Riporto dal "Corriere della sera" di oggi, 4 settembre, a firma di don Julian Carròn, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione.
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Caro Direttore,
la morte del cardinale Martini mi
consente di riflettere su alcune parole-chiave della sua vita e sul
rapporto con don Giussani e col movimento di Comunione e Liberazione. La
mia vuole essere una semplice testimonianza.
Ecumenismo. La sua
capacità di entrare in rapporto con tutti testimonia la tensione del
cardinale a intercettare ogni briciolo di verità che si trova in
chiunque incontriamo. Chi ha incontrato Cristo non può non avere questa
passione ecumenica. Mi ha colpito come il cardinale rispondeva a chi gli
domandava quale considerava il momento culminante della vita di Gesù
(il discorso della montagna o l’ultima cena o la preghiera nell’orto
degli ulivi): «No. Il momento culminante è la Resurrezione, quando
scoperchia il suo sepolcro e appare a Maria e a Maddalena». È la
certezza che introduce la resurrezione di Cristo che spalanca lo sguardo
del cristiano.
L’antico termine oikumene sottolinea
che lo sguardo cristiano vibra di un impeto che lo rende capace di
esaltare tutto il bene che c’è in tutto ciò che si incontra, come
ricordava don Giussani: «L’ecumenismo non è allora una tolleranza
generica, ma è un amore alla verità che è presente, fosse anche per un
frammento, in chiunque. Nulla è escluso di questo sguardo positivo. Se
c’è un millesimo di verità in una cosa, lo affermo». Solo una tensione
così può generare una vera pace fra gli uomini, anche questa una
preoccupazione costante del cardinale Martini.
Carità come
condivisione dei bisogni. Noi dobbiamo fare tesoro di questo desiderio
di intercettare il bisogno degli uomini che l’Arcivescovo incontrava
lungo il cammino della vita. La Chiesa non può essere mai indifferente
alle domande e ai bisogni degli uomini. Queste domande, che sono le
nostre, sono una sfida per noi credenti, perché solo così ci rendiamo
conto se abbiamo qualcosa nella nostra esperienza da comunicare a chi ci
chiede ragione della nostra speranza. Questo è il vantaggio del tempo
presente per noi credenti: non è sufficiente la ripetizione formale
delle verità della fede, come ci ricorda continuamente Benedetto XVI.
Gli uomini attendono da noi la comunicazione della nostra esperienza,
non un discorso astratto, sia pure corretto e pulito. Come ci richiamò
Paolo VI: la nostra epoca ha bisogno di testimoni, più che di maestri.
Solo il testimone può essere maestro. Sono sicuro che il cardinale
Martini, dal Cielo, ci accompagnerà a condividere i bisogni degli uomini
e a trovare strade per risponderne che siano all’altezza delle loro
domande.
Quanto
al rapporto con CL, don Giussani ci parlava sempre della paternità del
cardinale Martini, che aveva abbracciato e accettato nella diocesi di
Milano una realtà come CL. Nel suo cuore di pastore sempre c’è stato
spazio per noi. Ricordo la gratitudine di don Giussani quando
l’Arcivescovo gli concesse di aprire una cappella in uno dei locali
della sede centrale del movimento a Milano, così da avere il Signore
presente sempre.
E come l’arcivescovo Montini, che
inizialmente confessava di non capire il metodo di don Giussani ma ne
vedeva i frutti, anche il cardinale Martini ci incoraggiava ad andare
avanti. Mi commuovono ancora le parole che rivolse a don Giussani nel
1995, durante un incontro di sacerdoti, quando ringraziò «il Signore che
ha dato a monsignor Giussani questo dono di riesprimere continuamente
il nucleo del cristianesimo. “Ecco, tu, ogni volta che parli, ritorni
sempre a questo nucleo, che è l’Incarnazione, e - con mille modi diversi
- lo riproponi”».
Per questo ci rincresce e ci addolora se
non abbiamo trovato sempre il modo più adeguato di collaborare alla sua
ardua missione e se possiamo aver dato pretesto per interpretazioni
equivoche del nostro rapporto con lui, a cominciare da me stesso. Un
rapporto che non è mai venuto meno all’obbedienza al Vescovo a qualunque
costo, come ci ha sempre testimoniato don Giussani.
Sono sicuro che, insieme a don Giussani, ci accompagnerà dal Cielo a diventare sempre di più quello per cui lo Spirito ha suscitato proprio nella Chiesa ambrosiana un carisma come quello di CL.
Sono sicuro che, insieme a don Giussani, ci accompagnerà dal Cielo a diventare sempre di più quello per cui lo Spirito ha suscitato proprio nella Chiesa ambrosiana un carisma come quello di CL.
La morte del cardinale Martini e di don
Giussani costituiscono un richiamo per tutti noi che, nella varietà di
sensibilità, abbiamo a cuore la Chiesa ambrosiana. Mi auguro che non ci
stanchiamo mai di cercare quella collaborazione che è indispensabile -
soprattutto oggi - per la missione della Chiesa, così come ne parlava il
Cardinale nel 1991: «La “novità” della cosiddetta “nuova
evangelizzazione” non va cercata in nuove tecniche di annuncio, ma
innanzitutto nel ritrovato entusiasmo di sentirsi credenti e nella
fiducia dell’azione dello Spirito Santo», così da «evangelizzare per
contagio… da persona a persona».