sabato 17 novembre 2012

Dedicato ai Testimoni (?) di Geova (?)


"Annunciamo la venuta di Cristo, non la 
prima solo, ma anche una seconda, molto più bella della prima. La prima fu una 
manifestazione di pazienza, la seconda 
porta il diadema della regalità divina". 
S. Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 15, 1 



Celebriamo oggi 18 novembre la:   


XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIOAnno B 
Di seguito testi della Liturgia e commenti.

* * *

Non opponiamo resistenza alla prima venuta 
per non dover poi temere la seconda
Dal «Commento sui salmi» di sant'Agostino, vescovo
(Sal 95, 14. 15; CCL 39, 1351-1353)

«Allora si rallegreranno gli alberi della foresta davanti al Signore che viene, perché viene a giudicare la terra» (Sal 95, 12-13). Venne una prima volta, e verrà ancora in futuro. Questa sua parola è risuonata prima nel vangelo: «D'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo» (Mt 26, 64). Che significa: «D'ora innanzi»? Forse che il Signore deve venire già fin d`ora e non dopo, quando piangeranno tutti i popoli della terra? Effettivamente c'è una venuta che si verifica già ora, prima di quella, ed è attraverso i suoi annunziatori. Questa venuta ha riempito tutta le terra.
Non poniamoci contro la prima venuta per non dover poi temere la seconda.
Che cosa deve fare dunque il cristiano? Servirsi del mondo, non farsi schiavo del mondo. Che significa ciò? Vuol dire avere, ma come se non avesse. Così dice, infatti, l'Apostolo: «Del resto, o fratelli, il tempo ormai si è fatto breve: d'ora innanzi quelli che hanno moglie vivano come se non l'avessero; coloro che piangono, come se non piangessero; e quelli che godono, come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero, perché passa la scena di questo mondo. Io vorrei vedervi senza preoccupazioni» (1 Cor 7, 29-32).
Chi è senza preoccupazione, aspetta tranquillo l'arrivo del suo Signore. Infatti che sorta di amore per Cristo sarebbe il temere che egli venga? Fratelli, non ci vergogniamo? Lo amiamo e temiamo che egli venga! Ma lo amiamo davvero o amiamo di più i nostri peccati? Ci si impone perentoriamente la scelta. Se vogliamo davvero amare colui che deve venire per punire i peccati, dobbiamo odiare cordialmente tutto il mondo del peccato.
Lo vogliamo o no, egli verrà. Quindi non adesso; il che ovviamente non esclude che verrà. Verrà, e quando non lo aspetti. Se ti troverà pronto, non ti nuocerà il fatto di non averne conosciuto in anticipo il momento esatto.
«E si rallegreranno tutti gli alberi della foresta». E' venuto una prima volta, e poi tornerà a giudicare la terra. Troverà pieni di gioia  coloro che alla sua prima venuta «hanno creduto che tornerà». Troverà pieni di gioia coloro che alla sua prima venuta «hanno creduto che tornerà».
«Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95, 13). Qual è questa giustizia e verità? Unirà a sé i suoi eletti perché lo affianchino nel tribunale del giudizio, ma separerà gli altri tra loro e li porrà alcuni alla destra, altri alla sinistra. Che cosa vi è di più giusto, di più vero, che non si aspettino misericordia dal giudice coloro che non vollero usare misericordia, prima che venisse il giudice? Coloro invece che hanno voluto usare misericordia, saranno giudicati con misericordia. Si dirà infatti a coloro che stanno alla destra: «Venite, benedetti del Padre mio, riceve in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25, 34). E ascrive loro a merito le opere di misericordia: «Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere» (Mt 25, 35-40) con quel che segue.
A quelli che stanno alla sinistra, poi, che cosa sarà rinfacciato? Che non vollero fare opere di misericordia. E dove andranno?: «Nel fuoco eterno» (Mt 25, 41). Questa terribile sentenza susciterà in loro un pianto amaro. Ma che cosa dice il salmo? «Il giusto sarà sempre ricordato; non temerà annunzio di sventura» (Sal 111, 6-7). Che cos'è questo «annunzio di sventura»? «Via da me nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt 25, 41). Chi godrà per la buona sentenza non temerà quella di condanna. Questa è la giustizia, questa è la verità.
O forse perché tu sei ingiusto, il giudice non sarà giusto? O forse perché tu sei bugiardo, la verità non dirà ciò che è vero? Ma se vuoi incontrare il giudice misericordioso, sii anche tu misericordioso prima che egli giunga. Perdona se qualcuno ti ha offeso, elargisci il superfluo. E da chi proviene quello che doni, se non da lui? Se tu dessi del tuo sarebbe un'elemosina, ma poiché dai del suo, non è che una restituzione!» Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (1 Cor 4, 7).
Queste sono le offerte più gradite a Dio: la misericordia, l'umiltà, la confessione, la pace, la carità. Sono queste le cose che dobbiamo portare con noi e allora attenderemo con sicurezza la venuta del giudice il quale «Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti» (Sal 95, 13).
 
