sabato 20 ottobre 2012

L'ora del dialogo


È arrivata all’XI edizione la Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico che si celebrerà il 27 ottobre ma che da alcuni giorni, nel mese di ottobre e fino a novembre, sta già impegnando associazioni, gruppi, chiese e in alcuni casi anche sindaci e istituzioni con eventi e tavole rotonde sul tema scelta quest’anno “Islam, cristianesimo, Costituzione: cristiani e musulmani a confronto con la laicità dello Stato”. A Ravenna il programma prevede una serie di incontri da ottobre a dicembre sul tema dell’etica. A Caserta, invece, la Giornata è promossa dalla Commissione diocesana Giustizia e pace, dal Centro Migrantes e da Pax Christi. A Pisa è il comune e il sindaco ad ospitare il lancio della Giornata. A Roma, infine, mercoledì 24 ottobre, alla tavola rotonda organizzata dal settimanale “Confronti”, interverrà anche il ministro per la cooperazione e l’integrazione Andrea Riccardi. Maria Chiara Biagioni per il Sir ha chiesto a Paolo Naso, coordinatore della Commissione studi della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), politologo e profondo conoscitore del mondo islamico in Italia, una riflessione sull’appuntamento.

Perché il tema della Giornata quest’anno chiama in causa la Costituzione? 
“Ormai da anni stiamo vivendo un passaggio molto interessante: da un dialogo della conoscenza ad un dialogo della collaborazione. In una fase iniziale, l’obiettivo primario della Giornata era quello di abbattere il muro del pregiudizio e delle reciproca incomprensione. Dobbiamo ricordare che la Giornata nasce all’indomani dell’11 settembre. Negli anni questo percorso di conoscenza ha dato buoni frutti. Ora il problema è quello di cercare di fare delle cose insieme e di farle come credenti di diverse tradizioni”. 

Si sono individuate le sfide su cui lavorare? 
“Invocare la Costituzione significa anche richiamare il fatto che tutti - italiani e immigrati, comunità di maggioranza e comunità di minoranza - troviamo nella Costituzione il quadro di riferimento e la cornice entro la quale stipulare un patto di convivenza che deve legare le diverse componenti culturali e religiose della società italiana. E quindi lavorare per la costruzione della nuova Italia che sta nascendo. La Costituzione è lo strumento che permette oggi all’Italia di riconoscersi per quello che è e cioè un Paese pluralista anche dal punto di vista religioso. Va detto però con onestà che stiamo vivendo un periodo di grandi opportunità. E lo dimostra il fatto che negli ultimi mesi c’è stata un incredibile e positiva accelerazione di alcuni percorsi legislativi che hanno portato alla accettazione di tre intese con comunità di fede - i mormoni, la Chiesa apostolica e gli ortodossi - che aspettavano da molti anni”. 

Negli ultimi tempi, l’Islam è tornato a far paura. Cosa dire di fronte agli attacchi alle comunità cristiane in Nigeria o alla ambasciata Usa in Libia? 
“L’ultima ondata di violenza getta effettivamente un’ombra molto grave però credo che anche l’opinione pubblica forse ha oggi qualche strumento rispetto al passato in più per distinguere tra Islam e radicalismo islamico e soprattutto tra radicalismo islamico e azione politica nel nome dell’Islam. Quello che per esempio sta succedendo in Nigeria non si può assolutamente leggere come uno scontro religioso tra carnefici musulmani e vittime cristiane. È in atto nel Paese uno scontro politico ed una conseguente strumentalizzazione ideologica del fatto religioso per una azione politica molto chiara volta a creare nuovi equilibri nel Paese. Credere il contrario è una lettura goffa, non accreditata anche a livello internazionale”. 

Prendiamo allora l’attentato di Tolosa: l’autore era un bravo ragazzo di origini marocchine nato e cresciuto in Francia. Anche in Italia si rischia il radicalismo? 
“Dipende da noi. Noi abbiamo la fortuna in Italia di avere un Islam noto, scandagliato e conosciuto con i suoi leader e le sue sigle e con la maggioranza di questi mondi abbiamo un rapporto oltretutto anche istituzionale. Faccio riferimento per esempio alla Conferenza permanente su religione e integrazione istituita dal ministro Riccardi. L’islam italiano è un islam moderato, in grado di dialogare, di collocarsi all’interno del nostro patto costituzionale nel quadro dei diritti e doveri di cittadinanza. Quindi abbiamo una fortuna. Il problema è che questa grande opportunità, dobbiamo giocarcela con convinzione, sapendo che l’integralismo, il fondamentalismo e perfino la violenza nascono in ambienti di degrado ed emarginazione. Fino a che creeremo luoghi di povertà e discriminazione tanto più immetteremo nella comunità islamica virus che potrebbero anche affliggerla. Ma un compito di responsabilità importante ricade oggi anche sulle religioni, perché tutte le religioni - dalla più pia a quella più dinamica - non possono dirsi esenti dall’avere e provocare esplosioni di violenza. Ne abbiamo avuto prova anche nella nostra civilissima Europa: attenzione dunque perché laddove c’è emarginazione e discriminazione, è facile che possa fare breccia una propaganda settaria e identitaria. L’Italia, sono sicuro, ha però tutti gli strumenti necessari per scongiurare questo pericolo”.