martedì 11 dicembre 2012

Benedetto XVI, il Gesù storico e la «funzione insostituibile» dell'esegesi


Riporto l'intervista seguente ad Aristide Serra da “Jesus” n. 12 del dicembre 2012.


* * *
Da quarant'anni studia i Vangeli dell'infanzia. Aristide Serra, padre servita, biblista del Marianum, ha
la curiosità dello studioso e la passione dell'innamorato. Maria di Nazaret e la vicenda di suo Figlio ancora lo
spingono, a 75 anni, a cercare tracce e concordanze nei testi antichi, tra ebraico, greco, latino. Per questo
motivo lo abbiamo interpellato a proposito dell'ultima fatica di Benedetto XVI, L'infanzia di Gesù, edito
da Rizzoli e Libreria editrice vaticana. Il volume del Pontefice, uscito il 21 novembre, in contemporanea in
9 lingue e 50 Paesi, porta a termine la trilogia avviata nel 2007 (Gesù di Nazaret) e proseguita nel 2011
(Gesù di Nazaret. Dall'ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione).
«L'ultimo libro del Papa non aggiunge nulla di nuovo dal punto di vista scientifico», spiega padre Serra.
«Il Santo Padre attinge a studi di biblisti del passato e del presente che trattano dei Vangeli dell'infanzia. La
vera nota caratteristica è lo stile pastorale col quale Benedetto XVI accompagna il lettore all'incontro con
Gesù». Serra cita in particolare alcune espressioni che lo hanno colpito, intese a mostrare l'attualità del
discorso evangelico. Per esempio il confronto tra le due annunciazioni — quella a Zaccaria e a Maria
— e il commento del Papa di fronte al contrasto tra i due scenari: «Da una parte il sacerdote, il Tempio, la
liturgia; dall'altra, una giovane donna ignota, una piccola città ignota, un'ignota casa privata. Il segno della
Nuova Alleanza è l'umiltà, il nascondimento: il segno del granello di senape. Il Figlio di Dio viene
nell'umiltà». E soggiunge poi: «Fin dalla nascita Egli non appartiene a quell'ambiente che, secondo il
mondo, è importante e potente. Ma proprio quest'uomo irrilevante e senza potere si rivela come il
veramente Potente. Fa quindi parte del diventare cristiani l'uscire dall'ambito di ciò che tutti pensano e
vogliono...».
Passando alla lettura del testo, Serra non si tira indietro e rimanda all'invito fatto da Benedetto XVI
nel primo volume della trilogia: «Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è
unicamente espressione della mia ricerca personale del "volto del Signore". Perciò ognuno è libero
di contraddirmi».
In quest'ottica, da studioso, in cosa integrerebbe il volume sull'infanzia?
«Mi si permetta un rilievo sulle fonti elencate nella bibliografia. Se togliamo le Bucoliche di Virgilio, si
contano venti autori tedeschi, quattro francesi, uno spagnolo e uno italiano, un testo divulgativo del cardinale
Ravasi. La produzione italiana, ricchissima in materia, è completamente ignorata. Altrettanto si dica di quella
inglese. Non si cita, ad esempio, Raymond Edward Brown, che ha scritto un'opera fondamentale dedicata alla
nascita di Gesù. La mensa risulta impoverita».
L'intento del Papa è dimostrare che il Gesù dei Vangeli è proprio il Gesù storico: ciò che è scritto è
realmente accaduto. Una lettura da cui la moderna esegesi storico-critica prende le distanze. Lei cosa pensa?
«I Vangeli sono testi storici, composti però secondo le regole applicate in quel tempo in ambito ebraico
per scrivere la storia. Accenno a due di questi criteri. Il primo è il continuo riferimento ai libri dell'Antico
Testamento, per attestare che Gesù è venuto non per abrogare, ma per condurre a perfezione la storia
che ha preparato la sua venuta. Assieme all'AT, occorre conoscere la vasta letteratura giudaica che
commentava e attualizzava questi scritti normativi per il popolo d'Israele. Ecco, allora: le opere di Filone
di Alessandria, di Giuseppe Flavio, i testi della comunità di Qumràn, i midrashîm, ossia commenti ai
libri biblici a opera dei maestri di Israele; il Talmud... Questa serie di scritti biblici e parabiblici