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Ger 29,11.12.14
Dice il Signore:
«Io ho progetti di pace e non di sventura;
voi mi invocherete e io vi esaudirò,
e vi farò tornare da tutti i luoghi dove vi ho dispersi».
 

Colletta

Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore...

 
Oppure: 
O Dio, che vegli sulle sorti del tuo popolo, accresci in noi la fede che quanti dormono nella polvere si risveglieranno; donaci il tuo Spirito, perché operosi nella carità attendiamo ogni giorno la manifestazione gloriosa del tuo Figlio, che verrà per riunire tutti gli eletti nel suo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura 
  Dn 12, 1-3In quel tempo sarà salvato il tuo popolo.

Dal libro del profeta Danièle
In quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo.
Sarà un tempo di angoscia, come non c'era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro.
Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna.
I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.
 
Salmo Responsoriale
    Dal Salmo 15
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.


Seconda Lettura
   Eb 10, 11-14. 18
Cristo con un 'unica offerta ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. 

Dalla lettera agli Ebrei
Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati.
Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.
Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più offerta per il peccato.


Canto al Vangelo
   Cf Mt 24,42a.44 
Alleluia, alleluia.
Vegliate in ogni momento pregando,
perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell'uomo.  

Alleluia.


 Vangelo   Mc 13, 24-32Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti. 

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».  Parola del Signore.

