martedì 20 novembre 2012

Oroscopo? No, grazie: sono cristiano.

 

 Questa mattina è stato presentato il nuovo libro del Papa «L’infanzia di Gesù» (Rizzoli-Libreria Editrice Vaticana, pp. 174).  Propongo di seguito due articoli: il primo di Giovanni Maria Vian, direttore de "L'Osservatore Romano" e il secondo di Andrea Tornielli, pubblicato da Vatican Insider.
 Soprattutto sottolineo di quest'ultimo un passaggio dedicato all’astrologia. Che dedico a mia volta a tutti coloro (purtroppo credo tantissimi....) che pur dicendosi cristiani non riescono a fare a meno dell'oroscopo quotidiano.

Quando alla stella che guidò i magi nel racconto di Matteo, Benedetto XVI ricorda che «a cavallo tra l’anno 7 e il 6 avanti a.C. – che oggi viene considerato l’anno verosimile della nascita di Gesù – si è verificata una congiunzione di pianeti Giove, Saturno e Marte». A questa, secondo il grande astronomo Giovanni Keplero si era aggiunta una supernova, della quale sembra esservi traccia «in tavole cronologiche cinesi» relative all’anno 4 a.C.
Citando Gregorio Nazianzeno, il Papa scrive che «nel momento stesso in cui i Magi si prostrarono davanti a Gesù, sarebbe giunta la fine dell’astrologia, perché da quel momento le stelle avrebbero girato nell’orbita stabilita da Cristo». Una demitizzazione, «una svolta antropologica», perché, spiega Ratzinger, «l’uomo assunto da Dio – come qui si mostra nel Figlio unigenito – è più grande di tutte le potenze del mondo materiale e vale più dell’universo intero».

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La protesta dei magi

All’inizio degli anni Sessanta del Novecento in alcuni ambienti esegetici anche cattolici iniziò a rafforzarsi un’ondata di scetticismo, se non addirittura di sufficienza, nei confronti dei racconti evangelici canonici dell’infanzia (i primi due capitoli di Matteo e di Luca). A farne le spese era in particolare l’episodio dei magi, dei quali si arrivava a proclamare senza esitazioni che non fossero mai esistiti. Per reazione si diffuse una storiella, riferita con arguzia da Raymond E. Brown nel suo vastissimo studio The Birth of the Messiah. Negli Stati Uniti uno di questi «denigratori dei magi» aveva ricevuto una cartolina natalizia dipinta a mano che raffigurava appunto questi personaggi evangelici i quali, arrabbiatissimi, bussavano alla porta dello studioso che li aveva sommariamente liquidati chiamandolo per nome e chiedendo di essere da lui ricevuti.
L’aneddoto è emblematico della situazione dei vangeli dell’infanzia. Testi affascinanti, conosciutissimi nel loro complesso ma in realtà molto difficili, costituiscono una sfida e un incanto per chi li legge e li studia. Così come un incanto e una sfida costituisce il libro — terzo e ultimo di un trittico unico nella storia del papato — che Benedetto XVI ha espressamente dedicato a queste pagine evangeliche, tanto scarne quanto dense di significato, ognuna di esse «narrazione in miniatura, ma sostanziale, del Vangelo», secondo la definizione di Brown. Sin dalla premessa della prima parte dell’opera dedicata a Gesù di Nazaret e pubblicata nel 2007, il Papa aveva annunciato la trattazione sui racconti dell’infanzia, che allora sperava di includere nel secondo volume e che invece, quando questo uscì nel 2010, venne rimandata a un «piccolo fascicolo».
Minore di estensione, la terza parte ora affidata ai lettori è certo più essenziale ma non meno impegnativa delle precedenti. La riflessione dell’autore, in alcuni tratti appena accennata, si fa anzi più radicale ed esigente. E appare ormai chiaro il senso della doppia firma (Joseph Ratzinger e Benedetto XVI): certo per sottolineare che non si tratta di «un atto magisteriale» ma dell’«espressione della mia ricerca personale», come avvertiva il Pontefice nella premessa iniziale. Una ricerca però non limitata all’ultimo decennio — il cardinale Ratzinger iniziò a lavorare all’opera nell’estate del 2003 — ma che è frutto di un’intera vita. Che il Papa ha voluto tenacemente concludere, nonostante l’immane carico che ogni giorno deve portare come successore del primo degli apostoli.
Definita dall’autore «sala d’ingresso ai due precedenti volumi», la terza parte ne costituisce in realtà il sigillo, nello sforzo di comprensione del testo. Che cosa intendevano dire gli autori? Ed è vero il loro racconto? Riguarda me? Di fronte a scritture ritenute ispirate da Dio — afferma con convinzione Benedetto XVI — «la domanda circa il rapporto del passato con il presente fa immancabilmente parte della stessa interpretazione. Con ciò la serietà della ricerca storica non viene diminuita, ma aumentata». E la domanda fondamentale che apre la terza parte è quella rivolta da Pilato a Gesù (Giovanni, 19, 9) e intorno alla quale ruota tutta l’opera del Papa: «Di dove sei tu?». Domanda che spinge il cammino dei magi, nei quali il Pontefice vede «l’attesa interiore dello spirito umano, il movimento delle religioni e della ragione umana incontro a Cristo». Il bussare dei magi alla porta dell’esegeta incredulo richiama allora quello descritto nell’Apocalisse (3, 20): «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me». (G.M.Vian)