rappresentano il mondo culturale in cui vivevano gli autori dei Vangeli. Il secondo criterio,
fondamentale, è la Pasqua del Signore. In altre parole, Matteo e Luca trasmettono ricordi dell'infanzia
di Gesù, interpretati però alla luce della sua Risurrezione. Gesù manifestò la sua identità piena risorgendo
dai morti. Perciò la Pasqua rimanda al Natale e il Natale si comprende a seguito della Pasqua. Si
comprende, a questo punto, la funzione insostituibile della cosiddetta "esegesi storico-critica". Essa cerca di
farci comprendere il testo evangelico, situandolo nel mondo culturale dal quale è nato circa duemila anni
fa. Esaurita questa operazione, subentra l'ermeneutica, ossia la risposta alla domanda sempre attuale:
oggi, quale messaggio trasmette a noi uno scritto così antico? Il libro di Benedetto XVI è visibilmente
percorso da questa preoccupazione tipicamente pastorale».
Anche la verginità di Maria va letta in questa luce?
«A proposito della verginità di Maria, il Papa scrive: "Mi sembra normale che solo dopo la morte di
Maria il mistero (della nascita verginale, ndr) potesse diventare pubblico ed entrare nella comune tradizione
del cristianesimo nascente". Su questo argomento, avrei una posizione alquanto diversa. Inclino a pensare che
la Pasqua sia stata l'epicentro anche della questione mariana, in ciò che riguarda la concezione verginale
di Gesù. Mi spiego: la Risurrezione di Cristo fu annunciata secondo diversi approcci nella predicazione
apostolica. Uno di questi moduli riguarda la Risurrezione di Gesù considerata come una "generazione-partonascita".
La tomba di Gesù si configurò quasi come un "grembo" dal quale il Padre, mediante la forza dello
Spirito Santo, generò il Figlio alla vita incorruttibile ed eterna. Nell'evento della Pasqua non agì una
forza umana, ma unicamente un'energia divina. Dal grembo della tomba di Gesù, la Chiesa fu indotta a
chiedersi in che modo l'umanità di Gesù apparve nell'altro grembo, quello della sua madre terrena, Maria,
che viveva nella comunità di Gerusalemme, come raccontano gli Atti. A quel punto Maria, sollecitata dalla
Chiesa apostolica, divenne testimone delle "grandi cose" operate dal Potente nell'evento dell'incarnazione.
Così fu avvertita la connessione tra il grembo "nuovo" della tomba di Gesù (Mt 27,60; Lc 23,53; Gv I 9,4
I ) e il grembo "vergine" di Maria (Mt 1,18.20; Lc I ,35). Così ebbe origine il brano evangelico
dell'Annunciazione (Lc 1,26-38). Di buon'ora la Chiesa scoprì la connessione esistente tra la rinascita
verginale della risurrezione e la nascita verginale dell'incarnazione».
I pastori, i re magi, la stella: come distinguere il fatto dalla sua interpretazione?
«Non bisogna estremizzare: tutta parabola o tutta storia. Se accostiamo i testi con discernimento
paziente, saremo in grado di fare discreta luce sulla linea di demarcazione tra "fatto" e "interpretazione del
fatto". Ovviamente diversi dettagli del racconto, noti ai destinatari del Vangelo, restano per noi avvolti nella
penombra dell'enigma. In ogni caso teniamo presente, e il Papa lo richiama più volte, che gli eventi
dell'infanzia di Gesù hanno come fonte di informazione la sua stessa famiglia, con riferimento
privilegiato a Maria sua madre. Lei — attesta Luca per due volte — "conservava tutte queste cose... nel suo
cuore". È di notevole importanza il fatto che, secondo l'insegnamento della Scrittura, la "memoria" è ordinata
anche alla "trasmissione" dei fatti ricordati. L'esempio tipico sono i pastori forse — così ipotizzava il noto
biblista tedesco Joachim Jeremias — erano i proprietari della stalla-grotta che vide il Natale del Signore.
Ma conta soprattutto il fatto che Luca vede in questi pastori una anticipazione di altri pastori: i futuri pastori
della Chiesa, cioè gli apostoli che, assieme ai loro collaboratori, annunciano la risurrezione del Signore. È fin
troppo evidente l'influsso della Pasqua! I pastori di Betlemme, sotto la penna di Luca, diventano
evangelizzatori».
(V. Prisciandaro)