* * *

COMMENTI

1. Congregazione per il Clero
«Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che Egli è vicino, è alle porte» (Mc 13,29). La Liturgia della Chiesa sembra oggi come sospingere i nostri cuori e i nostri sguardi verso il Giorno ultimo, verso Colui che è l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine di ogni cosa, verso Colui del Quale, Domenica prossima, celebreremo la Regalità universale: Gesù Cristo Dio. Tutto in Lui si sta ricapitolando, tutto a Lui tende, tutto il cosmo e la storia corrono verso di Lui, tutta la creazione «geme le doglie del parto» – direbbe San Paolo – e noi stessi viviamo in questa continua, dolce attesa.
«Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che Egli è vicino, è alle porte». Cristo ci ama tanto, il Suo Cuore brucia talmente d’amore e di desiderio per ciascuno di noi, da anticiparci – prima di immolarsi sulla Croce – quanto accadrà negli ultimi tempi. Ed è proprio di chi ama davvero suscitare nell’amato l’attesa del suo ritorno, così che questi, attendendolo, lo desideri e, desiderandolo, compia tutti quegli atti d’amore che il cuore gli suggerisce per prepararsi all’incontro, per accoglierlo degnamente, mostrargli il proprio amore e a lui piacere.
«Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che Egli è vicino, è alle porte». Quando il cuore si carica di attesa per l’amato, accade, inoltre, una cosa singolare: tutto ciò che ci circonda quasi si “trasfigura” ai nostri occhi e diviene, così, un’occasione, un pretesto, un mezzo per amare. Ancor più con Cristo! Quando nel cuore si accende e si rinnova l’amore e il desiderio di Lui, tutto acquista senso, tutto – ogni incontro, ogni circostanza, ogni gioia e dolore, ogni compito – assume un nuovo gusto, poiché da Lui riceve luce e consistenza, perché in Lui, nostro Creatore e Redentore, trova il proprio significato.
«Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che Egli è vicino, è alle porte». Parlandoci degli ultimi giorni, però, il Signore non ci indica un termine temporale preciso; aggiunge, infatti: «Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, eccetto il Padre» (Mc 13,32). Per questo ci dice: «quando vedrete accadere queste cose», ci chiama cioè a osservare la realtà, invitandoci a leggervi i segni certi del Suo ritorno. Infatti, non è rifugiandoci in una religiosità intimistica e soggettiva, incapace di reggere la vita, incapace di obbedire alla realtà, che ci prepariamo al Giorno Ultimo. Piuttosto, addentriamoci con sempre maggior sicurezza nella realtà, fidandoci di Colui che l’ha fatta e redenta, fidandoci, perciò, di essa e dei segni che del Mistero vi scorgeremo sempre più numerosi; infatti, lei – la realtà – è la vera maestra nel cammino verso il Cielo, poiché – come dice ancora l’Apostolo – «la realtà, invece, è Cristo» (Col 2,17).
«Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che Egli è vicino, è alle porte». Ma la nostra attesa, l’attesa cristiana non è solo rivolta ad un futuro certo ma lontano. Il Giorno futuro al quale tendiamo, il Giorno Ultimo cui tutto ci rimanda è già Presente! Già viene, poiché questo Giorno è Cristo, l’Unigenito Figlio di Dio che viene a visitarci dall’alto come Sole che sorge (cf. Lc 1,78). Non viviamo l’attesa nella tristezza, nel desiderio, cioè, di un bene assente; ma viviamo l’attesa nella gioia della Sua Presenza, che ci raggiunge dentro la Chiesa, in modo speciale attraverso i Sacramenti e l’annuncio della Sua Parola; Presenza che ci è dato di sperimentare in quella comunione con i fratelli che è dono dello Spirito; Presenza che splende, in modo eminente, sull’Altare, dove Egli, Cristo, il nostro Futuro, entra nel nostro presente per tirarci a Sé, al Suo Cuore e, attraverso di Lui, al Padre!
«Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che Egli è vicino, è alle porte». Lasciamo che l’attesa della Sua Presenza accenda il nostro cuore di desiderio, lo dilati e lo renda capace di quell’amore attento e premuroso, che riconosce Cristo in ogni fratello e che si dischiuderà nel Giorno che non ha fine. Maria Santissima, Donna dell’attesa e insuperabile Modello di amore, prepari sempre più il nostro cuore all’incontro con il suo Figlio, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.

