giovedì 22 novembre 2012

Architettura. medicina e senso della vita

 
 
 
(Eugénia Tomaz) Il grande passo avanti è stato fatto. La Chiesa in Portogallo ha varcato la soglia per entrare nel Cortile dei gentili e fare una nuova esperienza di dialogo con i non credenti. Accettando la sfida proposta dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, i vescovi portoghesi hanno potuto prospettare un altro concetto di spazio pubblico.
Il grande auditorium dell’università del Minho, a Guimarães, ha ospitato l’atteso incontro dove è stato affrontato il tema del valore della vita. L’evento si è così ricollegato all’ultima fase della programmazione di Guimarães 2012 Capitale Europea della Cultura, intitolata «Tempo di rinascere». Da buon pedagogo, il cardinale Gianfranco Ravasi ha accettato di utilizzare, in Portogallo, le coordinate di base dell’importante evento: «in primo luogo, sicuramente, tornare a unire fede e arte; in secondo luogo non avere paura di confrontare la fede con la scienza; in terzo luogo non temere di mettere a confronto chi ha fede con chi non ce l’ha».
Il suo primo intervento, lo scorso 15 novembre, si è inserito nelle giornate dedicate a liturgia, arte e architettura, nei cinquant’anni trascorsi dal Vaticano II. Quale preludio al Cortile dei gentili, l’Università Cattolica di Lisbona ha fatto il punto della situazione, in ambito ecclesiale, di fronte alla ripresa del dialogo tra Chiesa e artisti.
Si è trattato soprattutto di ridefinire lo spazio ecclesiale e lo spazio pubblico di fronte alla dicotomia tra l’arte delle chiese e l’arte dei musei. Potranno queste due realtà coesistere e interagire in futuro? Perché ciò sia possibile, bisogna riformulare il concetto di arte contemporanea. Il curatore Paulo Pires do Vale ha presentato l’arte al servizio del culto come priva dell’autonomia che caratterizza “l’arte solo per l’arte”, ottenendo così risultati differenti e in apparenza contraddittori. Come costruire, allora, ponti tra la Chiesa e gli artisti non credenti? Una delle soluzioni sembra trovarsi nell’aspetto performativo dell’arte contemporanea, caratteristica che troviamo anche nella partecipazione liturgica dei fedeli.
Ma è attraverso un nuovo concetto di architettura che il cardinale Ravasi ha aperto prospettive più ampie. A suo parere, l’architettura sta alla base di una nuova realtà e deve integrare quattro ambiti fondamentali: antropologia, cosmologia, teologia ed escatologia. Nella congiunzione di questi “multiversi” possiamo stabilire legami futuri e sanare divergenze tra la Chiesa e tutte le forme di arte. Perché ciò sia possibile, ha indicato anche il bisogno di un’ampia formazione dei laici nella grammatica delle arti. Senza questa formazione, corriamo il rischio di creare forme ibride oppure di sfumare le frontiere tra sacro e profano, convergendo nelle spiritualità esoteriche. La Chiesa in Portogallo sarà strutturalmente preparata a un’azione congiunta con la cultura secolare?
L’intervento di Marcelo Rebelo de Sousa, il 16 novembre a Guimarães, ha ravvivato il ricordo collettivo riguardo alle caratteristiche del popolo portoghese nella sua identità come nazione. L’ubicazione geografica del Portogallo permette due movimenti che si completano: espansione e accoglienza. Il popolo portoghese, sebbene caratterizzato da profondi contrasti, ha una “vocazione planetaria”, ampiamente confermata nel corso del tempo da grandi scrittori, artisti, prelati e statisti. Per questo l’evento è stato ben accolto da un pubblico diversificato, che nella sua genesi ha la capacità di portare cultura e di attingere alle altre culture. Non è un compito facile.
