domenica 21 ottobre 2012

BEATO GIOVANNI PAOLO II

   
Oggi 22 OTTOBRE celebriamo la memoria liturgica del
BEATO GIOVANNI PAOLO II (*)
Papa (1920-2005) 



Ricorre la memoria liturgica del beato papa Giovanni Paolo II e il suo ricordo può ripartire dal suo messaggio: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”.

Solo lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna“.

Inizia oggi, dal Policlinico Umberto I di Roma, in occasione dell’ Anno della fede, la «peregrinatio» delle reliquie del beato Giovanni Paolo II e di San Pio di Pietralcina, che durante quest’anno visiteranno tutti gli ospedali, le case di cura e di riposo della capitale.

La peregrinatio, informa la Radiovaticana, sarà aperta oggi da una solenne celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi, delegato per la pastorale della salute, nella memoria del beato Giovanni Paolo II. L’iniziativa, vuole dare agli ammalati, la possibilità di un momento di preghiera e di un incontro con due grandi personalità della Chiesa, che in vita conobbero la sofferenza del corpo personale e degli ammalati.

Giovanni Paolo II, durante il suo lungo pontificato, visitò più volte gli ospedali romani, mentre Padre Pio nel fondare la «Casa di Sollievo dalla Sofferenza» a San Giovanni Rotondo, volle dare il suo contributo per alleviare il dolore umano. Le prossime tappe visitate dalle reliquie saranno, la casa di riposo «Villa San Francesco», la casa di cura «Buon Pastore», e il policlinico «Tor Vergata». (Vatican Insider)


(*): Per la figura e l'opera rimando a: http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/index_it.htm

In fondo al post un testo inedito di Karol Wojtyla, da "Avvenire" di oggi.
  
Carlo Giuseppe Wojtyła nacque nel 1920 a Wadowice in Polonia. Ordinato sacerdote e compiuti gli studi di teologia a Roma, al ritorno in patria ricoprì vari incarichi pastorali e universitari. Nominato Vescovo ausiliare di Cracovia, di cui nel 1964 divenne Arcivescovo, prese parte al Concilio Ecumenico Vaticano II. Divenuto papa il 16 ottobre 1978 con il nome di Giovanni Paolo II, si contraddistinse per la straordinaria sollecitudine apostolica, in particolare per le famiglie, i giovani e i malati, che lo spinse a compiere innumerevoli visite pastorali in tutto il mondo; i frutti più significativi lasciati in eredità alla Chiesa, tra molti altri, sono il suo ricchissimo Magistero e la promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica e dei Codici di Diritto Canonico per la Chiesa latina e le Chiese Orientali. Morì piamente a Roma il 2 aprile 2005, alla vigilia della II domenica di Pasqua o della divina misericordia.
 
Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo!
Dall’Omelia per l’inizio del pontificato del beato Giovanni Paolo II, papa
(
22 ottobre 1978: A.A.S. 70 [1978], pp. 945-947)
Pietro è venuto a Roma! Cosa lo ha guidato e condotto a questa Urbe, cuore dell’Impero Romano, se non l’obbedienza all’ispirazione ricevuta dal Signore? Forse questo pescatore di Galilea non avrebbe voluto venire fin qui. Forse avrebbe preferito restare là, sulle rive del lago di Genesareth, con la sua barca, con le sue reti. Ma, guidato dal Signore, obbediente alla sua ispirazione, è giunto qui! 
Secondo un’antica tradizione, durante la persecuzione di Nerone, Pietro voleva abbandonare Roma. Ma il Signore è intervenuto: gli è andato incontro. Pietro si rivolse a lui chiedendo: «Quo vadis, Domine?» (Dove vai, Signore?). E il Signore gli rispose subito: «Vado a Roma per essere crocifisso per la seconda volta». Pietro tornò a Roma ed è rimasto qui fino alla sua crocifissione. 
Il nostro tempo ci invita, ci spinge, ci obbliga a guardare il Signore e ad immergerci in una umile e devota meditazione del mistero della suprema potestà dello stesso Cristo. 
Colui che è nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname – come si riteneva –, il Figlio del Dio vivente, come ha confessato Pietro, è venuto per fare di tutti noi «un regno di sacerdoti». 
Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato il mistero di questa potestà e il fatto che la missione di Cristo – Sacerdote, Profeta-Maestro, Re – continua nella Chiesa. Tutti, tutto il Popolo di Dio è partecipe di questa triplice missione. E forse in passato si deponeva sul capo del Papa il triregno, quella triplice corona, per esprimere, attraverso tale simbolo, che tutto l’ordine gerarchico della Chiesa di Cristo, tutta la sua «sacra potestà» in essa esercitata non è altro che il servizio, servizio che ha per scopo una sola cosa: che tutto il Popolo di Dio sia partecipe di questa triplice missione di Cristo e rimanga sempre sotto la potestà del Signore, la quale trae le sue origini non dalle potenze di questo mondo, ma dal Padre celeste e dal mistero della Croce e della Risurrezione. 
La potestà assoluta e pure dolce e soave del Signore risponde a tutto il profondo dell’uomo, alle sue più elevate aspirazioni di intelletto, di volontà, di cuore. Essa non parla con un linguaggio di forza, ma si esprime nella carità e nella verità. 
Il nuovo Successore di Pietro nella Sede di Roma eleva oggi una fervente, umile, fiduciosa preghiera: «O Cristo! Fa’ che io possa diventare ed essere servitore della tua unica potestà! Servitore della tua dolce potestà! Servitore della tua potestà che non conosce il tramonto! Fa’ che io possa essere un servo! Anzi, servo dei tuoi servi». 
Fratelli e Sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! 
Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera! 
Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa «cosa è dentro l’uomo». Solo lui lo sa! 
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna.
 
MESSALE
Antifona d'Ingresso
Il Signore lo ha scelto come sommo sacerdote,
gli ha aperto i suoi tesori,
lo ha colmato di ogni benedizione.

 

 
Colletta
O Dio, ricco di misericordia,
che hai chiamato il beato Giovanni Paolo II, papa,
a guidare l’intera tua Chiesa,
concedi a noi, forti del suo insegnamento,
di aprire con fiducia i nostri cuori
alla grazia salvifica di Cristo, unico Redentore dell’uomo.
Egli è Dio e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura
  1 Ts 2, 2b-8
Avremmo desiderato darvi non solo il vangelo, ma la nostra stessa vita.
 

Da
lla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Fratelli, abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. E il nostro appello non è stato mosso da volontà di inganno, né da torbidi motivi, né abbiamo usato frode alcuna; ma come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori.
Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazione, come sapete, né avuto pensieri di cupidigia: Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo.
Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature. Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. 


Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 22
Il Signore è il mio pastore:  non manco di nulla.

Su pascoli erbosi il Signore mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.

Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.

Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni. 


Canto al Vangelo 
  Gv 10,14
Alleluia, alleluia.

Io sono il buon pastore, dice il Signore;
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.

Alleluia.

  
   
Vangelo  
Gv 21, 15-17

Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle.
 

Dal vangelo secondo Giovanni

Quando si fu manifestato ai suoi discepoli ed ebbe mangiato con loro, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle».
Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle». Parola del Signore.

Sulle Offerte
Accetta con bontà, Signore, le offerte che ti presentiamo e f
a' che, sull'esempio del beato Giovanni Paolo II, con devozione sincera e con viva fede partecipiamo a questi santi misteri. Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla Comunione
  Gv 21,17
«Signore, tu sai tutto:
tu sai che io ti amo».

 
Dopo la Comunione 
O Dio, ricco di misericordia, che hai chiamato il beato Giovanni Paolo II, papa, a guidare l’intera tua Chiesa, concedi a noi, forti del suo insegnamento, di aprire con fiducia i nostri cuori alla grazia salvifica di Cristo, unico Redentore dell’uomo. Egli è Dio

* * *

Riporto l'articolo seguente da "Avvenire" di oggi, 22 ottobre.
 