2. Padre Raniero Cantalamessa ofmcapp.
 Il Vangelo della penultima Domenica dell’anno liturgico, è il testo classico sulla fine del mondo. In ogni epoca c’è stato qualcuno che si è incaricato di sventolare minacciosamente questa pagina di Vangelo davanti ai suoi contemporanei, alimentando psicosi e angoscia. Il mio consiglio è di stare tranquilli e non lasciarsi minimamente turbare da queste previsioni catastrofiche. Basta leggere la frase finale dello stesso brano evangelico: “Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre”. Se neppure gli angeli e il Figlio (s’intende, in quanto uomo, non in quanto Dio) conoscono il giorno e l’ora della fine, possibile che li conosca e sia autorizzato ad annunciarli l’ultimo adepto di qualche setta o fanatico religioso? Nel Vangelo Gesù ci assicura sul fatto che egli tornerà un giorno e riunirà i suoi eletti dai quattro venti; il quando e il come verrà (sulle nubi del cielo, tra l’oscurarsi del sole e il cadere degli astri) fa parte del linguaggio figurato proprio del genere letterario di questi discorsi.
Un’altra osservazione può aiutare a spiegare certe pagine del Vangelo. Quando noi parliamo delle fine del mondo, in base all’idea che abbiamo oggi del tempo, pensiamo subito alla fine del mondo in assoluto, dopo la quale non può esserci che l’eternità. Ma la Bibbia ragiona con categorie relative e storiche, più che assolute e metafisiche. Quando perciò parla della fine del mondo, intende molto spesso il mondo concreto, quello di fatto esistente e conosciuto da un certo gruppo di uomini: il loro mondo. Si tratta, insomma, più della fine di un mondo che della fine del mondo, anche se le due prospettive a volte si intrecciano.
Gesù dice: “Non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute”. Si è sbagliato? No, non passò infatti quella generazione che il mondo conosciuto dai suoi ascoltatori, il mondo giudaico, passò tragicamente con la distruzione di Gerusalemme del 70 dopo Cristo. Quando, nel 410, ci fu il sacco di Roma ad opera dei Vandali, molti grandi spiriti del tempo pensarono che fosse la fine del mondo. Non si sbagliavano di molto; finiva un mondo, quello creato da Roma con il suo impero. In questo senso, non si sbagliavano neppure quelli che l’11 Settembre del 2001, davanti al crollo delle Torri gemelle, pensarono alla fine del mondo…
Tutto questo non sminuisce, ma accresce la serietà dell’impegno cristiano. Sarebbe la più grande stoltezza consolarsi dicendo che, tanto, nessuno conosce quando sarà la fine del mondo, dimenticando che essa può essere, per ognuno, questa notte stessa. Per questo, Gesù conclude il Vangelo odierno con la raccomandazione: “State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso”.
Dobbiamo, credo, cambiare completamente lo stato d’animo con cui ascoltiamo questi Vangeli che parlano della fine del mondo e del ritorno di Cristo. Si è finito per considerare un castigo e una oscura minaccia, quella che la Scrittura chiama “la beata speranza” dei cristiani, e cioè la venuta del Signore nostro Gesù Cristo (Tito 2, 13). Ne va di mezzo l’idea stessa che abbiamo di Dio. I discorsi ricorrenti sulla fine del mondo, opera spesso di persone con un sentimento religioso distorto, hanno su molti un effetto devastante: quello di rafforzare l’idea di un Dio perennemente arrabbiato, pronto a dare sfogo alla sua ira sul mondo. Ma questo non è il Dio della Bibbia che un salmo descrive come “buono e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore, che non continua a contestare e non conserva per sempre il suo sdegno… perché sa di che pasta siamo fatti” (Sl 103, 8-14).

3. Luciano Manicardi
Prima lettura e vangelo contengono un messaggio escatologico: Daniele annuncia il tempo della resurrezione e il vangelo l’evento della venuta gloriosa del Figlio dell’uomo. In entrambi i testi l’evento annunciato è al contempo di giudizio e di salvezza.
L’escatologia, con al suo centro la venuta del Signore nella gloria, è dimensione che presenta difficoltà notevoli per una sua traduzione in termini di vita spirituale e anche di annuncio e di predicazione. Ora, la venuta gloriosa è anzitutto una parola in cui Gesù impegna se stesso (“Le mie parole non passeranno”: Mc 13,31), è una promessa del Signore che chiede fiducia al credente. La Bibbia cristiana termina con la promessa del Signore “Sì, vengo presto” (Ap 22,20) che, mentre chiude il libro, apre la storia dei cristiani nel mondo alla speranza e al futuro. Inoltre l’annuncio della venuta del Signore è parte integrante del mistero cristologico: Cristo è già venuto nella storia nel passato, ma verrà anche nel futuro alla fine della storia; è il Verbo che ha presieduto la creazione nell’“in principio” e il Veniente che sigillerà la nuova creazione escatologica. Il Christus totus è anche il Cristo che verrà: la venuta finale è pertanto istanza perenne di giudizio della chiesa. Il Veniente è il Signore della chiesa. Dire che “il Signore verrà nella gloria” significa affermare la signoria di Cristo sulla storia e sul tempo. La venuta del Signore non porta con sé lo scacco del mondo, ma il suo futuro: mentre annuncia una fine instaura un fine. Il Dio rivelato da Gesù Cristo è il futuro, non il fallimento del mondo.

