lunedì 19 novembre 2012

Serenamente, pacatamente, parliamone...

 

«Che lo si voglia o no, noi abbiamo, in quanto francesi, una responsabilità particolare che va oltre noi stessi. Il Governo ha posto come principio generale l’ascolto e la ricerca del consenso. Osiamo quindi davvero, serenamente, seriamente, affrontare il dibattito e, in nome del principio di precauzione, diamo tempo al dibattito.
La Francia ne uscirà più grande, dando l’immagine di una democrazia esemplare, rispettosa di ogni persona». Si conclude così l’appello — pubblicato ieri sulle pagine del quotidiano «Le Monde» — lanciato dai principali responsabili religiosi francesi per chiedere alle istituzioni un confronto aperto sul progetto di legge che intende allargare il matrimonio civile alle coppie formate da persone dello stesso sesso, dando loro anche la possibilità di ricorrere all’adozione. Un intervento giunto contemporaneamente alle manifestazioni, svoltesi fra sabato e domenica, che hanno raccolto per le strade delle principali città migliaia di persone, non solo cattolici, contrarie al provvedimento. «Questa riforma giuridica fondamentale — si legge nel comunicato firmato tra gli altri dal cardinale arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois, dal presidente del Consiglio francese del culto musulmano Mohammed Moussaoui, dal gran rabbino di Francia Gilles Bernheim e dal presidente della Federazione protestante di Francia Claude Baty — metterebbe fine a una pratica millenaria che riservava il matrimonio all’unione tra un uomo e una donna. Sopprimerebbe la nozione di padre e di madre nel codice civile. Per gli uni, l’apertura del matrimonio e dell’adozione a partner dello stesso sesso rientra nella logica dei diritti individuali e dei valori di libertà e di uguaglianza. Per altri, questa riforma comporterebbe una rottura di ciò che è alla base della nostra società, la famiglia, e introdurrebbe una confusione nell’identità dei sessi, che è alla base di ogni personalità e di ogni collettività umana. Questo tema è grave e rischia di essere portatore di divisioni e scontri, mentre la società francese ha bisogno di essere pacificata e unificata. Impegna la coscienza di ciascuno, e le opinioni trascendono tutte le appartenenze e attraversano tutte le comunità: politiche, religiose o filosofiche. Non si può comunque ritenere che, a seguito dell’elezione presidenziale, la decisione sia già stata presa». Per tale motivo i responsabili religiosi chiedono che questo tema sia oggetto di un ampio dibattito che metta in luce la posta in gioco legata al “matrimonio per tutti”. Solo al termine di questo dibattito nazionale, la decisione spetterebbe allora ai rappresentanti del popolo.
Tale dibattito, si precisa, dovrà essere organizzato nell’ascolto e nel rispetto delle opinioni e delle esperienze di tutti: dovrà coinvolgere non solo esperti delle diverse discipline interessate (giuristi, pedopsichiatri, sociologi, filosofi) ma anche i rappresentanti delle associazioni (familiari e di omosessuali) e di tutte le confessioni. Dovrà in pratica «permettere di valutare le conseguenze sociali, antropologiche e giuridiche di tale evoluzione, traendo conseguenze da esperienze e studi internazionali». Tante le domande alle quali cercare di trovare risposta: in quale misura e in quale modo il diritto deve riconoscere la differenziazione sessuale? Come articolare questo riconoscimento con il principio dell’uguaglianza dei diritti? Quali conseguenze avrà per l’equilibrio e lo sviluppo del bambino la sua adozione da parte di una coppia dello stesso sesso? Quale deve essere lo status del bambino in rapporto alla coppia eterosessuale o omosessuale? E quali conseguenze trarre dalla riconosciuta priorità dell’interesse del bambino, in particolare nella definizione della filiazione, dell’adozione o della procreazione medicalmente assistita?

L'Osservatore Romano 20 novembre 2012