati, si rafforzino contro le tentazioni e aumentino la loro generosità e il loro desiderio di soffrire per il Cristo. Agiamo come se fos­simo una espressione dell'amore di Cristo tra gli uo­mini, tenendo presenti le parole dell'imitazione:
« L'amore non sente gravami, non tiene conto delle fatiche, vorrebbe fare più di quello che può. Non ac­campa impossibilità, perché crede che tutto gli sia facile e consentito... Se è stanco non si accascia, se pre­muto non subisce costrizione, se intimorito non si tur­ba, ma come una fiamma viva e una fiaccola accesa erompe verso l'alto e passa oltre con sicurezza».

12.    Mentre lavoriamo può darsi che spesso veniamo colti a conversare o a far chiacchiere inutili. Stiamo attenti perché potrebbe capitarci anche mentre visitia­mo le famiglie. Potremmo lasciarci andare a parlare di affari privati o di questo o di quello, dimenticando così lo scopo vero della nostra visita. Noi ci rechiamo a portare la pace di Cristo e che succede se provochia­mo invece turbamento? Come si sentirà offeso il No­stro Signore da tale condotta! Non dobbiamo mai per­mettere alla gente di parlare contro i sacerdoti, i reli­giosi o i loro vicini.

13.    Se troviamo che una famiglia è di cattivo umore e sta sicuramente per accadere una vicenda poco carita­tevole, recitiamo una fervente preghiera per costoro e poi diciamo alcune cose che possano aiutarli a pensa­re un poco di più a Dio; quindi andiamocene subito. Non possiamo fare del bene finché i loro nervi non sa­ranno di nuovo tranquilli. Dobbiamo seguire la me­desima condotta con coloro che vogliono parlare allo scopo di farci sprecare del tempo prezioso.

14.    L'amore comincia in casa. Ogni cosa dipende da come vicendevolmente ci amiamo. Fate in modo che le vostre comunità vivano in questo amore e diffondano la fragranza dell'amore di Gesù ovunque vadano. Non abbiate timore di amare sino alla sofferenza, poiché è il modo in cui Gesù ha amato.

15.   Siate gentili e amorevoli l'uno verso l'altro, poi­ché non potrete amare Cristo nelle vesti del sofferente se non sapete amare Gesù, vedendolo nel cuore del vostro confratello o delle vostre consorelle. L'amore per essere vitale deve essere alimentato dal sacrificio. Siate prodighi di mortificazioni e di tutti i sacrifici che derivano dalla nostra povertà e sarete in grado di dire in tutta sincerità: « Mio Dio e mio tutto ».

16.   Più vado in giro, meglio comprendo quanto ne­cessario sia fare del nostro lavoro una preghiera. Fare del lavoro un atto di amore per Dio. Per arrivare a questo, quanto necessario sarà vivere una vita di tota­le abbandono a Dio, di amorevole fiducia nel nostro superiore e l'uno nell'altro, e di spirito di gioia con i poveri.

17.    Non è possibile impegnarsi nell'apostolato diretto senza essere un'anima che prega, senza una coscienza consapevole e senza sottomissione alla volontà divina.

18.    Dobbiamo diventare santi non perché vogliamo sentirci santi, ma perché Cristo deve poter vivere pie­namente in noi la sua vita. Dobbiamo essere tutto amore, tutta fede, tutta purezza per amore del povero che serviamo. Una volta che abbiamo appreso a cer­care innanzitutto Dio e la sua volontà, il nostro con­tatto con il povero diventerà un mezzo per raggiunge­re una grande santità interiore e verso gli altri. Santi­tà è unione con Dio; nella preghiera come nell'azione, in eguale maniera, noi veniamo da Dio a Cristo e an­diamo a Dio attraverso Cristo.

19.   Un giorno Santa Margherita Maria chiese a Ge­sù: « Signore, che vuoi che io faccia?». « Dammi mano libera », le rispose Gesù. Sarà Lui a compiere la divi­na opera della santità e non voi; egli domanda soltan­to di essere docili. Lascia che ti vuoti e ti corregga e poi ricolmi il calice del tuo cuore sino all'orlo, così che a tua volta potrai dispensare ciò di cui abbondi. Guardatelo nel tabernacolo; fissate i vostri occhi su di Lui che è la luce; ponete i vostri cuori accanto al suo cuore divino; chiedetegli di accordarvi la grazia di co­noscerlo, l'amore per amarlo, il coraggio di servirlo. Cercatelo con fervore.

20.    Sin dall'inizio dei tempi il cuore umano ha senti­to il bisogno di offrire a Dio un sacrificio, ma come dice San Paolo: « Era impossibile che il peccato venis­se cancellato col sangue di capri e di tori ». Perciò, Gesù Cristo dovette offrire un altro sacrificio, quello di se stesso. Gesù, morendo sulla croce, è divenuto il nostro sacrificio. Non pensiamo che la Santa Messa sia soltanto un memoriale. No, è il vero sacrificio, co­me quello che Egli ha offerto sulla croce. ~ molto consolante sapere che questo sacrificio è il nostro sa­crificio.