Il vangelo sottolinea che l’annuncio della venuta del Signore non aliena il credente dall’oggi, anzi gli chiede capacità di aderire al presente, anzi alla terra in cui vive, e di amarla. Una delle parole di Gesù più dense di tenerezza e di attenzione al reale è il detto che segue l’annuncio dei fenomeni cosmici che accompagneranno la venuta del Figlio dell’uomo: “Dal fico imparate la parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l’estate è vicina” (v. 28). Solo chi sa osservare realmente i rami del fico e coglie il momento in cui essi mettono i nuovi germogli può esprimersi così. Solo chi ama la terra, questa terra, può credere la nuova terra della promessa. Mentre annuncia l’evento escatologico, Gesù chiede all’uomo di mettersi alla scuola dell’albero del fico e, con esso, di tutta la natura colta come parabola della storia di Dio con il mondo. La fedeltà alla terra è la condizione per credere e attendere la venuta gloriosa del Signore.
La venuta è annunciata come certa, ma il suo momento è incerto (v. 32): il credente può dunque assumerla spiritualmente nello spazio di un’attesa che si declina come resistenza (cioè forza nelle avversità e nelle tribolazioni della storia: Mc 13,24 e i vv. precedenti), comepazienza (cioè capacità di vivere l’incompiutezza del quotidiano), come perseveranza (cioè rifiuto di apostatare nei tempi bui), come fede che crede le cose invisibili più salde e sicure di quelle visibili (cf. 2Cor 4,17-18). “Beato chi attenderà con pazienza” (Dn 12,12).

Lo sconvolgimento delle realtà celesti (cf. Mc 13,24-25) dice che è in atto un evento divino, ma sole e luna, astri e potenze celesti erano anche, nel pantheon degli antichi romani (e Marco scrive a cristiani di Roma) entità divinizzate. Qui non vi è solo la fine del mondo, ma la fine di un mondo, il crollo del mondo degli dèi pagani detronizzati dal Figlio dell’uomo. E se si afferma che la fine dell’idolatria si compirà con il Regno di Dio instaurato dalla venuta del Signore, si insinua anche che la prassi dei cristiani nel mondo può costituire un segno del regnare di Dio grazie alla vigilanza per non far regnare su di sé gli idoli. Probabilmente, molti destinatari romani del vangelo prima della conversione erano adoratori di questi idoli. Annunciando la sua venuta gloriosa, Gesù chiede dunque ai cristiani, come gesto profetico, la conversione. Vivere l’attesa del Signore significa vivere in stato di conversione.

* * *
4. Enzo Bianchi
Avvicinandosi la fine dell’anno liturgico, la chiesa propone alla nostra meditazione l’ultima parte del grandediscorso escatologico di Gesù (cf. Mc 13). Prima di andare verso la sua passione, morte e resurrezione (cf. Mc 14-16), Gesù rivolge ai discepoli un parola autorevole sulla fine dei tempi, istruendoli sull’evento che ricapitolerà tutta la storia e le darà un senso pieno: la parusia, cioè la venuta nella gloria del Figlio dell’uomo.
Servendosi di alcuni versetti tratti dai libri profetici, Gesù afferma che “in quei giorni il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, gli astri cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. Egli non vuole spaventare coloro che lo ascoltano, ma fa uso del linguaggio apocalittico, proprio della tradizione ebraica, per esprimere una realtà fondamentale: questo mondo e questa creazione vanno verso una fine, verso quel “Giorno del Signore” già invocato dai credenti di Israele, giorno di salvezza e di giudizio. E ciò avviene per un preciso disegno del Dio che è Signore della storia e del tempo, il quale desidera instaurare il suo Regno di pace e di giustizia, dando così inizio ai cieli nuovi e alla terra nuova da lui preparati (cf. Is 65,17; 2Pt 3,13; Ap 21,1).
Tutto questo coinciderà con la venuta gloriosa del Figlio dell’uomo, il Signore Gesù Cristo: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria” (cf. Dn 7,13-14). Spesso i cristiani leggono il tempo in maniera mondana, come un continuo omogeneo che esclude ogni attesa, un eterno presente in cui tutto può avvenire tranne la venuta gloriosa del Signore Gesù. Di fronte a questo atteggiamento rassegnato e fatalistico occorre testimoniare che la parusia del Signore fa parte integrante del mistero cristiano, perché egli ne ha parlato con chiarezza. Sì, il Figlio dell’uomo, cioè Gesù che è già venuto nella fragile carne umana, nato da Maria e morto in croce, Risorto e Vivente, verrà nella gloria, come egli stesso ha dichiarato con un’autorevolezza frutto della sua assiduità con Dio: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.