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Di seguito l'articolo di Andrea Tornielli.

I racconti dell’infanzia di Gesù, contenuti nei primi capitoli dei vangeli di Matteo e di Luca, non sono leggende né ricostruzioni fantasiose. E non sono neanche un «midrash», cioè un’interpretazione della Scrittura mediante narrazioni tipica della letteratura ebraica. Sono «storia, storia reale, avvenuta, certamente storia interpretata e compresa in base alla Parola di Dio». Lo scrive Benedetto XVI nel libro «L’infanzia di Gesù» (Rizzoli-Libreria Editrice Vaticana, pp. 174), il terzo volume ratzingeriano dedicato al Nazareno. Il Papa torna a fare il teologo e l’esegeta, e completa con la parte dedicata alla venuta al mondo di Cristo quell’opera che aveva in animo di scrivere da tanti anni e che ha scritto nonostante il conclave riunitosi dopo la morte di Giovanni Paolo II l’abbia eletto


Le fonti di Luca e Matteo

Da dove «conoscono Matteo e Luca la storia da loro raccontata?», si chiede Ratzinger. Il Papa ricorda che «in Luca sembra esservi alla base un testo ebraico». E alla domanda risponde: si tratta evidentemente di tradizioni di famiglia. Luca «a volte accenna al fatto che Maria stessa era una delle sue fonti», quando scrive: «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore». «Solo lei – osserva Ratzinger – poteva riferire l’evento dell’Annunciazione». Il Papa ammette che l’esegesi «critica» moderna considera «ingenui» collegamenti del genere, ma si chiede: «Perché  Luca dovrebbe aver inventato l’affermazione circa il custodire delle parole e degli eventi nel cuore di Maria, se per questo non c’era alcun riferimento concreto?». E spiega che l’apparire tardivo «soprattutto delle tradizioni mariane trova la sua spiegazione nella discrezione» della Madonna: finché lei stessa era ancora in vita «non potevano diventare tradizione pubblica».

Maria «donna coraggiosa»

«Il suo regno non avrà fine», dice l’angelo Gabriele a Maria riferendosi al Figlio. Certo, commenta Benedetto XVI «resta sempre vera anche la parola che Gesù disse a Pilato: “il mio regno non è di quaggiù”. A volte – osserva Ratzinger – nel corso della storia, i potenti di questo mondo lo attraggono a sé; ma proprio allora esso è in pericolo: essi vogliono collegare il loro potere con il potere di Gesù, e proprio così deformano il suo regno, lo minacciano».
A proposito della reazione della Madonna di fronte all’inaudito annuncio dell’angelo – dal turbamento al confronto interiore con la Parola ricevuta – il Papa scrive: «Maria appare una donna coraggiosa, che anche di fronte all’inaudito, mantiene l’autocontrollo. Al tempo stesso, è presentata come donna di grande interiorità, che tiene insieme il cuore e la ragione e cerca di capire il contesto, l’insieme del messaggio di Dio».

