sabato 1 settembre 2012

Ritorno a Medjugorje


Riporto dal blog di Costanza Miriano.
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In questi giorni di ritorno da Medjugorje ho avuto anche io un’apparizione. Mi è apparso chiaramente il mio infantilismo, quello che a volte mi spinge a cercare segni, emozioni, misteri, miracoli, e a non vedere il miracolo che è la mia, la nostra vita.
Andai a Medjugorje la prima volta a 18 anni, nel 1989, grazie a un signore molto generoso che, dopo una conversione, decise di offrire il viaggio a tutto il gruppo di preghiera dei giovani della mia parrocchia perugina, pagando tutte le spese per noi, tutte fino all’ultima lira. Temo di non averlo mai ringraziato abbastanza di questo: quel viaggio è stato per me il cambio di marcia nel cammino.
L’estate successiva ci tornai con un’amica, facendo un pezzo di viaggio in autostop (oggi, anziana madre di famiglia, vedendo le strade della Bosnia e rivedendomi diciottenne rabbrividisco al solo pensiero, e mi prenderei a schiaffi per l’imprudenza. Sto invecchiando).
Personalmente non ho alcun dubbio sulle apparizioni della Madonna, assolutamente nessun dubbio, e anche se il fatto che siano in corso da oltre trenta anni è sicuramente una novità nella storia dell’uomo, io credo che i tempi siano tali da giustificare un evento tanto straordinario. Non che l’uomo si comporti peggio del solito, no, ma oltre a fare il male come ha sempre fatto, la cosa inedita è che oggi lo chiama bene. Conquista, diritto, progresso, emancipazione. Allora, che la mamma celeste venga a ricordarci certe cose fino a sfondarci le orecchie a me, che sono una mamma modello martello pneumatico, pare assolutamente normale.
Detto questo, mi consegno in docile attesa a quello che dirà la Chiesa, e mi rimetto fin da ora al suo pronunciamento, perché chi garantisce la fede è solo il Papa. Per il momento mi basta ricordare che Medjugorje comunque non sarà mai un dogma di fede, ma solo, se mai, un richiamo della madre celeste a tutto quello che ci è stato già annunciato.
I messaggi di Medjugorje sono tanti, ma si possono condensare nei “cinque sassi” che la Madonna consegna a noi, piccoli Davide, per battere Golia, il nostro peccato: lettura della parola di Dio, preghiera, eucaristia, digiuno a pane e acqua, confessione. Niente che non sappiamo, ma, dobbiamo ammetterlo, cose che non sempre ci ricordiamo.
Su ogni altare su cui viene celebrata una messa avviene sotto i nostri occhi molto più di un’apparizione: Dio diventa pane e si lascia mangiare da noi. Lo mangiamo anche per avere le forze che ci servono a fare il nostro pezzetto di strada, una strada di cui, se vogliamo avere i fiori, il panorama, la soddisfazione e la bellezza, non possiamo evitarci la fatica, la salita, i sassi sporgenti e il caldo o il freddo. Insomma, la croce, che misteriosamente, è l’unica cosa che ci fa vivere, e vivere bene, felici già da adesso.
Non so se la cosa riguardi anche altre persone, me di sicuro sì, ma a volte riconosco chiarissima in me la tentazione di cercare la soluzione miracolosa, qualcosa che tolga di mezzo la croce, che a volte è semplicemente la fatica e la noia di quella normalità, di quella mediocrità, anche, che sola ci salva. A volte sogniamo che quella fatica ci venga in qualche modo tolta, e lo chiediamo a Dio, senza renderci conto che quello che ci dà più fastidio in realtà sta lavorando prima di tutto per noi, per guarirci e farci funzionare meglio, e quindi alla fine per renderci felici.
Se a volte ci accostiamo a Dio per chiedergli i fuochi artificiali, le emozioni e le sensazioni, e andiamo in luoghi come Medjugorje con lo stesso intento, la colpa non è certo della Madonna, che nei messaggi dice sempre di non parlare delle apparizioni, ma di diventare con i fatti una testimonianza convincente, concreta e silenziosa.
Io personalmente le ho promesso che cercherò di diventare convincente e concreta, ma sul silenzio non mi sento di sbilanciarmi. Siamo onesti.