martedì 27 novembre 2012

Elogio della tenerezza



Si vabbè, ma con tutte le lodi che si tessono da queste parti al maschio forte non vorrei che si dimenticasse che la forza ha bisogno necessariamente di un pendant che è la tenerezza e che, come esiste una tenerezza femminile, esiste ed è indispensabile anche una tenerezza maschile, a meno che, care amiche, non vogliate tutte sposare Rambo o Bruce Willis.
Intendiamoci, la tenerezza non è contraria alla forza, anzi la presuppone, perché per essere teneri bisogna presentarsi nella debolezza e solo chi è davvero forte può mostrare le proprie debolezze senza paura. Solo chi è davvero umile sa mostrare la propria fragilità perché pensa di non aver niente da perdere.
La tenerezza mi sembra la virtù più tipica e completa dell’uomo maturo, di colui che è padrone dei propri sentimenti e quindi non ha vergogna di mostrarli. Per dare tenerezza infatti occorre essere perfettamente integrati in se stessi, bisogna aver spento in sé ogni egoismo e ogni violenza, altrimenti la nostra tenerezza non sarà credibile e verrà percepita come una forma raffinata di seduzione (e quindi in ultima analisi come un’azione manipolatoria, una forma di violenza).
Eppure di niente questo tempo ha bisogno come della tenerezza, è sempre più evidente infatti che un mondo spietato, regolato solo da rapporti di potere ha costruito una società disumana, inadatta alla vita. La vera profezia oggi è stabilire rapporti nuovi, basati sulla debolezza e quindi sull’esaltazione dell’altro. Perché a questo mira la tenerezza, alla promozione dell’altro, a dirgli “tu sei prezioso, tu vali”.
Dobbiamo scoprire la debolezza come valore, come opportunità e non come deficit, o non è forse vero ciò che dice Paolo: “quando sono debole è allora che sono forte”? Oppure “Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti”? E non è questa alla fin fine la grande profezia del Magnificat “Deposuit potentes et exaltavit humiles”?
C’è una guerra in corso, una guerra spietata tra i sani forti ed efficienti e i deboli e inadeguati. Bambini, anziani, disabili sono carne da macello in questo scontro. Questo ci costringe a prendere posizione, dobbiamo scegliere se stare dalla parte dei forti ed efficienti o da quella dei poveri e deboli. Dalla parte dei deboli però si può stare solo facendosi deboli con loro, accostandoli quindi con tenerezza e non con l’aria di chi “vuol far del bene” e parte quindi inevitabilmente da una posizione di dominio, di superiorità, finendo, sebbene forse senza volere, con il ferire molto più che guarire, con l’umiliare anziché aiutare.
Questo mondo che non sa che farsene dei deboli li abortisce, li termina (ma sempre con assistenza sanitaria) li ghettizza con la scusa di aiutarli, li umilia nella presunzione di sapere cosa è meglio per loro, inventa per loro fantasie erotiche che non fanno altro che rimarcare la loro debolezza ed insufficienza umiliandoli sempre più.
Nessuno che dica loro che la loro vita vale a prescindere, non per ciò che hanno o che fanno, ma per ciò che sono, nessuno che dica loro “tu sei prezioso, tu vali moltissimo”. Nessuno che li ascolti, nessuno che si metta accanto ad un anziano o a un disabile per capire ciò che vuole davvero, nessuno che perda tempo a mostrare loro tenerezza, perché per poter essere teneri con loro occorre innanzitutto permetter loro di essere se stessi e quindi di sfogare la loro rabbia, le loro frustrazioni, lasciarsi accusare da loro se hanno accuse da farci, metterci in discussione, essere pronti a cambiar vita, far spegnere la violenza che hanno accumulato in tante umiliazioni patite permettendogli di usarla contro di noi… e tutto questo domanda tempo, tantissimo tempo, perché richiede di morire a se stessi un po’ ogni giorno.
Nessuno può essere tenero senza permettere all’altro di entrare nella sua vita, senza mettersi in gioco, per questo può farlo solo l’adulto davvero maturo e risolto, cioè il contrario dell’eterno adolescente di cui parlavamo in qualche post fa. (F. Bartoli)
Fonte: costanzamiriano