Giuseppe il giusto
Descrivendo la decisione di Giuseppe, promesso sposo di Maria, il quale dopo aver saputo che era rimasta incinta decide di ripudiarla in segreto, il Papa scrive: «Dopo la scoperta che Giuseppe ha fatto, si tratta di interpretare ed applicare la legge in modo giusto. Egli lo fa con amore: non vuole esporre Maria pubblicamente all’ignominia. Le vuole bene, anche nel momento della grande delusione. Non incarna quella forma di legalità esteriorizzata… Egli vive la legge come vangelo, cerca la via dell’unità tra diritto e amore. E così è interiormente preparato al messaggio nuovo, inatteso e umanamente incredibile, che gli verrà da Dio».


Il parto verginale. Mito o verità?
Benedetto XVI mostra di non credere affatto al parallelismo proposto dalla storia delle religioni tra «la nascita verginale di Gesù» e i racconti mitologici delle unioni tra divinità e uomini. «Non si può parlare di veri paralleli. Nei racconti dei Vangeli rimangono pienamente conservate l’unicità dell’unico Dio e l’infinita differenza tra Dio e la creatura. Non esiste alcuna confusione, non c’è alcun semidio… Le narrazioni in Matteo e Luca non sono miti ulteriormente sviluppati» e quanto al loro «contenuto concreto provengono dalla tradizione familiare, sono una tradizione trasmessa che conserva l’accaduto». Quindi, conclude Ratzinger, alla domanda se è vero «ciò che diciamo nel Credo», sulla nascita del Figlio concepito di Spirito Santo e nato da Maria Vergine, «la risposta senza riserve è sì». Nella storia di Gesù ci sono due punti nei quali l’operare di Dio interviene immediatamente nel mondo materiale: «la nascita dalla Vergine e la resurrezione». Due punti che «sono uno scandalo per lo spirito moderno».
 
Il discusso censimento

Il Papa chiude in pochi paragrafi la questione del censimento di cui parla Luca nel suo vangelo e la controversia su quando questo sia avvenuto, dato che in presenza del governatore Quirinio (citato dall’evangelista) ne è documentato ma nell’anno 6 dopo Cristo, troppo tardi perché si tratti di quello avvenuto in concomitanza con la nascita di Gesù. Ratzinger spiega che il censimento si realizzava in due tappe, «innanzitutto nella registrazione dell’intera proprietà terriera e immobiliare e poi – in un secondo momento – nella determinazione delle imposte da pagare di fatto». La prima tappa avvenne al tempo della nascita di Gesù, la seconda negli anni successivi. «I contenuti essenziali dei fatti riferiti da Luca – scrive il Papa – rimangono, nonostante tutto, storicamente credibili: egli decise – come dice nella premessa del suo Vangelo – “di fare ricerche accurate in ogni circostanza”. Questo ovviamente con i mezzi a sua disposizione. Egli era pur sempre più vicino alle fonti e agli eventi di quanto noi, malgrado tutta l’erudizione storica, possiamo pretendere».
Per questo, osserva, «Gesù appartiene ad un tempo esattamente databile e ad un ambiente geografico esattamente indicato». E «se ci atteniamo alle fonti, rimane chiaro che Gesù è nato a Betlemme ed è cresciuto a Nazaret».

 La storicità della grotta di Betlemme

Il Papa nel libro spiega che proprio la trasformazione da parte dei romani della grotta di Betlemme in un luogo di culto a Tammuz-Adone, «intendo evidentemente sopprimere la memoria cultuale dei cristiani, conferma l’antichità di tale luogo di culto… Spesso le tradizioni locali sono una fonte più attendibile che le notizie scritte».


Gesù segno di contraddizione

Commentando l’episodio della presentazione di Gesù al Tempio, Benedetto XVI spiega: «Noi tutti sappiamo quanto Cristo oggi sia segno di una contraddizione che, in ultima analisi, ha di mira Dio stesso. Sempre di nuovo, Dio stesso viene visto come limite della nostra libertà, un limite da eliminare affinché l’uomo possa essere totalmente se stesso. Dio, con la sua verità, si oppone alla molteplice menzogna dell’uomo, al suo egoismo ed alla sua superbia. Dio è amore. Ma l’amore può anche essere odiato, laddove esige che si esca da se stessi per andare al di là di se stessi».