Tutta la creazione geme e soffre nelle doglie del parto aspettando la sua trasfigurazione (cf. Rm 8,19-22), e la venuta finale del Signore esaudirà in pienezza anche questa supplica, di cui i cristiani si fanno voce quando invocano: “Vieni, Signore Gesù! Maranà tha!” (Ap 22,17.20; 1Cor 16,22)… Davvero la venuta del Signore non nega la storia, ma vuole trasfigurare il nostro mondo. Si spiega in questo modo la quotidianità dell’immagine utilizzata da Gesù per ammonire i discepoli: “Dal fico imparate la parabola: quando il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l’estate è vicina; così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il Figlio dell’uomo è vicino, alle porte”. L’annuncio della venuta del Signore non aliena il credente dall’oggi, anzi gli chiede la capacità di aderire al presente, di amare la terra in cui vive. Cercare le cose dell’alto restando fedeli alla terra: così si declina la vigilanza, quell’atteggiamento di consapevole attesa della venuta del Signore richiesto con insistenza da Gesù a conclusione del suo discorso (cf. Mc 13,33-37).
Vigilanza motivata anche dall’umile ammissione dello stesso Gesù: “Quanto a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre”. Il Figlio dell’uomo verrà in un’ora che è nascosta in Dio, dunque occorre essere sempre pronti. Gesù ci ha infatti avvertiti: “Se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate il Figlio dell’uomo viene” (Mt 24,43-44). Insomma, non è il “quando” che conta, bensì la fiduciosa certezza di un futuro orientato dalla promessa del Signore: “Io vengo presto!” (Ap 22,20)…

I cristiani sono “coloro che amano e attendono la manifestazione gloriosa del Signore Gesù Cristo” (cf. 1Cor 1,7; 2Cor 4,8) e affrettano con la loro attesa perseverante tale evento (cf. 2Pt 3,12). Questo è il loro tratto specifico nella storia e nella compagnia degli uomini. Ecco perché un grande padre della chiesa, Basilio, ha scritto con profonda intelligenza spirituale: “Che cosa è proprio del cristiano? Vigilare ogni giorno e ogni ora, sapendo che nell’ora che non pensiamo il Signore viene”.