Facciamo un esempio che ha acquisito un grande significato simbolico. Per quanti hanno assistito all’installazione dello scenario per l’incontro tra il neurochirurgo João Lobo Antunes e il cardinale Ravasi, è risultato evidente lo sforzo compiuto nel discernimento di questa nuova grammatica architettonica. Le parole sono state raggruppate, come se si trattasse di un edificio in costruzione, al fine di accogliere le prospettive sul valore della vita che sarebbero state presentate nel Cortile dei gentili. In quello scenario, João Lobo Antunes ha dialogato con il cardinale Ravasi portando una testimonianza convincente dei legami possibili tra scienza e fede: «l’etica è la storia della mia inquietudine». Quando ha fatto riferimento alla natura sacra della medicina è arrivato a paragonare il suo lavoro, come neurochirurgo, al sacerdozio ministeriale. In tal senso, è stato possibile intuire che entrambi i relatori partivano dallo stesso principio di dignità umana nell’affrontare le questioni fondamentali dell’essere e dell’esistere: vale a dire l’incontro con la Verità.
In un momento del suo intervento, il cardinale Ravasi ha sottolineato l’importanza del silenzio in un universo pieno di nuove forme di comunicazione: «Nella fede, come nell’amore, il silenzio è molto più eloquente della parola». Nel silenzio è possibile stabilire rapporti: «l’incontro con l’altro, diverso da me». Seguendo lo stesso filo conduttore, il neurochirurgo ha confermato l’importanza del silenzio di fronte alla sacralità della vita umana. Ha esemplificato la possibilità di una relazione nel silenzio con il linguaggio del volto e gli ha dato un fondamento biologico: il viso è una parte concreta, in stretto rapporto con il cervello. L’empatia in presenza dell’altro si deve ai neuroni specchio: l’altro è una parte di me stesso. Per il porporato fede e silenzio senza parole, come in un dolore estremo o in una gioia estrema, sono una forma suprema di condivisione e d’intesa spirituale. Il silenzio permette la contemplazione che è apertura al mistero.
Nel lasso di tempo concesso al pubblico per intervenire, una giovane studente dell’università del Minho ha interpellato il cardinale Ravasi sull’incertezza del futuro e sulle difficili prospettive per i giovani. Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha espresso la sua ammirazione per l’universo giovanile e il bisogno di approfondire la comprensione dei codici del linguaggio digitale che gli sono propri. Tuttavia, partendo da un esempio molto concreto — l’uso corrente degli auricolari — ha fatto notare che i giovani si isolano molto nel proprio mondo. Attraverso una visione positiva intergenerazionale, ha proposto ai giovani di assumere un atteggiamento più attivo, di modo da poter avanzare proposte costruttive e concrete.
Questa importante questione è stata posta anche il sabato 17 a Braga, dove, attraverso dei workshop sono state stabilite varie piattaforme d’intervento e di dialogo: letteratura e spiritualità; religione e umanesimo; filosofia ed ecologia; psicologia e storia; sport e teologia. Nella Capitale europea della Gioventù 2012 è stato possibile creare uno spazio multidisciplinare, dove credenti e non credenti hanno voluto riflettere per un apprendimento congiunto.
A Guimarães, invece, il pubbico ha sollevato un’altra questione: la sacralità della vita presuppone qualcosa che ci trascende. Come possiamo conoscere Dio? È stato cioè toccato l’obiettivo per il quale il Cortile dei gentili è stato pensato: esprimere l’inquietudine riguardo a Dio. Tema vasto e complesso sul quale, ha detto il cardinale Ravasi, il Cortile dei gentili tornerà in maniera più approfondita nei prossimi incontri. Nel frattempo, ha detto, possiamo avvicinarci a Dio attraverso l’innamoramento e cogliendo i suoi segnali, nella vita e nel mondo.
Il messaggio che Benedetto XVI ha rivolto ai partecipanti alla sessione del Cortile dei gentili, in Portogallo, è riecheggiato nei cuori inquieti: «il valore della vita diviene evidente se Dio esiste». E gli incontri di Guimarães e Braga hanno mostrato che il Portogallo si è risvegliato a una nuova realtà, sebbene stia vivendo profondi sconvolgimenti politici, sociali, culturali. Perché, come ha concluso l’arcivescovo Jorge Ortiga, «non partiamo mai da zero e ognuno contribuisce con i propri talenti».
L'Osservatore Romano 23 novembre 2012