I magi e la loro inquietudine

Descrivendo la figura del «mago», e della varia gamma di significati che la parola aveva, il Papa ne sottolinea l’ambivalenza: «La religiosità può diventare una via verso la vera conoscenza, una via verso Gesù Cristo. Quando, però, di fronte alla presenza di Cristo, non si apre a Lui e si pone contro l’unico Dio e Salvatore, essa diventa demoniaca e distruttiva». Ma i «magi» di cui parla Matteo «non erano soltanto astronomi», erano «sapienti», rappresentavano la dinamica «dell’andare al di là di sé, intrinseca alle religioni – una dinamica che è ricerca della verità».
 

Nasce Gesù, finisce l’astrologia

Quando alla stella che guidò i magi nel racconto di Matteo, Benedetto XVI ricorda che «a cavallo tra l’anno 7 e il 6 avanti a.C. – che oggi viene considerato l’anno verosimile della nascita di Gesù – si è verificata una congiunzione di pianeti Giove, Saturno e Marte». A questa, secondo il grande astronomo Giovanni Keplero si era aggiunta una supernova, della quale sembra esservi traccia «in tavole cronologiche cinesi» relative all’anno 4 a.C.
Citando Gregorio Nazianzeno, il Papa scrive che «nel momento stesso in cui i Magi si prostrarono davanti a Gesù, sarebbe giunta la fine dell’astrologia, perché da quel momento le stelle avrebbero girato nell’orbita stabilita da Cristo». Una demitizzazione, «una svolta antropologica», perché, spiega Ratzinger, «l’uomo assunto da Dio – come qui si mostra nel Figlio unigenito – è più grande di tutte le potenze del mondo materiale e vale più dell’universo intero».


La strage degli innocenti

È vero, osserva Benedetto XVI, che «da fonti non bibliche non sappiamo nulla su questo avvenimento, ma considerando tutte le crudeltà di cui Erode si è reso colpevole, questo non dimostra che tale misfatto non sia avvenuto». Il Papa condivide l’opinione dell’autore ebreo Abraham Schalit: «Il despota sospettoso percepiva dappertutto tradimento e ostilità, e una vaga voce, arrivata al suo orecchio, poteva facilmente aver suggerito alla sua mente malata l’idea di uccidere i bambini nati nell’ultimo periodo». Insomma, anche se il racconto dei magi e della strage degli innocenti «potrebbe essere una creazione di Matteo», come ritengono alcuni esegeti contemporanei, Ratzinger si dice convinto che «si tratti di avvenimenti storici, il cui significato è stato teologicamente interpretato dalla comunità giudeo-cristiana e da Matteo». E «contestare per puro sospetto la storicità di questo racconto va al di là di ogni immaginabile competenza di storici».
 

Libertà in famiglia


Infine, il Papa si sofferma sull’episodio, raccontato solo da Luca, di Gesù dodicenne ritrovato nel Tempio di Gerusalemme dai genitori che lo avevano perso di vita durante il viaggio di ritorno del pellegrinaggio della Pasqua. Maria e Giuseppe si accorgono della sua assenza dopo un giorno di viaggio. «In base alla nostra immaginazione, forse troppo gretta, della Santa Famiglia, questo fatto stupisce. Ci mostra, però, in modo molto bello che nella Santa Famiglia libertà e obbedienza erano ben conciliate l’una con l’altra. Il dodicenne era lasciato libero di decidere se mettermi insieme con coetanei e amici e rimanere durante il cammino in loro compagnia».
Ai genitori preoccupati, a Maria che lo rimprovera, Gesù ritrovato ad ammaestrare i dottori del Tempio risponde, spiega Benedetto XVI: «Mi trovo proprio là dove è il mio posto – presso il Padre, nella sua casa… Non è Giuseppe mio padre, ma un Altro – Dio stesso. A Lui appartengo, presso di Lui mi trovo. Può forse essere espressa più chiaramente la figliolanza divina di Gesù?».

 Parole da non ridurre…

Infine, Ratzinger ricorda che «sempre di nuovo le parole di Gesù sono più grandi della nostra regione. Sempre di nuovo superano la nostra intelligenza. La tentazione è di ridurle, di manipolarle per farle entrare nella nostra misura, è comprensibile. Fa parte dell’esegesi giusta proprio l’umiltà di rispettare questa grandezza che, con le sue esigenze, spesso ci supera».