COMMENTI PATRISTICI


1. S. Agostino 

Fratelli miei, poiché avete udito poc'anzi la Scrittura 
che ci esorta dicendo d'essere vigilanti a causa dell'ultimo giorno, ciascuno pensi al proprio ultimo 
giorno; e ciò per evitare che, allorché crederete o 
penserete che l'ultimo giorno del mondo è lontano, 
dormicchiate al vostro ultimo giorno. A proposito 
dell'ultimo giorno di questo mondo, avete sentito 
che cosa dice il Cristo, che cioè non ne conoscono la 
data né gli angeli del cielo, né il Figlio, ma soltanto il 
Padre. Questa affermazione veramente racchiude un 
difficile problema: non dobbiamo pensare secondo 
la nostra mentalità umana che il Padre sappia qualcosa che non sappia il Figlio. Cristo però dicendo: 
Lo sa solo il Padre, disse certamente così, in quanto 
anche il Figlio lo sa nel Padre. ... "Nessuno - dice -
cerchi di conoscere quando arriverà l'ultimo giorno". 
Ma cerchiamo tutti di vigilare vivendo bene, perché 
l'ultimo giorno di ciascuno di noi non ci trovi impreparati e, come ciascuno uscirà di vita quaggiù nel 
proprio ultimo giorno, così venga trovato nell'ultimo giorno del mondo. Non ti sarà d'alcun aiuto ciò 
che non avrai fatto quaggiù. Per ciascuno saranno di 
sollievo o di tormento le proprie opere. 
Tutti gli altri nostri casi, buoni e cattivi, sono incerti; 
solo la morte è certa. ... Allo stesso modo che i medici, quando diagnosticano un malattia e la riconoscono mortale, danno questo responso: "Morirà, non la 
scamperà", dal momento che nasce un uomo, si deve 
dire: "Non la scamperà". Appena nato comincia a star 
male; quando muore mette fine alla malattia, ma non 
sa se va a cadere in una peggiore. Quel famoso ricco 
aveva finito un'infermità piena di godimenti, ma 
andò a finire in un'altra piena di tormenti; al contrario quel povero terminò l'infermità e giunse alla sanità 
(cfr. Lc 16, 22). Questi però aveva già scelto prima 
quaggiù quel che avrebbe avuto poi; e aveva seminato 
quaggiù quel che miete poi di là. Quando perciò siamo in questa vita, dobbiamo vigilare e dobbiamo scegliere ciò che potremo possedere nella vita futura. 
Cerchiamo di non amare il mondo; esso opprime 
coloro che lo amano, non li conduce al bene. Bisogna sforzarci che non ci faccia prigionieri piuttosto 
che temere che perisca. Ecco, il mondo perisce, ma il 
cristiano persiste, perché Cristo non perisce. Perché 
mai, infatti, dice il Signore: Rallegratevi, poiché io ho 
vinto il mondo? (Gv 16, 33). Potremmo rispondergli, 
se fosse consentito: "Ma sei tu che devi rallegrarti. Se 
hai vinto tu, sei tu che devi rallegrarti. Perché dovremmo rallegrarci noi?". Per qual motivo ci dice: 
Rallegratevi, se non perché è per noi ch'egli ha vinto, 
è per noi ch'egli ha lottato? In qual modo infatti ha 
lottato? Per il fatto che ha preso la natura umana. Escludi la sua nascita dalla Vergine, escludi il fatto che 
si spogliò della sua divinità prendendo la natura di 
schiavo e divenendo simile agli uomini e per il suo 
comportamento fu riconosciuto come un vero uomo; se escludi ciò, come sarebbe stata possibile la 
lotta, il combattimento, la prova attraverso le sofferenze, la vittoria non preceduta dal combattimento? 
... Avrebbe potuto forse il giudeo crocifiggere questo 
Verbo? Avrebbe forse l'empio potuto oltraggiarlo? Avrebbe potuto forse questo Verbo essere schiaffeggiato? essere coronato di spine? Perché potesse sopportare tutti questi patimenti il Verbo si fece carne (Gv 1, 
14), dopo aver subito queste sofferenze, è risuscitato 
e così ha vinto. Ha vinto dunque per noi, ai quali ha 
mostrato la certezza della risurrezione. 
(Dal Discorso 97, 1. 3-4) 