 Wojtyla e la Bellezza come Vangelo
 Il titolo del ritiro, «Il Vangelo e l’arte», annuncia bene il tema. Evidentemente, un tale ritiro non può interessare che quanti hanno qualcosa in comune sia con il Vangelo che con l’arte. È a loro che desidero rivolgermi in modo particolare, attraverso il vangelo, attraverso l’argomento di questa predicazione. A un primo colpo d’occhio, pare che non vi sia nulla sull’arte nel vangelo, ma si tratta di un’impressione dovuta a una lettura molto superficiale. Se noi leggiamo più profondamente, nella misura in cui vediamo il Vangelo come un insieme vivente, i legami tra il Vangelo e l’arte si disegnano sempre più nitidamente. Questi legami esistono innanzitutto perché il Dio del Vangelo è la Bellezza.

Dio è la bellezza: da Platone a Gesù
Il Vangelo dice esplicitamente da qualche parte che Dio è la bellezza? No. Non lo dice chiaramente. Non vi troviamo un’affermazione simile. Pertanto, vorrei menzionare qui il colloquio di Cristo con il giovane ricco, uno dei dialoghi più belli del Vangelo. Quando il giovane si rivolge a Cristo dicendogli: «Maestro buono….», il Cristo sembra respingere questo aggettivo. Pone dunque al giovane la domanda: «Perché tu mi chiami buono? Nessuno infatti è buono, se non Dio solo» (Mc 10,18 e Lc 18,19). Questa parola è molto significativa. Cristo, dicendo questo, ha voluto sottolineare che ciascun essere, ciascuna creatura è buona in una certa misura? Che ciascuna creatura è un certo bene? No. Cristo ha voluto sottolineare, accentuare, che Dio solo è il Bene nel senso assoluto del termine. Solamente in Dio si realizza tutto ciò che è contenuto nella nozione di «bene». È per questo che, di Lui solo, noi possiamo dire che è buono. Per analogia, di Lui solo, noi possiamo dire che è bello, cioè che è la Bellezza. Tutto quanto è contenuto nella nozione di bellezza è pure contenuto in Dio. Le creature – le opere della natura, dell’uomo, dell’arte – contengono solamente un riverbero, un riflesso, un frammento – se così si può dire- della bellezza. La bellezza è dentro di loro. Questa bellezza è dispersa nel mondo visibile in abbondanza, in sovrabbondanza. Ma giustamente, in questa dispersione, la bellezza -nessuna [bellezza] – non è la bellezza assoluta. Dio solo è la bellezza assoluta.
Cos’è la bellezza? È difficile rispondere a questo interrogativo; noi consideriamo la bellezza piuttosto sulla base delle sue funzioni. Tutto ciò che è bello ci attira, ci provoca meraviglia. La bellezza attrae la nostra conoscenza. Ma si tratta di una conoscenza particolare. Non di una conoscenza astratta, puramente intellettuale, ma di una conoscenza eccezionale. Una sensibilità particolare alla bellezza esiste nell’anima. Come una corda che vibra, quando l’uomo tocca la bellezza. La bellezza ci stupisce e ci attira. Tale attrazione ci indica che la bellezza nasconde dietro di sé qualcosa di più.

I filosofi – soprattutto Platone – hanno rimarcato già da parecchio tempo che esiste un rapporto stretto fra la bellezza e il bene. Quando l’uomo tocca la bellezza, questa indica un certo bene e questo bene l’attira. Ecco l’interpretazione esatta del dialogo di Cristo con il giovane, o, più precisamente, della risposta che questi ha ricevuto. Alla luce di quanto sappiamo sulla bellezza e sul bene, possiamo dire che Cristo, quando ha rivolto al giovane queste parole sorprendenti «Perché tu mi chiami buono? Nessuno infatti è buono, se non Dio solo», gli ha fatto comprendere effettivamente questo: «Perché tu mi chiami bello? Nessuno infatti è bello, se non Dio solo». Sarebbe questo il quadro più ampio nel quale noi scopriamo il rapporto fra il Vangelo e l’arte – perché vi scopriamo il legame tra il Vangelo e la bellezza.