21.    Cercate di aumentare il vostro amore per la San­ta Messa e per la Passione di Cristo, accettando con gioia tutti quei piccoli sacrifici che ci vengono ogni giorno. Non trascurate questi piccoli doni, poiché so­no molto preziosi per voi stessi e per gli altri.

22.    La conoscenza di Cristo, e di Lui nel povero, ci condurrà all'amore personale. Questo amore soltanto può diventare la nostra luce e la nostra gioia, se tra­dotta in servizio gioioso, vicendevole. Non dimenti­chiamo che abbiamo sempre bisogno l'uno dell'altro. Le nostre vite sarebbero vuote senza questo scambio reciproco. Come possiamo amare Dio e il povero se non ci amiamo tra noi che viviamo e spezziamo insie­me, quotidianamente, il pane della vita?

23.    Come parla teneramente Gesù quando dà se stes­so nella Santa Comunione. « La mia carne è veramen­te cibo e il mio sangue veramente bevanda. Chi man­gia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.» Oh, cosa potrebbe fare di più il mio Gesù che darmi la sua carne come cibo? No, neppure Dio potrebbe fare di più né mostrarmi un amore più grande.

24.    La Santa Comunione, come sottintende la parola stessa, e l'intima unione di Gesù con la nostra anima e il nostro corpo. Se vogliamo avere la vita e averla in abbondanza, dobbiamo vivere della carne di Nostro Signore. I santi compresero così bene questo, che spendevano ore intere per la preparazione e ancor più tempo per il ringraziamento. Ciò non ha bisogno di spiegazioni, poiché chi sarebbe in grado di spiegare « l'immensità delle ricchezze della sapienza e della co­noscenza di Dio »? « Quanto sono incomprensibili i suoi giudizi! », esclamava San Paolo, e: « E quanto so­no insondabili le sue vie, poiché chi ha mai conosciuto la mente del Signore? ».

25.    Quando comunicate con il Cristo nell'intimo del vostro cuore dopo aver condiviso il Pane di vita, ricor­date cosa deve aver provato la Madonna quando lo Spirito Santo scese su di Lei ed Ella, che era piena di grazia, divenne piena del corpo di Cristo. Lo spirito in Lei era così forte che « subito si levò » per andare a servire.

26.    Nelle Scritture leggiamo della tenerezza di Dio per il mondo e leggiamo che Dio amò talmente il mondo da dare il suo figlio Gesù perché venisse ad es­sere uno di noi e portasse la buona novella: Dio è amore, Dio vi ama e mi ama. Dio vuole che ci amia­mo gli uni gli altri, come egli ama ciascuno di noi.
Tutti sappiamo, quando guardiamo la croce, quanto Dio ci ha amato. Quando guardiamo l'Eucarestia sappiamo quanto Egli ci ama anche adesso. Ecco per­ché si è fatto Pane di vita, per soddisfare la nostra fa­me del suo amore, e poi, come se non bastasse, è di­ventato Lui stesso l'affamato, colui che è nudo, senza casa, così da offrirci la possibilità di soddisfare la sua fame del nostro amore umano. Poiché per questo sia­mo stati creati, per amarlo e per essere amati.

27.    Dove riceverete in dono la gioia di amare? Nel­l'Eucarestia. Nella Santa Comunione. Gesù si è fatto Pane di vita per darci la vita. Giorno e notte egli è sempre presente. Se davvero volete crescere nell'amo­re, sostenetevi coll'Eucarestia, coll'adorazione. Nella nostra congregazione, c'era la consuetudine di avere un'ora di adorazione la settimana e poi, nel 1973, de­cidemmo di avere un'ora di adorazione ogni giorno. I nostri istituti, creati per il malato povero e per l'incu­rabile, sono pieni ovunque. Da quando abbiamo co­minciato ogni giorno ad avere la nostra ora di adora­zione, il nostro amore per Gesù è diventato più inten­so, il nostro amore l'uno per l'altro più comprensivo, il nostro amore per il povero più compassionevole e abbiamo raddoppiato il numero di vocazioni. Dio ci ha benedetto con molte vocazioni meravigliose.

28.       Guardate il tabernacolo... constatate il significa­to, ora, di questo amore. Chiedetevi: lo capisco? Il mio cuore è così pulito che vi posso vedere dentro Ge­sù? Perché fosse semplice per me e per voi vedere Ge­sù, egli si è fatto Pane di vita, così che possiamo rice­vere la vita, così che possiamo avere una vita di pace, una vita di gioia. Trovate Gesù e troverete la pace.

29.    Ogni momento di preghiera, specialmente davan­ti a Nostro Signore nel tabernacolo, è sicuramente un guadagno. Il tempo che trascorriamo nel quotidiano colloquio con Dio costituisce la parte più preziosa di tutta la giornata.

30.    Per diventare santi occorre tanta umiltà e tanta preghiera. Gesù ci insegnò come pregare e ci disse an­che di imparare da Lui che era mite e umile di cuore. Non riusciremo ad ottenere queste due virtù se non sappiamo cosa è il silenzio. Sia l'umiltà che la pre­ghiera progrediscono quando l'orecchio, la mente e la lingua, hanno vissuto in silenzio con Dio, poiché Dio parla nel silenzio del cuore.