* * *

2. S. Beda il Venerabile 

In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore, e gli astri 
si metteranno a cadere dal cielo. Nel giorno del giudizio le stelle appariranno oscure non perché diminuirà la loro luce, ma perché si avvicinerà e sopraggiungerà lo splendore della vera luce, cioè del sommo giudice, quando verrà nella maestà sua e del Padre e degli angeli santi. Ma in verità nulla ci vieta 
d'intendere che allora veramente il sole e la luna 
con tutte le altre stelle saranno per un certo tempo 
private della luce, come ci risulta essere accaduto al 
sole all'epoca della passione del Signore. Resta perciò non compiuta fino a oggi quella profezia con 
cui Gioele disse: Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue prima che venga il giorno del Signore, 
grande e terribile (Gl 3, 4); e ciò che disse del giorno 
del giudizio Isaia: Arrossirà la luna, impallidirà il sole, perché il Signore degli eserciti regna sul monte Sion 
e in Gerusalemme e davanti ai suoi anziani sarà glorificato (Is 24, 23). Compiuto dunque il giorno del 
giudizio e mentre splenderà la gloria della vita futura, quando ci saranno nuovi cieli e una nuova terra 
(2 Pt 3, 13), allora accadrà ciò che dice altrove lo 
stesso profeta: La luce della luna sarà come la luce del 
sole e la luce del sole sarà sette volte di più, come la luce di sette giorni (Is 30, 26 Volg.). 
E le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Non 
è strano se gli uomini, i quali per natura e intelligenza sono terrestri, si turbano a questo giudizio al 
cui manifestarsi anche le stesse potenze celesti, cioè 
le potestà angeliche tremeranno, come testimonia 
anche il beato Giobbe che dice: Le colonne del cielo 
si scuotono, sono prese da stupore alla sua minaccia 
(Gb  2 6 , 11). Che cosa avverrà delle decorazioni 
quando tremano le colonne, che cosa patirà l'erba 
del deserto quando è scosso il cedro del paradiso? 
Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai 
quatto venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. Non rimarrà dunque in quel giorno 
nessun eletto che non vada incontro al Signore che 
viene sulle nubi per giudicare; sia che venga trovato 
ancora vivo nel corpo, sia che venga risuscitato dalla morte alla vita. Vengono al giudizio anche i reprobi, e anch'essi, alcuni sono trovati vivi nel corpo 
e altri risuscitati dalla morte alla vita; ma, a differenza dei giusti che saranno riuniti per la gioia del 
Signore, i suoi nemici, compiuto il giudizio, saranno dispersi e scompariranno dallo sguardo di Dio 
(cfr. Sal 67, 2-3). 
Dal fico imparate questa parabola: quando già il ramo 
si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; così anche voi, quando vedrete accadere queste 
cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. Con l'esempio dell'albero ci ammaestra su quando verrà la fine. 
Come quando i ramoscelli sono teneri sull'albero di 
fico e la gemma si apre nel fiore e la corteccia si 
riempie di foglie, capite che si avvicina l'estate e sono arrivati il favonio e la primavera; così, quando 
vedrete accadere tutte le cose che sono state descritte, non dovete credere che sia già venuta la fine del 
mondo, ma che sono giunti certi annunzi e segni 
premonitori (cfr. Mt 24, 33) per mostrare che l'evento è ormai alle porte. 
Ma questa fioritura del fico può anche essere intesa 
secondo il significato mistico in modo più profondo; può riferirsi cioè alla condizione della Sinagoga, 
la quale un tempo, quando venne a lei il Signore, 
non avendo in sé il frutto della giustizia, fu condannata all'eterna sterilità in coloro che allora erano increduli (cfr. Mt 21 18-19; Me 11, 14. 20-21). Ma 
poiché l'Apostolo ha detto: L'indurimento di una 
parte d'Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte 
le genti. Allora tutto Israele sarà salvato (Rm 11,  2 5 -
26), quando verrà questo tempo in cui, tolta la lunga
 cecità, tutto Israele otterrà la luce e la salvezza, 
allora accadrà che l'albero del fico a lungo sterile 
(cfr. Le 13, 6-7) darà il frutto che aveva negato, secondo le parole del beato Giobbe: Anche per l'albero 
c'è speranza: se viene tagliato ancora ributta e i suoi 
germogli non cessano di crescere; se sotto terra invecchia la sua radice e al suolo muore il tronco, al sentore 
dell'acqua rigermoglia e mette rami come nuova pianta (Gb 14, 7-9). Quando vedrai accadere tutto ciò 
non avere più dubbi: il giorno dell'ultimo giudizio e 
l'estate della vera pace sono ormai prossimi. 
(Dall'Esposizione sul vangelo di Marco, II)