Il Vangelo e l’inquietudine creatriceMa al di là di questo quadro più ampio, nel quale scopriamo il rapporto fra Dio e l’arte, cioè fra il vangelo e l’arte, esiste ancora un altro quadro. Direi quello degli avvenimenti. Non è vero che la religione, il cristianesimo, è diventato una fonte abbondantissima d’ispirazione per l’uomo, per l’umanità? D’ispirazione artistica. La storia della cultura, la storia dell’arte, soprattutto europea, non sono una prova che il cristianesimo, la religione, il Vangelo  sono una fonte d’ispirazione artistica per l’uomo – di ispirazione che porta alla creazione della bellezza? Bisognerebbe porre la domanda: perché ciò era vero nel passato e perché ciò è vero oggi? Non è una questione solo inerente il "passato": è del tutto attuale. Il cristianesimo è una sorgente inesauribile di ispirazione. Verso la fine del XIX secolo tale fonte sembrava prosciugata. Ora, noi siamo testimoni che sgorga e scorre nuovamente. Per l’uomo di oggi, per l’artista di oggi, il Vangelo torna ad essere una fonte di inquietudine creatrice, una sorgente d’ispirazione – d’ispirazione letteraria, nella pittura, nella musica e nell’arte del teatro. In un modo nuovo, sotto nuove forme.

Dalle conseguenze dobbiamo risalire alla causa. Perché il Vangelo continua ad essere una fonte così abbondante di ispirazione e di creazione? Noi afferriamo qui – in flagranza di delitto (che è forse un’espressione maldestra) – che il Dio del Vangelo è la Bellezza. Tale noi lo vediamo nel Vangelo, tale Egli si è manifestato nel Vangelo (non dico che Egli si è "rivelato", ma che Egli si è "manifestato", perché a dire il vero Egli si è manifestato nel Vangelo). Tutti gli elementi – tutte le tappe di questa manifestazione di Dio nel Vangelo – sono diventati un’espressione singolare della Bellezza. E per gli artisti, una fonte di ricerca, di inquietudine creatrice.

Quanti artisti hanno tentato di rappresentare il neonato, il Bambino Gesù In seguito, tutto ciò che il Gesù del Vangelo ha detto, tutto ciò che ha fatto , continua -direi- a ispirare gli artisti. Il dialogo con la Samaritana, il colloquio con Nicodemo, il miracolo a Cana e soprattutto ciò che costituisce l’esito del Vangelo, ovvero la sua passione, la sua morte, la croce e la resurrezione. Perché? Perché gli artisti comprendono perfettamente che un elemento del mistero è presente negli avvenimenti del Vangelo.

Il mistero della bellezza incarnata
Dio si è manifestato, Dio si è rivelato, e il Dio del Vangelo in ogni modo resta un mistero. Si è manifestato, si è rivelato nella misura del possibile. Affinché l’uomo possa contemplarlo. L’artista può sempre avvicinarsi, con la sua immaginazione e attraverso le sue opere, a questo Dio che si è manifestato e si è rivelato nel Vangelo. Al tempo stesso questo Dio del Vangelo resta un mistero. Pienamente mistero. Resta inesprimibile, l’unico. Mi ricordo di un giorno in cui ho passato lunghe ore a visitare le Terme di Diocleziano a Roma. Avevo davanti a me capolavori della scultura classica, greca. Era una giornata assai laboriosa. Ero molto stanco. Ho visto con quale immenso sforzo tutti questi grandi artisti -questi grandi scultori- ricercavano l’Incarnazione. Mostrare la bellezza perfetta, l’assoluto nel corpo umano. Dopo questa passeggiata di qualche ora, che per me costituiva un tentativo di approccio all’arte antica, all’arte pagana, ho capito il Vangelo di nuovo. Ho compreso che questa ricerca dell’assoluto nelle opere di arte antica – la ricerca delle bellezza perfetta del corpo umano – si è realizzata nell’Incarnazione: in questo Dio che si è rivelato, perché si è manifestato, e che, attraverso questa manifestazione, ci ha donato in se stesso tutta la perfezione della Bellezza. Tutta la perfezione della Bellezza che a Lui solo tocca, che -sola – s’identifica in Lui, come Lui solo s’identifica nella Bellezza.[…]. (traduzione di Marco Roncalli)

Karol Wojtyla